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ATP Barcellona 2018: L’otra Undécima. Nadal ancora imbattibile, 11° titolo in Catalogna

Non si ferma il dominio di Nadal. Dopo l’undicesima di Monte Carlo arriva l’altra a Barcellona in un torneo che non è mai stato in discussione.

La partita

Difficile poter raccontare di una non partita. Ad oggi non c’è un avversario serio che possa impensierire Nadal sul rosso, per cui anche il giovanotto ellenico Stefanos Tsitsipas non può che mettersi in fila con gli altri che sono stati massacrati dal mancino di Manacor. Anche le quote dei bookmaker sono sfasate rispetto a quella logica che vuole che in partita in cui sono possibili 2 risultati ci sia una sorta di velato equilibrio dato dalla possibilità che il favorito schiatti sul posto. Si parte dai 12 fino ad arrivare ai 13.50…per il greco. Nadal non è quotato. Non è una bella giornata in Catalogna e il tempo sembra quasi quello di un plumbeo pomeriggio della Scandinavia. Una leggera pioggerillina dà fastidio e condizione le prime battute della partita. È Zizzi a partire al servizio e non concede nulla. Rafa concede qualcosina sul suo, ma robetta. 3° game. Il numero 1 del mondo saluta tutti e se ne va. La pesantezza di palla spagnola, unita ad una straripante condizione fisica, permettono al padrone di casa di fare il buono e cattivo tempo. Stefanos fa quello che può anche se i suoi unforced sono molto più numerosi di quello che lui stesso si aspettava. 2-1 con break e subito 3-1. No. Non c’è speranza di vedere un match. Altro break a zero e 4-1. Il primo set va via liscio. Il rovescio ellenico è troppo deboluccio per una roccia che non perde un set dal tempo degli dei falsi e bugiardi.

Nessuno si aspetta che il canovaccio possa cambiare, però è dilettevole aprire il libro dei record per poterli aggiornare e così si spera in un altro filotto, in un’altra ciambella per poter aggiornare le statistiche. Questa smania un po’ perversa viene assecondata con il Break Nadal in apertura, seguito da un servizio en blanco e ancora break. Sembra un bagel scritto però sul 3-0 Tsitsi si sveglia, o forse è l’altro che si addormenta. Rafa deve affrontare 3 palle break ma in nessuna di esse si ha mai l’impressione che possa perdere il servizio. Sembra che sia tornato anche il servizio dei tempi d’oro, quello telecomandato, piazzato al posto giusto nel momento giusto. Il 100° bagel però sfugge quando finalmente il greco gioca un game degno di questo nome, ma è troppo tardi. Arriva presto il 5-1 e poi la chiusura al 3° match point. Nadal non si stende più a terra e non salta. Ormai si limita ad alzare le braccia al cielo. Va a prendersi l’11° con tanto di video dedica e discorsetto prima in catalano (che suona come uno spagnolo terrone) e poi in castigliano, oltre al formale english.

Il torneo

Il centrale del Real Tennis de Club, quello originale, quello del 1899 è dedicato a Nadal, il primo a tennista a poter giocare in un campo a lui dedicato, di conseguenza non si può non parlare di Rafa e di quello che ha fatto in questa settimana. Quello che stupisce e che non ci si stupisce. Per quanto pieno di tradizione il torneo della Catalogna rimane pur sempre un ATP 500 che sempre di più sono lontani dalla categoria superiore. Però il tabellone a 48 (come Bercy) e il field di lusso non cambiano così tanto le carte in tavola rispetto a quello che era successo a Monte Carlo, pur mantenendo le ovvie e chiare distanze. Tutto questo si traduce in una semplice deduzione: nessuno può battere Nadal. L’unico che lo potrebbe fare è sé stesso. In uno sdoppiamento alla Superman III dove il campione del Bene sarebbe costretto a combattere contro il lato oscuro della propria personalità. I nomi ci sono nella entry list, però qualcuno di essi ha dimenticato chi è e che cosa ha fatto in passato. Primo tra tutto Novak Djokovic. Il torneo è spagnolo, è sulla terra battuta e non può non essere farcito di iberici che vantano una tradizione secolare sul clay con campioni che si sono susseguiti più o meno regolarmente per decenni e decenni. È per la teoria della probabilità spicciola che Rafa deve esordire contro un suo connazionale. Roberto Carballés Baena è la prima vittima designata. Per quanto sulla carta questi non abbia nessuna chance di fare partita con il connazionale leggermente più titolato di lui, è quello che maggiormente mette in difficoltà il numero 1 del mondo. Forse un Rafa un po’ rilassato e con qualche scoria monegasca non è assatanato e cannibale come dovrebbe, però conta poco se non concedi set e tutto si chiude secondo i nuovi canoni promulgati e imposti all’ONU dal Comune della Ciudad di Manacor. Garcia-Lopez è sulla carta più esperiente e di conseguenza più forte di Caballeros, però questa volta non è lui a giocare male, è quello dall’altra parte della rete che non ti permette neanche di respirare. Guillermo va sotto come Wall Street nel ’29 e vince appena 4 game. Robertino ne aveva vinto 8, il doppio. What an achievement! Il primo “avversario” vero doveva essere Martin Klizan, mai diligente e sempre discolo, al limite del maleducato, insomma il simbolo del Male. Con le sue bordate è il primo giocatore che possa mettere in difficoltà questa nuova versione cannibale del 16 volte campione Slam. No. Non c’è storia, almeno nel primo set. Arriva il bagel numero 98 per Rafa che disintegra tutto. La partita c’è solo nel secondo parziale dove si vede la prima increspatura sul soffitto della Cappella Sistina che però non perderà mai la sua bellezza neanche se uno squarcio la disintegrasse in 2 parti. Martin è sempre in vantaggio per quasi tutto il set è anche la possibilità di chiudere sul 5-6. Ha 3 set point, ma non si passa. Il suo dritto piatto è quello che è negli incubi di tutti i nadaliani che hanno una buona memoria. È la rievocazione o invocazione del soderlinghiano colpo che tanto fece male in una domenica del maggio del 2009. Però non c’è nulla da fare. In questo caso non si sa mai dove iniziano e finiscono i demeriti dell’uno e dell’altro, però la certezza che balena è che almeno uno dei 3 set point Martin poteva portalo a casa. La parità e il conseguente break partita non è altro che un corollario di un teorema che conosciamo a memoria tutti. Lo slovacco si prende la magra consolazione di essere stato il primo a strappare 5 game in un set al cannibale del mattone tritato. Sono dei record-non record che nascono perché c’è qualcuno che sfida costantemente la teoria dei numeri. In semifinale c’è Goffin. Tutti si ricordano di Monte Carlo e Mourier, molti meno della sfida delle Finals del 2017 in cui Nadal salvò tanti match point del 2° per poi perdere e ritirarsi dal torneo. David non è un neofita della terra battuta, e a conti fatti è questa la sua migliore superficie. La partita esiste solo nel primo set. Il belga è bravo a manovrare e a mettere in difficoltà l’avversario, però quando si alzano i giri del motore non ce n’è per nessuno. Si vince il 1° set e si domina il 2°. Un 2° set che non esiste. Altri bagel, il 99° in 95 match. Una superiorità che rasenta la banalità.

Il numero 2 della terra battuta del 2018 non esiste. Non esiste perché la distanza tra il primo della classe è tutti gli altri è talmente ampia che si farebbe torto nel scegliere uno piuttosto che un altro. Usare la race, li ranking, la Elo è un’operazione azzardata al limite dell’errore. Il numero 2 molti vorrebbero che fosse Novak Djokovic il primo anti-Nadal terrariolo disponibile nei supermercati a partire dalla primavera del 2011. Ok, però dov’è quel Djokovic? Quello che va a Barcellona in un torneo che non gli compete, che non c’entra niente con la sua storia, con una la sua vita? Dove si partecipò nel 2006 quando non era nessuno? No. Gli organizzatori gestori del Real Club non hanno dubbi nell’assegnargli una wildcard last minute, d’altronde stiamo parlando di un 12 volte campione Slam, mica pizza e fichi. Il primo avversario del percorso della Not Redemption è Klizan. Certamente non è un buon avversario per saggiare il terreno, però lo slovacco sulla terra battuta, tu, ‘o Nole, dovresti mangiartelo a colazione, anche se è pieno di glutine. Il copione non va come deve andare. Nole sbaglia tutto quello che c’è da sbagliare. Il dritto, lo schiaffo di dritto, non è incisivo come una volta, anzi è una sberla a chi ancora crede in lui. Il rovescio lungolinea, marchio registrato di tante redemption è stato sapientemente conservato in soffitta. Si aggiungono altri errori banali e veniali ed ecco l’ennesima sconfitta del 2018 per il serbo. L’incubo continua e all’orizzonte non si vedono soluzioni ad un problema che si fa fatica ad individuare. Forse è la non comprensione del problema il più grande problema dell’ex numero 1 del mondo.

Un paragrafetto non può non andare a Stefanos Tsitsipas, che già comincia a dare fastidio, soprattutto a chi deve scrivere il suo nome. Non proprio una passeggiata come Li Na. Da lui non si attendeva molto in questo torneo. È greco, come le olive di Mario Brega, per cui la sua predisposizione alla terra battuta dovrebbe essere naturale. Molto spesso ci si dimentica che le scuole tennis di un Paese sono focalizzate su una superficie piuttosto che un’altra. Così come in Italia, in Spagna, in Svizzera (attenzione!) si predilige il mattone tritato, negli USA ci sono molti più campi in cemento. Per cui i giovani di un Paese sono più abituati a giocare su un campo piuttosto che un altro. È vero che Stefanos non gioca da terraiolo, e se proprio vogliamo dirlo. Lo dico o non lo dico? Sembra proprio Federer quando era giovanissimo, un Federer che non a caso ha vinto il primo grande titolo sulla terra battuta, Amburgo 2002, prima della consacrazione di Wimbledon 2003. Il greco più forte di sempre (forse) potrebbe ripercorrere la strada del 20 volte campione Slam, magari con qualche titoletto sulla terra per poi andare a dominare sul veloce. Quando si giocò la semifinale di Wimbledon Junior del 2016 si capì che i 2 contendenti in campo potessero fare bene nel circuito maggiore. Uno era Tsisi, l’altro Shapo. Potrebbe essere questo lo scontro del futuro, ma non diciamolo ad alta voce. Lo stesso si diceva di Quinzi, che ha deluso parecchio e proprio per smontare questo discorso va a vincere il primo Challenger della carriera a Francavilla. Però tutti gli italiani oggi avremmo preferito vederlo in un campo un po’ più blasonato. Benissimo ha fatto Stefanos buttando fuori senza perdere un set, e questa è una notizia, Schwartzman che doveva essere una spina del fianco di Nadal (si fa per scrivere ovviamente). Ancora meglio la vittoria contro Ramos Vinolas, il finalista di Monte Carlo dell’anno scorso. Non si sa se meglio o peggio, ma sempre bene la vittoria contro Thiem, che l’anno scorso fu senza dubbio il numero 2 della terra battuta e che quest’anno, come un casolare abbondonato di campagna è S.N. (senza numero). Il sempre rognoso Carrello Busta poteva essere un ostacolo insormontabile, però Stefanos ha dimostrato una grande maturità. Molto, molto bene. Purtroppo per i titoli bisogna aspettare, magari che qualcuno spari al numero 1 del mattone tritato, o più semplicemente come tutti i campioni e le leggende dello sport, che si ritiri.

I record

  • 11a vittoria in 2 tornei distinti (record era Open)
  • 77° titolo in carriera (agganciato McEnroe)
  • 55° titolo in carriera sulla terra battuta (record era Open)
  • 75° titolo outdoor (record era Open)
  • 20° ATP 500/ International Series Gold (record era Open condiviso con Federer)
  • 401 vittorie sulla terra battuta (1° all time a vincere 400 partite sia sul cemento che sulla terra battuta)
  • 46 set vinti consecutivamente su terra battuta (record Era Open)

Conclusione

Barcellona non fa la storia. Ormai è diventato un comodo magazzino per Rafa per fare rifornimento di punti e titoli. Non ha mai perso una finale qui. Però si tratta sempre e comunque di un ATP 500. Un torneo di grande prestigio risalente al 1953 (anche se molte partite e tornei si sono giocati al Real Club de Tenis Barcelona, in barba indipendentismo imperante in Catalogna). Non siamo a Monte Carlo, non siamo a Parigi. Il famoso Redshift ormai ha fatto in modo che i tornei al di sotto dei Masters 1000 non abbiano il peso che avevano prima della riforma del 2009 e ancora prima. Vincerlo non fa mai male, però conta poco, o meglio conta il necessario che in questi casi è meglio assegnare con dovizia di particolari. All’inizio della stagione sulla terra battuta c’erano dubbi circa la condizione di Nadal. Bene, in queste 2-3 settimane abbiamo avuto la risposta. Pronta, decisa, senza esitazioni. È ancora lui il King of Clay e se una volta c’erano degli avversari che erano, o almeno si sperava, sul tuo stesso livello, oggi non c’è nessuno che possa occupare il posto di outsider. Quando esplose nel 2005 c’era Federer ed era lui l’indiziato numero 1 per batterlo sul rosso. Già a Parigi si aspettava il primo botto di Roger che però fu fermato proprio da Rafa in semifinale. Ancora e ancora tentativi di scavalcare il grande rivale sul suo terreno: le finali di Monte Carlo 2006, l’epica di Roma 2006, ancora Parigi 2006 e 2007, sempre e solo Rafa. Federer poteva e doveva superarlo, ma non ce l’ha fatta, ma a conti fatti era lui il numero 2 del rosso, e in un circuito in cui tutti giocano assieme e uno domina tu, Rogé, non puoi non essere annoverano tra i grandi della terra battuta. I grandi del passato, o meglio i numeri 2 del passato, hanno avuto modo di vincere titoli su titoli perché non si giocava quasi mai tutti insieme, così molti avevano la possibilità di collezionare titoli sul clay e ballare quando il gatto non c’era. Federer ha sempre dovuto fare il topo quando il gatto era bello arzillo, così essere secondi in un periodo in cui uno vince tutto non è così male. Nadal va avanti e sarà favorito per tutti i tornei che verranno sul rosso. L’unica incognita è capire non chi lo batterà, ma cosa potrà mai capitargli per poter perdere anche una sola misera partita. L’anno scorso fu Thiem a cracckare Rafa a Roma. Chissà quest’anno ci potrebbe scappare un’altra sorpresa, magari a Parigi, dove ha perso solo 2 partite in carriera. Meglio per lui giocarsi il jolly a Madrid o a Roma. Perdere a Parigi con tutta questa energia potenziale che ti porti dietro sarebbe deleterio per il continuo spazio-tempo, però almeno si vedrebbe qualcuno vincere uno Slam su terra battuta che non siano i soliti noti. Per una settimana il grande tennis si ferma, tornerà con la doppietta Madrid-Roma, prima del grande botto di Parigi.