ATP Indian Wells 2018: Fronte Del Potro. Juanito vince il suo primo Masters 1000
Partitone. La finale di Indian Wells regala una grande match come non si vedeva da tanto tempo e finalmente Del Potro conquista il suo primo Masters 1000.
La partita
Dopo esser scampato al pericolo Coric Federer è atteso ad una grande prova di forza contro un avversario che l’ha fatto penare spesso, soprattutto in finale. Come non ricordare l’epica finale degli US Open del 2009. Le prime battute sembrano dare ragione ai disfattisti della parte elvetica. La semifinale si fa sentire sulle gambe, sulla testa e dall’altra parte c’è uno che tira mazzate come il Tiger Woods dei bei tempi. Piovono saette e ben presto Juanito si ritrova con 3 palle break consecutive. Federer c’è poco con la testa, meno con il fisico, ma tanto con la classe. Però qui serve a poco. Gratuiti a non finire e break a zero che porta l’argentino avanti 3 a 2. La partita procede spedita verso la fine del set. Non succede nulla di straordinario. Del Potro è solidissimo al servizio. Difficile che una risposta così loffia di Federer possa in qualche modo impensierirlo. Roger inizia ad alzare il numero dei giri del suo servizio, però serve a poco. Il set è andato. Del Po chiude con un juego en blanco e 6 a 4 per lui.
Tutti i limiti del numero 1 del mondo emergono in questo momento della partita che sembra far precipitare la situazione e trasformare questa finale in una mattanza. Nel game di apertura Rogé si trova a dover fronteggiare 2 palle break. Dall’altra parte Del Potro è ferale con il suo dritto. L’unica arma a disposizione di Federer è il giuoco di fino, però serve a poco, o meglio…si può applicare solo in poche, pochissime circostanze. Per il momento l’elvetico si salva. Si registra un parziale di 18-1 albiceleste. È uno strazio troppo brutto per essere vero, la reazione del campione deve arrivare, la tigna del fuoriclasse non può mancare. Eccone uno sprazzo sul 3-2. Grande prestazione in risposta su meteoriti vari. Non c’è il break, però si capisce che qualcosa è cambiato. Mentre la tenzone va avanti si registra il comportamento del pubblico alquanto deprecabile. Il 96% di chi sta in tribuna non sa cosa sia una partita di tennis, mentre i poveracci che si sono fumati tutto il possibile che il tennis possa offrire del presente e del passato sono costretti a vedere lo spettacolo in TV. Il simulacro della retorica impone che sia Federer il prescelto per la preferenza del proprio tifo, però siamo in California, qualche argentino c’è e si fa sentire. Questo non conta, quello che è importante è il disturbo che arrecano ai 2 giocatori. Il tifo pro-Federer non ha dato fastidio a tanti, però Del Potro, che sarà pure cattivo, è uno che non le manda a dire, e se qualcosa che non va la deve sottolineare, anche se non proprio in maniera ortodossa. L’umpire irlandese Fergus Murphy, nonostante la sua cadenza da hostess dell’Alitalia, è costretto agli straordinari. La partita prosegue, meglio concentrarsi su di essa. 5-4 Federer. Bel giuoco, tocco di fino. Juanito non è certo un ghepardo ed è costretto a rincorrere con risultati pessimi su 2 palle corte che procurano 2 set point svizzeri. Il primo passa perché Del Po tira una sassata sulla riga, il secondo sfugge perché Rogé non ha dimenticato di essere, tra le altre cose, il migliore interprete dei dritti della vergogna. Tutto procede normalmente e siamo al tiebreak. Un grande tiebreak. Il primo a rompere i cambi è Federer che ottiene il minibreak sul 3 pari. 4-3, 5-3 e subito 6-3. Ci sono 3 set point consecutivi. Del Potro è preciso quando i set point sono sul suo servizio però ce n’è uno sul servizio elvetico. ACE. Fine del set. Non è vero. Del Potro si avvicina a Murphy e chiede il falco. La prima di Federer è fuori. Seconda fuori. Questo si chiama doppio fallo fatale. 6 pari. Questa volta è Roger che si avvicina all’umpire e non ci sta. Però il falco ha parlato e meno male che, come un famoso leader politico italiano, esso c’è. Roger tiene il punto successivo. Però ora ci sono 2 servizi argentini. Messi entrambi. Questo significa 8-7 e match point. Gratuito esiziale e ancora parità. Siamo sull’8 pari. Federer scende a rete per costringere l’avversario all’errore sul passante. 4° set point. Volée maldestra argentina e set svizzero dopo 66 minuti di emozioni.
L’inizio del 3° set sembra la 15a ripresa del primo incontro tra Rocky e Apollo. I 2 competitors se le sono date di santa ragione e ora stanno al centro del ring a studiarsi affondando qualche colpettino per tastare il polso all’avversario. Non succede nulla per 8 giochi. Sul 5-4 finalmente la partita si risveglia. Neo-backhand per Rogé e palla break. Dritto chirurgico e la palla break scappa via. C’è un grande rovescio in slice e un’altra palla break. Rovescio diagonale e break Federer. Incredibile, ma vero. Roger sta andando a vincere un match che per 3/4 l’ha visto boccheggiare come un pesce rosso nel sifone del water. 40-15. Il sipario si sta per chiudere. 2 match point. Federer spara addosso a Del Potro che ringrazia per il regalo. Incredibile game. Roger ha un’altra occasione per chiudere, ma non passa. Passante troppo lungo. 2a palla break argentina e break che riapre tutto. Seguono 2 giochi interlocutori ed ecco un altro tiebreak. In realtà è un non-tiebreak. La luce svizzera si spegne. Il gioco decisivo, per dirla alla francese, è un monologo argentino. Subito 2 minibreak per Del Potro che scappa incredibilmente sul 5-0. Federer ha anche il tempo di mettere a referto un’altra ciofeca e perdere ancora il servizio. 6-1 e 5 match point. Il primo passa. Il secondo è buono. Juan Martin Del Potro ha vinto il suo primo Masters 1000. Finalmente abbiamo visto una partita con tanta garra. Forse eravamo abituati male, oppure avevamo troppa sete di belle partite. Eccoci accontentati. Bene così.
Il torneo
Alla vigilia del torneo di Indian Wells c’erano pochissime aspettative. Tutti gli occhi erano semplicemente puntati sul numero 1 del mondo che doveva incrementare il suo record di tornei vinti. Per il momento sono 97, a -12 da Connors a quota 109. “Sì, ma quelli di Connors pesano di meno”. Certamente, ma qualcuno ha mai pesato questi tornei? Quando si fanno delle misure e/o si dice qualcosa è più o meno di un’altra sono necessari i numeri. Per stabilire quanto una macchina sia più veloce dell’altra diciamo che una va a x km/h e l’altra a y km/h con x > y. Tralasciando questo particolare, di chi possiamo parlare? Di Federer. Perché cambiare canale? Non conviene. Rogè era imbattuto da inizio anno e c’era la possibilità di ritoccare il record personale di vittorie consecutive da inizio stagione. 16-0 del 2006, lontano dal 42-0 di Mac datato 1984 che però qui c’entra poco o niente. Il primo avversario del Re è Federico Del Bonis. L’onesto mestierante argentino fa (faceva) parte di quel ristrettissimo club dei giocatori con Head-to-Head positivi con il 20 volte campione Slam. Molti si ricordano di quella sfida sciagurata di Amburgo 2013. Questa è l’occasione buona per aggiustare l’anomalia statistica. Se Federico ha battuto Rogé, non certo il miglior Rogé, ma comunque sempre lo stesso giocatore in quell’anno sfortunato un motivo ci sarà, è lo dimostra anche nella partita di secondo turno. Partita rognosa decisa per pochi situazioni favorevoli alla tds 1 che però vince, continua la striscia e ringrazia. 1-1. Segna! Uno dei nomi caldi del mondo, tale Filip Krajinovic, si scioglie nel sole del deserto californiano. Il serbo non ha nessuna chance di fare partita parti con quello là. 6-2 6-1 di prepotenza. Neanche Jeremy Chardy è un avversario credibile in questa era di non avversari. Qualche felsineo si ricorda della partita vinta a Roma dal francese, ma cosa vuoi che sia? Altra vittoria e rollino che va uno scatto avanti. Finalmente Chung è andato dal podologo di fiducia che gli ha curato le vesciche e nei quarti di finale, a differenza di Melbourne, si ha una partita. In realtà è un non partita. C’è lotta solo nel primo set. Nel secondo è sempre e solo show svizzero che arriva in semifinale fresco come una rosa, se non fosse altro che è l’unico a giocare il suo quarto di finale di sera. Pecunia non olet. In semifinale c’è la rivelazione del torneo Coric, dato ampiamente per spacciato alla vigilia e già appagato per il risultato raggiunto. No, non è appagato. Forse è Roger che ha pagato. Ha pagato il grande tour de force di inizio stagione e ora è alle corde. Borna gioca alla Djokovic, con grande propensione allo scambio lungo, ottima risposta e rovescio lungolinea bimane che a tratti ricorda del perso nel vuoto cosmico NOLE. Il croato domina a larghi tratti e sembra proprio che la corsa dello svizzero sia arrivata al capolinea. Sembra anche logico che sia così. Però Coric paga l’inesperienza e butta un match che era suo. Rogé mette in mostra il suo grande tennis e porta a casa un match che avrebbe dovuto perdere. La conclusione è una e una sola: se questo vince anche le partite che dovrebbe perdere allora non lo può fermare nessuno. Siamo stati smentiti.
Non si può non parlare del vincitore. Tutti volevano Federer, però a volte si perde, Shit happens! Curiosando un po’ sul cammino di Juanito si scopre un match ordinario con de Minaur ancora troppo acerbo per poter dimostrare qualcosa. Già il secondo match poteva essere fatale a Del Potro. Ferrer, destinato all’oblio. dopo tanti anni di onorato servizio, riesce sempre ad essere competitivo. Bene, ma non benissimo. Riesce a tenere botta, ma non basta. Del Po ha fossero contro il connazionale Leo Mayer, però poi è riuscito ad avere la meglio. Forse il più grande choker di tutti i tempi, Philipp Kohlschreiber, non si smentisce e riesce ancora a perdere un match che aveva in pugno. Juan Martin ringrazia per il regalo, però poi in semifinale disintegra il malcapitato Raonic. Troppo superiore. Troppo servizio. Troppe badilate. Troppo. Forse qui c’erano i segnali di un argentino ritrovato, ma quella con Federer è un’altra storia.
I record
- Federer subisce la sconfitta numero 100 nei Masters Series / Masters 1000
- Del Potro diventa il 4° argentino a vincere un Masters Series / Masters 1000 dopo Coria, Canas e Nalbandian
- Del Potro è il 64° giocatore a vincere un Masters Series / Masters 1000
- Del Potro è il giocatore che ha battuto per il maggior numero di volte il numero 1 del mondo non essendolo mai stato
Conclusione
Federer ha perso. Questa è la notizia. Sembrava destinato a non perdere più invece ha perso. I meriti a Del Potro li abbiamo dati, però non si può non sottolineare questa clamorosa sconfitta. Clamorosa anche per il modo con cui è arrivata. Perdere con 3 match point a favore è una grande mazzata. Difficilmente si era visto un Roger così incazzato con il mondo. Questo dimostra che ancora ci tiene, però allo stesso tempo lo fa calare nella hit parade dell’aplomb che lo vuole sempre perfetto in un’idealizzazione che coinvolge appassionati occasionali o espertissimi del settore. Tifare per il numero 1 del mondo è cosa buona e giusta. È tutto nella norma. Non ci si scandalizza se l’uomo più ricco del mondo entra nello stadio con il cappellino targato RF. Non ci si scandalizza se i telecronisti parteggiano per lui. In fondo si vuole dare a Federer l’immagine del bene e, di conseguenza, tutto quello che non gli appartiene è male. Chissà cosa accadrebbe se qualche addetto e non addetto ai lavori ammettesse di tifare un altro giocatore. Binaghi a suo tempo fu tacciato di eresia per aver detto di tifare Nadal. Certamente se avesse detto che il suo beniamino era Rogé nessuno avrebbe mosso ciglio. Sembra così nella norma tifare Federer che ci si dimentica che magari il circuito è fatto di altri tennisti. Altri grandi uomini che possono regalare emozioni con la loro storia. È il caso di Juan Martin Del Potro. Uno che avrebbe vinto tanto se non fosse stato così sfortunato. Questa è la storia che sappiamo tutti, però forse è più epico e palpitante vederlo così. Raccontare la sua storia per come è andata e non per come doveva andare. In fondo se vinci quello che dovevi vincere nessuno ti ricorderà, e nessuno ti osannerà. Se vinci laddove tutto era contro di te allora sì che è sport. Allora ecco un grande del tennista che dimostra di non essere finito, di saper giocare, di sapersi mettere in discussione, di cambiare il suo modo di giocare che è anche un modo di vivere. Io posso farcela, perché questi sono peggio di me! È la tigna del gigante di Tandil che ha il piglio di uno che non lascia passare tutto inosservato. Di chi dimostra che anche io voglio fare valere le mie ragioni. Non importa come. Io ho sofferto come un cane, e nessuno si deve permettere ti togliermi quello che è mio! Nel 2009 fece piangere Federer in una partita che è rimasta nella storia, un upset degno del Maracanazo. Non sarà certo uno Slam, però questa sconfitta pesa tanto per Roger. Non tanto in ottica storia, in ottica GOAT, in ottica leggenda, quanto in ottica di quello che poteva e doveva essere. Un Federer imbattibile, sia perché è lui il più forte, sia perché non ci sono avversari all’altezza. La grande finale di Indian Wells mette in luce un grande personaggio che adesso deve aggiungere al grande botto una qualità che gli è sempre mancata: la continuità. In un circuito in cui i migliori sono agonizzanti e in cerca di certezze Del Potro è il benvenuto. C’è poco da rilassarsi però. Il torneo di Miami comincia subito. Già mercoledì ci saranno le partite del primo turno. Un Federer più umano cercherà di dimostrare ancora una volta di esserlo poco, con la certezza però che anche gli dei a volte possono piangere.