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ATP Monte Carlo 2017: I 10 comandamenti. Nadal vince il 10° titolo nel Principato, 50° su terra battuta e stacca Vilas

Rafa strikes again! Dopo le 3 finali perse ad inizio di stagione Nadal torna a vincere un titolo, lo fa a casa sua, a Monte Carlo diventando il primo tennista dell’era Open in doppia cifra nelle vittorie di un singolo torneo.

La partita

Non c’è nessuna grande attesa per la finale. Il risultato era scontato fin dalla vigilia e solo un accanito giocatore d’azzardo avrebbe messo qualche euro su Vinolas. Le quote erano impietose: 1.10 Rafa, 7-8 Ramos. Nulla da fare. A Roquebrune-Cap-Martin  che si trova in Francia e non nel Principato (tanto per fare i sapientoni) non c’è nemmeno una bella giornata, il clima primaverile mostra più la sua faccia invernale che quella estiva: nuvole e giacchettino d’obbligo. Gli spalti non sono gremiti e per qualche ritardatario c’è anche la possibilità di trovare biglietto. Non arbitra Cedric Mourier e per molti è già una soddisfazione.

Il primo a servire è Nadal e si capisce fin da subito che non c’è trippa per gatti. Il servizio manacoregno è incisivo e lascia poco spazio ad una risposta efficace che possa in qualche modo fare partire uno scambio combattuto. Game tenuto facile a 30. Albert è mancino e forse potrebbe essere questa la chiave per giocarsela, ma non c’è spazio per il mancinismo: se si entra nello scambio Nadal azzanna il suo avversario. Arrivano così subito 2 palle break, ma Rafa non concretizza e per ora Albert si salva. Dicevano di un servizio incisivo, bene da qui in avanti diventa ferale, Nadal non concede nulla, gli ace saranno 5 che per un match di 93 punti su terra battuta sono tanti. La patata bollente passa al numero 24 del mondo che inizia a vacillare, subito si trova sotto 0-40. 3 palle break, la prima è annullata, ma nella seconda non può nulla, Nadal costringe all’errore il connazionale ed è BREAK NADAL. Siamo sul 3-1 ma la partita di fatto è finita. Non c’è nessun margine da poter ricucire o arma di distruzione di massa che possa in qualche modo fare girare il match. Come se non bastasse Rafa sale ancora di livello e breakka nuovamente per chiudere il primo parziale dopo 31 minuti sul 6-1.

All’inizio del secondo parziale c’è un certo equilibrio, ma tutto è dettato dal ghepardo stanco dopo uno stacco che sta riprendendo fiato. I primi 4 giochi sono interlocutori e alla maestria quasi inattesa di Nadal nel mettere a segno servizi chirurgici questa volta si contrappone un Ramos all’altezza della situazione. Il ghepardo però si riprende subito e appena vede che la gazzella sta per scappare la azzanna. Break a 30 nel 5° gioco. E siamo sul 3-2. Ancora mano di fata per il King of the Clay che oggi non ne sbaglia una quando è lui a servire e siamo sul 4-2 (Ramos non arriverà mai a 40 sul servizio Rafa). Altri 2 giochi interlocutori ed ecco il sipario, rigorosamente rosso, che sta per chiudersi. Qualcuno auspicherebbe un altro game, così, tanto per passare altri 5 minuti seduto nella splendida cornice del Country Club e osservare gli yatch che passano e ipotizzare la lunghezza degli stessi, ma non c’è più tempo. Fino ad ora i colpi erano mancati, ma Rafa decide di dare in pasto ai youtuber qualche chicca e recupera un punto perso 3-4 volte dalla spazzatura. Albert resiste per 2 match point, ma al terzo capitola. 6-1 6-3 in 77 minuti di gioco in cui si è visto un solo giocatore in campo. Una non partita degna di uno Zverev-Federer agli Australian Open dello scorso gennaio.

Il torneo

Rogerino mio se ne sta a casa a giocare con i 4 pupi e a prendersi le sgridate della Mirka così i suoi avversari possono avere un po’ di gloria. Il numero 2 da inizio stagione era stato senza dubbio Nadal che non vedeva l’ora di sporcarsi le scarpe di mattone tritato, ed ecco servita la Décima. Non ci sarebbe da aggiungere altro, ma la curiosità analitica ci spinge a proseguire. Nadal vince il torneo per la 10a volta, è il primo ad andare il doppio cifra in un singolo torneo, e che torneo! Molti sognano solo di giocare al Monte Carlo Country Club lui ha vinto 10 Coppe. L’epopea nadaliana era partita nel 2005 e per ben 8 edizioni aveva morso la Coppa del Principe, poi il primo tonfo nel 2013 e da allora in poi si pensava che non avrebbe più vinto qui, a casa sua, invece ecco la nuova doppietta, 2016-2017 che lo proiettano ancora più in alto come giocatore più grande sulla terra battuta.

A dire il vero non è stato un ottimo torneo, l’anno scorso Rafa aveva battuto giocatori di ben altra caratura, Wawrinka e Murray su tutti, e neanche la finale con Monfils era stata così scontata. Quest’anno c’erano tutti i big tranne quello più grande, ma hanno tutti ciccato clamorosamente, per cui inutile fare recriminazioni. I primi 3 giocatori del mondo erano lì, ergo c’erano anche Murray e Djokovic assenti in quel di Miami, tanto per fare un esempio di ripartizione di top player, giocatori, tabelloni, cocco fresco e cotillons. Rafa è sceso in campo solo mercoledì e ha dovuto così giocare per 5 giorni consecutivi. Il primo ostacolo verso la Décima è stato Edmund. Il britannico doveva essere l’ostacolo più facile invece si è rivelato il più difficile. Il bagelozzo del primo set contro Kyle era stato un po’ bugiardo, alla fine un gamino Edmund lo poteva portare a casa, ma un 6-0 con l’asterisco non fu mai scritto. Fino al 2-1 nel secondo c’è stato il dominio Nadal che però si è smarrito. Poteva essere un campanello d’allarme grave, soprattutto perché dettato da un condizione fisica che pareva non ottimale e anche per i troppi gratuiti non consoni ad un giocatore come Rafa, ma presto si è rimesso in carreggiata e vincendo il secondo set di fatica a poi sistemato vele e timone nel terzo per chiudere per 6 giochi a 3. Sulla carta il Next Gen Alex Zverev poteva, anzi doveva essere un avversario tosto. A Melbourne aveva portato lo spagnolo al quinto, ma qui siamo sulla terra battuta: altro clima, altri rimbalzi, altro sport. Sasha non ha capito niente dall’inizio alla fine e quando c’è una controprestazione da parte di un tennista è molto complesso capire quando finiscono i limiti dell’uno e iniziano i pregi dell’altro. Il 6-1 6-1 è senza storia e gli errori gratuiti tedeschi sono numerosi come le bombe che la Luftwaffe sgangiò a Londra durante la Seconda Guerra Mondiale. Una volta fatto fuori Dimitrov la tds numero 4 si ritrova il regalo di affrontare Schwartzman ai quarti di finale. Il piccoletto argentino è un classico terraiolo sudamericano: poco servizio, veloce e incisivo nello scambio. Il problema per Diego è che Nadal ha lo stesso gioco solo che uno ha una Ferrari Enzo e l’altro ha una Testa Rossa del 1986, prevale la prima senza dubbio. L’argentino fa quello che può e per buona parte del match riesce a tenere botta con Rafa che però sa quanto dare la sgasata necessaria per prendersi il break ferale. Lo fa subdolamente quando è Schwarzy a servire per rimanere nel match nel primo set, ma, misericordioso, non replica nel secondo l’atroce supplizio. No, breakka prima e poi va a chiudere 6-4 6-4 e applauso per Diego che ha tenuto testa al suo idolo dall’inizio alla fine.

E siamo arrivati alla famosa semifinale. I giornali pur di vendere una copia in più venderebbe l’anima al diavolo e così quando succede qualcosa di losco ecco che la notizia si ingigantisce. Tutto questo preambolo per parlare della semifinale con Goffin. Anche questa è stata una non-partita, macchiata purtroppo da un errore pacchiano e grave di Mourier. Siamo sul 3-2 servizio e vantaggio Goffin. Inizia lo scambio, bim, bum, bam, Nadal tira lungo e il giudice di linea grida:”OUT!”. La palla è nettamente fuori, Nadal non batte ciglio e chiama a sé l’asciugamani per detergere, come di consueto,  il sudore. Cedric fa la sparata del secolo. Scende dal seggiolone ed indica a Goffin che la palla, secondo lui, è chiaramente dentro. Il replay non lascia adito a sospetti: la palla è fuori di diversi centimetri, e non si capisce che segno abbia visto l’umpire. Si ripete il punto che va a Nadal. David, molti non lo dico o forse nessuno, ha la possibilità di chiudere il game un’altra volta ma spreca. E’ un game fiume durato 12 minuti, alla fine il belga cede il servizio ma l’errore ha inciso poco nell’ottica del set, figuriamoci della partita. Più che altro dal 3 pari si evidenzia un calo fisico di Goffin che cede alla distanza. Non colleziona più un game nel primo set e ne prende uno nel 2°. Si vede chiaramente che il match con Djokovic lo ha sfiancato e Nadal non può far altro che approfittarne. Intervistati a fine match Rafa ha ammesso che era impossibile vedere dalla sua posizione la palla, e anche se l’avesse vista non credo che sarebbe andato dall’arbitro a contestare una decisione a suo favore. Dal canto suo David ha ammesso che l’errore è tutto di Mourier per cui il caso si è chiuso subito. Inutile continuare. Il tennis non è calcio. Una palla sul 3-2 del 2° set, come riportato in tanti articoli qui su TML, ha una volatility bassissima e incide poco se non per nulla sul risultato finale. Diverso farebbe stato il discorso su un tiebreak del 3° set, ma sono solo ipotesi, o meglio fuffa.

Tessute le doverose lodi al vincitore andiamo alle note dolenti. E partiamo dal numero 1 del mondo. Si sapeva che Andy non sarebbe stato un dominatore, però così sta esagerando! Da inizio anno non ne azzecca una e se non fosse per il torneo di Dubai staremmo parlando di un giocatore con zeru tituli, o meglio del numero 1 con zeru tituli. A parziale giustificazione di Murray c’è il problema al gomito che lo ha costretto a saltare Miami e da cui è evidente non ha recuperato. Già nel Match for Africa si era visto un servizio ballerino, ma lì era solo un’esibizione, per cui tutto era lecito, ma qui a Monte Carlo doveva fare di più e se proprio non aveva recuperato era meglio stare a casa. La vittoria con Muller sembra una formalità e anche il primo set con il futuro finalista lo era, ma da lì in poi si è spenta la luce. Bravo Albert ad approfittarne ma se il servizio non gira e i game in risposta vinti sono maggiori di quelli al servizio c’è poco da fare: vince quello sano. Dopo questa debacle Sir Andy follemente ha deciso di andare a Barcellona, in un altro feudo di Nadal. Ma cosa va a fare? Se stai male è meglio recuperare per i prossimi impegni. Ora ci sono 2 settimane di semi-pausa e poi c’è il doppio appuntamento ravvicinato Madrid-Roma dove difende finale e titolo, prima del grande botto a Parigi. Per ora rimane saldamente al comando del ranking, ma c’è poco da stare allegri, fino a Wimbledon è matematicamente numero 1, ma da luglio in poi arrivano delle grosse cambiali e non è bello perdere il trono, anche se tutti dicono che non è così importante.

In crisi mistica è il numero 2 Novak Djokovic. Anche per lui un inizio pessimo di stagione e Miami saltato come Andy. La terra battuta da quando Nadal era andato in ferie era diventato il suo fortino e c’era grande attesa per lui qui a Monte Carlo dove ha la residenza per motivi strettamente patriottici. No, non ci siamo. Ha sofferto come un animale in gabbia contro Simon che è andato addirittura a servire per chiudere, ma non si è fatto irretire, poi è andato al terzo con Busta, e fino a qui ci può stare, ma perdere contro Goffin è proprio una grossa batosta. Per quanto possiamo dire che David ha giocato bene, questi non ha né i colpi, né il fisico per poter impensierire l’ex numero 1. In tante occasioni c’era stata battaglia, ma alla fine aveva prevalso sempre il serbo, come a Cincinnati nel 2015, tanto per citare un esempio, ma qui i 2 protagonisti si sono invertiti i ruoli. Djokovic nel terzo set è apparso palesemente stanco, sfiancato ed è stato trafitto alla lunga distanza dalla tds numero 10  che incassa così una grande vittoria, la prima contro il serbo dopo 5 batoste. Inutile stare a parlare di Nole. il dominatore non c’è più, ma non c’è più neanche il top player, da inizio anno ha perso da canidi e suini, ci starebbe perdere dai più forti, ma da Istomin, Kyrgios (2 volte) e Goffin no. Da qui a Parigi ha tantissimi punti da difendere: vittoria a Madrid, finale a Roma e vittoria al Roland Garros. L’unica buona notizia è che qui a Monte Carlo ha guadagnato punti rispetto all’anno scorso dove è uscito al secondo turno (prima partita) con Vesely, ma qualcuno se la sente di dirglielo in faccia? Meglio di no.

Scorrendo il tabellone vediamo chi ha fatto bene e chi male. Chi ha fatto benissimo senza nessuna aspettativa è senz’altro Ramos. Arrivato qui da tds 15 ha battuto prima il numero 1 del mondo, poi Cilic ed ha avuto la meglio contro l’idolo di casa (non tanto) Pouille. Per lui prima finale in un Masters 1000 stra-meritata, ma contro Nadal c’era poco da fare. Peccato che anche Rafa sia mancino, un mancino artificiale, ma sempre mancino rimane. Grande applauso va a Tommy Haas che a 39 anni è riuscito a vincere un match in un Masters succedendo a Connors che vinse a Miami nel 1992 a 39.51 anni. Peccato per Tommy che poteva superare Jimbo, ma si è fermato a metà contro Berdych, e così con i suoi 39,07 anni rimane dietro all’americano vincitore in altre 3 occasioni di una partita in un Masters a 39 anni. Berdych è bocciato. Bravo a cavarsela con nonno Haas ma con Cilic non ha potuto fare niente. Marin è rimandato, si sa che sulla terra battuta ci sono poche aspettative su di lui, ma perdere con Ramos non è un buon biglietto da visita. Bocciato Coric, vincitore a Marrakesh del primo titolo ATP in carriera. Ci si aspettava qualcosa da uno dei rappresentati della Next Gen, ma ahimè ha perso contro uno Chardy qualsiasi.

Male Wawrinka, vincitore qui nel 2014, e accreditato come mezzo o trequarti terraiolo dopo la vittoria al Roland Garros del 2015. Ha perso contro uno specialista vero quale Pablo Cuevas. Forse si poteva pretendere di più da Stan in ottica ranking, ma lui prepara il colpaccio a Wimbledon, tutto il resto è contorno. Da qui deduciamo subito che Pablo non è morto, anche se è stato ammazzato da Pouille, promosso ma senza lode perché arriva sempre in fondo con un po’ di fortuna. L’aveva fatto l’anno scorso a Roma, e qui non è da meno. Spazzati via Harrison e Lorenzi, 2 che qui stanno male per natura, anche se per motivi diversi, ha usufruito del ritiro di Mannarino, poi ha battuto Cuevas e si è spento contro Ramos. Il giovane Lucas è un ottimo prospetto, è giovane e dopo l’ottimo 2016 magari sarebbe d’uopo un exploit più sostanzioso. Ma chi vogliamo prendere in giro? fino a quando Federer e Nadal sono lì col cavolo che questi vincono qualcosa (scusare lo sfogo).

Bocciato Dimitrov che dopo la semifinale persa malamente agli Australian Open contro Nadal ha avuto un black-out. Ha vinto a Sofia, ma poi…buio. Ha perso contro Struff e non si capisce il perché. Partita strana giocata al tramonto, con 12 spettatori paganti a vedere l’ennesimo declino di un giocatore che non esplode mai. Bene invece Schwarzy che ha battuto AGUT e un inerme Struff, che è ingiudicabile. Contro Nadal non c’era nulla da fare, ma questo lo sapevano tutti, ma proprio tutti. Male anche Zverev 2. Ci sta perdere contro Rafa sulla terra battuta, ma sarebbe stato carino vedere un po’ più di cattiveria dopo le ottime prestazioni con Seppi e Feliciano Lopez.

Nell’ultimo spicchio di tabellone benissimo Goffin vincitore su un buon Djokovic, bocciato, e precedentemente contro Thiem che tutti danno come terraiolo, ma che nei tornei che contano sul mattone tritato non vince titoli e a poco vale la semifinale al Roland Garros dell’anno scorso. Bocciato Fognini che già non ha la testa, e se la noleggia la dedica a pensare al nascituro figlio avuto con la Pennetta. Bel momento per la sua vita. Auguri, ma a noi interessa il tennis non il nome del figlio maschio che sta per nascere. Non rimane nessuno da giudicare se non il solito Simon che fa annaspare Djokovic ma non lo finisce, e un Busta giustiziere di Fognini per l’ennesima volta (la 5a)

Record

Nadal ritocca i suoi record già straordinari e per tanti versi irripetibili. 70° titolo in carriera per lui, 29° Masters 1000, 21° Masters sulla terra battuta, 50° titolo sulla terra battuta dove stacca finalmente Vilas nella classifica dell’era Open.  10° titolo a Monte Carlo dove ritocca il suo record di 9 trofei. Primo dell’era Open in doppia cifra. 370a partita vinta sulla terra battuta. 14° anno consecutivo con almeno un titolo ATP (2004-2017).

Conclusione

Signore e signori siamo tornati indietro di 10 anni, anzi di 11. Incredibile pensare come i vincitori dei primi 4 tornei più importanti dell’anno sono gli stessi del 2006, e incaselllati esattamente come allora. Prime 3 Federer e Nadal vincitore del 4°. Allora non ci fu Nadal in Australia e qui non c’è Federer a Monte Carlo, ma la sostanza non cambia. E’ un circuito in stagnazione che non crea nuovi talenti, nessuno è all’altezza delle brutte copie dei 2 mostri sacri. Dispiace per Andy che a fine 2016 aveva posto le basi per la fine del Fedal con grande sollievo per qualcuno, ma incredibilmente questo è tornato di moda. Federer re del veloce e Nadal re della terra battuta. Non è cambiato niente! Ecco perché forse quel torneo artificiale che si giocherà a Milano ha un senso, se i giovani non possono vincere un torneo dei grandi meglio farli giocare insieme in modo da garantire una piccola soddisfazione ad uno di loro. Grande tristezza. Il tennis non si ferma è già questa settimana c’è il torneo di Barcellona con Nadal e Murray e Budapest con qualche scappato da casa. Possiamo dire però che Federer e Nadal non hanno battuti i primi della classe, ma se questi muoiono per strada non è colpa dei 2 campionissimi che incassano trofei e badano poco a come sono arrivati. Sarebbe stato divertente vedere Federer sul rosso. Una finale come quella di Roma del 2006 non ci sarà più, però un altro Fedal su terra battuta ci starebbe, chissà se Parigi sarà terreno di rivincita per Rogé sempre battuto da Rafa. Il tennis così non si ferma e la stagione sul rosso è appena iniziata.