ATP Monte Carlo 2019: L’Italia s’è desta! Fognini trionfa a sorpresa nel Principato
Finalmente ce l’ha fatta. L’eterno incompiuto del tennis italiano Fabio Fognini firma l’acuto più importante della carriera a termine di un torneo vinto contro i migliori.
La partita
Si gioca a Pasqua, e non è una novità nel Principato di Monaco. Per diversi anni il giorno della finale è coinciso con il giorno della Resurrezione del Nostro Signore Gesù Cristo e, per chi è un po’ più attento, nell’era pre-Open si giocava un torneo proprio nella Settimana Santa. Tutti i favori del pronostico sono a favore del Fogna nazionale che è arrivato all’atto conclusivo dell’evento battendo niente meno che il numero 3 e del 2 del mondo. E questo non è un bene…in tante occasioni Fafo ha battuto i migliori per fallire miseramente poi la prova del 9 con un tennista evidentemente molto più scarso. Dusan Lajovic non ha un’unghia dell’avversario battuto da Fabio in semifinale, è alla sua prima finale ATP e anela all’alloro che fu di Woodruff, Carretero e Portas, ossia vincere il 1° titolo in un Masters (Series). A dirla tutta il talento di Arma di Taggia è 3 categorie sopra, soprattutto sulla terra battuta, superficie su cui Fabio se la cava meglio.
Il figlio di Fufo è un bell’uomo e viene mare, quindi sa che cosa vuol dire fronteggiare il vento che in questa settimana è stato uno dei protagonisti, il più democratico dei protagonisti, facendo sgarri e favori a tutti equamente. Anche oggi si gioca con quel rompi di Eolo e allora bisogna strumentarsi un Paul Cayard qualsiasi. Parte Fognini al servizio e tiene il game a zero. Partenza subito di autorità e gioco propositivo, è lui che vuole fare la partita e non aspettare, come un Ajax qualsiasi. Lajovic risponde con la stessa moneta. 1 pari. Già nel secondo game vengono rotti gli indugi, però è il nostro Fabio a subire. C’è subito l’occasione per il contro-break. In un primo momento Dusan si salva, però deve fare i salti mortali. Bellissimo e pericoloso è il recupero della smorzata al pesto di Fognini. La palla va dall’altra parte. Non si passa. L’italiano insiste con le sue solite mazzate da fermo e arriva finalmente il contro-break. 2 a 2. Palla al centro. Fafo gioca alla grande, così come aveva fatto contro Zverev e Nadal. Il suo swing è pulito ed efficace, sembra quasi quello di un battitore di baseball. I piedi sono ben piantati a terra e quando lascia andare il braccio parte un siluro dalle sue mani. Tutta l’energia cinetica si concentra su quella pallina gialla che parte come un missile. Questo lui non lo sa. È tutto molto naturale. Meglio così. La sgasata decisiva arriva nel 6° game quando piovono smorzate ferali. Break e 4 a 2. Ottimo il 7° game ricamato anche con il rovescio che si trasforma in un passante. Il primo parziale si chiude nel 9° gioco. Lungolinea perfettamente parallelo alla linea di fondo. Sono passati 44 minuti. Primo set italiano. Po Po Poooo Pooooo Poooopooo.
L’onda dell’entusiasmo Fognini vola a vele spiegate (non a caso) e ottiene il break in apertura di secondo set. Dusan non vuole fare la vittima sacrificale e aggredisce a sua volta Fabio e subito arriva il contro-break. 1 a 1. Nel 4° gioco Fognini si salva e poi è ancora lui ad attaccare. Lajovic si esibisce in uno smash alla Nole (non a caso suo connazionale) e c’è la possibilità del break. C’è il break. 3 a 2. Il match segue i turni di servizio anche se non è tutto così lineare. Lajovic non vuole mollare, ma alla fine non la gira. Fognini batte un kick esterno, Dusan la manda alle ortiche. È lui il nuovo Principe. È il primo italiano a vincere a Monte Carlo dai tempi di Pietrangeli. Nicola vinse il torneo della domenica, Fognini ha vinto un Masters 1000. Tutta un’altra storia.
Il torneo
Ahhhhh. Finalmente possiamo parlare di un trionfo tutto Made in Italy. Ci ha fracassato ormai la storia dell’Adriano nazionale, vincitore a Roma e poi a Parigi del 1976, della Davis di Berlinguer in Cile a le magliette rosse che sono state indossate solo durante il riscaldamento del doppio (e non durante tutta la partita, come pensa qualcuno). Dopo anni in cui ci sono stati giovani di belle speranze che non hanno portato a casa nulla, ma proprio nulla, se non qualche scalpo importante e torneini, finalmente un italiano mette la sua firma su un grandissimo torneo. Lo fa in tarda età, a quasi 32 anni. Ma cosa importa? L’importante è andarselo a prendere. L’irrequieto Fognini ha fatto parlare troppo di sé quando non si doveva parlare di lui. Lo sport è quello che succede dentro un campo con delle righe bianche paralelle e ortogonali. Quello che succede fuori è un contorno fumoso, virtuale ed edulcorato che non aggiunge e non toglie niente a quello che arriva da quel rettangolo maledetto. Troppe volte Fabio è stato al centro delle cronache per delle uscite poco felici, magari con dei giornalisti che non hanno capito che sono solo dei mestrelli, anche sottopagati, di uno show che parla da solo, non c’è bisogno di inventarsi chissà cosa per farlo diventare più appetibile e vedere così qualche giornale in più. “No me rompas los huevos” e “MadaicazzoPascalcomesifa” sono dei leitmotiv che si tirano fuori per ridere e sorridere. Però non è per queste uscite infelici, seppur divertenti, che un tennista professionista vuole essere ricordato. Lui vuole essere ricordato per quello che ha dato sul campo. Sono importanti le partite, ma di più i trofei. Troppo spesso, anche qui, criticato per essere il vulture di turno. L’avvoltoio che va a prendersi i torneini. Sì, perché no? Perché non può e non deve vincere i torneini? I torneini si giocano e a volte si perdono pure. Lo sanno anche i grandi, mazzolati là dove si pensava non avrebbero mai perso. Un trofeo è sempre un trofeo. Conta, altro se non conta. Però la gerarchizzazione netta della riforma del 2009 pone sopra tutti 14 tornei (4 + 9 + 1). Per entrare nella storia devi vincere uno di questi. Eh, non ci sono scuse. Il loro peso specifico è troppo alto per poter dire che magari la somma di tornei minori valga quanto un Masters 1000 o uno Slam. È sempre mancato questo a Fafo. Non aveva mai vinto un grande torneo, anche se aveva battuto i migliori del mondo. Come non ricordare la sfida con Nadal a Flushing Meadows nel 2015. Ore e ore di partita. Una rimontona storica protrattasi fino alle 8 del mattino in Italia. Ha battuto anche il numeo 1 del mondo. A Roma. Quello era uno spento Murray. Però battere il primo della classe a casa fa un certo effetto. “Sì, però….”. “Ok, ma”, “Ci vuole questo”, “Sarà sempre una testa calda”. Sono le frasi che lo accompagnano da sempre. Anche se lui non vorrebbe, i giornalisti fanno il loro mestiere, e stanno sempre sul pezzo. Loro sì che sono avvoltoi. Allora bisogna dare loro in pasto un boccone così grande da addentare da farli stare tutti zitti e metterli in riga per chiederti scusa.
Ed ecco il torneo di Monte Carlo. Nel 2013 era arrivato in semifinale ma era stato piallato da Djokovic. Qui è andato ben oltre. Però, come tutte le storie c’è sempre un inizio. È qui l’inizio è una tragedia. Una grossa tragedia. L’esordio contro Rublev è pessimo. Fabio non ha disputato un inizio di stagione esaltante, tanto per usare un eufemismo. E quando stu’ cazz’ e russ’ si ritrova 6-4 5-1 e servizio significa che ci sarà un’altra sberla. È qui che Fabio vince il torneo, però questo non lo sa. Come farebbe a saperlo. Rubliof esce terribilmente dalla partita e imbarca acqua peggio del Titanic. Incredibile, la partita è persa al terzo. Fognini l’ha scampata. Però dove vuoi andare se sei messo così male? Siamo seri. Per fortuna per lui la partita del secondo turno salta e a graziarlo è Gilles Simon che si ritira prima di scendere in campo. Al terzo turno c’è Alex Zverev, che con i suoi 22 anni (compiuti durante il torneo) guarda dal’alto il Fogna nazionale. Per farla breve: Sasha ha un palmarès che Fafo si sogna. Però qui si gioca alla pari e, a dirla tutta, Zatterone non sta attraversando un periodo felice della sua carriera. Non è in forma sia a livello mentale che a livello fisico. Partecipare a Marrakech è un brutto segnale per il numero 3 del mondo. Se poi non vinci quel torneino marocchino, allora vuol dire che c’è qualcosa che non va. Sasha arriva con una vittoria sull’astro nascente FAA, però si sa che quel negretto è solo un ragazzino. Fognini mette in riga il numero 3 del ranking ATP, e lo fa con la sua classe immensa. Zverev gioca solo il primo set per poi uscire dal campo nel secondo e lasciare l’ennesimo scalpo importante e che non serve a nulla a Fabio. Anche Coric è un osso duro, e si dimostra tale. Nel primo set la musica è tutta croata. Fabio è fuori dal campo, forse in uno yacht a mangiare una macedonia. Per fortuna per lui che la macedonia era scaduta. Si rientra dallo yacht ed è sempre e solo spettacolo. Annichilita la testa di serie numero 9.
Fognini torna in semifinale dopo l’edizione 2013. Allora c’era Djokovic, ora c’è Nadal. “19 soldi con una lira“. Siamo lì. Magari Rafa ha vinto leggermente di più qui a Monte Carlo, però i 2 sono comunque infinitamente distanti dal pur onesto Fogna. Dopo aver giocato una lunga partita con Pella, sicuramente non da lui, Rafa non gioca contro Fognini. Ed è una contro-prestazione tanto clamorosa quanto inaspettata. Le uscite contro Agut prima e Dimitrov poi avevano mostra un Nadal scintillante pronto a fare man bassa sul suo regno: la terra battuta. Ci stava soffrire con un cagnaccio come Pella, però in semifinale praticamente non gioca. Come sempre è difficile se non impossibile dire dove iniziano i meriti di uno e i demeriti dell’altro, però per chi ha seguito sempre Rafa sa che non ha giocato al suo meglio. È lo stesso spagnolo a dirlo in conferenza stampa, seppur sottolineando i meriti del suo avversario, che ha fatto il suo e non si è scomposto. Un briciolo di partita c’è nel primo set quando è l’endecampione ad andare avanti nel punteggio per poi farsi riprendere e cedere il set. Nel secondo è uscito come Jack Frusciante dal gruppo tanti anni fa. Pessimo anche nel togliersi i capelli, i pochi rimasti, dalla fascia sulla testa, confeziona quasi un bagel che sarebbe stato storico. Per fortuna, ma non tanto, salva la bandiera ottenendo il break quando Fognini era andato avanto 5-0 40-0. Si chiude con un onesto 6-2. Fabio ha battuto numero 3 e 2 del mondo. Nessun italiano c’era riuscito mai in nessun torneo. Solo 15 volte in passato era successo in un Masters 1000 (e solo 2 volte c’era stato il magico tris: battere 1, 2 e 3 del mondo). Questa è una brutta bastosta per il King of Clay che dice di avere giocato la peggiore partita su terra battuta da 14 anni a questa parte. Era dal 2015 che non vinceva solo 6 game in una partita sul pantano. Le incognite così aumentano. Magari è stato solo un brutto momento, magari è finito, magari non può vincere sempre. Chi lo sa? Solo il proseguo della stagione ci dirà cosa può fare Nadal nella sua amata terra. La stagione rossa è appena iniziata e ci sarà tempo per potersi rifare.
Record
- Fognini è il 1° italiano a vincere a Monte Carlo in Era Open
- Con 9 titoli ATP Fognini è a -1 da Adriano Panatta con i suoi 10 titoli
- A 31.9 anni è il 2° più vecchio a vincere il suo 1° Masters 1000 dopo Isner a Miami 2018
- Fognini è il 1° italiano a vincere un Masters 1000
Conclusione
È il più importante titolo vinto da un italiano? Certamente no. La vittoria a Parigi di Mister POF POF sta senza discussione più in alto. Allora non ci rimane che paragonare questo titolo quello di Roma sempre vinto da Panatta. Sostanzialmente i 2 titoli si trovano sullo stesso livello però nel 1976 il Redshift era molto basso rispetto a oggi, per cui anche Roma si trovava su un piano molto vicino agli Slam. Gli Internazionali d’Italia avevano un prize money di $150.000 appena $10.000 in meno rispetto a Wimbledon e i category A, quelli sotto la Triple Crown, erano appena 6 e non 9 come oggi. In più il torneo della Capitale aveva un tabellone a 64 e la finale 3 su 5. Quindi alla spicciolata Roma 1976 > Monte Carlo 2019, anche se si trovano in categorie contigue ma con distanze diverse dal massimo, che oggi come allora è rappresentato dagli US Open (anche se gli Slam sono tutti sullo stesso piano).
Difficile chiedere di più a Fognini. Purtroppo questa sembra essere il one shot di un tennista di talento che mai aveva avuto un acuto così portentoso nella sua carriera. A quasi 32 anni è difficile pensare che possa andare oltre e ripetere magari l’impresa di Panatta che nel 1976 aveva 25 anni. Non è un favorito a Barcellona. Non lo sarà né a Madrid, né agli Internazionali. Non lo sarà a Parigi, dove ha anche raggiunto i quarti di finale pur non giocando mai quella NON partita con Djokovic e dopo aver vinto da fermo contro Montanes. Non si può chiedere di più. È un peccato che l’alloro più prestigioso sia arrivato a così tarda età. Sarebbe stato meglio per il tifoso italiano l’exploit di un giovane, un giovane futuribile da tifare per gli anni a venire. Ci sono diversi giovani di belle speranze. Ma quelli ci sono sempre stati, peccato però che da 40 anni a questa parte sono rimasti sono degli incompiuti, alcuni anche molto incompiuti. Si spera che questo successo possa fare da traino per la nuova generazione dei vari Musetti, Sinner e Zeppieri, magari vicini a quella che fu la generazione dei campioni del mondo del 1976 dei vari Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli.
Il tennis sul rosso continua con il torneo di Barcellona dove Nadal parte favorito. Non si sa se vincerà. Però siamo sicuri che lotterà fino all’ultima palla. Lo farà sempre Rafa, anche quando sarà vecchio e senza forze. Vamos!