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ATP Parigi-Bercy 2016: Le tennis, c’est moi! Murray vince Il Masters 1000 francese e diventa il numero 1 del mondo

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Il Re è morto! Viva il Re! Dopo 122 settimane di dominio incontrastato in vetta alla classifica ATP l’ex indiscusso e indiscutibile numero 1 del mondo Novak Djokovic è costretto ad abdicare per fare posto ad Andy Murray che diventa il 26° giocatore ad arrivare in cima al ranking ATP. Lo fa al termine di una cavalcata trionfale che dalla sconfitta contro Del Potro in Coppa Davis lo ha portato a vincere 4 tornei consecutivi: Pechino, Vienna, Shanghai e Bercy. Era già numero 1 dopo il forfait di Raonic in semifinale, ma la vittoria contro Isner legittima, se mai ne fosse il caso, la leadership del tennis mondiale.

La partita

L’introduzione è tutta per il nuovo numero 1. L’AccorHotels Arena accoglie il nuovo re, ma lui deve dimostrare di meritarsi la corona. L’inizio non può essere peggiore: doppio fallo! Ma nulla di grave, un ace nel punto successivo copre la vergogna. Isner è deficitario nello scambio e quando il servizio di Murray rimane in campo allora il punto è quasi sempre di marca scozzese. Quando è John a servire le prime file farebbero meglio a mettersi l’elmetto. 3 Ace. Il punto debole dell’americano è sempre lo stesso, se mette una seconda e lo scambio si allunga non ci sono chance. Andy è clamorosamente efficace al servizio e i giochi en blanco saranno tanti a partire dal 3° del primo parziale. Oltre ad un eccellente servizio Murray deve fronteggiare un John garibaldino e particolarmente efficace nella volèe e non mancano le volèe di fino che poco si addicono ad un lungagnome di oltre 2 metri. Anche Andy non scherza con gli ace ma deve fare fronte anche ad un risposta niente male. Si va ai vantaggi nel 5° gioco, ma tutto si risolve per il meglio. Il primo grande scossone del match arriva quando è John a battere. Nonostante il 30-0 iniziale l’americano pasticcia a rete commette un esiziale doppio fallo e alla prima palla break viene trafitto. 3-2 e servizio Murray. Andy sente la pressione e anche lui non vuole essere da meno: doppio fallo in apertura. Ahia. Isner accelera parecchio di dritto e grazie a 2 castagnoni vincenti consecutivi, di cui il secondo da circoletto rosso, si procura la palla per pareggiare i conti. Andy non ci sta è lobba come nessuno hai mai fatto nella storia. 2 servizi vincenti consecutivi tolgono le castagne dal fuoco. Isner deve recuperare e va di fretta. Ace, servizio vincente, servizio vincente, ace…via, alla cassa. Andy ha la possibilità di chiudere subito il primo set ed esordisce con un rovescio vincente in torsione da fondocampo. Applauso. Un ace millimetrico (Pizzica!) e un servizio vincente chiudono il primo parziale e il titolo prenota l’aereo per Dunblane.

Isner continua a collezionare ace, ma fino a quando Murray non cala nel suo servizio c’è poca partita. L’inizio del secondo parziale è piatto e nonostante un Isner molto falloso e non eccezionale a rete il punteggio segue il servizio. Siamo nel 5° gioco nel 2° set e ancora non si è vista una discesa a rete di Andy. Ma poco importa. Un vincente in corsa in cross di diritto non fanno pensare ai tempi andati del giuoco serve&volley. Altro gioco bianco per Murray e incredibilmente Il nuovo numero 1 del mondo scende a rete. La palla passa ad Isner e le sue bombe sono troppo pesanti per poter pensare di vedere un break facile. Il game chiave dell’incontro è l’8° del secondo. Un Murray sprecone concede 3 punti facili e deve fronteggiare 3 palle break consecutive. Isner non ne approfitta soprattutto nella prima occasione spedendo a rete una volèe comoda. Ace di seconda di Andy che grida:”Let’s go!“. Il peggio e passato e partita che resta in equilibrio. Da qui in avanti il servizio la fa da padrone e Murray è incredibilmente efficiente nonostante una percentuale di prime inferiore al suo avversario. Si va al tiebreak. Benissimo entrambi al servizio ma sul 2-3 Murray commette un doppio fallo fatale. Guarda per qualche secondo John come a dirgli:”Questa te l’ho regalata io!”. Non ci sono più scossoni e: un ace a 224 km/h e un vincente inside out di Isner chiudono il secondo parziale. 1 a 1 e palla al centro.

Isner cambia la maglietta della Fila e dal bianco passa al rosso. Andy non accusa il colpo, anzi è lui a procurarsi la palla break sul 30-40 del secondo gioco. Isner aveva praticamente vinto il game e ora deve fronteggiare una palla break. Il pericolo passa con 3 punti consecutivi. Avanti così. Murray ottiene un altro gioco a zero perché semplicemente Isner è impotente in risposta. Dopo il 2-1 entra in campo il fisio per massaggiare il ginocchio destro di Long John, ma non ha nulla. Anche nel 4° gioco l’americano trema, ma si salva con la sua arma migliore: l’ace. Ormai è stancante dire che Murray non rischia nulla sul suo servizio e quindi non lo diciamo. Isner è avanti e parecchio nella gara dei vincenti, ma questi sono edulcorati dai 15 ace (alla fine saranno 18), ma quello che conta è quando lo fai il vincente. La partita diventa vivace ma non si sblocca nonostante un doppio fallo Murray e altri castagnoni che mette in campo Isner. Purtroppo John non è un giocatore tanto dotato a rete e quando si presenta davanti per chiudere il punto Murray lo passa inesorabilmente. Sul 5-4 Murray e servizio Isner l’americano trema di brutto. Non è abituato a fronteggiare momenti così importanti e la tensione prende il sopravvento. Subito 0-30 con un doppio fallo. 30 pari con un ace, ma il nastro aggiusta la palla ad Andy che chiude il punto scusandosi. Arriva il primo match point che è anche quello decisivo, la volèe di Isner muore sulla rete e Bercy è per la prima volta scozzese. Braveheart.

Il torneo

Il torneo di Bercy è dal qualche anno a questo partte la “gamba zoppa” dei Masters, oggi diventati Masters 1000. La sua collocazione alla fine della stagione lo ha portato molto spesso a delle defezioni importanti e alla partecipazione di giocatori che arrivano in fondo all’annata spompi e senza più obiettivi da raggiungere. Sacrosanta è stata la settimana di riposo, introdotta nel 2014, tra il torneo francese e le ATP Finals. In questo modo si è scongiurata la defezione di massa che coinvolgeva gli 8 già qualificati per il torneo di fine anno che non avevano nessun interesse nello sprecare energie preziose in vista dell’ultimo appuntamento della stagione che conta.

Tutti gli occhi erano puntati sul possibile sorpasso, ma a noi ci interessa maggiormente focalizzare l’attenzione su Novak Djokovic. Dopo la vittoria del Roland Garros sembrava destinato a vette inarrivabili da chiunque, il Grande Slam era solo una formalità e nessuno, neanche Judy Murray, si sarebbe sognata un Nole numero 2 già a fine 2016. Invece c’è stato un crollo verticale. In 6 mesi ha sprecato più di 8000 punti di vantaggio vincendo solo a Toronto, un Masters 1000 con l’asterisco perché disertato dai migliori che volevano puntare alle Olimpiadi, tra tutti Andy Murray. Dopo la dichiarazione di qualche settimana fa in cui di fatto deponeva le armi nella strenua lotta per diventare il GOAT, ci si aspettava una reazione di orgoglio, perché Nole e Nole..e che diamine! Invece niente. La battuta d’arresto contro AGUT è stato già un segnale. Il suo gioco non era più quello spumeggiante del 2015 (anche se nel 2011 si era visto un Nole ancora superiore), ma nonostante tutto era riuscito a vincere ad Indian Wells, Miami, Madrid e il già citato Roland Garros. I primi 2 set della semifinale degli Australian Open in cui ha distrutto Federer sono andati in archivio e quello che rimane è un Nole old style che sembra regredito a quello pre-2011 in cui vinceva qui e là, ma senza mai convincere del tutto e sempre e comunque al di sotto dei 2 mostri sacri che gli stavano davanti.

Già il sorteggio non era stato tanto benevolo con Nole e fin da subito ha dovuto affrontare dei giocatori di un certo spessore. Gilles Muller non è certo un fulmine di guerra, ma trovarselo alla prima partita non è una garanzia di successo e il suo giuoco d’attacco è sempre pericoloso per chiunque. La pratica lussemburghese è stata archiviata con successo, ma Djokovic non ha brillato. Dimitrov doveva essere un test più probante e così è stato. Il bulgaro, che sta trovando una nuova dimensione dopo le disattese illusioni che molti avevano riposto in lui, è riuscito a strappare un set al serbo costringendolo agli straordinari. Il dato tecnico che maggiormente fa scattare la luce rossa è il servizio. Da tempo non si vedeva il serbo servire così male e l’effetto degli spinaci della Bassa Baviera portati da Boris sembra svanito. Bum Bum! Si diceva per Becker. Bum Bum! diciamo per Nole, ma non perché è una bomba, ma solo perché è scoppiato. Nei quarti di finale è bastato il braccio caldo di Cilic a metterlo KO. Una stesa che non ammette repliche che si salva solo per il tiebreak raggiunto nel secondo set perso malamente (tra l’altro). Djokovic non è più il numero 1, ma non è neanche il numero 2, è un numero random che fa fatica a stare in top 10. Chiunque oggi può permettersi di fare partita pari con lui e sperare di batterlo. L’anno scorso è stato abbattuto solo dalle cannonate di Stan e dal giuoco spumeggiante e vario di Federer, ma quest’anno anche un semplice silent banned può togliersi le sue soddisfazioni.

Dopo tutto questo sfracello Nole ha ancora l’ultima cartuccia da sparare che è il Masters. Lì ha la possibilità di fare record ed eguagliare Federer…ma l’avete visto come è combinato? E’ già tanto se va a Londra. Il field del Masters sarà più scassato di un cesso delle stazioni e forse questa potrebbe essere l’ancora di salvataggio per sopravvivere ad una seconda parte di stagione in cui l’anno scorso non aveva mai perso (se non la partita di round robin del Masters contro Federer) e dove quest’anno ha preso solo legnate. Sarebbe affascinante vedere una scontro tra Nole e Murray in finale per vedere fino a che punto è precipitato Novak, ma ad oggi pochi scommetterebbero su un serbo finalista, mentre tutti o quasi assegnano il titolo delle Finals al nuovo numero 1. Ma attenzione, Murray potrebbe pagare il tour de force post US Open e, chissà, forse nella capitale britannica ci potrebbe essere una sorpresa.

Dopo l’epitaffio su Nole i riflettori non possono che illuminare Andy Murray. Tutti erano in attesa del suo sorpasso a Parigi e finalmente il suo sogno è diventato realtà. Nessun britannico era mai stato numero 1 del ranking ATP, lo era stato Fred Perry negli anni ’30 numero 1, ma allora non c’era il computer e il titolo di più forte del mondo veniva assegnato a tavolino dai migliori esperti del settore. Il torneo di Andy è stato caratterizzato da alti e bassi. Se da un lato è doveroso elogiare la sua determinazione, dall’altro è opportuno far notare come a Shanghai e qui a Bercy non ha disputato la semifinale risparmiando parecchie energie fisiche e mentali. Ma le difficoltà non sono arrivare alla fine, ma all’inizio. Ormai si sa che Nando Verdasco è una mina vagante del circuito ATP e beccartelo nella prima partita non è certo un toccasana, ne sa qualcosa Nadal. Il suo dritto, nonostante l’età, e una stagione disastrosa fa ancora male e stava per spezzare sul nascere il sogno scozzese. Chissà se quel nastro maledetto nell’11° gioco del terzo set avesse accomodato la palla allo spagnolo invece che ad Andy di cosa staremmo parlando. Ma la storia non si fa con i se e con in ma. Murray è riuscito a sopravvivere al secondo turno e di lì in avanti è stata una passeggiata. Pouille è stato sdraiato senza remissione dei peccati con annesso bagel nel secondo set. Berdych ha recitato il suo solito copione e non a caso la “B” del cognome molto spesso diventa “P”. I 7 set point sprecati nel primo parziale sono la sua firma d’autore, un marchio registrato che in pochi possono imitare. Una volta perso il primo set non c’è stata storia e Murray è andato facile in semifinale. Manifesti in tutto il mondo, volantini distribuiti da droni della NASA e pubblicità nei maxischermi di Time Square annunciavano la semifinale con Raonic come la partita più importante dell’anno, quella storica da immortale per i posteri, ma ancora una volta il destino ha voluto fare uno scherzo e il platano ha avuto problemi alle radici e non ha potuto disputare la partita tanto da compromettere la sua partecipazione alle Finals. Peccato, perché i risultati è sempre meglio ottenerli sul campo. Però Andy rifiuta l’offerta, si tiene il suo pacco e va fino in fondo battendo in una partita tutt’altro che semplice John Isner garantendosi anche un certo margine sul nuovo numero 2, 405 punti, che lasciano poco spazio a recriminazioni derivanti soprattutto dai maledetti 275 punti che Murray si porta dietro dalla Davis vinta lo scorso anno.

Inutile ribadire che togliendo la lotta per il numero 1 il torneo è stato scarno. Già la sua impostazione lascia un po’ a desiderare. Non si possono dare bye a tutt’e 16 le teste di serie facendo di fatto partire il vero torneo il mercoledì, se non il giovedì. Oltre a Isner pochi si sono messi in luce. Long John è stato ottimo per tutto il torneo e peccato che dall’altra parte c’era il gelataio di Dunblane perché il primo Masters 1000 era alla sua portata. Seppellito definitivamente Ferrer, che chiude l’anno con zeru tituli e la 21a posizione nel ranking, ha battuto Hot Struff, giustiziere di un fannullone Wawrinka ormai in ferie da un po’ di tempo cui però spetta l’ingrato compito di presenziare alle Finals. Un’ottima partita è stata quella contro Sock chiamato a giocarsi la leadership del tennis a stelle e strisce che una volta andava a comandare di brutto (per dirla come un duemila), ma che oggi arranca clamorosamente. Splendida vittoria in 3 set, così come splendida è stata la vittoria contro Cilic che è stato bombardato come Dresda nel 1945. Il croato non ha potuto fare niente contro il giocatore del Nebraska pur essendo di gran lunga il favorito e apprestandosi a giocare la sua seconda finale stagione in un Masters 1000 dopo la vittoria a Cincinnati.

Una nota di merito così va da a Marino che ha ghigliottinato la testa dell’ex sovrano e che si dimostra sempre un brutto cliente per tutti. Molto convincente è stata la vittoria con Goffin e buttare fuori IVO non è mai facile. I 2 si incontreranno a Zagabria per giocarsi la Davis contro l’Argentina, per cui…nessun rancore. Da bocciare assolutamente è Thiem e spero che legga queste righe perché non è possibile gettare alle ortiche un così ficcante rovescio con una programmazione folle. Ancora una volta aveva detto di volersi riposare e invece va a giocare il doppio con Kohli e, come se non bastasse, si permette di vincere una partita. Il compitino facile di spezzargli ancora una volta le ali spetta a Jackie Sock, ma poteva esserci anche un Rosewall fresco 82enne redivivo e non sarebbe cambiato nulla. Grazie al forfait di Nadal si qualifica per il Masters e tutti sperano di averlo nel proprio girone per poterselo mangiare. Bocciato anche un altro pretendente “Maestro” Kei Nishikori che dopo aver vinto 25 partite con bagel è costretto a subire l’umiliante sconfitta dopo aver vinto il primo set per 6-0. Il futuro papà Tsonga è stato bravo a non mollare e una volta lasciato andare il primo set è entrato in partita minando le certezze nipponiche. Dopo Kei Jo ha dovuto vedersela con Raonic e qui non ha potuto fare niente, ha perso in 2 set, ma il suo rimpianto è quello di non aver portato la partita al terzo dove quasi sicuramente Milos si sarebbe ritirato. L’Italia fa la sua sempre magra figura gioendo per una vittoria effimera di Lorenzi contro Paire e demonizzando Fognini per aver perso contro Carreno Busta. It’s always the same fucking story. Alla ciurma alla deriva italica si aggiunge anche Seppi bravo a qualificarsi ma spazzato via da Sousa. Ah, chissà se i miliardi spesi per costruire Supertennis fossero andati ai tennisti italiani quanto soddisfazioni ci saremmo tolti..eh (sospiro affannnato). Che dire di Berdych? Medioman era e medioman sarà. Bravo a battere Sousa e Simon, ma contro Murray poteva vincerla e invece l’ha persa. Bocciato. L’ultimo in ordine di tabellone rimane Pouille che non raggiunge la sufficienza: non basta battere Deliciano se poi prendere un’imbarcata tremenda da Murray. Forse il prossimo anno sarà migliore per il giovane francese, ma in Patria aspettava un risultato migliore.

I record

Murray diventa il 26° numero 1 dell’era ranking. Lo fa a 29.4 anni ed è il secondo più vecchio a diventarlo per la prima volta. John Newcombe ci riuscì a 30 anni nel giugno del 1974. Per Murray si tratta del 14° Masters della carriera, il 43° titolo e 31° sul cemento. Con i punti conquistati a Bercy è sicuro di rimane in vetta per almeno 2 settimane staccando già il worst record di Rafter che fu numero 1 solo per una settimana. E’ l’8° titolo in stagione per lo scozzese ed è record per la sua carriera. E’ anche il 4° titolo post US Open e raggiunge i ben più blasonati Federer e Djokovic in questa speciale classifica con un altro torneo ancora da disputare.

Conclusione

Les jeux ne sont pas faits. Nonostante tutti i festeggiamenti per la morte del tiranno, ancora l’annata non è finita. il numero 1 di Murray non è al sicuro. I 130 punti (virtuali) che ha di vantaggio su Nole non sono una sicurezza e un ritorno in grande stile potrebbe scombinare di nuovo le carte in tavola. Sarebbe una grande mazzata per lo scozzese perdere subito lo scettro invece conservarlo sarebbe una grande iniezione di fiducia e lo proietterebbe molto in alto mantendo la leadership per almeno la prima parte della prossima stagione dove Djokovic difende una caterva di punti e Murray può appoggiarsi ai fallimenti registrati nel cemento primaverile americano. Nole è destinato così a rimanere al numero 2 e un risorpasso eventuale sarebbe quasi scontato. Il numero 3 non esiste. Wawrinka è lì per caso e Raonic addirittura potrebbe superarlo. Nadal e Federer che hanno dominato il tennis per tanti anni stanno per esaurire le pile. Per Nadal la fine è molto lenta e un’inspiegabile ottimismo imperversa nella mente del maiorchino che non esprime più il tennis che tanto ha fatto appassionare milioni di tifosi. Federer parla, parla, twitta e tagga, ma chissà quello che farà nella prossima stagione. Qualche sito italiano riporta erroneamente Aprile come il mese delle decisioni difficili e irrevocabili, ma ha tradotto male e travisato le parole del campione svizzero che non ha mai parlato di ritiro. Quanto durerà il dominio di Murray? Ecco il punto. Ormai siamo abituati ai domini, a tennisti che stanno in vetta per 2-3 anni vincono Slam su Slam e abbattono record su record. Chi ha detto che questa è la regola? All’inizio del nuovo millennio la leadership del tennis mondiale cambiava in continuazione e sembra che sarà questo il nuovo paradigma che caratterizzerà il prossimo futuro del tennis. A 29 anni, quasi 30 difficilmente vedremo un Murray vincere altri 10 Slam o fare il Grande Slam e si spera che finalmente un giovane possa diventare numero 1. Tutto questo con la benedizione di Djokovic che potrebbe tornare da un momento all’altro e cavalcare altri record ormai sgravato dal peso della leadership del tennis mondiale. Slam, slam e solo slam, sembra questo ormai l’imperativo categorico dei nuovi tennisti che vedono solo nella vittoria di un Major l’obiettivo cui puntare e sacrificare tutte le forze. Ma la cavalcata di Murray ci insegna che sono importanti anche gli ATP 500 e i 1000. Non di solo Slam vive l’uomo….Per una settimana ora il tennis si ferma e ritornerà per il gran finale di Londra con il nuovo Re che vuole mostrare la corona ai suoi sudditi. W il Re!

(Grazie a King per il fotomontaggio)