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ATP Parigi-Bercy 2018: From Russia with Love, Vittoria a sorpresa per Khachanov

Karen Khachanov ribalta un copione già scritto e vince a sorpresa l’ultimo Masters 1000 dell’anno a Bercy.

La partita

Dopo la splendida semifinale vinta al fotofinish contro Federer sembrava ormai fatta per Novak Djokovic, dominatore di questa parte di stagione che l’ha visto sempre protagonista. Eppure sabato era successo qualcosa. Il volitivo Rogé aveva messo tutto in campo per battere il suo rivale, e, a conti fatti, è proprio sabato che si è deciso questo torneo di fine stagione. Khach si presentava alla sua 4a finale in carriera senza aver mai perso nelle precedenti 3 uscite. Leggermente davanti Nole con 4 finali anche lui, però +100 a somma all’inizio.

Nole gioca da Nole e nelle prime battute sembra ricalcare un copione già ampiamente previsto e protocollato. Primo game al servizio a 15 e subito una palla break per lui sul 30-40 nel secondo. Karen si salva, però sembra una delle occasioni in cui sicuramente il russo si ritroverà. Il match sembra indirizzato nel 4° game quando il numero 2 del mondo spazza via tutto e si porta avanti 0-40. 3 palle break miciadiali. Khach non teme nessuno oggi e le annulla di mestiere. Ce n’è un’altra. Questa volta è fatale. 3-1 e titoli di coda che partono inesorabili. Dopo il subitaneo 30-0 Nole si spegne. Evidentemente affaticato si lascia trafiggere dal suo avversario, senza pietà. Il controbreak arriva a 30 e da qui in poi inizia un’altra partita. Il Nole traballante e ad un gradino dalla morte che ha vinto tutto quello che c’era da vincere va sotto. Famose sono queste sceneggiate di pseudo morte nel 2015, il suo annus mirabilis, che è continuato anche per la prima metà del 2016. Però alcune volte l’attore non fa l’attore semplicemente perché è seriamente messo male. Così come successo a Roma nel 2016 la fatica mostrata con i gesti si concretizza in un mesto, per lui, monologo del suo avversario che picchia come un fabbro, avversario dotato di grande dritto e servizio. St’ cazz’ e russ’ ce l’hanno sempre avuta la castagna, come non ricordare il grande Safin troppo presto accostato a Karen, però Marat era un’altra cosa (meglio il libro). Karen demolisce il suo avversario che però si tiene a galla almeno nel punteggio ed è solo l’11° gioco a regalare al numero 18 del mondo il break decisivo che gli vale il set. 7-5 bugiardo, però andato dalla parte giusta.

Il Bazooka della 3a Gerusalemme sale improvvisamente e Djokovic esce dal campo. Il secondo set mostra ancora un punteggio bugiardo. Però basta un dato per dire quanto Khach sia stato impressionante in questo parziale: 85% di prime in campo. Fine discussione. Praticamente perfetto alla battuta il russo si diverte a giochicchiare su quella dell’avversario che cede ai vantaggi nel 3° game. Da lì in poi la partita scivola via come pioggia sul nylon. Khach potrebbe ammazzare l’incontro nel 7° gioco, ma non strutta 3 palle break. Vale a poco se si chiude di giustezza al 10° gioco. L’Albero Fora Cornee va a lui. Da buon giovane Karen ringrazia Nole, definito come fonte di ispirazione per chi pratica questo sport. Il dominatore diventa improvvisamente il vecchietto di riferimento. Il serbo avrebbe voluto stare dall’altra parte e dire che sicuramente Karen avrebbe vinto qualcosa di importante, però oggi è lui a reggere il piatto in mano. Un piatto che pesa, però non più di tanto.

Il torneo

Difficile parlare del vincitore quando arriva una sorpresa del genere. Non essendo testa di seria Khach ha dovuto affrontare anche il primo turno. Un turno un po’ ostico sulla carta, ma solo sulla carta. Dall’altra parte della rete c’era Filip Krajinović, finalista qui l’anno scorso e da allora scomparso dai radar del tennis che conta. 7-5 6-2 per il numero 18 del mondo. Nel secondo turno c’è stata una non partita contro l’australiano Ebden che si ritirato nel secondo set, dopo aver perso il primo e sotto di 2 game nel successivo. La vera grande sfida per Karen è stata quella contro l’americano Isner. Favorito dal pronostico e spinto dalla possibilità di andare a Londra, non a stringere la mano (finta) della Regina, ma per andare alle Finals, John ha dato anima e cuore in una sfida avvincente, almeno per quanto riguarda il punteggio. Il canovaccio è stato quello preannunciato. Bombardamento a destra e a manca e si salvi chi può. Dopo aver vinto il primo set Khach ha dovuto sudare 7 camicie al tiebreak nel secondo, vinto per 11 punti a 9 e con ben 3 match point sprecati. Le camicie sono diventate 70 quando nel tiebreak del 3° ha dovuto affrontare match point, questa volta a suo sfavore, che pesano leggermente di più di quelle a favore. Annullate entrambe con il proprio servizio, ma che spavento! (Almeno per lui). Il vero torneo doveva iniziare dai quarti in poi, come di consueto, invece da qui in poi è andato tutto in discesa, o almeno ha messo tutti i piani inclinati al loro posto perché tutto fosse facile. Alex Zverev, sempre chiamato a dimostrare di essere un futuro dominatore è stato castigato pesantemente. Perentorio 6-1 6-2 per il vero russo, contro il finto russo, ancora una volta apparso sottotono. Ma il suo obiettivo sono gli Slam, Ivan lo sa. Stessa sorte spetta a Thiem, che ben aveva figurato fino a questo punto del torneo. La partita esiste solo nel 1° set, poi altra mazzata russa e altro 6-1. La finale doveva fermare la corsa, invece l’ha accelerata.

Come al solito i protagonisti dovevano essere 3, però uno è rimasto al palo. Stiamo parlando di Rafael Nadal, ritiratosi prima del match contro Verdasco. Arrivato qui a Parigi dopo l’infortunio di New York nel match contro Del Potro (in realtà il problema al ginocchio si era palesato un po’ prima), Rafa doveva sfatare il tabù che lo vuole sempre alle corde nell’ultima parte di stagione. Chi lo conosce bene sapeva che avrebbe fatto poco o niente, però meglio poco che niente. Magari qualche partitina si poteva giocare e mettere qualche kilometro nelle gambe in vista di un Masters che mai come quest’anno vede gente ridotta male. Invece niente. I dolori addominali provocati dal continuo aggiornarsi sulla politica italiana, hanno spinto il medico a fargli saltare il torneo. Una precauzione più che un infortunio, però la sostanza non cambia. Ai microfoni il numero 1 (ormai ex) ha detto che non riusciva a servire bene, quindi meglio non forzare. La capitale inglese appare lontana, lontanissima, e senza mezza partita nelle gambe sembra impossibile che possa fare bene. L’unica sua speranza è che nel sorteggio Federer e Djokovic finiscano nello stesso girone, così da arrabattare qualche punto, che poi so’ ducento testoni a vittoria, contro qualche scappato di casa. Il suo livello attuale non è minimamente paragonabile a quello degli altri 2, che non saranno nel loro prime, ma basta e avanza per vederlo ancora finalisti nell’evento che chiude la stagione ATP.

L’indomabile Novak Djokovic arriva a Parigi per andarsi a prendere matematicamente lo scettro di numero 1 del mondo. È bastato il ritiro di Nadal per certificare uno status che ormai era chiaro da tempo, però visto che ci siamo, perché non continuare la streak di vittorie consecutive? Anche quella dei set non fa male, però questa è più difficile da mantenere. L’indoor è casa sua. Quando Nole vede un tetto sopra di sé e una palla dentro di sé gioca da dio. La caccia allo sweep post-US Open è ancora aperta, e visto il parterre che c’è in giro non è così improbabile. Prima sfida easy contro Joao Sousa. Lo sportivo portoghese più famoso del mondo. La partita si gioca solo nel primo set in cui Nole, da buon sarto, prende le misure del campo. Il freno a mano è tirato e basta un millesimo di secondo per spazzare via il qualificato dall’altra parte della rete. L’aura serba aumenta sempre di più, forse troppo. Infatti Zum Zum viene tramortito dal cosmo balcanico ed è così costretto al ritiro nel secondo set. Finalmente si ha partita vera nei quarti di finale. C’è il numero 7 del mondo e discreto giocatore, quale Marin Cilic. Nole non gioca al meglio, ma si sa che lui è una farfalla foglia secca. Capacità di mimesi unica e affascinante. Sembra quasi morire e per un po’ muore davvero. La fine del primo set contro Marin è rocambolesca e il numero 2 del mondo si lascia sfuggire il set e il conseguente record. Poco importa se poi esci alla grande. Nole si toglie l’armatura e inizia ad incartare il croato che è defunto, 2 novembre non a caso. Errori clamorosi e grande palleggio serbo regalano al futuro numero 1 la tanta attesa semifinale contro Federer. Alla vigilia la partita sembrava ampiamente indirizzata, con Roger alla continua ricerca di una sua dimensione e con un servizio che non risponde ai comandi, e una risposta che non comanda. Il 20 volte campione Slam dà tutto in questa sfida che entra di diritto nella Top 10 del 2018. Federer fa di tutto per vincere questa partita annullando la bellezza di 12 palle break, ma viene colpito dalla maledizione di Stich: perdere un incontro senza mai essere stati brekkati. Incredibile, ma vero. Djokovic riesce ad avere la meglio nei 2 tiebreak che vengono giocati. Addirittura nel primo deve anche annullare set point. Invece nel secondo va via liscio fino al 6-1 per chiudere sul 7-3. Uno dei migliori Federer dell’anno non basta a sovvertire le sorti di una piallata che non c’è stata, ma che comunque ha visto vincitore chi doveva vincere. Un buon segnale in vista del Masters. Anche la finale ha fatto capire quanto tanto ha speso Djokovic per vincere questa grande sfida. Il livello dei 2 ad oggi sembra quasi pari, anche se qualche settimana fa sembrava ridicolo dirlo.

Viene, non viene. Pulla, non pulla. Gioca, poi si ritira. Il torneo di Federer inizia con tanti interrogativi che lo mettevano quasi sicuramente assente qui a Parigi dopo la vittoria a Basilea e come aveva fatto lo scorso anno. La prima sfida, anzi la prima Non sfida non seppellisce nessun dubbio, anzi ne dà ancora di più, però dà altrettanto un incentivo a giocare. Raonic non scende in campo per la sfida di secondo turno e così Roger da Basilea si ritrova in un terzo turno, con un bye gratis e uno in omaggio con l’acquisto di un torneo ATP 500. Si esordisce con il Fogna. Uno dei tanti devoti della rhétorique sacrée. La devozione si allarga a tutta la famiglia, compreso soprattutto il padre che mitizza, come tanti, Roger Federer, così da far sembrare innocua e indolore una scontata quanto inevitabile sconfitta. Federer vince però subisce break. Estende così la striscia di partite con almeno un break subito a 11 avvicinando il suo personale record (negativo) di 13 fatto registrare nel 2002 quando Federer non era ancora Federer. Finalmente si ha una bella prestazione contro Nishikori, sicuro di andare alle Finals dopo la rinuncia ufficiale di Del Potro. Partita dominata a larghi tratti da Roger che questa volta non perde il servizio. Interrompe la striscia e si presenta bene alla semifinale che è largamente la vera finale del torneo. Bene per lui. Non vince il titolo, ed ora gli rimane solo l’ultima cartuccia di Londra per dare prestigio a questo 2018, che lo ha visto vincitore a Melbourne per un titolo che è storia, ma per il resto ha raccolto qualche torneino qua e là che vale solo per andare a prendere Connors.

Record

  • Per la 23a volta un giocatore vince un Masters 1000 / Masters Series salvando match point
  • Khachanov è il 6° giocatore a battere 4 top 10 in un unico Masters 1000
  • 4° non testa di serie a vincere a Parigi-Bercy dopo: Henman (2003), Berdych (2005) and Nalbandian (2007)
  • 4° giocatore russo a vincere un Masters 1000/Masters Series
  • 3° russo a vincere a Parigi-Bercy

Conclusione

Il triangolo no, non è più un triangolo. Un vertice è crollato e non si sa quanto tempo rimarrà fuori. Gli altri 2 vertici si avvicendano in questa geometria perversa in cui finalmente appare un nuovo elemento. Khach è uno dei tanti della nuova generazione. Una generazione che ha fallito pesantemente, ma che inevitabilmente si ritaglia degli spazi là dove mancano i grandi, i vecchi del passato. A 22 anni ormai non fa più notizia la vittoria di un Masters 1000, sarebbe gradita una vittoria in uno Slam, cosa buona e giusta, ma oggi tutto questo appare come una utopia. Oggi, domani, chissà, sarà la normalità. Il tempo non è altro che una dimensione e va sempre avanti. Magari chi è giovane oggi, si sveglia e si ritrova vecchio, vecchio vincitore di qualcosa che conta, perché nel frattempo quelli vecchi vecchi sono usciti dal perimetro del tennis che conta. Chissà se si rivedrà più una generazione di fenomeni che vince quando ha 20 anni spodestando l’ancien regime. Vorremmo vedere di più vittorie come quelle di Karen, vittorie in cui viene sconfitto il più grande del momento che non è più un giovanotto. Vorremmo vedere una generazione che spodesta questi vecchi che non vogliono mollare niente e che diventano sempre più vecchi. Bravo Karen, però ora cosa fai? Imbocchi la selva oscura che ha è diventata buco nero come Jack Sock? Vincitore qui l’anno scorso, top 10 a fine anno, ed evaporato nel nulla fuori dalla top 100? Speriamo di no. I colpi ci sono. Eh i colpi, i colpi. Servizio e dritto sono forieri di una carriera lunga e prosperosa in un circuito fatto sempre più dal duro (meglio chiamarlo così, perché di cemento se ne vede ben poco). Khach è il nuovo Safin. Magari. Magari rivedere quel giocatore che sapeva distruggere tutti quando era in giornata. Invece quando era in nottata le prendeva da chiunque. Ma cosa importa? Vogliamo vedere un’altra grande perla russa, come quella di New York del 2000, con un Sampras piallato a dovere. Un’altra come quella di Melbourne 2005, nella sfida del secolo su cemento contro l’iper-campione Roger Federer. Perché non fare di più? Il tempo passa e vogliamo, vogliamo. Ma siamo sicuri che se ci spostassimo in un’altra era tennistica avremmo detto o non detto le stesse cose su altri tennisti che poi sarebbero diventate leggende oppure delle ciofeche mai esplose? È un laborioso lavoro di astrazione e mai del tutto inquadrabile. Però, perché non tentare di farlo? Oggi Karen che prospettive dà? Vincerà 20 Slam o uscirà dalla Top 100? Ecco, è qui il guaio. Si vorrebbe tutto e subito, senza considerare che il passato è passato, e gli anni addietro sono fluidi, nel secondo che sono percorribili, espandibili e comprimibili come vogliamo, invece il futuro è una quantistica conta di tic con una frequenza costante e che nessuno può accelerare. Bisogna, quindi, sapere aspettare questi campioni che verranno. Non esaltarli quando vincono qualcosa, né punirli quando perdono malamente. Oggi Khach ha vinto, domani perderà sicuramente. Ma quanto vincerà in tutta la carriera secondo le nostre aspettative? Nessuno lo può dire. Quello che possiamo dire è: ”Benvenuto, Karen, ora giochi con i grandi. Hai tanti anni dinanzi a te, mi raccomando, basta poco per esultare, poco per scoraggiarsi. Step by step, passo dopo passo, ce la farai a ritagliarti il tuo posto tra i grandi”.

Per una settimana le telecamere del tennis si spostano a Milano per le Next Gen Finals, che vogliono sempre innovare, in una Milano ormai priva di identità. Il torneo non vale. Però è sempre un bello spettacolo avere un evento così in Italia. Tutto questo in attesa dell’ultimo botto dell’anno: le Finals di Londra. Ci saranno Djokovic e Federer. Nadal non si sa. L’esito finale appare incerto, ma chi scommetterebbe sugli altri partecipanti? Avanti il prossimo, gli lascio il posto mio.