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ATP Roma 2017: Kaiser Sasha. A 20 anni Zverev vince a sorpresa gli Internazionali d’Italia

Il futuro è adesso. Finalmente dopo un 2017 targato Federer-Nadal il tennis trova un nuovo campione, un giovane campione di 20 anni che si aggiudica gli Internazionali d’Italia.

La partita

C’è un grandissimo parterre de roi sul Centrale del Foro Italico, oltre agli ormai abbonati fissi Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli, ci sono il presidente del CONI Malagò, il presidente della FIT Binaghi, e Il Presidente con la “P” maiuscola Mattarella. Insomma ci sono tutti, ma il più grande tra di loro non è presidente di nulla, è un vecchietto di 78 anni, leggenda vivente del tennis. E’ Rod Laver. The Rocket, ormai quasi presente a tutti i tornei importanti del circus riceve la Racchetta d’Oro come simbolo di una carriera irripetibile, sia per quanto riguarda il gioco espresso che i numeri ad oggi utopistici per come è strutturato il circuito ATP. Nessuno mai vincerà 200 titoli. Qua possiamo metterci una pietra sopra. Tra i grandi record dell’australiano annoveriamo anche quello di aver vinto gli Internazionali d’Italia da dilettante del 1962 e poi da professionista nel 1971.

Chiusa la parentesi Laver i riflettori si spostano sui protagonisti del presente. Scendono in campo 2 giocatori diametralmente opposti. Da un lato il serbo Novak Djokovic, vincitore di 12 Slam, 30 Masters 1000 e navigato campione di (quasi) 30 anni. Dall’altro il giovane virgulto Alex Zverev, detto Sasha, mai vincitore Slam né di Masters 1000, alla sua prima finale in un torneo che conta alla 10a partecipazione nei tornei della categoria sotto i Major. I pronostici non possono che essere a favore del serbo che contro Thiem ha messo in campo una prestazione monstre demolendo l’austriaco e facendo credere a tutti che fosse tornato il vero Nole, il dominatore che nel 2015 ha consegnato alla storia una delle migliori stagioni di sempre. Ma ogni giorno fa storia a sé e oggi tutto è stato disatteso.

Si capisce subito che Djokovic non è quello del sabato, capace di vincere 2 partite in un giorno. Bastano pochi minuti per ritrovare il numero 2 del mondo che ormai abbiamo imparato a conoscere in questi 10 mesi, ossia dopo la vittoria del Roland Garros 2016. Il primo game è un disastro. Perde il servizio a 15 frutto di 3 errori gratuiti e un doppio fallo. Sasha quando serve è una sentenza. Si sa che lui ha la castagna, ma siamo sulla terra battuta, e questo fondamentale non è così determinante come sul cemento o erba, ma non importa, oggi lo è e lo sarà per tutta la durata del match. Oltre ai facili numeri, 71% di prime in campo, ci possiamo concentrare sulla qualità del servizio di Alex che non lascia scampo ad uno dei più grandi ribattitori di sempre. Nole non può nulla e la sua epica risposta ormai rimane uno sbiadito ricordo. Dopo il break in apertura la partita segue pedantemente il servizio e questo è un male per chi sta sotto. Non solo Djokovic dà l’idea di non poter brekkare, ma quando è lui al servizio i pericoli arrivano da tutte le parti. Un Sasha deluxe mette in mostra un grandissimo rovescio e disintegra su questa diagonale un giocatore come Nole che certo di rovescio non è uno sprovveduto. Il dritto teutonico è quello di sempre e allora non c’è nulla da fare. La partita è indirizzata verso la Germania, ma i più avvezzi testimoni delle partite ATP sanno che la ruota può girare soprattutto quando è l’underdog ad aver dominato. Non sarà così. Per renderci conto di come sia andata la partita basta analizzare il 7° game. Djokovic non capisce niente e si spara i soliti dropshot di ripiego che vanno a segno, ma sono solo degli spari nel buio. Oltre ad un grande tennis Alex mette in mostra una personalità non indifferente e quando è sotto 15-30 si tira d’impaccio piazzando un inatteso dropshot, poi seguito dal solito servizio Bum, Bum e dal dritto fotonico. Dopo 35 minuti finisce il primo set che va alla tds 16 e non si è mai visto uno spiraglio per il numero 2 del mondo, mai.

Il secondo set segue il copione del primo. Dopo 2 giochi interlocutori è ancora Zverev a brekkare, questa volta a 30. E’ il segnale che tutto sta per finire. Le quote di tutti i siti di live betting girano, gira l’orologio, gira la storia del tennis. Ancora più galvanizzato dall’esiziale break Zverev gioca meglio. L’Amor & Paz ormai non c’è più, e l’idole balcanica del serbo esce fuori, ma non serve a nulla gridare e prendersela con le righe o il destino, l’altro oggi è superiore in tutti i reparti, soprattutto quello neurologico in cui un campione navigato come Nole dovrebbe essere superiore, dovrebbe. Il colpo ferale potrebbe già arrivare nel 7° gioco, ma non c’è fretta. E’ Novak a regalare il game della vittoria a Sasha, che da buon nordico non esulta più di tanto. Lui ha fatto la storia, non per un risultato che ci poteva stare, ma per i suoi numeri che danno una sterzata precisa e determinante ad un circuito con numeri sempre più appannaggio dei vecchietti.

Il torneo

Il grido che si alzava dalla più profonda blogosfera tennistica finalmente ha avuto la sua soddisfazione. Ahhhhhh. Finalmente un giovane è riuscito a vincere un torneo importante. Non importa che sia uno Slam, ma Roma è un evento di grande prestigio in cui partecipano i migliori e non c’è bisogno di fare dietrologie o i puristi per dire che quello degli Internazionali di quest’anno è stato un punto di rottura con il passato. Nessuno si aspettava più l’exploit di un 20enne, l’ultimo che ci era riuscito era stato un gellato e sbarbatello Djokovic che aveva vinto a Miami nel 2007. A dire il vero Nole al momento della vittoria contro Canas aveva 19.82 anni, Sasha ne ha 20.08. Non stiamo a guardare il capello, i risultati sono sullo stesso livello e se si pensava che essendo arrivato da uno dei 3 Magnifici di questa generazione, sarebbe stato irripetibile, eppure eccola qua, signori. Il risultato rimane incredibile anche per un altro particolare che qualcuno ha notato, ma non tutti. La superficie. Zverev ha vinto un Masters 1000 sulla terra battuta, e sappiamo benissimo che non è il suo campo di battaglia preferito, questo ci fa capire che magari questo successo non sarà isolato e che il cemento e forse l’erba gli saranno più congeniali. Nel 2005 Rafael Nadal vinse a Monte Carlo e Roma, oltre a diversi altri tornei su clay e si diceva che non avrebbe mai vinto sulle superficie rapide perché era un pallettaro, palestrato, senza tecnica. Profezia subito smentita dopo pochi mesi quando Rafa vinse in Canada in finale niente meno che contro Agassi (OK, Andre era vecchio, Federer non c’era, no great opponents e tutto il repertorio che viene subito tirato fuori a sproposito). Con Zverev siamo nella situazione opposta. Ha vinto là dove non doveva vincere, dopo aver fatto schifo, diciamo seriamente, sia a Monte Carlo che a Madrid. Nel Principato aveva perso malamente con Rafa e a Madrid era stato punito da Cuevas con relativo bagel, ma una vittoria era passata sotto traccia. Quale? Quella di Monaco (di Baviera). Lì aveva vinto contro tennisti mediocri eppure questo era da leggere come un segno delle stelle per un predestinato. Era successo qualcosa di simile ad un altro tennista, un po’ più navigato. Chi? Murray. Nel 2015 vinse il primo torneo in carriera sulla terra battuta proprio in Baviera per poi conquistare a sorpresa il Masters 1000 di Madrid in finale su Nadal.

Difficile analizzare il percorso del vincitore. Nessuno lo dava neanche tra gli outsider, così i suoi incontri non sono stati al centro dell’attenzione, fino a che non sono diventati hot. Zverev è partito con la tds 16 e per questo è stato costretto a giocare il primo turno contro il qualificato Kevin Anderson. La partita è finita in 3 set. Dopo il sudafricano il tedesco ha regolato Troicki in 2 parziali e fino a qui è solo cronaca estemporanea. Dal terzo turno in poi sono arrivate le partite da ricordare. Come dimenticare la sfida contro Fognini, giustiziere di Murray nel turno precedente e chiamato alla prova del 9 che puntualmente non è arrivata. Lo sclero è stata l’arma migliore del tennista di Arma di Taggia (scusate la ripetizione). I battibecchi con l’umpire vanno di diritto nella compilation dei migliori crazy moments della storia del tennis, coadiuvati dagli ormai famosi tweet di Fufo56, padre di Fabio. Questa vittoria era quasi scontata, ma dai quarti in poi si è iniziato a fare sul serio. Il rientrante Raonic poteva essere un ostacolo insormontabile, ma lo è stato solo per il primo set, vinto da Zverev al tiebreak, da lì in poi tutto è stato in discesa. Complicatissima è stata la semifinale contro l’altra sorpresa del torneo, John Isner, che ha fatto valere il suo proverbiale servizio tachionico. Ma non è bastato. Grandissima lotta germano-statunitense nei primi 2 parziali, ma nel terzo il tedesco è scappato via e la battuta di Long John ha perso tutto il suo potere. Questa sembrava la classica semifinale dell’underdog e perdente come eravamo abituati (malamente) in questi anni, ma la ruota questa volta è girata.

Siamo sul clay e la precedenza non può non andare al King…of the clay. Arrivato a Roma da imbattuto sulla sua superficie e con 3 tornei in cascina, Nadal era chiamato a completare il Grande Botto Rosso prima dell’evento più importante che si gioca a Parigi. Il suo esordio è stato un NON esordio. La partita con Almagro si è interrotta con l’infortunio di Nicolas accompagnato fuori dal campo da un preoccupatissimo Rafa, che oltre a essere un connazionale è anche un amico del murciano. Ai microfoni di SKY Italia il maiorchino intervistato dal mitico Volandri ha ribadito di essere stato dispiaciuto e sicuramente non è bello vincere in questo modo. Così per non perdere il ritmo e risarcire parzialmente gli spettatori del Centrale lo spagnolo si è allenato sotto gli occhi degli spettatori paganti. Chiusa questa NON parentesi, si arriva al match contro Jack Sock. Nessuno può essere sulla carta un’insidia per Nadal, figuriamoci Jackie, così non sorprende il 6-3 6-4 finale che porta ai quarti il Re della terra battuta nella terza sfida consecutiva contro Thiem in 3 tornei. Che dire? Dominic è stato semplicemente perfetto. La sua potenza non è un mistero, il suo rovescio non è un mistero, le sue orecchie non sono un mistero. No, questo non conta. Il mistero vero e proprio del Muster 2.0 sono le righe. Se non ci fossero sarebbe il dominatore assoluto, peccato che la palla debba rimbalzare all’interno di esse per fare i punti. Ed è quello che è successo nell’incontro di quarti di finale. Tutti i dritti e i rovesci sparati a 1000 con un apertura degna un pterodattilo sono precipitati dento le righe, e per Nadal non c’è stata chance. A dire il vero Rafa non ha giocato la partita della vita, o almeno non è stato quello spumeggiante visto contro Goffin e lo stesso Thiem a Madrid, non un brutta versione, ma una un po’ rimaneggiata che ha lasciato qualche punto un po’ qui e un po’ là e ha commesso qualche errore di troppo. Questo nulla toglie all’avversario che merita tutti gli elogi del caso, ma probabilmente Rafa è già con la testa a Parigi, magari era convinto che quella sua versione sarebbe bastata per vincere di nuovo a Roma, e lui stesso a dire che “non esistono tornei di preparazione“, però se dall’altra parte arriva un signor giocatore, grande protagonista e specialista, allora non si può non andare a casa e andare a pescare o giocare a golf a seconda del tempo.

Se la sconfitta di Nadal non è una notizia lo è quella di Murray. Il tunnel imbucato da Andy sembra essere senza uscita. Arriva a Roma da detentore del titolo e ha collezionato una figuraccia epocale. Anche nel 2005 il campione uscente perse nella prima partita. Allora Carlos Moya fu sconfitto da Potito Starace. Ma Moya non era il numero 1 del mondo e a pochi interessavano i suoi risultati. Vanno dati grandi meriti al figlio di Fufo che non ha sbagliato praticamente nulla, ma non si può non sottolineare la contro-prestazione dello scozzese mai incisivo con nessun fondamentale. Si parla del servizio, ma, dispiace per Andy, in questa partita non ha funzionato niente, neanche una reazione di orgoglio o uno sbrocco di incoraggiamento. Sconfitta mesta e numero 1 che vacilla sempre di più. Perderà i 1200 punti della finale del Roland Garros dell’anno scorso e precipiterà a 9170 punti, ma sarà comunque primo, andando quasi a pareggia il record in negativo del numero 1 con meno punti ATP da quando esiste questo sistema di punteggio detenuto da Nadal, primatista della classifica ATP con  8700 punti il 7 giugno 2010 l’indomani della vittoria del suo 5° Roland Garros.

E’ tornato! La bestia è di nuovo tra di noi! Pepe Imaz keffa??!?! Ci aveva illuso il sempre composto e pacato Nole. Peccato. Il suo è stato un ottimo torneo considerando questo periodo molto al di sotto dei suoi standard, aggiungendo anche che qui a Roma a vinto ben 4 volte. Doveva sollevare la Coppa Binaghi, ma si è sciolto sul più bello. I segnali del raggiungimento di uno standard quantomeno accettabile ci sono stati, ma se non alzi il trofeo servono a poco. Ci sarebbe il contentino del ranking che con questi 600 punti mette al sicuro per qualche settimana il 2° posto, ma la cambialona parigina è dietro le porte e c’è poco da stare tranquilli. Il Nole visto negli ultimi mesi non poteva perdere contro Bedene, eppure il modesto britannico ha dato filo da torcere dall’ex numero 1. Contro AGUT si sono visti diversi miglioramenti e il doppio 6-4 è stato forse un punteggio bugiardo, poteva essere più grande il gap tra il serbo e lo spagnolo. Un Nole eccezionale si è visto contro Del Potro, ma solo nel primo set. Pippo è apparso distratto e sulla terra battuta non è certo un fulmine di guerra. Per lui è arrivata provvidenziale la pioggia a salvarlo. Prima sembravano “du gocce” ma poi è arrivato un temporale biblico e allora si è deciso si posticipare il prosieguo della partita dopo pochi game all’indomani. Così l’eroe dei balcani ha prima vinto contro l’argentino ed è stato costretto ad una prova di forza giocando 2 match in un giorno. Miracolo. Peccato che quello visto nel serale del Foro Italico è stato un match a senso unico in cui in campo c’è un solo avversario. Il giustiziere di Nadal Thiem ha preso una lezione severissima per suoi demeriti certamente, ma dall’altra parte si è visto un Nole deluxe. Preciso il risposta, mai sotto nello scambio e pochissimo, se non per nulla, falloso. Un 6-1 6-0 pesante che sa quasi di miracolo, ma è durato poco, pochissimo. Djokovic fallisce anche lui come un Fogna qualsiasi la prova del 9 ed esce ridimensionato da questo torneo e in vista di Parigi. Finalmente ha scelto il nuovo super-coach. Sarà Andre Agassi il parafulmine delle cazzate che piomberanno inevitabilmente addosso al campione serbo, così come lo era stato Becker. A 30 non si insegna nulla ad un 12 volte campione Slam, ma l’italiano medio, da buon calciofilo, conterà i titoli vinti dal binomio Agassi-Djokovic come se il Kid di Las Vegas fosse un Mourinho qualsiasi. Non è così che funziona nel tennis.

Scandagliando il tabellone troviamo: rimandato Fognini, matador del numero 1 come un Volandri qualsiasi, ma poi tremendamente seviziato dal futuro vincitore (magra consolazione) Zverev. Male le varie wildcard Berrettini, Napolitano impreparati per un palcoscenico così importante. Né arte, né parte Berdych, ma questa non è una novità. Bene Haas che batte il lucky loser Escobedo a 39 anni, ma non bissa il successo con Raonic lasciando a Connors quel record che ormai sembra imbattibile. Discreto Raonic facile vincitore su Tommasino ma preda di Zverev ai quarti. Bocciato Wawrinka che boccheggia da tanti mesi a questa parte in attesa della zampata che ogni anno arriva puntuale. Dove sarà? Eh, una zampata è una sorpresa per definizione per cui non c’è dato sapere. Benissimo Isner che butta fuori Stan e Cilic e si presenta alle semifinali come un americano a Roma qualsiasi. Poteva anche battere Sasha, ma nel terzo set si è perso. Rimandato Goffin che da top 10 perde la sfida equilibratissima sulla carta, ma non sul campo contro Cilic. Rimandato Marino che qui non doveva dimostrare nulla e così è stato. Bocciato Ramos che perde al primo turno da Long John, ma per lui la finale di Monte Carlo vale tanto, tantissimo. Non classificati i vari Verdasco, Florian Mayer, Paire ed Harrison. Promosso a pieni voti Thiem che fa fuori Cuevas, poi Samquerreynumero1 e soprattutto Nadal prima di imbarcare acqua da tutte le parti contro Nole. Ci sarà modo di rifarsi per lui. Bene Zio Sam ad un passo da battere Dominic in una superficie che non gli appartiene. Bocciato Pablo, ma non si poteva chiedere più di tanto a Cuevas dopo lo splendido torneo di Madrid. Bocciato Pouille che si sta rivelando un bidone per l’ATP e soprattutto per il Fantatennis. Nell’ultima sezione del tabellone male il solito Nishikori che non si è infortunato e questa è una notizia, ma fuori al terzo tuno. Bene Del Potro che al rientro arriva ai quarti e non può nulla contro Djokovic. Tra Carreno e AGUT vince AGUT così il primo è bocciato e il secondo promosso. Bocciati i vari Dimitrov e Simon, ormai in profonda crisi di identità.

Record

Alex Zverev con i suoi 20.08 anni diventa il più giovane vincitore di un Masters dai tempi di Djokovic che vinse a Miami nel 2007 a 19.82 anni. Diventa il più giovane top 10 dal 2008 quando allora Del Potro era nell’elité dell’ATP. E’ il primo tedesco a vincere a Roma. E’ il primo giocatore nati negli anni ’90 a vincere un Masters (è nato nel 1997). Vince il primo Masters 1000 al 10° tentativo. Prima di lui: Nadal aveva vinto alla 10a, Djokovic alla 11 a, Federer alla 21 a, Murray alla 26 a, Berdych alla 11 a e Tsonga all’8a .


Conclusione

Vincerà 20 Slam, è il prossimo dominatore, è più precoce del mandorlo in fiore in Sicilia. No, queste previsioni lasciano il tempo che trovano e soprattutto portano sfortuna. Lunga è la lista di chi ha ricevuto questa maledizione gratuite essendo innocente. Uno degli ultimi è Del Potro che dopo aver vinto gli US Open 2009 battendo sia Nadal che Federer (quelli veri, non le fotocopie di oggi) era stato pronosticato come vincitore Slam a iosa e sicuramente numero 1 del mondo. Quello che conta è che a Roma è stato piantato un tassello importante per la storia del tennis e che niente e nessuno potrà cancellare in futuro. Zverev potrebbe anche non vincere più niente, ma ha dimostrato che non occorre “essere vecchio” ed avere esperienza per aggiudicarsi un trofeo importante. Questa era una regola fissa fino a 10-15 anni fa, ossia il ricambio generazionale dettato dalla maggiore freschezza dei giovani contro la maggiore esperienza dei 30enni ma minore autonomia sulla lunga distanza. Ma avevamo dimenticato che poteva capitare ancora e che in fondo la natura non ha cambiato idea all’improvviso. Questo inizio di 2017 è stato quasi grottesco da questo punto di vista, con le solite facce note a essere protagoniste. Il parallelo col 2006 era quasi irreale, ma questa volta non c’è stato un Robredo vincitore a caso in un Masters senza i migliori (leggasi Federer e Nadal), ma un vincitore nuovo con tutti i migliori al via. Djokovic in finale non è stato un grande Djokovic, eppure lui è il numero 2 del mondo e niente e nessuno può sminuire la vittoria di Sasha, arrivata sì quando i migliori sono calati, ma poteva anche non arrivare e la semifinale Nole-Thiem era stato un chiaro segnale in questa direzione. Non si sa se è iniziata la rivoluzione. Quello che possiamo dire per certo è che i Fab 4 non sono più così Fab e ci sarà spazio per altri in futuro. La vittoria di Zverev dà fiducia agli altri giovani nel circus motivati a fare bene dopo questo exploit.

Per una settimana il grande tennis si ferma, riprenderà a Parigi, dove si fa la storia. Nadal parte favorito, Djokovic poco dietro e chissà che anche a Bois de Boulogne non ci scappi un’altra sorpresa.