ATP Rotterdam 2018: Rogerdam. Non si può dare di più
Roger Federer non si ferma più. Strapazza in finale un innocuo Dimitrov e centra il 97° trionfo ATP. Connors a 109 non è così lontano.
Parlare della finale come succede di consueto sarebbe quasi banale al limite del tautologico. Prima dell’inizio dell’atto conclusivo nessuno aveva un minimo dubbio su chi avrebbe alzato il trofeo. Per quanto Dimitrov sia migliorato, o meglio abbia iniziato a concretizzare il suo talento con risultato di un certo peso, non ultimo Il Masters di fine anno, non può neanche pensare di impensierire il suo idolo, pigamalione, totem e punto di riferimento nella vita…tennistica. Nessuno ad oggi sembra in grado di poter impensierire Federer, che incrementa come un qualsiasi contatore il numero di record. “Non sono i numeri a fare di Roger il più grande“. Non è vero. Tutti sono pronti a sciorinare statistiche su statistiche che riguardano lo svizzero, a volte in maniera un po’ goffa e algebricamente inconsistente. Ci sono record che sono linearmente indipendenti, altri sono dipendenti da altri, quindi non sono dei veri e propri record. IL Record con la “R” maiuscola in questo torneo era uno e uno solo: diventare il più anziano numero 1 dell’era ATP. Missione compiuta. Non c’era neanche la parvenza di un atomo di dubbio che Federer sarebbe diventato numero 1 del mondo in questo 2018. La partita, meglio ribadirlo, che lo vedeva contrapposto a quello che fino a domenica è stato il leader della classifica ATP, tale Rafael Nadal, si era chiusa in quel di Melbourne. Dopo il ritiro ai quarti di finale contro Cilic e la vittoria dello svizzero ormai il gap era diventato così grande che non c’era alcun modo di ricucire lo strappo. Anche se, paradossalmente, Rafa avesse preso parte al torneo di Rotterdam e avesse vinto ci sarebbero state tante e tante altre occasioni di sorpasso. Sorpasso che può arrivare anche perché l’altro non conferma i punti. Il numero 1 non si conquista con un torneo, ma con 52 settimane in cui tu fai più punti di tutti. Vera verità, banale, però spesso sfugge a molti. Il campione maiorchino è iscritto ad Acapulco. Qui difende i 300 punti della finale dell’anno scorso, ma la sua presenza, visto l’andamento della sua ultima partita, e il ginocchio che, come il colonnello Giuliacci, fa il buono e cattivo tempo, è in dubbio e sembra difficile vederlo di nuovo nell’atto conclusivo del torneo messicano che come non mai in questi 2 anni ha fatto un salto di qualità, un salto di qualità inatteso. Il double sunshine avrebbe visto Federer “soffrire” dato il doblete del 2017 ma quando il colore della terra sarebbe diventato rosso sicuramente sarebbe arrivato il numero 1 per Rogé visto che Nadal difende talmente tanti punti che neanche una Linea Maginot che si sposa con Il Piave può arginare l’inevitabile emorragia di punti che andranno inevitabilmente persi.
Fa piacere che Federer, molto stigmatizzato per le NON partecipazioni a tanti tornei, abbia deciso di presenziare all’ABN AMRO World Tennis Tournament (nome un po’ altisonante, paraculo e sponsorizzato). L’idea di andare a prendersi lo scettro senza aspettare che l’altro cadesse dà solo onore ad un campione che è sempre alla ricerca di nuove frontiere e nuovi numeri da aggiungere alla sua smisurata collezione. Krajicek ringrazia sentitamente e concede in 2.3 nanosecondi la wildcard allo svizzero. Krajicek, che molti ricordano per la severa lezione di tennis data a Sampras nel 1996 a Wimbledon e per aver vinto poi quella edizione dei Championships, nella finale più assurda che l’era Open abbia mai proposto a livello Slam. L’anno scorso le defezioni e le relative bestiemme di Richard erano state inferiori solo ai record (quelli indipendenti) di Federer, con la defezione di Nadal, poi di Wawrinka e via via tanti top player. Quest’anno a Rotterdam c’è stato un grande parterre de roi. L’unico a mancare era solo Nadal, ma questo si sapeva. La presenza di Dimitrov, Zverev e Goffin hanno elevato il livello di questo ATP 500, che rimane sempre un 500 (inutile tirare fuori numeri strani dopo aver ideato il TML Rating e parlato del Redshift nella GOAT Theory). Però il torneo non è stato un torneo. Almeno non nel senso etimologico del termine, come “tour“, “giro” di partite, un andamento circolare a 2π. E’ stata una linea retta siglata dal numero 303. Tutti i riflettori erano per Federer, tutto il resto era contorno che per regolamento doveva esserci.
Il sorteggio è sempre determinante nei tornei di tennis e se la strada è in discesa non rimane che ringraziare la sorte e andare avanti. Occhi sulla parte alta, che deve essere sempre presidiata dal numero 1 del seeding. Bene. Roger pesca una Q. Ci sta. Nel secondo turno uno tra Kohlschreiber e Khachanov. Mmmmm e poi nel quarti, ossia la Partita della Vita l’amico e vassallo Stan Wawrinka. L’agenzie di betting si rifiutano categoricamente di accettare scommesse su un eventuale cambio di guardia al vertice dell’ATP. La Q viene riempita da Ruben Bemelmans, che sembra il nome di un pittore fiammingo, ma non lo è. Oltre al pennello non sa tenere neanche la racchetta in mano. Dall’altra parte un feroce e occhio tigrato Rogé lo strapazza come le uova per una buona maionese, anche se qui è impazzita subito. La partita finisce prima dell’ora. E’ la 117a della serie. Statistica marginale, ma sempre utile (come ogni statistica). Mentre Filippo Il Germanico aveva la meglio sul nuovo astro nascente Khachanov, si preparava tutto per l’ennesima passeggiata del Re. Però Kohli è uno che sa giocare a tennis, sa arrotare la palla, e questo tipico di giuoco fa soffrire molto Federer. La caratteristica peculiare di Pippo però è l’essere un cane. Certamente Walt Disney ci aveva visto lungo tanti anni or sono, però a questo punto non rimane che stabilire la razza del cane. Nell’accezione particolare qui abbiamo un bellissimo esemplare di Choker. “Hater has to hate“, si legge molto spesso nei social, così di conseguenza: “Choker has to choke“. La possibilità di chokare per Philipp si presenta subito nel primo parziale quando sul 5-4 e servizio Federer ha la possibiltà di chiudere il set e non lo fa. Poi nel tiebreak del primo ha la possibilità di chiudere con il suo servizio ma manda tutto alle ortiche. Non sarà la exa-chokata di Dubai dell’anno scorso contro Murray, ma qui c’è tutta la sua non invidiabile arte. Una volta archiviato il primo parziale l’unica incognita del secondo era quella di capire quando sarebbe arrivato il break esiziale. Arriva tardi ma arriva. Ed ecco a voi salvata la Partita che tutti aspettavano. Non c’è Stan, che è stato eliminato al primo turno. Svizzera 2 non è ancora in grande condizione, e neanche quando lo era è mai stato un problema per Svizzera 1, almeno quando si è giocato sul veloce. Nei quarti di finale ad assistere all’evento storico più importante dell’anno dopo la firma del contratto con gli italiani di Berlusconi da Vespa c’è un indigeno: l‘arciere Robin Haase. Il copione sembra già scritto, ma qualcosa è andata storta. Robin si traveste da Batman e inizia a giocare a tennis. Federer soffre perché le sue accelerazioni non fanno male, e soprattutto quando si giuoca di fino l’avversario sa rispondere bene, anzi è lui a essere più propositivo. Il fantasma della beffa (momentanea, si intende) sta per concretizzarsi, e il primo parziale è orange. Solo che la pignola ATP pretende che si vincano 2 set per portare a casa il match, disdegnando altresì il famoso motto:”3 su 5 è un altro sport“. Però il 2° set non esiste. Haase sbaglia tutto e come se non bastasse la condizione fisica schiatta. Durante il cambio campo si tocca tutto, zoppica, poi c’è un accenno di vomito, insomma una gran bella fortuna per il suo avversario che aveva perso per la prima volta in stagione il set di apertura di una partita. Tutto il resto è rumore bianco. Facile 6-1 6-1 per Federer che si riprende il trono. Riceve un numero 1 che ricorda da vicino molti simboli fallici visti nell’arte di qualche civiltà precolombiana o film di Kubrick. La festa è tutta per il Re, che piange e fa l’amore (forse chiann’ e futt’ suona meglio). Tutti erano pronti a sciorinare i record battuti, l’unico dubbio riguardava la data della pubblicazione.
Veniamo al punto. Federer con la vittoria su Haase diventa il più anziano numero 1 della storia ATP (1973-oggi). Stabilisce il più grande gap tra la prima e l’ultima settimana al comando, il più grande gap tra 2 settimane non consecutive al numero 1, e il maggior numero di stagioni, 9, con almeno una settimana al vertice. Insomma, in poche parole fa: Carte, Settebello, Denari e Primera. Disintegrando tutti i record inerenti il ranking ATP che nel corso degli anni è diventato sempre più di maggiore importanza anche e soprattutto in chiave storica. Roger va a letto alle 4 del mattino, ok, però deve giocare la semifinale. Qualcuno parla di appagamento, però nessuno, o quasi guarda la partita durante i cambi campo perché le TV nostrane mandano in onda la pubblicità. Chi si arrangia con mezzi propri e guarda le partite in streaming non subisce l’onda anomala degli spot e può ammirare le panchine. Bene, qui si vede un Federer che è concentrato più di Fischer a Riekiavik nel 1972. Sguardo perso, assente, pensiero fisso, viso accigliato che neanche qualche bomba che dovrebbe essere lì dal 1984 (Lendl ancora la sta cercando) potrebbe scalfire. L’avversario è Andreas Seppi. Dovrebbe essere già ritirato, però non manca di dare e darsi qualche piccola soddisfazione in questo 2018. L’altoatesino non può fare nulla, può solo giocare il suo tennis, buttare la palla dall’altra parte e pregare. L’esito è scontato e Roger così si va a prendere la finale e poi, come abbiamo visto, il titolo.
Questo di Rotterdam è il titolo numero 97. La voce del simulacro della retorica non fa altro che dire che i 109 di Connors “pesano” di meno. Bisogna stare attenti. Connors nella sua carriera ha vinto più di 140 tornei (il numero esatto non è possibile stabilirlo perché ci sono tornei “in bilico” come quello NCAA). Il 109 è un numero scelto dell’ATP che ha molte falle, questo lo sappiamo, ma visto che è l’ATP a decidere se qualcosa è buona o meno, quello deve essere il punto di riferimento. Saprà Federer superare questo record? Difficile dirlo. Lui aveva dichiarato che non avrebbe giocato tornei minori per arrivare a quel record, però implicitamente l’ha fatto, anche se l’obiettivo era un altro. Questo non è un demerito, anzi, vedere il tennista che più di ogni altro è amato dagli appassionati può fare solo piacere. Sarebbe una grande bella cosa vederlo anche a Dubai, torneo che negli anni è stato di gran lunga il migliore 500 (basti guardare la super-edizione del 2012) che però quest’anno non vedrà sicuramente Djokovic e a questo punto neanche Federer a meno che decida di stupire ancora.
Per questa settimana non ci sarà grande tennis, anche se il tennis non dorme mai. Giù con il torneo di Rio, Marsiglia e Delray Beach, per poi arrivare al grande duo Dubai-Acapulco che potrebbero farsi concorrenza a distanza con Federer negli Emirati e Nadal in Messico.