Australian OpenUltimi articoli

Australian Open 1996: la principessa Seles torna a sorridere

 

687916-monica-seles

Prima di parlare degli Australian Open del 1996 riavvolgiamo il nastro e ritorniamo indietro di 3 anni. 1993: Monica Seles a soli 19 anni è riuscita a vincere il suo 8° titolo del Grande Slam a Melbourne demolendo in finale la sua più acerrima rivale Steffi Graf. E’ un record straordinario nella storia del tennis e per avere un dato minimamente paragonabile bisogna risalire a Maureen Connolly vincitrice anche lei a 19 anni del suo 8° Slam, ma con qualche mese in più rispetto a Monica. Inutile dire che i paralleli tra Little Mo e Monica si sprecano: accomunate entrambe da un grandissimo talento precoce devastante e poi devastato da eventi nefasti per motivi differenti entrambi non legati però a vicende riguardanti il gioco. Monica ha vinto il suo titolo numero 3 a Melbourne e ancora non ha mai perso una partita, va in aeroporto con il suo bel capellino e non disdegna di firmare autografi ai suoi fan sempre sorridente e con un’aria positiva che sempre l’ha accompagnata al di fuori del tennis giocato in netta contrapposizione allo sguardo fermo e deciso con occhi a fessura che mostrava quando calcava qualsiasi campo da tennis. Monica è all’apice della carriera e questo fa innamorare i suoi fan australiani che con lei hanno avuto da subito un certo feeling, un sentimento che non si era mai venuto a creare con le altre grandi leggende del tennis femminile che si era spinte fin nella terra dei canguri, mai nessuna era stata osannata come lei, neppure la rivale Steffi Graf, oppure Martina Navratilova e Chris Evert che avrebbero vinto molto di più della jugoslava.

Dal gennaio 1993 si arriva al gennaio 1996 ma in mezzo c’è quel maledetto giorno di aprile del 1993 in cui uno dei più grandi talenti della storia del tennis fu violentemente fermato da un pazzo che poi si sarebbe qualificato come “tifoso” di Steffi Graf. Non stiamo qui a parlare della carriera di Steffi di quello che avrebbe potuto “non vincere” con una Seles sempre al 100% e a recriminare su quello che invece andrebbe riconosciuto a posteriori a Monica, quello che conta è il sentimento, la psiche di una ragazzina di 19 anni troppo forte per tutte e che per questo ha fatto uscire matte prima le sue colleghe e poi i loro tifosi. Monica non ha potuto difendere quel titolo vinto nel 1993 per 2 anni e in cuor suo si sente in debito con il tanto affettuoso pubblico australiano, la sua assenza non è stata dovuta a infortuni o scelte di programmazione, ma è stata sempre la Paura con la “P” maiuscola a frenarla nel ripartire e ritornare ai vertici mondiali, posto che le spetta di diritto. La finale del 1995 a Flushing Meadows aveva per un attimo cancellato la ferita che aveva spezzato le ali ad una colomba troppo fragile per sopportare un peso così meschino ed ingiusto, ma per ritornare una volta per tutte ci voleva un ultimo acuto, un canto del cigno da incidere nella storia per essere ricordate per sempre.

La sua più grande rivale, Steffi Graf, questa volta non c’è causa un infortunio ad un piede che l’aveva costretta a saltare il torneo australiano, così la Selese e tds numero 1, dietro di lei ci sono due spagnole: Conchita Martinez e Arantxa Sanchez che precedono la detentrice del titolo Mary Pierce.

La “unbeaten forever Down Under Monica Seles” esordisce in un freddo e nuvoloso martedì contro l’americana Janet Lee e in appena 47 minuti vince per 6-3 6-0 e tutti sono costretti a spulciare gli almanacchi delle statistiche aggiungendo una nuova vittoria alle 21 già in archivio. La 19enne qualificata californiana non può nulla contro Monica che le concede appena un punto al servizio nel primo parziale demolendola con 26 vincenti a fronte degli 8 della Lee. L’unica nota negativa è un piccolo risentimento muscolare all’inguine che si era palesato durante il torneo di Sydney, tra l’altro vinto, che nei turni successivi si rivelerà non di poco conto.

La seconda partita è facile facile e batte la slovacca Katarina Studenikova in 51 minuti con il punteggio di 6-1 6-1, ma è sempre quell’inguine a preoccupare i più e questa volta è Monica stessa a rivelare ai giornali che è un problema da non sottovalutare nonostante la grande prestazione mostrata in campo.

Nel turno successivo si complica un po’ la vita forse per creare un po’ di suspence perdendo il primo game al servizio commettendo doppio fallo, ma non c’è nulla da temere: inanella 8 giochi consecutivi perdendo solo 12 punti in questo parziale e così elimina la francese Julie Halard-Decugis per 7-5 6-0.

La prima testa di serie incontrata è la numero 15 rappresentata dalla giapponese Naoko Sawamatsu liquidata con un 6-1 6-3. Siamo ai quarti di finale e Monica ha perso solo 14 game e 0 set complessivamente.

Ai quarti di finale c’è una sorprendente Iva Majoli, ex connazionale della Seles, lei croata, Monica jugoslava, che però subisce la stessa sorte delle tenniste che l’avevano preceduta: 6-1 6-2 molto facile, ma solo in apparenza perché tutti gli addetti ai lavori si accorgono che c’è qualcosa che non va nella Seles e solo in secondo momento ci si renderà conto del “miracolo” che è appena accaduto. Qualcuno si è preso anche la briga di fare l’elenco dei malanni che affliggono la jugoslava e sono: un piccolo strappo al tendine di una caviglia patito durante il 2° set, risentimento muscolare all’inguine di cui abbiamo già parlato, un virus misterioso che l’aveva colpita qualche mese prima che si era manifestato con tracce ematiche nella saliva, strappo ai legamenti della caviglia patito pochi mesi prima, tendinite al ginocchio accusata durante tutti gli US Open a cui si aggiunge qualche kilo di troppo rispetto al peso forma che non ha potuto smaltire a causa dei malanni elencati prima. Ma Monica è una combattente nata e supera tutte queste difficoltà come se nulla fosse. Per fortuna esistono gli antidolorifici. Intervistata a fine match dirà:”In una scala da 1 a 10 il dolore che sento è 4″. Per fortuna diciamo noi. Nonostante tutto anche la Majoli si rende conto che non c’è stato nulla da fare e ammette che in quel momento solo la Graf sarebbe stata in grado di contrastare la Seles dicendo anche che la Seles vincerà facile questo torneo.

Qualche piccolo segnale di questi malanni si è visto in campo: dopo aver perso il primo game la jugoslava ha inanellato una serie di 9 game consecutivi e quando stava conducendo 3-0 nel secondo set ha manifestato qualche problema al servizio. Lei, mancina, ha avuto difficoltà a servire da destra non potendo caricare il peso sul piede destro e così ha finito per perdere il game con un doppio fallo sul break point, ma subito dopo questo piccolo intoppo si è concluso il momento Majoli che ha finito per perdere in 58 minuti.

Il match più combattuto è stato sicuramente la semifinale contro la statunitense Chanda Rubin, match in cui ha “flirtato con la sconfitta”. Questa volta è stato un altro infortunio a preoccupare Monica, esattamente alla spalla sinistra, la sua “fortuna” è stata quella di avere un giorno di recupero dopo il match di quarti di finale, perché negli allenamenti tutti avevano notato che non riusciva neanche a battere non potendo stendere il braccio, ma il giorno di riposo è stato salvifico e così è riuscita ad imporsi per 6-7 6-1 7-5 in un match interrotto per pioggia. Il primo parziale è stato lottato fino al tiebreak vinto nettamente dalla Rubin per 7 punti a 2, nel secondo set non c’è stata storia, ma nell’ultimo e decisivo set si è visto un ritorno inaspettato di Chanda che ha fatto penare non poco la sua avversaria: si è porta sul 5-2 e a 2 punti dal match, però si è letteralmente sciolta si è fatta rimontare fino al 5 pari e servizio commettendo prima un doppio fallo e poi 3 gratuiti consecutivi che hanno permesso alla Seles di servire per il match che non si fa scappare l’occasione per chiudere definitivamente la tenzone.

La finale si dimostra una pura formalità, la tedesca Anke Huber, alla sua prima finale Slam in carriera, non può nulla contro lo strapotere Seles che si sbarazza della sua avversaria con il punteggio di 6-4 6-1. Quella giocata sul centrale del Melbourne Park è una partita dal pronostico facile, ma quello che è più importante è il ritorno di una principessa che aveva smarrito la strada. Tutti i giornalisti osservano Monica e si aspettano che da un momento all’altro possa che possa scoppiare in lacrime, ma non è così, la sua determinazione dentro il campo è esemplare e quando Anke spedisce l’ultimo punto in rete la jugoslava non esulta più di tanto, quello che può fare è sorridere e stringere la mano alla sua avversaria. La cerimonia di premiazione è molto sobria e a fatica Monica riesce a tenere in mano la coppa, le sue parole sono di circostanza ma in cuor suo sa di aver fatto l’impresa, lo sanno tutti e lo sanno anche il suo coach e suo padre che non riesce a trattenere le lacrime: la sua bambina è diventata donna finalmente anche se non dimentica i mostri che sono dentro di lei. I giornalisti si sa che fanno il loro mestiere, ma a volte sono impietosi e le chiedono se questa sua vittoria non le permetterà di cancellare il boicotaggio che si era imposta contro i tornei disputati in Germania, qui non si trattiene e all’improvviso emergono i suoi fantasmi e scoppia a piangere, invita i cameraman a non riprendere, “Don’t take pictures of this”, ma nessuno le dà retta anche se in cuor loro gli addetti ai lavori vorrebbero darle ascolto. Ma Monica è più forte delle sue paure e lo ha dimostrato coi fatti, da vera guerriera sprezzante delle frecce che le trafiggono il suo debole cuore si asciuga le lacrime, si scusa e continua la conferenza. Una grande campionessa dentro e fuori dal campo.