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Australian Open 2019: Fardelli diversi

Ormai è diventata una consuetudine perversa riservare un articolo a parte a Federer e Nadal dopo la vittoria di uno Slam da parte di Djokovic. Però sappiamo tutti come sono andati i fatti e parlare dei 3 mostri sacri di questa epoca occupa troppo spazio in un solo articolo, è necessario splittare, anche per una maggiore leggibilità. I due perdenti di lusso però escono in maniera diversa da questo Slam che ha consacrato ancora una volta Novak Djokovic. Ed è la condizione di Federer a dare maggiore preoccupazione rispetto a quello di Rafa, che esce malamente dalla finale, ma sicuramente non dal torneo Down Under.

La fortuna per Federer non era stata né benevola né malevola, una via di mezzo, come dimostrato dalle simulazioni. Il non essere collocato nella metà di Djokovic è senz’altro una fortuna per la testa di serie numero 3, però prima bisogna arrivare allo scontro, eventuale, in semifinale. Eppure, l’inizio di stagione aveva fatto ben sperare i Federer fan. Roger per la prima volta in carriera si era fatto scappare qualche parola circa la fine della sua carriera, ma erano più parole di circostanza dovute in buona parte all’età che, ahimè, non è più dalla sua parte. Però il suo splendido tennis, il suo inebriante “POF” aveva deliziato gli spettatori della Perth Arena, nell’esibizione non tanto esibizione della Hopman Cup. Belinda, la compagna, di squadra non di vita, sembrava una fan al pari dei giocatori che nel 1992 affrontarono il Dream Team a Barcellona. Non l’altra metà della compagine, ma sono l’accompagnatrice di quello che è stato da sempre la sua fan. D’altronde lei è svizzera, e non è così difficile avere Federer come idolo visto che ormai Guglielmo Tell è passato di moda da un pezzo e oggi verrebbe accusato di una decina di reati ascrivibili al codice penale. Roger si è portato a casa la coppa che a suo modo è storica. Non conta per le statistiche perché non è un evento dell’ATP Tour e non sanzionato dall’ITF, però questo è stata l’ultima edizione della Hopman Cup che quasi sicuramente lascerà il posto alla più consistente quanto invadente ATP Cup (qui altro capitolo che non ci interessa). Così come la Lazio del 1999 e la Coppa delle Coppe, Rogé sarà all’infinito il detentore della coppa dedicata al tennista australiano Harry Hopman. A Perth aveva battuto Norrie (sì, ma chi è?), Tiafoe…e ci sta, Tsitsipas, occhio! E in finale Alex Zverev. Tutto molto bello, però le fatiche di Melbourne sono di un’altra pasta rispetto a quelli del Western Australia.

Nella prima partita c’era Denis Istomin. Un tennista come un altro da affrontare nella prima partita di uno Slam. L’uzbeco non ha nulla da chiedere e la storia l’ha già fatta, proprio qui nello stato di Victoria. Quando un giorno si parlerà degli x Slam di Djokovic tutti ritorneranno con la memoria, sia cerebrale che digitale al 2017 e allo straordinario upset fatto registrare dal tennista con gli occhiali contro il grande Nole. Nole però non era Nole, e questo si sa. Però come un Vesely qualsiasi, Denis si sta estinguendo e così non può che lasciare posto ad un Federer sempre a suo agio nei campi in cemento che di cemento ormai hanno ben poco.

Al secondo turno c’è Daniel Evans. Tutto sanno chi è e cosa ha fatto. Inutile sprecare battute su quello che ha fatto, sono molto semplicistiche e banali. Lasciamo una striscia bianca da riempire con tutti i meme del caso. Forse qualcuno un po’ più attento ha un ricordo un po’ più positivo del britannico. Agli US Open 2016 riuscì ad arrivare fino a match point contro il futuro campione Stan Wawrinka. Ha anche vinto la Coppa Davis, per il resto un buco incolmabile. Federer si trova a suo agio con questi tennisti e li pettina a dovere. Però sono necessari 2 tiebreak. Conta poco, ma sarebbe meglio non lasciare niente al caso.

È Taylor Fritz il tennista che deve contrapporsi al numero 3 del mondo. Sposatosi nella culla e già padre e di conseguenza vicino alla morte come un salmone, affronta lo svizzero 20 volte campione Slam senza nessuna pretesa. Peccato perché per lui dopo Memphis 2016 c’erano grandi attese. Ha fatto registrare qualche recordino di precocità, però poi il buio assoluto se non qualche accostamento bloggistico a Pete Sampras, tanto per aizzare qualche discussione inutile. Spazzato via in 3 facili set lo statunitense va a casa con la consapevolezza che forse non diventerà mai un grande. Però, chi lo sa.

È in una domenica fredda italiana, calda australiana che si consuma il misfatto. Già battuto a Perth il suo virgulto delle Next Gen, l’ellenico Stefanos Tsitsipas si presenta al quarto turno come testa di serie numero 14, e questo nessuno glielo può negare, però senza nessuna pretesa. Ha vinto a Stoccolma e per ora basta e avanza per avere solo 20 anni. Eppure, si ritaglia di diritto un posto nella storia. Già, il diritto, quello che è mancato a Federer che gioca una partita terribile. Sono 38 gli unforced con il colpo che gli ha fruttato qualcosina in carriera. Il greco dall’altra parte della rete fa la sua parte, per carità, ma è un Federer completamente spento quello che gioca forse l’ultima partita sulla Rod Laver Arena. È un match triste, il vecchio leone non riesce più a dare la zampata e l’avversario dall’altra parte della rete deve solo allestire una timida difesa per avere la meglio. Roger sente tutti i suoi anni, e se da una parte la tecnica non morirà mai, dall’altra è il fisico a non rispondere più ai comandi. Zizzi batte Federer in 4 set e non mancano i paragoni con la storica partita di Wimbledon 2001 tra un giovanissimo Roger e il mitico Pete Sampras, detentore di 7 Wimbledon di cui 4 di fila. Allora fu un match di altro livello. Però questo forse sarà ricordato per lo stesso motivo, sperando che Tsitsi possa arrivare almeno a metà dei successi raggiunti da Federer.

Però quello che fa maggiormente preoccupare solo le dichiarazioni post partita del numero 3 del mondo. Negli anni passati aveva cassato di brutto la terra battuta per tanti motivi, uno dei tanti era perché non si sentiva in grado di vincere, un altro era perché troppo vicina alla stagione sull’erba, superficie su cui si sente più sicuro. Invece quest’anno c’è stata una preoccupante inversione di rotta. Apertura al clay, sicuramente al Roland Garros. È un brutto segnale perché significa che così non potrà fare il filotto Stoccarda, Halle, Wimbledon, a meno che voglia disintegrarsi. A Parigi Federer non va per fare una passeggiata e il quasi sicuro accesso alla fase finale del torneo, così come la quasi non sicura conquista del titolo si potrebbe rivelare un’arma a doppio taglio in vista di Wimbledon. L’unica giustificazione a tutto questo è che sia veramente questa la sua ultima stagione giocata seriamente e che debba così salutare tutti i suoi fan anche in quei tornei in cui ha trionfato poco ma che sono importanti e soprattutto non hanno mancato mai di dargli il loro sostegno. Parigi è sempre stata federiana anche se lui ha vinto una volta sola. I senza bidet hanno sempre tifato contro Nadal per vedere trionfare Roger, raggiungendo la loro apoteosi nella sfida con Soderling del 2009. Avranno modo di abbracciare il loro idolo quest’anno, anche se con un po’ di tristezza.

Nadal

L’altra faccia della medaglia come quella di Harvey Dent è una bella faccia, ma non troppo. Dato per scomparso dopo il ritiro per infortunio nella semifinale degli US Open c’erano parecchi dubbi circa la condizione di Rafa. La sua preparazione di inizio stagione era tutta concentrata sullo Slam australiano, ma dagli altri tornei non arrivavano notizie incoraggianti. Nell’esibizione di Abu Dhabi aveva perso malamente contro Kevin Anderson e aveva rinunciato alla finale di consolazione per il 5°-6° posto. Pullando Brisbane aveva fatto scattare l’allarme rosso. Va bene che questo 250 non conta, però è sempre meglio giocare qualche partita seria prima di andare a Melbourne. No, non c’è stato verso. Rafa va a Sydney e le prende anche da Nick Kyrgios nel Fast 4, che poco ha a che fare con il vero tennis, però Nadal non è un tipo che perde per piacere neanche quando sfida i suoi amici a chi pesca lo squalo più grosso. Anche l’anno scorso non aveva giocato tornei ufficiali prima degli Australian Open, e poi era arrivato nei quarti, per cui è sempre meglio aspettarsi di tutto dal 17 volte campione Slam.

Baciato dalla fortuna con un sorteggio alquanto benevolo (secondo la simulazione) ha stupito il mondo intero ancora una volta. Si parlava di sorteggio fortunato, ed ecco Duckworth al primo turno. La wildcard australiana è il tennista ideale per approcciare uno Slam. Viene battuto in 3 set, però James si permette di togliergli per ben 2 volte il servizio. Come si permette?! È normale per Nadal, non sarà normale alla luce delle altre partite.

Ebden fa peggio del connazionale nel secondo turno. Sostanzialmente non vede la palla e fa appena 7 game in una sfida senza storia.

Di bel altro spessore è l’avversario del terzo turno. Alex De Minaur (e qui parte sempre la lotteria su come si pronuncia il suo cognome). Finalista l’anno scorso a Sydney, quest’anno è riuscito a vincere il torneo del Nuovo Galles del Sud facendo ben sperare i suoi connazionali che sono sempre molto patriottici e scaldano la Rod Laver Arena già calda per il clima. Alex, detto Carletto, vede i suoi mostri materializzarsi su un’arena gremita che fa il tifo per lui. Il cappellino serve a poco, forse per evitare gli escrementi dei gabbiani, però non ci sono rimedi contro i topponi iberici che lo sovrastano. Lui urla come un forsennato quando fa un punto, ma è solo un punto, quello dell’altra parte della rete domina e lascia al ragazzino appena 3 game nei primi 2 set. Rafa poi si rilassa nel terzo set prendendo solo il break che gli serve in apertura. Poi giù in discesa in surplace.

Sono 3 gli australiani messi in riga. L’ultimo a riuscirci era stato Mark Edmondson nel 1981. Nel quarto turno c’è Tomas Berdych. Tommasino si era permesso di maltrattare Rafa nel 2015 proprio qui a Melbourne infiggendogli anche un bagel. Quello era un pessimo Nadal, che aveva sudato con Giacomo Smyczek Poretti. Il ceco è dato dai bookmaker come un possibile outsider del torneo. Queste false illazioni vengono spazzate via da un Nadal straripante che restituisce lo sfregio del bagel lasciando un solo game nei primi 2 set al Satorovo. Prima del consueto relax nel terzo set vinto al tiebreak. Rafa passa, Federer no. Apriti cielo!

Nei quarti di finale c’è Tiafoe. Miracolato nella sfida con Seppi, era riuscito ad ottenere una grande vittoria contro Dimitrov, ormai scomparso dai radar del tennis che conta e non più nell’elité dei grandi che sono stati o in quelli che potranno essere. Frances Il Nero porta avanti la solita stancante storia di redenzione delle persone di colore emarginate dalla società che non avrebbero dovuto essere e invece sono diventate quelle che sono. Che bello! Uhhhh! Diciamo che la civiltà occidentale si è evoluta e le scimmie senza anima del 1500 sono diventate parte integrante della nostra società e, per ben 8 anni l’uomo più potente del mondo è stato un loro discendente. Più in alto di così non si può andare. Quindi, meglio livellare tutto e andare avanti. Chiusa questa parentesi razzista, non ci rimane che parlare della partita che di fatto non esiste, ecco il perché di questa lunga parentesi. Il neo-serve di Nadal annienta l’americano ed ecco servita la semifinale contro il giustiziere di Federer.

Le speranze su Tsitsipas sono tante, aver fatto fuori il Tennis è sempre un buon biglietto da visita, però questa volta il greco è costretto a mangiare sale e parecchio. Anche questa partita non esiste. Nadal lo bombarda e lo disintegra. La partita è un crescendo iberico che si sublima nel bagel finale. Non è normale per un terraiolo dare un bagel in semifinale sul cemento. Però Nadal ha sorpreso talmente tanto che ormai non ci sorprende più di quello che fa.

La storia della finale l’abbiamo raccontata. Nadal fa ben sperare per il prosieguo della stagione che ora vivrà un periodo di stanca. Dovrebbe andare ad Acapulco. Però non è facile immaginare un suo forfait. L’importante è andare a Indian Wells e Miami. Però è la terra battuta la sua fortezza. Quest’anno deve difendersi dal drago cattivo serbo e non servirà a niente alzare il ponte levatoio. Djokovic sa volare ed è pronto a sputare fuoco per andare a prendere il castello di Parigi, uno dei 4 assi che servono per diventare il più grande.