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Cambio, cambio, cambio di mentalità

Sei qui perché intuisci qualcosa che non riesci a spiegarti. Senti solo che c’è. È tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra, nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l’avverti. È un chiodo fisso nel cervello. Da diventarci matto. È questa sensazione che ti ha portato da me. Tu sai di cosa sto parlando.

Sì, dell’arrivo dei giovani! Sono anni che ci chiediamo quando sarebbe arrivato il cambiamento, il “se” non era messo in discussione, visto che, per il momento, siamo ancora delle creature mortali. Già un piccolo approccio a questo cambiamento si era capito dal seguente articolo che aveva evidenziato come i più vecchi e i più giovani stanno dominando il circuito a discapito della “classe media” che latita. Però il dato più significativo a riguardo è il numero di vincitori diversi in questa prima parte di stagione.

Differenti vincitori

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È un dato che va preso cum grano salis, però è molto significato, se non altro perché è un record assoluto dell’Era Open. Nei primi 3 mesi dell’anno ci sono stati 19 vincitori su 20 tornei disputati. Peccato per la vittoria di Federer a Miami che in extremis ha evitato l’en plein. Durante tutta la storia dell’era Open non si sono giocati sempre 20 tornei da gennaio a marzo, per cui è opportuno fare una proporzione tra vincitori diversi e tornei disputati. Bene, il 2019 risulta quello con la percentuale più alta di new winners. È un risultato straordinario se si pensa che prima del 1990 c’erano 2 circuiti e quindi implicitamente i vincitori diversi potevano essere molti di più. Però c’è sempre stato un certo “dominio”, che sia grande o piccolo. Quest’anno non c’è stato completamente. Sembrano lontani i periodi del Triplete Australia-Indian Wells-Miami e dell’uomo solo da battere. Il Redshift aiuta ad avere una particolare diversità nei piccoli tornei, quali sono gli ATP 250 e 500, però in Australia e poi nei 2 Masters 1000 avevano sempre prevalso i soliti e, perché no, aggiungendo qualche torneino qua e là, come successo a Federer con il 100° di Dubai.

Questo dato di per sé non è così prominente perché bisogna anche considerare chi ha vinto, perché non si tratta solo di nuovi vincitori (solo in rari casi lo sono), ma di vecchi che rivincono. Sarebbe stato bello che a vincere i primi 3 tornei che contano fossero stati dei teenager, che mai come quest’anno sono andati vicino a farli. Però ci sarà tempo per loro, magari non saranno più teeanger, ma in fin dei conti è poco rilevanti ai fini analitici avere 19.9 anni o 20.1.

Nuovi vincitori ai vertici

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Un grafico che certifica come un’impronta digitale il cambiamento è quello dei nuovi vincitori dei Masters 1000. Non i migliori tornei del mondo, però frequentati dai migliori tennisti del mondo, e soprattutto tanto numerosi da poter estrapolare un campione statistico significativo. Si sa che è negli Slam che si fa la storia, ma averne solo 4 l’anno non dà un’idea complessiva di un trend. Invece i Masters 1000, essendo 9, e sparsi più o meno uniformemente durante l’anno, permettono l’estrapolazione di un trend con dei dati consistenti. Il grafico (che si consiglia di ingrandire per leggerlo meglio) mostra quanti giorni sono passati tra 2 nuovi vincitori di un Masters 1000 (che sappiamo chiamarsi in altro modo dal 1990 al 2008, ma il lettore sa di cosa stiamo parlando).

La prima parte è quella meno significativa perché è normale che ci siano nuovi vincitori in tornei nuovi (anche se sono dei tornei di vecchia data, l’indagine li fa partire tutti dal 1990). Il primo picco particolarmente ampio arriva nel 1993-1994 con i soliti a vincere gli ATP Championship Series, Single-Week. Il dominio targato Sampras e company finisce nel 1997. Da quel momento in poi, anche se è ancora Pete il migliore del circuito, il meglio dell’americano verrà riservato agli Slam, permettendo l’innesto di tanti nuovi talenti nei tornei di seconda fascia. Nel 1998 ci sono i vari Rios, Rafter e Krajicek a spartirsi il bottino più piccolo, ma sempre di un certo peso. Solo nel 2000 si ha un piccolo picco di dominio. Da quel momento in poi inizia un’era di transizione che porterà ad un’estrema instabilità nel periodo 2000-2003, è quello che precede Il dominio Federer o, se volete, la volgarmente detta Weak Era. Un lungo periodo che va dalla vittoria di Federer a Wimbledon del 2003 fino alla vittoria ai Championships di Nadal del 2008 o, se vogliamo, fino allo storico cambio della guardia avvenuto nello stesso anno in Canada. Da quel momento in poi inizia la Strong Era. Un nome come un altro per definire un’epoca. È quella del dominio dei Big 4 che si spartiscono Slam e Masters 1000. In pratica è impossibile l’inserimento di un nuovo vincitore dei tornei al vertice tranne qualche rarissima eccezione e le streak diventano abnormi. Da Bercy 2012 a Monte Carlo 2014 passano 855 giorno senza un nuovo vincitore. Un’eternità. Bisognerà aspettare Cilic e Cincinnati 2016 per avere una svolta che poi si concentrerà nelle vittorie di Zverev e ai tanti diversi vincitori che abbiamo avuto da quel momento in poi. Anche il grafico parla chiaro, è l’ultima parte con dei valori così bassi a testimonare che non è più tempo di dominio, almeno del dominio dei soliti. Chissà che però non possa essere un nuovo tennista a dominare.

Continua—————————————->