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Coppa Davis 2016: Un Equipo, Un Pais, Un Sueño. L’Argentina vince la Coppa per la prima volta in un’epica finale con la Croazia

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L’Argentina è campione del mondo. La Nazionale di tennis albiceleste finalmente corona il sogno di vincere l’insalatiera d’argento e lo fa a termine di una finale epica che ancora una volta, se mai ce ne fosse il bisogno, testimonia come la Davis è una fonte inesauribile di emozioni e suspence e mai come quest’anno la competizione a squadre per nazionali più antica del mondo ha prodotto le migliori partite della stagione.

A Zagabria ci presentano gli argentini forti di poter contare su un Del Potro ormai ritrovato protagonista di match memorabili ma che non ha saputo esprime quella continuità necessaria per vincere i tornei che contano ed essere in alto in classifica. Ma importa poco perché è Juan Martin a regalare magiche partite guarda caso tutte targate ITF come la finale delle Olimpiadi, la sfida contro Murray nella semifinale di Davis e oggi la vittoria contro Cilic. Le 2 compagini che si sono affrontate nella capitale croata erano più o meno sullo stesso livello. Da una parte la Croazia poteva contare su Marin Cilic, protagonista di un’ottima annata che però non ha avuto il botto come quella del 2014, ma che lo ha premiato con il best ranking (numero 6), dall’altra c’era il già citato Del Potro numero 1 della sua squadra e antagonista principale di Cilic. Le seconde linee erano molto distanti dalle punte di diamante e fino all’ultimo le carte sono state nascoste per non svelare i segreti che ogni allenatore aveva nascosto nella manica. Per la Croazia il numero 2 è stato Ivo Karlovic che con i suoi 37 anni avrebbe potuto dare molto alla sua squadra data la sua esperienza. La scelta di Ivo è stata un po’ forzata dato l’infortunio di Coric, ma forse era meglio così (alla vigilia). L’Argentina aveva Leonardo Mayer e Federico Del Bonis. Tra i 2 Orsanic ha preferito Federico che, in tempi non sospetti, aveva battuto niente meno che l’attuale numero 1 del mondo Andy Murray in quel di Indian Wells.

La superficie di gioco non poteva essere che il cemento, un cemento quanto più veloce possibile per inibire le grandi doti innate degli argentini di giocare bene sulla terra battuta, quasi come se tutti fossero dei figli adottivi di Guillermo Vilas. Ma il cemento è la superficie di Del Potro e non a caso ha vinto anche uno Slammino con il tappeto gommoso nel 2009. Forse l’unico vantaggio di usare il cemento era quello di aggiustare gli ace di Karlovic, ma il gigante buono ha steccato forse l’appuntamento più importante della sua carriera.

La prima giornata sulla carta è una pura formalità. Da sempre vede i numeri 1 opposti ai 2 quindi i pronostici sono presto fatti: Cilic avrebbe dovuto spazzare Delbonis e Del Potro facile su Karlovic, ma non è andata proprio così. I primi 2 set della sfida tra Marin e Federico sono andati come era facile pronosticare con Marin sempre protagonista. Ma che succede? All’improvviso il giocatore di Medjugorje perde la bussola e si fa infilare dall’argentino e butta via energie e soprattutto 2 set che già potevano decidere le sorti della finale. Bravo è poi il numero 6 del mondo a tenere la barra dritta, ma che spavento. Il 6-2 finale chiude il primo rubber… e questo è solo un piccolo assaggio del magico weekend appena trascorso.

Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto. E’ questa la sintesi della sfida tra Ivo e Juan Martin. Karlovic non ha nessuna arma per poter disinnescare l’avversario. Il servizio di Del Potro per quanto inferiore non scherza mica e lui lo sa benissimo ecco perché preferisce mettere molte prime anche non troppo veloci ma ben piazzate per non permettere al gigante di 2 metri e 11 di potersi muovere. il croato non può far altro che sperare nel servizio, ma se lo scambio si allunga allora sono dolori. Facile arriva il primo set per l’Argentina che si complica un po’ la vita nel secondo che arriva al tiebreak dirimente e non poteva essere altrimenti: 0 break e Ivo che approfitta dell’unica vera chance di portarsi avanti. L’1-1 però è solo un’illusione. Del Potro fa presto a chiudere la pratica, c’è poco tempo da perdere e soprattutto bisogna risparmiare energie in vista del doppio e dell’ultima giornata che ancora una volta sarà fondamentale.

Nel doppio non si improvvisa niente: o sei bravo e vai avanti oppure usi l’arte dell’arrangiarsi ma molto spesso con scarsi risultati. Molti sostengono che un buon singolarista è anche un buon doppista, mah…per essere sicuri di quello che si dice citofonare: città Monte Carlo, casa Djokovic. I vari Federer e Nadal non c’è dubbio che siano quegli ottimi singolaristi, ma sono degli ottimi doppisti perché hanno quelle caratteristiche tecniche che glielo permettono. Federer addirittura aveva iniziato i primi anni di carriera come doppista ma poi è stato convinto da Mirny prima e dai risultati poi a dedicarsi solo al singolare. Tutto questo per dire che Del Potro e Mayer, singolaristi puri, non hanno chance contro Cilic e Dodig, quest’ultimo un ottimo doppista, vincitore del Roland Garros nel 2015 e finalista a Wimbledon, unici tornei insieme agli Australian Open e US Open dove il doppio ha senso anche il doppio ormai un senso non ce l’ha. Ivan mette in mostra una grande partita con delle giocate sopraffine: dropshot, tale tagliate e ricami vari che portano il momentaneo 2 a 1 croato che fa ben presagire per la domenica e tutti pensano che la seconda Davis stia per arrivare.

La Sfida con la “S” maiuscola doveva essere Cilic-Del Potro e tutto è andato oltre ogni aspettativa. Per circa 2 ore la Dwight Davis Cup Trophy come per la rosolia comincia a colorarsi di quadratini bianchi e rossi perché è Marin il capitano che sta per portare la nave oltre le Colonne d’Ercole. Se pur giocando bene Del Potro è inerme e non sfrutta quelle ghiotte occasioni per arpionare il match e nel primo set combatte fino al tiebreak che perde malamente dopo essere andato in un amen sotto 5-0. Poi nel secondo set non c’è storia e i 2 break subiti sono una ferita durissima da sopportare. Juan Martin stringe forte i denti ed è lui l’unico a procurarsi delle palle break nel terzo. Non ne sfrutta 2 nello stesso gioco, ma quando è Marin a servire per rimanere nel set arriva il break e l’Argentina tutta, compreso Maradona, comincia a respirare. Lo stesso copione quasi identico si ripete nel quarto e l’Albiceleste mette a referto un quarto set che rianima tutti nel Sudamerica. Si va al quinto e qui quello che contano sono i nervi. Esiziale è il break in apertura subito da Del Potro ma Cilic non concretizza e si va ad oltranza. Il game chiave è l’8°: qui arriva la zampata decisiva che manda nello sconforto la piccola Nazione balcanica e fa saltare sulla sedia tutti i milioni di argentini che stanno seguendo la partita. 2 a 2 e si va alla roulette russa del 5° rubber. La Croazia è stata ad un set dall’essere campione del mondo e ora deve cominciare tutto da capo.

La quinta e ultima partita è un non-contest. Karlovic semplicemente non c’è contro Delbonis che all’improvviso si riscopre ribattitore eccelso, dote che nessuno aveva mai notato nel buon Federico. Se il servizio non funziona per Ivo è meglio andare a casa invece che fare una figuraccia. Inutile stare a guardare i numeri, la prima non entra, i doppi falli sono scandalosi alcuni dei quali larghi e lunghi dei kilometri. L’Argentina gira attorno ll toro ormai moribondo e quando è il momento arriva il colpo ferale del matador. Quando la palla di Karlovic va fuori sembra di stare alla Bombonera, gli argentini sono in minoranza nell’Arena Zagreb ma la loro caciara e simpatia è talmente alta che sovrasta tutto e tutti. Anche Diego esulta come un pazzo così come aveva fatto a Città del Messico nel 1986, ma forse di più perché allora era solo un ragazzo ingenuo, invece oggi è un uomo di mezza età e come tale è facile farsi prendere dalle emozioni.

L’Argentina del 2016 arriva dove nessun’altra versione della forte Nazione era mai arrivata. Non erano riusciti a sollevare l’insalatiera il grande Vilas che pure arrivò in finale nel 1981, ma il carpet di Cincinnati era troppo veloce per poter contrastare la più forte compagine statunitense guidata da McEnroe vincitore di Wimbledon e US Open e che poteva contare anche nel fidato amico Peter Fleming per aggiudicarsi il doppio. Non ci era riuscita nel 2006 a Mosca dove uno splendido Nalbandian aveva battuto in 3 set Safin (che uomini, che giocatori, che cantanti!), ma Nalba non aveva nessun secondo e Acasuso aveva dovuto cedere a Marat il punto decisivo. Avevano ceduto malamente nel 2008 in casa in quello che gli argentini hanno ribattezzato il Mar de Plataço. La Spagna, orfana del super campione Nadal, riesce a battere l’Argentina sul cemento indoor contrastando i 2 assi Nalbadian e Del Potro con i meno quotati Ferrer e Feliciano Lopez. A destare scandalo allora fu la sconfitta di Juan Martin contro Lopez che di fatto chiuse la contesa. L’ultima disfatta era arrivata nel 2011 ma era del tutto giustificabile. Si giocava sulla terra rossa di Siviglia nell’arena delle corride e il matador Nadal difficilmente avrebbe perso in quel contesto.

Per la quarta volta negli ultimi 4 anni la Davis viene assegnata in trasferta e l’Argentina compie l’impresa di vincere tutti i tie fuori casa così come avvenuto nel 2001 con la Francia di Escudè e Grosjean, ma i francesi dopo la seconda giornata erano avanti 2-1 a differenza degli argentini che con questa vittoria firmano una delle più grandi imprese della storia della Davis paragonabile forse solo alla vittoria dei francesi a Philadelphia nel 1927 contro la potenza statunitense di Bill Tilden e Bill Johnston.

I vincitori di questa Davis sono: Guido Pella, Leonardo Mayer, Renzo Olivo che si sono sacrificati nel mese di marzo a giocare in Polonia. C’è anche Juan Monaco che ha giocato a Pesaro contro l’Italia, ma la vera star è Del Potro che ha vinto i punti più pesante uno su tutti quello con Murray in una partita epica.

L’Argentina è la 15a Nazione a vincere la Davis e sfata una maledizione decennale nell’anno in cui lo sport ha visto sfatare tante maledizioni, come quella dei Chicago Cubs che non vincevano le World Series dal 1908 e i Cleveland Cavaliers che non avevano mai vinto il titolo NBA. E’ l’ultimo atto del 2016 che chiude il sipario e per qualche settimana il tennis che conta sarà a riposo per poter tornare in forma e più forte di prima.