Coppa DavisEditorialeUltimi articoli

Coppa Davis 2017: Dixième. La Francia batte il Belgio e vince la 10a insalatiera della sua storia

 

L’anno delle “decime” non poteva non finire con una decima. Monte Carlo, Barcellona, Parigi e Lille sono 4 città del poker di 10 punto cardine della stagione 2017.

“C’est fini. L’Équipe de France est champion du monde!” Gridava Thierry Roland dopo che la Francia aveva distrutto il Brasile in una finale senza storia allo Stadio Saint-Denis. Allora il protagonista fu Zidane, ma senza testata. Anzi una c’è, due, quelle che impallinarono Taffarel. Si potrebbe usare la stessa epica, la stessa retorica di allora, ma non possiamo. La Francia è sì campione del mondo per la 10a volta ma lo fa in sordina, in una finale senza storia dove tutto è andato come doveva andare. Strano il destino dello sport e del tennis. L’anno scorso in Croazia tutto andò esattamente all’opposto di come doveva andare, oggi invece tutto l’inverso. Non ci sono sorprese a Lille e i galletti possono finalmente festeggiare il 10° trionfo a 16 anni di distanza dall’ultimo del 2001. Quello del 2017 non è un trionfo che riscatta una sola annata, ma è piuttosto una redemption delle tante batoste che sono stati costretti a subire le blues. I transalpini hanno una grandissima tradizione riguardo la coppa ad insalatiera. La vinsero per la prima volta nel 1927 quando a Philadelphia riuscirono a battere gli invincibili americani guidati da Bill Tilden. I francesi mantennero quella coppa per 6 edizioni creando un mito senza tempo sintetizzato nella formula: quatre mousquetaires. Dopo quello splendido filotto tutto il popolo francese dovette aspettare il 1991 per alzare al cielo l’insalatiera. Un’attesa troppo lunga per una scuola così prestigiosa. Ci sono state anche le repliche nel 1998 e nel 2001 con la famosa sconfitta di Hewitt nella Rod Laver Arena contro Escudè, eroe di quella finale che batté nel 5° rubber Wayne Arthurs. Bene le vittorie, ma ora è il tempo delle batoste. La più grave è senza dubbio quella del 2002 dove in Palais Omnisports de Paris-Bercy riempito di terra battuta e popolo inneggiante alla Marsigliese Paul-Henri Mathieu riuscì a farsi rimontare 2 set di vantaggio da Mikhail Youzhny, che allora era un signor tennista, ma mai un vero e proprio top player. Anche sul cemento indoor della Belgrade Arena c’è il sangue dei galletti incapaci di dare la zampata decisiva dopo essere stati avanti 2 a 1 alla fine della seconda giornata. Però allora c’era Djokovic che da lì a poco sarebbe diventato RoboNole. C’è anche la disfatta del 2014 che portò a Federer l’unica insalatiera della carriera. Allora si parlò di tattica sbagliata, e di superficie sbagliata. Però, c’è poco da recriminare. Straordinaria fu la vittoria di Gael Monfils contro Federer, ancora con i dolori alla schiena, ma la Svizzera aveva un Sancho Panza d’eccezione, tale Stan Wawrinka.

Yannick Noah, già vincitore come capitano nel 1991 e nel 1996, ma mai come giocatore, è riuscito a rincollare i cocci di un vaso rotto quale era la formazione francese. Ha avuto carta bianca, ed è riuscito nel suo intento. Ha rischiato il minimo, ma ha rischiato. La decisione più importante dell’anno è stata quella di schierare Gasquet al posto di Mahut nel doppio. Molto probabilmente Nicolas non era al meglio, ma che azzardo! Certamente il Gullit del tennis è stato agevolato dal capitano belga che ha schierato 2 scappati di casa quali Bemelmans e Loore. Evidentemente sperava nei 2 singolari di domenica e non ha schierato Goffin nel doppio. Con il senno di poi è facile parlare. Goffin doveva vincere i 2 singolari e l’ha fatto alla grande. Chiedere di giocare un doppio con chissà quale giocatore sarebbe stato un azzardo troppo grande, ricordando sempre che David non sa neanche come si gioca in 2.

Il dovere di cronaca ci impone di parlare del tie. Che dire? Se 4 partite su 5 finiscono al 3° set c’è poco da descrivere. L’unica nota positiva di questa finale è l’aver trovato un grande Goffin che è riuscito a dimostrare tutto il suo potenziale e anche qualcosa in più di quello che ci si potesse aspettare. David è in grande spolvero. Ha tirato fuori un servizio che mai si era visto in carriera e ha demolito prima il pulcino Pouille, e fino a qui ci poteva stare. Sappiamo benissimo che Lucas ha disputato una pessima stagione in base alle aspettative redenta solo in piccola parte dal successo a Vienna. Ha demolito poi Tsonga, e sta qui il salto di qualità. -In passato nessuno avrebbe avuto dubbi su dove puntare il cent in una ipotetica sfida tra Mohammed Ali e L’Hobbit di Roucourt. Invece nella terza giornata il piccoletto ha fatto man bassa del ben più fisicato avversario. Numeri alla mano ci si poteva aspettare una sconfitta di Jo, ma non così netta e senza possibilità di replica. Infatti Tsonga è l’unico parzialmente deluso di questa storica giornata per il tennis francese. La sconfitta gli brucia, anche se è mitigata dalla vittoria finale che non è importante, ma è l’unica cosa che conta. Jo ha però fatto il suo dovere nella prima giornata quando ha sconfitto Steve Darcis, manco a dirlo, in 3 set. E’ lo squalo la vera delusione di questo tie. Se il Belgio era qui a Lille a giocarsi per la terza volta nella sua storia l’insalatiera è tutto merito suo. E’ stato lui a battere Zverev a febbraio, anche se Sasha ancora non era il vero Sasha e lo sarebbe diventato da lì a posto nella Città Eterna. Tutti i pronostici del primo turno erano a favore dei tedeschi dei gemelli diversi, ma Steve ha girato le carte in tavola battendo prima Philipp Kohlschreiber e il già citato Zverev. Avrebbe preferito finire sotto un camion piuttosto che prendere una ripassata così severa da Pouille. Era un 5° rubber decisivo, il 26° della storia della manifestazione ed è stata la NON partita per ecccellenza, forse la più importante non partita del 2017 dopo Mischa Zverev contro Federer agli Australian Open. Ci sono stati ben 7 break tutti a favore del Pulcino che ha preso a pallate il suo avversario, inerme e quasi fuori contesto. I francesi, anche se non lo diranno mai, temevano che Lucas potesse chokare, però va dato merito al numero 18 del mondo di non aver sbagliato niente. Preciso, deciso e ferale. Il resto l’ha fatto lo Squalo che ha commesso 32 unforced.

Si potrebbe parlare del doppio, dove forse c’è stata maggiore incertezza. L’incertezza però non era sul risultato finale piuttosto nel vedere Gasquetta cimentarsi in un doppio che non gli appartiene, con la pressione addosso di una Nazione che non perdona. Non ha figurato male Richard, ma in questi casi è ancora il Belgio ad essere andato sotto le aspettative. Non c’era da aspettarsi chissà cosa, però almeno avere la testa nella partita era il minimo. Così non è stato, almeno nel primo set. Il Belgio si sveglia tardi e fa in tempo a vincere solo il secondo set. E’ stato questo l’unico momento in cui il popolo in rosso ci ha creduto. Lo Stade Pierre Mauroy per un momento ha visto prevalere il tifo dei cugini e c’è stato un attimo di smarrimento che poi è svanito con la vittoria del tiebreak del terzo. C’è un’altra piccola occasione nel quarto, ma Bemelmans e Loore sprecano, si fanno brekkare nel 7° gioco a dopo 3 ore e 3 minuti finisce il doppio, che in Davis è sempre il match perno che fa girare da una parte o dall’altra tutto il tie.

Purtroppo la Rédemption della Francia passa per una competizione che mai come quest’anno ha avuto le defezioni dei migliori. Il dato sconcertante è che i transalpini hanno vinto l’insalatiera senza mai battere un Top 40. Tolti di mezzo Djokovic, Murray, Wawrinka, Raonic e Nishikori per infortunio, Federer e Nadal per scelta rimane ben poco nel paniere del tennis che annovera ormai tanti e tanti giocatori che hanno in casa la riproduzione dell’insalatiera, e, come se fosse una conseguenza logica-deduttiva, non partecipano più alla competizione. Ogni tanto qualcuno si fa avanti per salvare la propria squadra oppure per collezionare le presenze necessarie per le prossime Olimpiadi. Stop. Per quanto Haggerty e tutta l’intellighenzia dell’ITF si scervelli per trovare una soluzione, la soluzione non esiste, almeno nel breve periodo. Intanto in Vietnam Il presidente della Federazione Internazionale ha ricevuto una sonora sconfitta quando tutte le sue riforme sono state cassate. Non si sa perché. Si spera che sia stato il buon senso a spingere i votanti ad andare verso questa direzione, piuttosto che i soliti giochi di potere che tanto male fanno allo sport. La soluzione c’è, ed è il tempo. Bisogna aspettare che i vecchi top player si estinguano facendo così emergere i nuovi che certamente non lesineranno il loro impegno per vincere la Davis, anche se solo per una volta e non per tutta la vita. Haggerty venderebbe l’anima al diavolo per vedere Federer giocare anche un solo rubber, ma se Roger centellina le sue forze per prolungare la sua carriera figuriamoci se perde tempo a preparare una competizione che non aggiungerebbe niente alla sua già abbondantemente leggendaria carriera. Lo stesso fa Nadal che ha saltato la sfida con la Serbia in cui i migliori fan dello sport tennis avrebbero gradito una super-sfida tra il maiorchino e il serbo già avvenuta nel 2009. Una sfida sulla terra battuta, ergo senza storia. Un giorno Zverev, Dimitrov, Rublev, Shapovalov, Tiafoe e Tsisitas vinceranno Slam a grappoli e saranno loro ad animare una manifestazione che ogni anno rinnova le solite polemiche, ma che nonostante tutto rimane sempre e comunque la più antica manifestazioni a squadre nazionali che si disputa ancora oggi.