Coppa Davis

Coppa Davis 2018: È così che muore la libertà, sotto scroscianti applausi

Come tristemente noto la Coppa Davis è stata assassinata. Purtroppo come si fa nei più bei funerali non rimane altre che ricordare i momenti più belli vissuti dal defunto. I momenti che hanno lasciato una traccia a chi ha conosciuto, a chi ha frequentato, a chi ha amato qualcuno, non per una motivazione particolare, ma semplicemente perché la sua assenza avrebbe provocato un vuoto incolmabile nella propria esistenza. Ripercorriamo i momenti salienti dell’insalatiera.

  1. Le origini

La Coppa Davis nasce ufficialmente nel 1900. Contrariamente a quanto si possa pensare, il 1900 nel tennis non è la preistoria. Quello che conosciamo oggi, il lawn tennis, banalmente il “tennis da prato”, era nato a Wimbledon nel 1877. Facendo 2 conti ci sono ben 23 stagioni che intercorrono tra la nascita dei Championships e la Davis. In questi anni si erano consolidati 2 circuiti che organizzavano tantissimi eventi. Da una parte la tradizione del prato all’inglese si era concretizzata in tanti eventi satelliti di quello del SW19 di Londra e in tutta la Gran Bretagna si giocava sull’erba, erba e solo erba. Dall’altra parte dell’Oceano i facoltosi americani erano andati molto più avanti costruendo un circuito organizzatissimo che rispecchia in buona parte quello attuale, o, per meglio dire, è lì che nascono i fondamenti di come debba essere concepito un “tour”. È in questo contesto che nasce l’idea di organizzare la sfida tra i migliori giocatori americani e quelli britannici per stabilire chi era più forte. Il mitologico Dwight F. Davis, discreto giocatore di tennis, mise di tasca sua i soldi per comprare una coppa d’argento a forma di insalatiera da mettere in palio per il vincitore della sfida. Contrariamente a quanto si possa pensare, e scritto in più fondi, la Coppa Davis si è sempre chiamata così e non a partire dalla morte del suo fondatore. È storia nota l’esito di questa sfida. Vittoria netta degli USA.

  1. States over the World yet

Come già riportato in questo articolo nel 1902 si gioca la prima edizione seria della Coppa. Al Crescent Athletic Club di New York gli USA rimettono in gioco l’insalatiera schierando i migliori. C’è Malcolm Whitman, il vincitore degli U.S. National Championships, c’è William Larned che avrebbe dominato il massimo torneo americano come solo Tilden più avanti. I sudditi di Sua Maestà si portano dietro gli assi. I fratelli Doherty vogliono andare a prendersela e si fanno un bel viaggetto con il piroscafo. Gli americani trionfano ancora una volta. Lo fanno nel 5° e decisivo rubber. Whitman batte Reginald Doherty e questa si può parlare di vero trionfo tutto targato stelle e strisce.

  1. L’anomala fissa

L’edizione del 1907 è una di quelle edizioni che passa sotto traccia, ma è essenziale per la storia del tennis tutto. Si gioca a Wimbledon, non a Church Road come oggi, ma a Worple Road. Gli sfidanti degli Stati Uniti nel turno preliminare prima del Challenge Round sono gli australasiani. Sì, avete letto bene. Australia e Nuova Zelanda uniti sfidano i migliori tennisti del mondo. Dell’Australia oggi sappiamo tutto, ma è dalla Nuova Zelanda che arriva il bello e impossibile campione Anthony Wilding. Di fatto è lui la prima leggenda di questo sport. Nella sua biografia emerge tutta la sua passione per il tennis e una moto usata per girare da città a città, torneo a torneo. Nel 1906 ha vinto 23 titoli, 23. Uno degli unbreakble record. Insieme a Norman Brookes form una coppia d’oro che si impone sui maestri americani prima e britannici poi. È una svolta per tutti. La lontana, povera e isolata Australia si piazza nel mappamondo della pallacorda ed è grazie a quei 2 che oggi la Terra dei Canguri ha il suo Slam.

  1. Bill Tilden, Il tennis

L’edizione del 1920 segna l’ingresso roboante e duraturo della leggenda Bill Tilden. Ha 27 anni quando va ad Auckland a giocarsi l’insalatiera con l’Australasia, però ancora non ha dimostrato niente. Di solito chi non ha portato niente di pesante a casa non lo farà più, tranne qualche eccezione. Big Bill è la super-eccezione. Da qui in poi infilerà record che oggi sono molto più che inimmaginabili. Coadiuvato dal suo fedele Sancho Panza, Little Bill Johnston, mette a segno lo sweep contro Brookes e Patterson spazzati via dal campo. Da qui in avanti gli USA vinceranno 7 titoli consecutivi, record che rimarrà imbattuto.

  1. La caduta degli dei

Anche in questo paragrafo ci viene in aiuto l’articolo già pubblicato. Al Germantown Cricket Club di Philadelphia va in scena una delle tante disfatte della storia dello sport. I favoritissimi USA dei 2 Bill devono difendere per l’8a volta il titolo, però questa volta gli avversari la girano. Per la 3a volta consecutiva ci sono i francesi a contendersi l’insalatiera. Ormai da anni hanno vinto i più importanti titoli del mondo e sotto il nomignolo di 4 Moschettieri: René Lacoste, Henri Cochet, Jean Borotra e Jacques Brugnon salgono sul tetto del mondo. A non brillare in questa edizione è Johnston, protagonista di una stagione incolore e ormai a fine carriera. Gli USA si portano in vantaggio per 2-1, ma Lacoste e Cochet riescono a battere i 2 Bill portano per la prima volta la Coppa in Francia. Il dominio transalpino si protrarrà per 6 anni disputando tutte le partite in uno campo tutto in terra battuta dedicato ad un eroe della Prima Guerra Mondiale, tale Roland Garros. Sentiremo parlare di lui.

  1. Britannia

Nel 1933 la ruota gira ancora. Allo Stade Roland Garros i britannici riesco a fare quello che avevano fatto i francesi a Philadelphia. In realtà qui c’è poco scalpore. La Francia non può schierare Il Coccodrillo Lacoste che nel frattempo è andato a disegnare magliette. Per la Gran Bretagna c’è Bunny Austin, ma soprattutto Fred Perry, la star che vincerà a Wimbledon per 3 anni consecutivi e una dei primi protagonisti del tennis professionistico.

  1. Il dominio aussie

Nel 1950 inizia un altro dominio, ma questo durerà per tanti anni. L’Australia diventa la terra più fertile dove coltivare tennisti. Dopo la sosta per la Seconda Guerra Mondiale iniziano a fiorire talenti a iosa. Frank Sedgman, Ken McGregor e John Bromwich sono i primi 3 della lista, ma ce ne saranno tanti altri per decenni. A Forest Hills, la casa degli americani, i 3 citati aussie si prendono la Coppa e da qui in poi sarà sempre e solo Australia. Vinceranno il trofeo 15 volte su 18 edizioni fino al 1967.

Anni ’60. La crisi

Negli anni ’60 si ha una crisi profonda della competizione. Questa è figlia della divisione sempre più profonda tra professionisti e dilettanti. I migliori ormai sono tutti professionisti, e la Davis, riservata ai dilettanti, viene disputata da tennisti di seconda fascia. Ci sono grandi nomi come quello di Emerson, Newcombe e Stolle che proseguono la tradizione australiana, ma non ci sono né Laver, né Rosewall, di gran lunga i migliori di questa epoca che si contendono il trono insieme all’americano Pancho Gonzales.

  1. La prima Open

Con ben 5 anni di ritardo rispetto all’inizio dell’Era Open finalmente la Davis apre i battenti ai professionisti e sarà tutta un’altra storia. Abbandonata la formula ormai obsoleta del Challenge Round i detentori del titolo sono costretti a giocare tutto il torneo. Ci sono tutti i migliori e, come è facile immaginare, vincono i migliori tra i migliori. Rod Laver, protagonista del poker australiano tra il 1959 e 1962 ritorna ad alzare l’insalatiera demolendo gli americani a casa loro e sul sintetico indoor. The Rocket diventa così una dei pochissimi a vincere l’insalatiera sia da dilettante che da professionista.

  1. La finale mai giocata

Il 1974 è famoso per l’inesistente finale. I sudafricani battono ad Ellis Park gli italiani che schierano Panatta, Zugarelli e Barazzutti e si procurnola possibilità di vincere per la prima volta la competizione. Gli indiani dall’altra parte del mondo, guidati dagli Amritraj sconfiggono i sovietici. Ci sarà una sfida inedita. Gli indiani però non vanno in Sudafrica. Contrari alla politica dell’apartheid consegneranno la Coppa ai colleghi africani che avevano un’ottima compagine formata da Hewitt, Moore e McMillan.

  1. Le magliette rosse

Qui è inutile approfondire perché si è scritto di tutto e di più. L’Italia non composta da top player, ma con un ottimo organico corona il sogno di portare la Coppa nel Belpaese non senza polemiche. La finale si gioca in Cile, dove dal 1974 ha preso il potere il dittatore Pinochet. Il Partito Comunista Italiano nella persona di Enrico Berlinguer si oppone alla trasferta cilena. Tra mille polemiche e grazie a qualche colpo di mano sotto banco gli italiani decidono lo stesso di andare a Santiago. Per protesta contro il Pinochet nella sfida di doppio Panatta e Bertolucci indossano una maglietta rossa. Vince l’Italia, primo e finora unico trofeo.

  1. Gli svedesi dei giovani

Dopo aver vinto la Coppa del 1975 con un uomo solo al comando, tale Bjorn Borg, gli svedesi tornano alla ribalta con una formazione fatta da ragazzini. A Gotheburg affronta i veterani e favoritissimi americani guidati da Jimmy Connors e John McEnroe. Piccolo particolare però, siamo sulla terra battuta. Gli scandinavi riescono a ribaltare il pronostico grazie alle prodezze di Mats Wilander, 20 anni, Henrik Sundström, 20 anni e Stefan Edberg, 18 anni. Riusciranno a vincere 3 edizioni della Davis.

  1. La storia infinita

Nel 1996 non va di scena una grande sfida, ma sarà l’atmosfera della Davis a farla diventare tale. In finale ci sono Francia e Svezia. Nessun grande giocatore né da una parte né dall’altra. Però c’è estremo equilibrio. Si gioca 3 su 5 e le partite possono durare una vita. È quello che succede nella sfida tra Thomas Enqvist e Cédric Pioline, finita 9-7 al 5°. La Coppa è ancora in bilico e i 2 sconosciutissimi Arnaud Boetsch e Nicklas Kulti se le danno di santa ragione. Finisce 10-8 al 5°. Boetsch è portato in trionfo. Solo in Davis si possono vedere certe emozioni.

  1. St’ cazz’ e russ’

Altra sfida epica è quella tra Russia e Francia nel 2002. Si gioca al Palais Omnisports de Paris-Bercy, però sulla terra battuta. I russi sono nettamente più forti. Ci sono Safin e Kafelnikov, ma il clay elimina tutte le differenze di classe e talento e Grosjean, Escudé con il mago Fabrice Santoro se la possono giocare. Si va al 5° rubber decisivo. Sembra fatta per i transalpini, ma il Colonnello Mikhail Youzhny riesce a rimontare da 2 set sotto. È il primo titolo della Russia che non aveva mai vinto neanche quando era Unione Sovietica, però è da sottolineare come i comunisti non vedessero di buon occhio la pallacorda.

  1. Il ragazzino sulla terra

L’edizione non è così importante per la storia della Davis, però questa segna la ribalta di un tennista che avrebbe fatto parlare molto di sé. Nella finale di Siviglia, in uno Stadio Olimpico diventato un’Arena per la corrida scende in campo il giovanissimo Rafael Nadal. Viene letteralmente mandato allo sbaraglio contro il vincitore degli US Open dell’anno prima e numero 1 del mondo fino a febbraio, Andy Roddick. Il giovane spagnolo mostra un tennis mai visto in precedenza, fatto tutto di corsa e muscoli. Sarà lui a vincere dando un punto decisivo agli iberici.

  1. Roger chiude il cerchio

La Coppa Davis è uno sport di squadra, però la sua mancanza nel palmarès può essere una lacuna non di poco conto. È il caso di Roger Federer, vincitore di tutti i tornei più importanti ma senza insalatiera. La Svizzera non ha mai avuto grandi tennisti, e da soli non si può ambire al titolo. Serve uno scudiero all’altezza. È Stan Wawrinka l’uomo giusto. Stan The Man diventa la spalla ideale di Federer per portare l’insalatiera nel Paese più neutrale del mondo. Nonostante siano grandi favoriti se la devono sudare in quel di Lille, con Roger un po’ acciaccato alla schiena. Il doppio sarà decisivo. Però è Federer a dare alla sua squadra il punto decisivo. Missione compiuta.

  1. La prima dell’Argentina

Terra di terraioli, terra di campioni, l’Argentina non aveva mai vinto la Davis. Non c’era riuscito Guillermo Vilas. Non c’era riuscito Nalbandian. Spetta a Juan Martin Del Potro portare in Sudamerica la Coppa ma non senza il brivido. La finale si gioca a Zagabria. C’è la Croazia. Un’ottima compagine con Cilic e Karlovic. I croati sono avanti 2-1 del conto delle partite. Cilic va avanti 2 set a 0 contro Del Po. È fatta. No. Del Potro tira fuori la partita della vita e riesce a ribaltare il risutalto. Delbonis completa l’opera. L’albiceleste esce così dalla scomoda lista delle grandi a non aver mai vinto la Coppa Davis.

2018. Fine