Coppa DavisUltimi articoli

Coppa Davis 2018: Quarti di finale, The answer is blowing in the wind

Si è chiuso un weekend di Davis che è una cartolina da spedire ad Haggerty per fargli capire che cosa significa avere un torneo organizzato in questo modo, un format unico che proprio per questo dà emozioni uniche.

La sfida con maggiori emozioni è arrivata da Valencia. I tori iberici hanno potuto esibirsi nella Plaza de Toros, in un catino perfetto per una corrida. Questa volta nessuno bovino è stato ucciso, però alcuni ci sono andati molto vicino. L’attenzione principale dell’evento era rivolta a Rafael Nadal che rientrava dopo l’infortunio di Melbourne e la rinuncia forzata ad Acapulco prima e Indian Wells e Miami poi. La statistica del 3 su 5 sulla terra battuta per il mancino di Manacor indica: 104-2. Numero di tildeniana memoria, se non migliore. Sostanzialmente Rafa ha perso solo 2 partite sulla vera terra battuta: la prima famosissima quella del Roland Garros 2009 contro Soderling e la seconda contro Djokovic sempre a Parigi nel 2015, per il resto solo bastonate a tutti. L’incognita principale più che il risultato era la condizione dello spagnolo, e il campo ha dato il suo responso: Rafa c’è. Kohlschreiber non batterebbe Nadal sulla terra battuta neache se Rafacito giocasse con la destra, per cui il risultato è arrivato facile, e ancora una volta il campo ha detto chi è il King of Clay. Un altro grande animale da terra rossa è David Ferrer. Uno di quelli che negli anni ’90 avremmo chiamato terraiolo, ma che ha saputo reinventarsi per vincere anche in altre superfici. Non è un caso se il suo migliore risultato sia la vittoria a Parigi, però quella indoor nel 2012, invece nella Parigi rossa è arrivato solo in finale, in una edizione, quella del 2013, in cui il trofeo è stato assegnato il venerdì. Non è un grande Ferru quello che scende in campo contro Zverev, che non è sicuramente un terraiolo, però è l’unico insieme a Thiem della nuova generazione che per risultati potrebbe appartenere a questo gruppo che ormai è in via di estinzione e, se non fosse per Rafa, ormai estinto. Duro colpo per il valenciano che giocava in casa, però Sasha è il futuro e David è il passato. È forse il risultato che stupisce: un 3 set a 0 secco con 10 break concessi. Così dopo la prima giornata si è andati sul’1 pari e con la certezza, quindi, che il 4° rubber sarebbe stato comunque live (quello tra i numeri 1, per intenderci). Il sabato dedicato al doppio è un altro frame della cartolina destinata a Mr. Haggerty. La disciplina del doppio, ormai da anni estinta, e tenuta in formalina solo per riempire i campi minori nei tornei che altrimenti sarebbero inutilizzati nelle fasi finali, trova nella Coppa Davis (e nelle Olimpiadi, ma questo è un altro discorso), la sua linfa vitale. Il 3 su 5 garantisce spettacolo e grande incertezza. Il 2° punto iberico era scontato, ma qualcosa stava per andare storto. Kohlmann non rischia i suoi pupilli e schiera una coppia naif: Puetz e Struff (che lascia aperta la porta a tanti giochi di parole, e simpatici umoristi dell’ultim’ora). Dall’altra parte ci sono i Lopez, Marc e Feliciano, vincitori del Roland Garros in questa disciplina. Si capisce fin da subito che non sarà una passeggiata di salute per gli spagnoli. Deliciano sembra bollito come il ragù napoletano della domenica. È Marc a tirare la carretta, però in questo 2 senza di galeazziana memoria, la barca prende acqua da tutte le parti. I tedeschi fanno il loro e fanno loro i primi 2 parziali nello stupore dell’Arena che si aspettava un altro spettacolo. All’improvviso la luce teutonica si spegne. I valori dei pronostici prendono vita e i Lopez cominciano ad ingranare. L’inerzia diventa tutta iberica e arriva il pareggio: 2 set pari. La nave sta per affondare e il game decisivo è l’8° dell’ultimo parziale. 24 punti e ben 4 palle break per la Spagna. Non si passa. Break mancato, break subito. È l’11° gioco a suggellare una débâcle inattesa.

Spetta così a Nadal rimettere tutto in parità e non si lascia pregare. Si gioca alle 11 di mattina di domenica, e tra chi è a Messa e tra chi sta ancora smaltendo l’alcol del sabato sera è difficile trovare tanti spettatori. Però lo spettacolo non c’è, o meglio dura poco per poter passare alla storia. Rafa è superlativo e mette in mostra tutto il repertorio di chi ha fatto della terra battuta in suo campo di battaglia. Prestazione molto convincente, 3 set a 0, e fiducia per la stagione rossa che si sta per aprire. Sasha non può nulla, anche perché oltre a tanti risultati negativi, non ha fatto della continuità una delle sue migliori qualità. Siamo sul 2 pari e l’ultima partita in programma è quella tra Ferrer e Kohlschreiber. David non è Nadal, anzi non è più neanche David, quello doc, anzi è sul viale del tramonto, però Kohlschreiber è Kohlschreiber. Grande tecnica e freddezza di un cocainomane in astinenza da giorni. Ancora una volta il punto spagnolo sembra in ghiaccio, però nessuno ha considerato una variabile aleatoria: il vento. Le folate che si alzano sulla Plaza de Toros de Valencia sono degne dell’America’s Cup e questa annulla di tanto il gap tra i tennisti in campo. Le prime battute della sfida sono ordinarie e a decidere il primo parziale è il tiebreak arrivato dopo 2 break, uno per parte. Lo vince David che mette avanti la testa. 2° set che comincia a palesare segni di schizofrenia con break per Philipp poi ripreso e poi ribadito. 3 break consecutivi come nella migliore tradizione terraiola. Siamo 1 set pari. È il 3° parziale che manda al manicomio tifosi e statistici. Non si capisce niente. Il primo a perdere il servizio è Ferrer che si riprende subito. Segue 5° game folle con Ferru che annulla ben 6 palle break. C’è un altro break nel 9° gioco e ancora controbreak nel successivo. Si va ancora al tiebreak ed è ancora spagnolo. Si vede un Bruguera inedito con gli occhiali da sole, però sempre con quello sguardo spiritato che qualcuno forse ricorda a Parigi quando mise a segno la doppietta 1993-1994. Dall’altra parte c’è Becker. La sfida si gioca anche sulle panchine. 4° set molto ordinario nel punteggio che però si complica per la Spagna nel 10° game, quello decisivo. Ferrer smarrisce la bussola. Ci sono tante stecche, in parte giustificate dal vento, in parte no. Philipp ne approfitta e si prende un parziale preziosissimo. Dopo 4 ore ancora tutto è in gioco. L’essenza del tennis, quello vero. Ancora folate di vento e l’umpire che appare inerme. In questo caso è impossibile prendere una decisione razionale. Il vento dura poco: sospendere sarebbe ridicolo, non sospendere d’altro canto mette in mostra dei punti che sono letteralmente vinti dal vento, vincitore di uno Slam (lo US Open del 2012, nella fattispecie). Si prosegue, e come degli skipper di razza bisogna decidere parsimoniosamente quando battere e come battere. Il primo ad avere un momento no è Philipp che cede il servizio in apertura. Il controbreak arriva nel 6° gioco. Pessimo Ferru e Germania che ci crede. C’è una palla break nel game successivo, ben 2 in quello dopo, però non si passa. 2 a 2, 2 set pari, 4 a 4. Dopo 4 ore e mezza c’è assoluta parità. Il blackout decisivo è quello dell’11° gioco. Game di Kohlschreiber da Kohlschreiber. Choke e break iberico. Ferrer va a servire per il set e chiude. Sono passate 4 ore e 55 minuti.

La Spagna esulta come se avesse vinto la Coppa. Ferru si sdraia a terra. Si è vista una grande domenica di passione. Sangue e arena. Non c’era bisogno di questo tie per renderci conto di cosa significa Coppa Davis. È bastato un top player in campo e una grande incertezza per stabilire che non c’è bisogno di killer point, minkia set, un due tre stella, per rilanciare una competizione che vive della tradizione e del suo format che non esiste in nessun altro sport. Prima di cambiare le regole cerchiamo di capire che cosa è che non va. Megghiu u tintu canuschiutu ca u bonu a canusciri. Bisogna cambiare le regole? The answer, my friend, is blowing in the wind. The answer is blowing in the wind.