Dove nasce una stella: Federer e Milano 2001
Tutti i campioni della storia del tennis hanno avuto una genesi. Per quanto le varie carriere dei più grandi si siano sviluppate in maniera completamente diversa ci sono dei tornei che per loro sono stati una svolta, perché da lì hanno capito che il tennis doveva essere il loro mestiere. Pazienza se i grandi risultati non siano arrivati subito, ma il primo trofeo in bacheca non si scorda mai. Becker riuscì ad esordire con il botto vincendo a 17 anni prima il Queen’s e la settimana dopo addirittura Wimbledon, ma nella storia si registra casi di stelle che nascono in sordina, anche un po’ tardi rispetto alle medie generali ma che poi riescono ad esplodere e a recuperare il gap anche in maniera veemente. E’ il caso di Roger Federer diventato professionista nel 1998 che ha saputo ritagliarsi un posto tra i più grandi partendo però senza tanto rumore. Il primo anno da pro è stato un anno di rodaggio anche perché giocava anche i tornei della categoria juniores dove è stato eccezionale riuscendo a vincere il Torneo di Wimbledon e L’Orange Bowl nello stesso anno, con annessa finale agli US Open, ma con i grandi ha faticato parecchio a differenza di altri, uno tra tutti, Rafael Nadal, rimediando tante sconfitte e qualche piccola vittoria.
L’ATP Tour non sembrava essere il terreno adatto al giovane svizzero, infatti sono i Challenger, posti un gradino più sotto, a dargli le maggiori soddisfazioni riuscendo a guadagnare punti pesanti per poter partecipare ai tornei che contano. Ottima è la sua vittoria a Brest contro giocatori del calibro di Max Mirnyi e Michael Llodra, ma fa fatica con tanti tennisti mediocri. Addirittura riuscirà a perdere anche contro Gianluca Pozzi nel primo turno di Coppa Davis contro l’Italia. Anche il 2000, quindi nell’anno dei 19, non è particolarmente brillante, bene la finale a Marsiglia e Basilea, che poi diventerà il suo torneo. Ma negli Slam va malissimo. Ha la possibilità di entrare subito nella storia passando dalla porta secondaria facendo un buon torneo olimpico spingendosi fino alle semifinali ma perde prima contro Haas e poi contro Di Pasquale nella finale per il bronzo. Male, male perché le Olimpiadi saranno sempre un suo cruccio e quelle di Sydney 2000 potevano essere un’ottima opportunità, visto che ancora non era decollate come poi avvenuto nel 2008 e 2012. Peccato.
Il giovanotto ribelle e con il look selvaggio non riesce ad emergere e, come tanti, potrebbe andare nel dimenticatoio senza che nessuno se ne accorga. Ma è a Milano che arriva la svolta. Al Palalido si gioca un buon torneo di classe ATP International Series, quelli che oggi noi chiameremmo ATP 250, la superficie è il carpet (ormai estinto). Federer nasce come “attaccante”, ma ben presto diventerà quello che oggi noi chiamiamo “attaccante da fondo“, ossia un giocatore che non scende a rete in maniera sistematica come avevano fatto Sampras o Rafter, ma che sceglie in maniera oculata quando è meglio stare dietro a remare, oppure azzannare l’avversario. Ed è grazie a questa dote che riuscirà a vincere così tanto.
Nella capitale meneghina c’è un ottimo field. Come prima testa di serie c’è il numero 1 del mondo Marat Safin, seguono Yevgeny Kafelnikov, Dominik Hrbaty, Andrei Pavel cui si aggiunge anche il campione olimpico del 1992 Marc Rosset. Federer finisce nella parte bassa insieme a Kafelnikov. Dopo un turno agevole contro il tedesco Prinosil, Safin soffre non poco contro il belga Xavier Malisse e per avere la meglio deve andare al terzo set. Marat non è concreto e spreca 7 match point prima di chiudere la pratica in 2 ore con il punteggio di 3-6, 6-3, 7-5. Procedono senza patemi gli altri tra cui si annovera una strana wildcard data a Goran Ivanisevic che era profondato in classifica e che tutti ricorderanno per uno storico exploit che farà da lì a poco tempo sull’erba. E lo sapete bene.
Il torneo è pieno di sorprese e la prima eclatante è quella della vittoria di Greg Rusedski, giustiziere di Guga Kuerten agli Australian Open, che fa fuori Safin infliggendogli un sonoro 6-0 7-6(5). C’è poco da meravigliarsi perché si sa Safin, come dicono a Bolzano è sempre stata na capa gloriosa. Un’altra grande sorpresa è la vittoria di Federer contro Kafelnikov. Lo svizzero si impone per 6-2, 6-7(4), 6-3 contro un nervoso russo che se la prende contro l’arbitro per alcune chiamate dubbie, ma più che gli errori a fare notizia è l’ottimo tennis dello svizzero caratterizzato da un servizio molto potente, un dritto penetrante e una grande capacità di movimento. In finale arriva Julien Boutter che aveva approfittato della sconfitta di Safin ma che comunque aveva fatto bene contro Rusedski, battendolo in 2 set entrambi finiti al tiebreak.
Per Roger si tratta della terza finale ATP in carriera dopo quelle perse a Basilea e Marsiglia l’anno precedente. Pochissimi sanno che questa finale passerà alla storia e i giornali dell’epoca non possono che scrivere un trafiletto. Federer è entusiasta di questo titolo, la vittoria in 3 set contro Boutter l’ha galvanizzato e dice:”Il primo titolo ATP è speciale, possono dire che la mia carriera inizia qui“. Il match è stato combattuto e si è deciso con un break ottenuto da Roger nel game di apertura. Il francese, che era breakkato solo 1 volta prima di questa partita, ha perso il servizio per 3 volte nel primo set, 2 nel secondo e 1 nel terzo. Poi ha messo a segno 7 ace così come lo svizzero, ma Boutter ha aggiunto anche 11 doppi falli contro i soli 4 dell’avversario. Rogiah incassa l’assegno di $45,000, ma i soldi, come non mai in questi casi, contano veramente poco. Qui arriva la consapevolezza che potrà fare bene. Bisognerà aspettare il 2003 per vedere una vittoria Slam, ma il seme del 17 volte campione Slam (18 oggi) è stato piantato a Milano nel 2001.
La partita
https://www.youtube.com/watch?v=-IZKkwjodjg
Pezzo scritto il 13 settembre 2016