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Federer, ad una ε dalla perfezione

Re Roger, King Roger, Roger VIII, The GOAT. Dopo la vittoria a Wimbledon i soprannomi su Roger Federer si sprecano, anche se non ce n’è mai uno accattivante e preciso che appartiene solo a lui. di “King” nello storia dello sport ce ne sono tanti, anche altri grandi del passato sono stati chiamati “King”. Il primo fu Bill Tilden, re del tennis degli anni ’20. Lo fu anche Pancho Gonzales che vinse per 7 volte consecutive le World Series, essendo così proclamato “campione del mondo” e quindi “King of the tennis”. Non per andare a scomodare tanti altri campioni ma anche Lebron James è stato soprannominato King. Ma a noi ci piace un nome secco e preciso. Per chi ha qualche anno si ricorda benissimo di Michael Jordan detto “The Air“, l’aria. Stupendo. L’aria perché quando saltava sembrava che stesse volando. Non erano rare le telecronache in cui M.J. scendesse in campo e si sentisse “His Airness“, tradotta:”Sua arietà“. Che in italiano non suona bene, ma che negli States aveva il suo fascino.

Inutile ribadire i record che ha battuto Roger: 19 Slam, 8 Wimbledon, più vecchio vincitore ai Championships in era Open, time span più lungo tra prima e ultima vittoria e tutto quello che volete. Ma cosa manca a Federer per arrivare alla perfezione? O se volete: cosa avrebbe dovuto fare Federer per essere semplicemente perfetto (perché perfetto non è, anche se c’è un nutrito gruppo di persone che non la pensa così). Per un giocare che ha il record di Slam non ci può non pensare al mitico Grande Slam. Tutti conoscono la leggenda di come è nata questa definizione e perché è stata così fondamentale per la storia del tennis. In sintesi: è nato prima il Grande Slam dei tornei dello Slam. I 4 Major (prendiamo in prestito una definizione del golf) grazie a queste 2 magiche parole hanno campato per anni anni. Grazie a questo 2 paroline hanno visto crescere il loro diritto quasi divino di stare al sopra di tutto e di tutti, ma nessuno dimentica che è fondamentale vincerne 4 in anno per parlare di Grande Slam, la conta 1+1+1 è venuta dopo o, molto semplicisticamente, è più facile fare questa conta che parlare del magico poker visto che è da tanto tempo che non viene realizzato. 1938, 1962, 1969 sono gli anni in cui un solo giocatore ha vinto i 4 Major della stagione. Il primo fu una formalità, il secondo con l’asterisco –  non c’erano i professionisti – il terzo il più importante ma anche il più travagliato. Nessuno avrebbe più replicato quell’impresa di Laver e suonano profetiche le parole del campione degli US Open 1970 Ken Rosewall, il quale afferma:”In un epoca in cui regna il denaro nel tennis nessuno riuscirà a fare il Grande Slam“. Parole profetiche, sì, ma sanno tanto di maledizione. The Muscle non era certo Babe Ruth che ha fatto soffrire i Boston Red Sox per 86 anni prima che questi vincessero di nuovo il titolo nel 2004 dopo che nel 1919 avevano venduto “The Babe” ai New York Yankees contro la sua volontà. Sono passati 48 anni e ancora Rosewall non viene smentito. Il tutore del culto del federianesimo dice il seguente mantra negando quella ε che manca a Federer:”Bhè, ma Laver aveva 3 prove su 4 su erba“. Benissimo, nessuno lo può negare. Ma si dimentica spesso che non tutte le erbe erano uguali così come oggi non tutti i cementi sono uguali e comunque rimaneva sempre una prova sulla terra battuta, lo Slam che più di ogni altro rende incerto e allo stesso affascinante il tennis. Nel golf non c’è uno Slam sul clay per cui le carte in tavola non sono così mescolate come lo sono nel tennis. La storiella delle superfici forse era valida fino agli anni ’90 in cui la specializzazione era preponderante e molti terraioli disertavano Wimbledon perché non erano adatti all’erba, per cui un Grande Slam in quegli anni, un Grande Slam di Sampras sembrava utopia e forse i suoi tifosi avrebbe potuto ripetere il mantra, ma dal 2004 in poi il magico poker non è stato chiuso solo per situazioni contingenti. Tanti ricordano la sconfitta di Roger al Roland Garros in quell’anno contro Kuerten, ma chi avrebbe mai immaginato che avrebbe chiuso 3/4 di Slam? “3/4…di Slam che non è male” ci ricorda Gianni Clerici dopo che Roger aveva annientato senza troppi complimenti Hewitt in finale a New York. Da lì in poi il Grande Slam sembrava una formalità per quel Roger che dominava in lungo e in largo, ma non aveva fatto i conti con il destino. Nel 2005 in Australia perde una partita straordinaria con Safin per cui lo Slam salta subito, ma non è qui che gira. A Parigi si presenta con ottime credenziali per la vittoria finale e con Amburgo in tasca. In semifinale arriva la sua nemesi, ma ancora non lo sa. La sconfitta fa più male di quella dell’anno precedente, ma ancora non sa che quello è Rafael Nadal, la parte più grande di quella epsilon. Il 2006 è la stagione più straordinaria della sua carriera ma manca un tassello fondamentale, manca Parigi, la maledetta Parigi per raggiungere Laver. Già in quel periodo di parla di GOAT per Federer, ma senza quel record non si va da nessuna parte. Il 6-1 iniziale dato a Rafa nella finale del Roland Garros poteva fare girare tutto, ma così non è stato. Non domo anche nel 2007 si presenta la stessa occasione. Niente da fare, la perfezione può attendere. Nadal, Nadal e ancora Nadal, c’è sempre lui in mezzo. Che peccato. Federer non avrebbe più completato 3/4 di Slam, in compenso ci sarebbero riusciti i 2 suoi principali rivali: Nadal nel 2010 e Djokovic nel 2011 e nel 2015. A conti fatti dal 1969 ci sono stati: 1974, 1988, 2004, 2006, 2007, 2010, 2011, 2015, (2017?) con 3/4 di Slam, ben 8 occasioni per chiudere, quindi è inutile stare a ribadire che “però Laver…“. The Rocket chiuse una splendida annata, l’ultimo anno fino al 1988, se vogliamo, in cui i Major corrispondevano con gli Slam e viceversa (ossia i 4 migliori tornei dell’anno erano quelli dello Slam). TheTennisbase assegna un grande valore al Grande Slam. Così come una piramide alla base ci sono gli ATP 250 o simili, poi i 500, i Masters 1000, gli Slam e la punta della piramide è il Grande Slam. E se è vero, come è vero, che non esiste una proporzione tra i vari gradini della piramide: non si può dire che uno Slam vale x Masters 1000 o che un Masters 1000 vale y ATP 500 ergo il poker non ha eguali. Sta lassù e neanche 1000 Slam valgono questo record (forse).

Una buona percentuale della ε è rappresentata dalla terra battuta. Stiamo attenzione perché qui il paradosso nasce spontaneo:”Bhé, però non ci fosse stato Nadal….“. Verissimo. Ma la questione alla base è la seguente: se tu sei la perfezione, lo devi essere sempre e comunque, non puoi dire:”Io sono perfetto, però…“. Purtroppo per Roger quando stava per decollare ed essere il migliore tout court è esploso come una super nova il buon Rafacito. Ma iniziamo dall’inizio (lo dice la parola stessa). Roger Federer è un tennista svizzero nato a Basilea l’8 agosto 198…va bene, abbiamo capito. Basta così. Federer è un tennista svizzero, no Novi, per cui, come tutti i tennisti dell’Europa centro-occidentale (e non solo) è nato sulla terra battuta. E’ chiaro che le sue attitudini fin da subito erano più propense al veloce, ma sempre dalla terra battuta viene. Non è un caso che il primo grande trofeo arrivi sul clay, nel 2002 ad Amburgo battendo in finale Safin, che proprio terraiolo non è, né di nascita, né di residenza. Roger poteva avere una distribuzione (quasi) perfetta dei titoli, ma ha lasciato per terra tanti piccoli tasselli per il mosaico della perfezione. Sanguinosa fu la sconfitta a Roma contro Mantilla in finale nel 2003, ma quello non era ancora il Federer che conosciamo, che sarebbe nato pressappoco dopo qualche mese. Da lì sarebbe stato facile pensare ad un trionfo della Città Eterna. Invece niente. A Federer mancano e mancheranno forse sempre i 2 Masters sulla terra battuta di Monte Carlo e Roma, “buttati” in qualche circostanza e mai veramente suoi. Anche la finale di Roma del 2006 ha una sua percentuale nella mancata perfezione, ma tutto questo capitolo si può concentrare in una stramaledetta parola: Nadal. E’ stato sempre Rafa a negargli titoli e titoli sulla terra battuta. Le 4 finali a Parigi non si dimenticano. Furbo e bravo allo stesso tempo è stato Federer ad approfittare dell’uscita del suo rivale nel 2009, eppure stava per saltare anche quella, contro chi? Lo sapete tutti. Uno 0 in quella casella sarebbe stato un handicap non indifferente per Il Tennis, anche se la serie: 5 1 8 5 non è proprio una distribuzione perfetta. “Ve siete preso tutto er clay a mme m’avete lasciato le briciole“, potrebbe dire Roger all’alba sulle rovine di Ostia Antica. Ma quali sono queste briciole? Nella fattispecie sono: 1 Roland Garros, 3 Amburgo, 2 Madrid (uno da scontare) e qualche altro torneino tipo Istanbul, Gstaad e Munich. Nessuno dei suoi precedessori, chiamamoli GOAT, ha avuto una lacuna così grande sulla terra battuta. Né Tilden, né Gonzales, né Rosewall, né Laver – per non parlare di Borg – hanno raccolto così poco nella superficie più lenta. “Bhé, però non c’era Nadal…“. X2. Non sarebbe stato scandaloso avere una nuova Graf al maschile, con un 4 6 7 5, distribuzione quasi perfetta, coltellata e non coltellata. Lasciamo stare Serena Williams. Parliamo di tennis femminile quando questo aveva un senso.

Ma veniamo al punctum dolens, al quid, all’epicentro. Gli Head-to-Head. “Bordata di fischi per lui!”. Segnatevi questi numeri. 279, 24, 14. No, non sono numeri del Lotto, quelli arrivano massimo a 90. Sono i tennisti con cui Rogé ha H2H positivo, in pareggio e in negativo. Tutto bene potremmo dire, tutto molto bene, ma quei 14 tennisti avranno di che vantarsi per i secoli dei secoli. Tra i tanti ci sono: Kalefnikov incontrato quando Federer andava all’asilo, Corretja, Enqvist, Hbarty e tanti altri della generazione targata anni ’90. Ci altri della Next Gen (ormai è di moda usare questo termine) come Thiem o Donskoy. Chi? Sì, proprio lui il giustiziere di Dubai. Tornando al quid setacciato quello che non fa storia rimangono fuori Novak Djokovic, e sempre il maledetto Rafael Nadal. Se per il primo si può parlare di un sostanziale pareggio, 23-22 per Nole, per il secondo c’è un grosso gap. Tutti conoscono il 23-14 (che per anni è stato 23-10, più facile da ricordare). Poco contano i numeri assoluti, quello che conta è la sostanza, questa ci dice che è esistito un giocatore che nello scontro diretto è stato superiore. Molte partite si sono giocate sulla terra battuta, 15 per l’esattezza, su 37. E’ facile calcolare le partite fuori dal rosso (relativo, remember Madrid 2012): 22. In sostanza delle 37 sfide il 40.54% si è giocatosu clay, il 59.45% su erba o cemento, una proporzione che dovrebbe, in teoria, favorire Rogé, ma così non è stato. L’erba è diversa dal cemento, certamente, c’è il cemento lento o veloce, certamente, ma torniamo sempre al punto di partenza. La perfezione prescinde da queste quisquiglie superficiali (scusate la battuta), la perfezione non ha paura del terreno che ha sotto i piedi per essere tale. Ancora un’altro spicchio di ε che manca a Federer per essere l’essere perfetto. Un Cell con la racchetta. Chissà chi sono i suoi C-17 e C-18, non si sa, e a questo punto il Gohan della situazione potrebbe essere proprio Nadal che se gli toccano le bottigliette potrebbe sprigionare una forza sovraumana, quasi infinita.

Federer è ancora in piena attività e potrebbe, o meglio dovrebbe colmare questi 3 grandi vuoti della sua essenza. La maggior parte sono scettici, ma sono gli stessi che pensavano che le Olimpiadi di Londra del 2012 sarebbero state il suo capolinea e che il 2013 era stato il famoso annus horribilis che capita a tutti i tennisti che sono sul viale del tramonto. C’è tempo per far tendere questa ε a 0, o meglio, Federer giocherà fino a che non sarà 0.

Roger Federer = +∞ – ε.