ATPUltimi articoli

Grande almanacco sportivo: il tennis del 2019

La stagione tennistica 2018 si era chiusa con una serie di interrogativi in vista del 2019, “Federer riuscirà a conquistare il 21° major o ha chiuso con gli slam?” “Nadal vincerà per la 12a volta a Parigi o avrà ancora infortuni a tormentarlo?” “Quanti slam vincerà Djokovic?” “Murray e Wawrinka torneranno competitivi?”  “Ci sarà finalmente il primo slam per un giocatore nato negli anni ‘90?”

Andiamo a scoprire le risposte ripercorrendo l’annata 2019.

A gennaio si parte con la tradizionale Hopman cup (alla sua ultima edizione), l’esito è identico a quello della stagione passata, la coppia elvetica Federer-Bencic si riconferma battendo i tedeschi Zverev-Kerber.

Ai nastri di partenza del 1° Slam, gli Australian Open, i favori del pronostico sono tutti per il n.1 in carica Novak Djokovic. A prendersi la scena alla vigilia è però Andy Murray, il britannico in conferenza stampa annuncia commosso che lo Slam australiano probabilmente sarà il suo ultimo torneo in carriera, o penultimo, con l’obiettivo di chiudere davanti al suo pubblico a Wimbledon (Ma sarà così? Lo scopriremo più avanti). Il boia chiamato a mettere fine alla grande carriera di Sir Andy è Bautista Agut (d’altronde l’assassino nei libri gialli è quasi sempre il maggiordomo). Gli unici a poter mettere i bastoni tra le ruote al n.1 sono Federer e Nadal. Il serbo arriva in finale senza problemi, perdendo appena 2 set con Shapovalov e Medvedev. Lo svizzero, negli ottavi, incappa in una delle sue giornate no con le palle break (0 su 12) e perde con Tsitsipas, vincitore pochi mesi prima delle Next Gen ATP Finals. È quindi lo spagnolo Nadal ad arrivare, con un cammino immacolato, alla finale contro Nole. La partita promette scintille, n.1 vs n.2, finale più titolata di sempre (17+14 slam) al pari di quella tra Federer e Nadal di 2 anni prima; ma in realtà si rivela un massacro, Djokovic non si limita a vincere, ma stravince, 6-3 6-2 6-3, per la prima volta lo spagnolo perde una finale slam in 3 set. Semifinali e finale dominate in modo imbarazzante, solo 12 i game persi, eguagliati Hewitt agli US Open 2001 e Agassi all’Australian Open 2003, ma non è record! Per Nole è il 7° titolo a Melbourne, record all time, staccati Federer ed Emerson fermi a 6.

A inizio marzo, Re Roger, si prendendo la rivincita su Tsitsipas e diventa emiro a Dubai per l’8° volta, raggiunta quota 100, ma di andare in pensione non se ne parla.

L’attenzione si sposta sui tornei di Indian Wells e Miami, Djokovic tira un po’ il fiato perdendo nei primi turni contro Kohlschreiber e Bautista Agut. Nadal arriva in semifinale in California, dove lo aspetta Federer, ma il maiorchino dà forfait e salta anche la tappa in Florida. Federer per la 3a volta in carriera raggiunge per 3 anni consecutivi la finale di un Masters 1000 (Montecarlo 2006-07-08, Indian Wells 2004-05-06 e 2017-18-19), sembra tutto pronto per il 6° titolo elvetico, ma per il 2° anno di fila Roger si ritrova con il piatto in mano, stavolta a fermarlo è Thiem. L’austriaco diventa l’11° tennista (dopo Kafelnikov, Henman, Rafter, Nalbandian, Ljiubicic, Kiefer, Hewitt, Tsonga, Nadal e Djokovic) capace di battere Federer su 3 superfici ed il 67° vincitore di 1 Masters 1000.

A Miami Roger, dopo un primo turno più difficile del previsto con il moldavo Albot, raggiunge la 50esima finale nei già Master Series. Nella nuova sede dell’Hard Rock Stadium, il maestro svizzero ha facilmente la meglio dell’americano Isner e conquista il 4° titolo in Florida e 28° Masters 1000. Federer impiega appena 63 minuti, è la più breve finale di un Masters 1000 nella lunga carriera di Roger. Addirittura, non perde un 15 sullaprima di servizio, come gli era capitato solo altre 6 volte in carriera ed in generale è solo l’8° finale nella storia dell’ATP che si chiude con il 100% dei punti vinti con la prima di servizio da un giocatore.

Con aprile inizia la stagione sulla terra rossa, Federer, a differenza delle ultime 2 stagioni, decide di giocare sul mattone tritato.  A Roquebrune-Cap-Martin, il King of Clay Nadal cede a sorpresa con il n.1 azzurro, Fabio Fognini, che diventa il 4° giocatore con 3+ vittorie su Rafa sulla terra rossa. La finale è inedita per questi livelli, Fognini vs Lajovic. L’ultimo italiano a raggiungere la finale nel principato era stato Barazzutti nel 1978. Lajovic, che nel suo percorso aveva battuto Medvedev e Thiem, diventa il 2° giocatore con classifica più bassa a disputare una finale a Montecarlo. Finisce 6-3 6-4 per il nostro connazionale, è il successo più importante della sua carriera.

Dopo Montecarlo, anche a Barcellona Nadal perde prima della finale, l’ultima volta che non aveva raggiunto l’ultimo atto in questi tornei correva l’anno 2015. In Catalogna il giustiziere di Rafa è Thiem che si prende la 4a vittoria su clay, meglio solo Djokovic  (7 successi sul rosso vs Nadal).

Nella capitale spagnola Nadal subisce un’altra sconfitta inattesa con Tsitsipas, la 15a con il paradosso di Simpson (ovverosia, perdere il match vincendo più punti dell’avversario). Il greco giunge in finale, dove però soccombe al redivivo Djokovic, che colleziona il 3° titolo a Madrid con la 3a finale in carriera (dopo Pechino 2013 e Indian Wells 2016) senza dover fronteggiare palle break. Il torneo si fa notare, tra le altre cose, per una serie di chicche statistiche riguardanti Federer. Lo svizzero, battendo 6-0 4-6 7-6 Monfils, coglie la 1200a vittoria (2° all time dietro Connors con 1254, poi 1274) in carriera e la 20a partita vinta dopo aver salvato match point, mentre perdendo con Thiem nel turno successivo colleziona la 21a sconfitta dopo aver sciupato match point.

La terra rossa sembra aver perso il suo padrone, ma Nadal decide di smentire gli scettici e conquista gli Internazionali di Roma per la 9a volta in carriera. A farne le spese in finale è Djokovic (20a vittoria contro un n.1 per Nadal, staccato Becker fermo a 19), che si vede scavalcato nella conta dei Masters 1000 (34 per il maiorchino, 33 per il nativo di Belgrado).

Ai nastri di partenza del Roland Garros la finale più probabile sembra la rivincita degli Australian Open.  In semifinale arrivano i primi 4 del seeding, come non accadeva dagli Australian Open 2013, per rivedere contemporaneamente i Big 3 in una semifinale slam bisogna risalire al Roland Garros 2012. Federer, dopo aver battuto il connazionale Wawrinka nei quarti ed essere diventato il 1° tennista capace di vincere 70+ partite nelle 4 prove del Grande slam, deve fare i conti con il padrone di casa e per la 6a volta su 6 torna a casa con le pive nel sacco. Per Nadal è la 26a finale slam, la 12a a Parigi, a 33 anni lo spagnolo diventa il più anziano finalista al Roland Garros dai tempi di Nikola Pilic nel 1973. Nell’altra semifinale, al termine di una sfida spalmata su 2 giorni e interrotta più volte per pioggia, prevale in 5 set Dominic Thiem, che mette fine ad una striscia di 26 successi negli slam per Djokovic, l’ultima sua sconfitta risaliva al Roland Garros 2018 per mano di Cecchinato. Con Nadal-Thiem in finale, come l’anno prima, l’esito è il medesimo. Trionfa Nadal, più vecchio vincitore sul Philippe Chatrier da Andres Gimeno nel 1972. È il 12° titolo nello stesso slam, roba da marziani, nessun altro essere umano, uomo o donna che sia, era riuscito a far tanto, staccata Margaret Court ferma a 11 titoli agli Australian Open. Per Thiem la consolazione di essere riuscito a strappare un set al Minotauro.

La stagione su terra rossa va in archivio, arriva l’erba (non fraintendete). Nei tornei di preparazione al 3° slam stagionale, Federer, battendo 7-6 6-1 David Goffin, conquista il 10° titolo nel torneo di Halle (da quest’anno Noventi Open e non più Gerry Weber Open), 19° su erba, 102° complessivo.  Al Queens ritorna trionfante (seppure solo in doppio con Feliciano Lopez, per la gioia della mamma) Andy Murray, il quale nel frattempo si è operato e gioca con un’anca di metallo.

A Wimbledon la rosa dei papabili vincitori è composta dai soliti 3, il finalista (Anderson) e il semifinalista (Isner) della scorsa edizione non riescono a ripetersi. Zverev, Thiem e Tsitsipas escono al primo turno. L’unico top 10 rimasto (oltre ai big 3) è il nipponico Nishikori, ormai abbonato ad arrivare ai quarti di finale, dove viene battuto da Federer, che coglie così la 100a vittoria sui prati inglese, primo a raggiungere la tripla cifra di successi in uno slam. Le semifinale per ¾ ricalcano quelle parigine, Federer si prende la rivincita su Nadal, battendolo a distanza di 11 anni dalla storica finale del 2008, nell’altra semi  “l’intruso” Bautista Agut non riesce nell’impresa di battere per la 3a volta (dopo Doha e Miami) in stagione Djokovic. La finale è la riedizione delle finali 2014 e 2015, vinte dal serbo. Il match è a dir poco emozionante, il livello di gioco espresso da Federer è elevatissimo, per 4 set è di fatto unbreakable, siamo al 5° set, punteggio 6-7 6-1 6-7 6-4 8-7 40-15, 2 Championship points per Roger, 1 punto lo separa dal 21° slam , il 9° Wimbledon, il 1° battendo sia Nadal che Djokovic… poi però si spegne la luce… Djokovic, come già gli era capitato nelle semifinali degli UD Open 2010-11, annulla i match point, recupera il break e conquista il titolo al tiebreak sul 12 pari (introdotto dopo la semifinale maratona nella scorsa edizione tra Anderson e Isner durata 6 ore e 36 minuti). A fine partita il clima è surreale, sugli spalti e davanti alla tv decine di persone vengono colte dalla disperazione e dallo sconforto (tra cui lo scrivente). L’inatteso esito della gara fa saltare i piani di una sontuosa premiazione già programmata. Viene meno la curiosità portafortuna di battere Nishikori, sempre sconfitto dal futuro vincitore del torneo nei 4 slam precedenti, cade la particolare statistica per la quale Roger aveva sempre conquistato il torneo nel corso del quale aveva battuto Nadal. Per Federer alcune poco invidiabili statistiche: l’11° finale slam persa (eguagliato Lendl), 22a sconfitta dopo aver avuto un match point, 36a sconfitta con il paradosso di Simpson. Per Djokovic è il 5° titolo all’All England Lawn Tennis and Croquet Club, come Borg e Doherty, meno solo di Sampras (7), Renshaw (7) e Federer (8). Il serbo diventa il 1° tennista a vincere uno slam dopo aver annullato un match point in finale slam da Gaudio al Roland Garros 2004, il primo a riuscirci a Wimbledon da Bob Falkenburg nel 1948.

Conclusasi la stagione erbivora, si vola ad inizio agosto sul cemento nordamericano. Djokovic e Federer, dopo la lunghissima finale di Wimbledon (4 ore e 57 minuti), la 2a più lunga in uno slam dopo quella degli Australian Open 2012, hanno bisogno di riposo e non si presentano in Canada. A Montreal trionfa Nadal, che riesce per la prima volta a difendere con successo un titolo su una superficie diversa dalla terra rossa e diventa il 1° tennista a vincere almeno 10 Masters 1000 su 2 superfici (25 su terra rossa, 10 su cemento).

A Cincinnati Nadal dà forfait, mentre si rivedono i finalisti di Wimbledon e soprattutto Andy Murray, tornato a giocare in singolare dopo 7 mesi dal ko con Bautista Agut. Lo scozzese cede 6-4 6-4 in 1 ora e 36 a Richard Gasquet, ma può dirsi soddisfatto per non sentire più quei dolori insopportabili che gli rendevano difficile anche solo allacciarsi le scarpe. Federer, ancora frastornato e con la testa a quei 2 maledetti match point, perde nettamente da Andrey Rublev. Djokovic esce in semifinale per mano del russo Daniil Medvedev, il quale diventa il più giovane a raggiungere back-to-back le finali nei 2 1000 nordamericani dai tempi di Roddick nel 2003. Il russo ha facilmente la meglio di Goffin e scrive il suo nome sull’elenco dei vincitori di 1 Masters 1000.

Ai nastri di partenza dell’ultimo Slam dell’anno la lotta per il titolo appare ridotta ai primi 3 del ranking, con l’incognita Medvedev.  Nei quarti assistiamo a 2 sorprese: Federer cede malamente al suo clone più scarso Dimitrov, Djokovic è costretto al ritiro sotto 2 set a 0 contro Stan Wawrinka. Entrambi fanno registrare problemi fisici, il primo alla schiena, il secondo alla spalla. Le semifinali vedono da una parte il giocatore più in forma del momento (Medvedev) contro il n. 78 del mondo (Dimitrov), giocatore con la classifica più bassa in una semi slam da Shuettler (n. 92) a Wimbledon 2008 e agli US Open da Connors (n. 174) nel 1991; dall’altro lato Nadal deve vedersela con Matteo Berrettini, primo italiano in una semifinale slam su cemento, 4° in assoluto (dopo Panatta Roland Garros 1973-75-76, Barazzutti US Open 1977 e Roland Garros 1978, Cecchinato Roland Garros 2019).  Medvedev batte Dimitrov diventando il 4° russo a giocare una finale Slam (dopo Metreveli, Kafelnikov e Safin), il più giovane a disputare una finale dai tempi di Del Potro 2009 e il primo a centrare 4 finali consecutive tra Washington, Canada, Cincinnati e US Open da Agassi nel 1995. Nadal, battendo in 3 set Berrettini, diventa il più vecchio a raggiungere 3 finali Slam nella stessa stagione e il 2° nella storia (dopo Federer) a giocare almeno 5 finali in tutte e 4 i major. La finale, con la più grande differenza di età da quella del 2005 tra Federer e Agassi, viene vinta, non senza problemi, da Nadal. Ci vogliono infatti ben 5 set, con Medvedev capace di recuperare 2 set di svantaggio. Per Nadal è il 19° slam, -1 dal record di Federer, mai così vicino e mai così in bilico il titolo di GOAT, 4° US Open, 5° stagione con 2+ slam, a 33 anni diventa inoltre il più anziano campione agli US Open da Rosewall nel 1970.

Dopo la parentesi della Laver Cup, con il 3° titolo consecutivo del vecchio continente, anche se decisamente più sofferto rispetto agli anni passati, si passa alla trasferta asiatica. Nadal, prossimo alle nozze con la fidanzata storica Xisca, non vola in Cina, Federer e Djokovic, apparsi sbiaditi, cedono nei quarti rispettivamente a Zverev e Tsitsipas. La finale, che vede il confronto tra Medvedev e Zverev (alla prima finale importante in una stagione fin lì con più bassi che alti), è un massacro in favore del primo. Medvedev conquista così il 2° Masters 1000 in carriera, consolidandosi al 4° posto nel ranking.  Il torneo è caratterizzato dalle semifinali più giovani, in un Masters 1000, dal lontano torneo di Amburgo 1999.

Dopo soli 5 giorni dal matrimonio, Nadal decide di affrontare in esibizione Djokovic in una romantica luna di miele in Kazakistan. Nel frattempo, Federer ritrova il sorriso in patria, vincendo a Basilea il titolo n. 103 in finale contro il giovane De Minaur, vulturizzando gli ATP 500 (ben 3 in stagione).

Federer dà forfait a Bercy, mentre Nadal, giunto in semifinale, si ritira prima di giocare contro Shapovalov, lamentando un problema agli addominali e vedendo ridursi le possibilità di chiudere la stagione al n.1. È agevole per Djokovic sbarazzarsi, in finale, di uno Shapovalov, apparso decisamente emozionato alla sua prima finale in un Masters 1000. Al termine del torneo, venendo scalati i punti del Masters 2018, Nadal scavalca Djokovic in classifica, detronizzandolo dopo 1 anno esatto. Il margine tra i due nella ‘Race’ ammonta a soli 640 punti, rimandando ogni discorso al Masters di fine anno. Torneo al quale dopo ben 41 anni parteciperà un italiano, Matteo Berrettini. Il tennista romano, infatti, grazie al successo per 6-2 6-2 di Shapovalov su Monfils nei quarti di finale di Bercy, conquista l’ultimo posto utile per le ATP Finals, diventando il 3° italiano a qualificarsi per il torneo di fine anno dopo Panatta nel 1975 e Barazzutti nel 1978.

Piccola menzione meritano le Atp Next Gen Finals, torneo riservato ai giocatori sotto i 21 anni, disputato a Milano con regole bislacche che meriterebbero l’oblio. Tra i qualificati ci sarebbero Tsitisipas, Shapovalov e Aliassime, ma il 1° per disputare il ben più importante Masters, gli altri 2 per ragioni di programmazione, non vi prendono parte. Partecipa invece il giovane azzurro Jannik Sinner, 18enne altoatesino messosi in evidenza nelle settimane precedenti per alcuni scalpi eccellenti ottenuti, tra cui un successo su Monfils, e per l’ingresso nei primi 100. È proprio il più giovane del lotto a conquistare il trofeo, annientando il n. 18 del mondo Alex De Minaur, facendo sognare milioni di italiani.

Si passa quindi alle ATP Finals. Vi prendono parte oltre ai 3 giganti, i finalisti degli US Open e del Roland Garros Medvedev e Thiem, il greco Tsitsipas, il campione in carica Zverev e, come detto, Matteo Berrettini. Per Medvedev, Tsitsipas e Berrettini è la prima partecipazione. I 2 gironi vedono nel gruppo “Agassi” Nadal, Medvedev, Tsitsipas e Zverev, nel gruppo “Borg” Djokovic, Federer, Thiem e Berrettini. Berrettini viene annichilito da Djokovic nel match d’esordio, Federer perde con Thiem, ormai sua bestia nera, alla 3a vittoria in 3 confronti diretti nel 2019. Tsitsipas ha la meglio su un Medvedev apparso col serbatoio scarico, un Nadal sottotono racimola appena 6 game con Zverev. La 2a giornata vede il facile successo di Federer sul nostro Berrettini, la vittoria di Thiem su Djokovic al termine di un match combattuto, il netto successo di Tsitsipas su Zverev e una vittoria al cardiopalma di un rinsavito Nadal su Medvedev, rimontando da 1-5 nel terzo set e annullando 1 match point. In virtù di questi risultati Berrettini è eliminato, Thiem si qualifica come 1° del girone e ciò rende lo scontro Federer-Djokovic de facto un quarto di finale, nell’altro gruppo è ancora tutto in discussione, ma Nadal non ha il destino nelle sue mani. L’ultima giornata vede il primo successo di un italiano al Masters. Nell’altra sfida Federer sfodera una prestazione maiuscola ed elimina un Djokovic, consegnando il n.1 di fine anno all’amico Nadal, che sembrava destinato ad essere superato alla vigilia. È la 5a stagione da n.1, agganciati proprio i suoi 2 grandi rivali (Federer e Djokovic). Nadal non ha nemmeno il tempo di festeggiare, infatti il giorno viene eliminato per via del successo di Zverev su Medvedev. La fase a gironi stabilisce le semifinali Tsitsipas-Federer (quest’ultimo alla 16° semifinale al Masters) e Thiem-Zverev.  La prima semifinale ricalca la sfida vista in Australia, Federer sfrutta 1 palla break su 12 e viene eliminato, lo svizzero si consola con l’aver rintuzzato gli attacchi di Djokovic a 2 suoi record, quello di Masters vinti (6 Federer vs 5 Djokovic) e quello di settimane da n.1 (310 Federer vs 275 Djokovic). Nella seconda semifinale, il campione in carica Zverev, perde in 2 set con Thiem. È la finale più giovane dal 2004, e per la prima volta dal 2006 (allora fu Federer-Blake) si affrontano 2 giocatori dal rovescio a una mano. Il titolo se lo aggiudica Tsitsipas, battendo in 3 rocamboleschi set l’austriaco. Stefanos diventa così il 7° giocatore a vincere il torneo da debuttante (dopo Smith 1970, Nastase 1971, Vilas 1974, McEnroe 1978, Corretja 1998 e Dimitrov 2017) ed il più giovane maestro da Hewitt nel 2001.

Il 2019 si è chiuso, gli Slam sono stati monopolizzati da Djokovic e Nadal, che hanno portato a 12 la striscia di Slam consecutivi vinti dai Big 3 da inizio 2017 (5 Nadal, 4 Djokovic, 3 Federer). Thiem si è confermato il n. 2 sulla terra rossa parigina anche se ha conquistato il titolo più importante sul cemento, Medvedev ha inanellato una serie di finali sul cemento conquistando 2 Masters 1000, Tsitsipas è diventato Maestro. Nel ranking le prime 3 posizioni sono occupate dai Big 3 per l’8a volta ma dietro di loro c’è un gruppetto di giocatori che si sta pian piano facendo strada. Nadal, Djokovic e Federer non sono più in grado di giocare tutti i tornei al 100%, devono centellinarsi e i vari Thiem, Medvedev, Tsitsipas, Zverev sembrano di un’altra pasta rispetto alla Lost Generation, fuori dalla Top 10 Shapovalov, Aliassime e Sinner sembrano pronti a scalare la classifica. Il 2020 sembra lontano, ma è dietro l’angolo, tanti gli interrogativi, si avrà finalmente un nuovo campione Slam? In quale Slam ci sono più possibilità per i giovani? La vetta del ranking sarà ancora una sfida serbo-spagnola? Berrettini manterrà la Top 10? In che posizione chiuderà il 2020 Sinner? Chissà che sarà di noi? Lo scopriremo solo vivendo…

 

By Vince_JFC