Il peso di essere il più grande
Fanno discutere non poco le dichiarazioni rilasciate dal numero 1 del mondo nella giornata di venerdì. Tutti si aspettavano qualcosa di eclatante, come la fine prematura della stagione, oppure una positività ai controlli anti-doping, ma quello che emerso è un nulla cosmico che però lascia adito a diverse interpretazioni. Non c’era una strana tenda dietro Djokovic e un formale leggio come per il caso della Sharapova ma tutto è stato realizzato alla luce del sole in un campetto di Belgrado in cemento dove Nole si sta allenando. Ha parlato solo ed esclusivamente nella sua lingua madre così come i giornalisti e per diversi attimi tutti si chiedevano che cosa stesse dicendo. I primi flash su Twitter e Facebook traducevano in inglese le sue parole che non nascondevano nulla di eclatante. Ma allora perché indire una conferenza stampa? Forse perché voleva farsi notare?
Le parole emerse da questa intervista sono chiare, ma potevano essere benissimo dette in altre circostanze e senza alimentare una tensione attorno al proprio personaggio che ormai da un po’ lo sta abbandonando, ed è proprio la tensione il tema chiave della discussione. Sostanzialmente Nole ha alzato bandiera bianca per la sua rincorsa a raggiungere record che sono più grandi di lui. Quasi come in una seduta psicoanalitica ha voluto scaricare il peso, la pressione sulle proprie spalle e le nevrosi verso un dottore che non esiste ma che può essere benissimo interpretato dai suoi tifosi e da tutti quelli che amano il tennis. All’inizio della stagione dopo il super 2015 ci si poteva aspettare un calo che c’è stato. C’è stato perché è fisiologico che sia così, perché appena abbassi la guardia i tuoi avversari sono pronti a fare manbassa della tua carcassa. Eppure gli obiettivi, anzi l’obiettivo più importante è stato raggiunto. Per tanti anni ha inseguito il Roland Garros. Lo Slam sulla terra battuta che per tanti campioni è rimasto un tabù e che venderebbero un rene per avere nella propria bacheca una Coppa dei Moschettieri. C’è chi ne ha troppe, ma lui non poteva farsela sfuggire. Già nel 2014 aveva il dovere di piazzare la zampata giusta, ma un grande Nadal gli spezzò il grande sogno. Anche il 2015 doveva essere suo, ma Stan gli rubò la scena. Inutile parlare di picchi o tortorelle di gioco, Wawrinka è un giocatore inferiore a Nole e non possono essere solo 2-3 sfide a cambiare il giudizio su una rivalità che non esiste. Finalmente quest’anno, nell‘anno dell’asterisco è arrivata la Coppa. La pioggia e il ritiro di Nadal sono stati complici di questo successo che è arrivato forse quando meno se lo meritava, ma lo ha ripagato di tante delusioni e sciocchezze che in passato gli erano costate care. Ma dopo Parigi…il vuoto. Tutti, compreso me, preventivavano un Grande Slam molto easy e se sono i bookmakers ad avvalorare questa tesi allora vuol dire che non si è proprio folli, ma quello di Wimbledon è stato un Nole diverso da quello degli altri anni. Vero è che nel corso del torneo in passato ha giocato male i primi turni, o comunque non al suo massimo, ma a Church Road è entrato con la prima marcia, troppo leggera per arrivare alla seconda settimana ed è bastato un GOAT qualsiasi per mandarlo a casa. Ma più che la sconfitta con Querrey erano i tarli della sua mente a perseguitarlo. Quando sei il più grande e tutto nella tua vita è perfetto è allora che arriva l’imprevisto, qualcosa che turba la tua preziosa e invidiabile routine. Il ragazzo giovane, ricco, sposato con una bella moglie e un figlio non si sa come e non si sa perché ha incrinato il rapporto con la sua compagna di vita. Difficile avere delle prove certe di un tradimento, ma se i tabloid ne danno notizia allora qualcosa di vero deve esserci e i sintomi (riscontrati con il senno di poi) c’erano tutti, ma erano da imputare più al gioco e a quello che sentenziava il campo piuttosto che quello che c’era fuori dal campo e in chissà quale letto. La situazione sentimentale sembra rimarginata, e se è vero che il tradimento è la base del matrimonio, allora vuol dire che è tutto nella norma. Si nasconde la polvere sotto il tappeto e si va avanti, perché in fin dei conti non conviene a nessuno fare un passo indietro. Questo vale per Nole, ma vale anche per i comuni mortali.
Il campione serbo era tornato a gioire a Toronto, ma era una gioia frammentaria. I migliori non erano presenti e il trofeo vinto facile non dà soddisfazioni e soprattutto non serve a curare le ferite. Il grande sogno era quello di vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi. Poco importa se gli Slam valgono di più, il Masters sta sopra, sotto, davanti o dietro è lì che il tuo Paese, che tanto ti ammira e che ti dà molto spesso la forza di andare avanti quando mancano stimoli, ti ricorderà per sempre per aver vinto per loro, per la Serbia e tutti i suoi abitanti. Proprio per questo sentimento così coinvolgente, per l’empatia tra l’idolo e il popolo, la sconfitta contro Del Potro è stata deleteria. Nessuno aveva mai visto piangere in quel modo Nole, lo aveva fatto al Roland Garros del 2015, ma a Rio si è visto un uomo a pezzi che non voleva sapere nulla del mondo intero. Il sogno olimpico era sparito e ancora i tarli ritornano nella sua testa. Troppo profonda la ferita per cercare riscatto a Cincinnati, meglio rimanere a casa a leccarsi le ferite e riavviare il sistema operativo.
La redenzione doveva arrivare a New York e stava quasi per farcela, ma ha dovuto ancora una volta soccombere all’ammazza sogni di nome Stan. Era arrivato alla finale senza giocare, i problemi fisici erano guariti, tutto stava andando per il meglio quando il rovescio del diavolo lo ha tramortito. Ed è qui che il campione che fino al 2010, ossia 23 anni aveva vinto un solo grande titolo e tutti si domandavano se avrebbe mai avrebbe avuto la forza di scavalcare le 2 leggende davanti a lui: Rafael Nadal prima e al di sopra di tutti Roger Federer, alza bandiera bianca.
Tutti i grandi hanno vissuto con l’idea di essere i più grandi, ma questi hanno reagito in maniera differente. Sentendo le parole di Nole la mente non può che andare a Borg, lo svedese di ghiaccio che voleva diventare il più grande, sognava di eguagliare l’impresa di Laver del Grande Slam del 1969 ma ha sempre fallito e all’ennesimo tentativo andato in fumo ha preferito defilarsi, perché per lui contava solo essere il numero 1. Your Majesty, there is no second. Chiaro che la vicenda Borg passa per diverse stagioni giocate malamente, il rientro sprovveduto negli anni ’90 con gli organizzatori dei tornei che facevano carte false per dargli una wildcard. Ma mentalmente Borg era finito nel 1981 perché consapevole di non essere più in grado di essere il più grande. L’idea di essere il primo della classe prevarica i confini del tennis e si sposta in altri ambiti. Anche nel calcio il destino di essere il migliore ha fatto penare forse il più grande. Diego Armando Maradona per anni ha cercato il conforto e un porto sicuro nell’evanescente realtà che proiettava l’effetto della cocaina. Lo scugnizzo argentino più forte di Pelé non aveva il cuore e le spalle tanto grandi da poter sopportare questo peso così immenso. Per lui hanno parlato i piedi e molti non gli perdonano di essere stato baciato da un talento immenso e di avere sprecato tanto per avere un conforto in un mondo che non esiste.
Nole non vuole più sentirsi dire che può e deve diventare il più grande. “Non mi interessano più i titoli ed essere il numero 1“. Parole sue. Parole deliranti. Parole precise. Parole che non hanno senso, perché sono quelle che direbbe uno sportivo che si sta ritirando perché semplicemente non ce la fa più. Allora perché continuare? Quali sono i suoi obiettivi? Tutti i numeri 1 hanno la pressione del mondo addosso, non puoi stare in poppa e scansare le onde che la ciglia taglia in due. E’ il destino di tutti, tutti ci sono spassati. Non puoi arrenderti a metà. Cosa potranno pensare i tuoi fan e tutti gli appassionati di tennis? Il tennista vive di titoli, nessuno si ricorda dei piazzamenti e se dovesse arrivare un titolo, anche pesante come un Masters 1000 o il Masters stesso, che cosa dovremmo pensare? Forse sta bluffando. Anzi sicuramente sta bluffando, o forse vuole mettere le mani avanti per un possibile fallimento futuro. Pazienza se il record sacro dei 17 Slam non verrà raggiunto, tanto lo sanno in tanti che non basta solo quello per essere il più grande. Quindi? Da adesso in poi com’è che andrà? con te che hai detto “sono qua” e davvero sei qua fra noi non so se sarò pronto mai, prova a esser pronto tu per noi.