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La Quinta 1985: La favola di Larry Stefanki

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Larry Stefanki, chi era costui? Potremmo benissimo iniziare così questo racconto, un po’ alla Manzoni con il suo Carneade, ma dopo qualche secondo ci viene in mente che questo nome non è così del tutto sconosciuto. Se da un lato Larry è stato un più che anonimo giocatore dall’altro molti lo ricorderanno come coach di tanti tennisti vincitiori di Slam e numero 1 del mondo. Stefanki è stato nella panchina prima di John McEnroe nella sua seconda parte di carriera, poi di Marcelos Rios e Yevgeny Kafelnikov che grazie al suo aiuto sono arrivati sulla vetta del ranking ATP, di Tim Heman serve&voller seriale che è stato spesso protagonista a Wimbledon. E’ stato anche nella scuderia di Fernando Gonzalez e infine di Andy Roddick fino alla fine della sua carriera nel 2012.

Quella che vogliamo raccontare non è la storia di un coach, ma piuttosto di un giocatore che è stato re per una settimana. Lo facciamo nella settimana che introduce il torneo di Indian Wells che non sempre si è giocato in questa località. La prima edizione dell’evento risale al 1974 quando John Newcombe vinse a Tucson, Arizona, in finale contro Arthur Ashe. Appena 2 anni dopo il torneo si spostò a Palm Springs per 3 anni e poi a Rancho Mirage per 2. Prima del definitivo passaggio ad Indian Wells nel 1987 l’evento si è giocato a La Quinta, sempre in California, e nel 1985 si registra una delle più grandi sorprese della storia del tennis.

Per renderci conto dove collocare il torneo di La Quinta del 1985 dobbiamo fare un piccolo excursus sui tornei disputati in quella stagione. I primi 3 posti erano occupati senza dubbio dalla Triple Crown rappresentata dagli Slam: Roland Garros, Wimbledon e US Open. Sotto abbiamo una serie di tornei assimilabili agli attuali Masters 1000 anche se, ricordiamo, non avevano le stesse prerogative di quelli attuali, come l’obbligatorietà, ad esempio. Questo insieme è capitanato dal Torneo di Delray Beach, conosciuto anche come “Il Lipton” con un montepremi esorbitante rispetto agli altri di $750,000. Dietro c’erano: Las Vegas, Stoccolma, Wembley, Tokyo Indoor, Memphis, Philadelphia, Canada, Monte Carlo, Roma e appunto La Quinta. L’Australian Open stava per riprendersi il ruolo di Slam e si collocava in questo mucchio, ma preferiamo non inserirlo tra i simil Masters 1000 proprio perché è sempre e comunque uno Slam.

Diamo un occhio al tabellone: 56 giocatori con 16 teste di serie di cui 8 con un bye al primo turno. Mancano all’appello il numero 1 del mondo John McEnroe reduce dalla stagione da fantascienza del 1984, ma che in quest’anno crollerà verticalmente (si gioca a febbraio), la tds 1 è Jimmy Connors numero 2 a 32 anni. Lendl ha preferito declinare l’appuntamento così, come dietro di lui, Mats Wilander. Non c’è neanche l’ecuadoregno Andres Gomez così la tds numero 2 è affidata a Henrik Sundström. La tds numero 3 è del giovanissimo (17 anni appena compiuti) Aaron Krickstein, seguito dal connazionale Johan Kriek. Chiudono il primo gruppo: Joakim Nyström, Tomáš Šmíd, Juan Aguilera e José Higueras.

Quella che si presenta in terra californiana è il non plus ultra della “no great opponents theory ristretta”, ristretta perché si applica ad un solo evento, invece quella generale si applica ad una carriera di un tennista. Infatti quello a cui assistono gli spettatori di La Quinta è un susseguirsi di sorprese una dietro l’altra che si configura con caratteristiche simili a quelle già trattate qui: stiamo parlando del pazzo Slam degli Australian Open 1999. I primi 2 botti, anche se leggeri, arrivano subito alla prima giornata. L’americano Roberto Seguso, proveniente dalle qualificazioni (con 3 turni vinti per accedere al tabellone principale) estromette dal torneo la tds 15 Terry Moor nella parte bassa del tabellone e il francese Thierry Tulasne batte al tiebreak del terzo set la tds 16 rappresentata dal connazionale Guy Forget. E questo è solo l’inizio.

La prima testa importante a cadere è la numero 4 rappresentata da Kriek sconfitto dal semisconosciuto francese Tarik Benhabiles nel secondo turno per 6-1 7-5. Il primo set è stato a senso unico a favore del transalpino, nel secondo Kriek aveva preso un vantaggio di 4-1 e poi di 5-3 prima di perdere 4 giochi consecutivi. Tarik spiega questa grande vittoria con l’uso sistematico dello gioco da fondo in contrapposizione al serve&volley che mal si addice alle sue caratteristiche. Kriek che ha accennato una piccola lamentela per alcune chiamate al limite, ma nulla di grave. Il top-seeded Jimmy Connors si salva da questa ondata di upset e batte lo jugoslavo Slobodan Živojinovic.

Cadono come pere mature tante altre teste di serie: Larry Stefanki, di cui parleremo dopo, estromette la tds 7 Joan Aguilera. Hans Schwaier batte la tds 11 rappresentata dal terraiolo argentino Guillermo Vilas. Hans Pfister di Bakersfield fa fuori la tds 13 John Fitzgerald per 6-4 3-6 6-4.

L’ecatombe di teste di serie continua e a questo giro a capitolare sono lo svedese tds 2 Henrik Sundström estromesso da Ben Testerman e il connazionale tds 5 Joakim Nyström battuto nel secondo turno da David Pate.

Dopo questo primo giro di roulette russa a salvarsi sono il numero 2 del mondo Jimmy Connors che ha avuto la meglio su Živojinovic in un match molto tirato conclusosi al tiebreak nel 3°. E’ passato indenne anche Aaron Krickstein vittorioso su Jan Gunnarson per 6-4 6-1. Conti alla mano: 4 delle prime teste di serie e 8 delle prime 16 sono fuori dopo 4 giorni di competizione.

Altro giro, altra corsa, gridavano (gridano) ancora alle giostre (e anche un telecronista italiano che commenta l’NBA in Italia, Tranquillo di nome, ma non di fatto). Questa volta a cadere sono 2 teste eccezionali tra tutte la migliore rappresentata da Jimmy Connors. Jimbo è stato sorpreso da Greg Holmes nei quarti di finale: la tds 14 ha estromesso il campione americano con il punteggio netto di 6-0 6-3 in appena 62 minuti di gioco. Allo stesso tempo l’unico dei top seeded rimasto, Aaron Krickstein, ha perso contro David Pate per 6-2 2-6 6-1. Così a conti fatti la testa di serie più alta a presentarsi in semifinale è Libor Pimek tds 9 seguito da Greg Holmes, tds 14, giustiziere di Connors. In questo continuo tourbillon di upset ne approfitta la wildcard Larry Stefanki che dopo le vittoria con Aguilera e Scott Davis si trova un tabellone spalancato e così ha in mano la grande occasione della vita.

A giocarsi i $51,000 del primo premio al La Quinta Hotel Tennis Club ci sarà un quartetto molto eterogeneo e impronosticabile alla vigilia del torneo. Ci sono: il belga Libor Pimek, tds 9, opposto a David Pate e dall’altra parte Greg Holmes tds 14 opposto alla wildcard Larry Stefanki.

Pensavate che le sorprese fossero finite? No, ancora non sono finite. Chi volete che passino in finale? Ma ovviamente la wilcdard e l’unseeded, of course. La wildcard, numero 143 del mondo, Stefanki riesce a battere la tds 14 rappresentata da Greg Holmes per 6-2 4-6 6-3. David Pate, numero 43 del mondo, riusce a passare in finale estromettendo dal torneo l’ultima testa di serie rappresentata dal cecoslovacco poi naturalizzato belga Libor Pimek. Stefanki ha avuto bisogno di un’ora e 50 minuti per disporre di Holmes. Intervistato a fine match Larry afferma con una certa disinvoltura che su di lui non grava nessuna pressione, soggiornando per molto tempo proprio a La Quinta si sente circondato dall’affetto dei suoi amici che non mancano di incitarlo. La sua arma vincente è stata la seconda di servizio che ha spinto con una certa foga sapendo che dall’altra parte c’era un’ottima risposta ad attendere una sua mossa falsa. Holmes è riuscito a breakkare Larry solo una volta nel 5° gioco del secondo set. Dal canto suo Stefanki ha ottenuto 3 break. Pate ha avuto bisogno di un’ora e 40 minuti per passare in finale e battere il numero 26 del mondo.

La finale giocata al meglio dei 3 set consegna il titolo a Stefanki e solo dopo si scopriranno alcuni retroscena che aumentano il drama di questa storia. Molti spettatori avrebbero preferito magari una finale giocata contro il campione Jimmy Connors, ma la favola di Stefanki ha comunque emozionato il pubblico. L’organizzatore del torneo Charlie Pasarell è stato in dubbio prima dell’inizio della manifestazione se dare o meno la wildcard al giocatore di casa. Quando si dice “giocatore di casa” non è una frase fatta, è che proprio in quel club Larry si allena durante l’anno e ha anche casa nei pressi del club. Il suo pessimo ranking, 143, non gli permette di accedere direttamente al tabellone principale, ma Pasarell non è che ne faccia un dramma, lui è molto più propenso a far giocare i 2 “wonder boys” svedesi: Mats Wilander e Stefan Edberg, rispettivamente di 20 e 19 anni. Ma a quanto pare il telefono in Svezia ha squillato ma dall’altra parte della cornetta non c’era nessuno a rispondere, così Pasarell ha dovuto ripiegare a malincuore sul “journeyman” Stefanki.

Larry non crede a quello che ha fatto in quella settimana, il suo approccio all’evento non era stato dei migliori, anzi. A Delray Beach era stato brutalizzato al primo turno da Ivan Lendl che gli aveva lasciato appena 2 game. Di contro in questa occasione era riuscito ad estromettere ben 3 teste di serie: Juan Aguilera (7), Scott Davis (12), Greg Holmes (14) prima di aggiudicarsi il titolo. “Unbelievable” esclama il giocatore dell’Illinois “I’ve never experienced anything like this. You dream about this“…e ne ha ben donde. La finale passa in secondo piano e quasi ci si dimentica del risultato che ricordiamo essere: 6-1, 6-4, 3-6, 6-3 Stefanki. Oltre alla grande soddisfazione della vittoria nelle casse del giocatore vanno ben $51,000 che sono un’enormità se si considera che in tutto il 1984 era riuscito a vincere solo $19,000. Questo bel gruzzoletto è stato ben guadagnato contrariamente a quando modestamente non vuole ammettere Larry, ma grazie alla sua tenacia è riuscito ad avere la meglio sugli avversari più quotati di lui e in finale ha mostrato: un servizio preciso, una serie di volèe asfissianti e dei rovesci profondissimi che accarezzavano spesso le linee bianche.

I complimenti arrivano anche da parte di Pate che è server&voller seriale. Il break in apertura gli aveva fatto ben sperare per il prosieguo del match, ma Stefanki ha preso subito il controbreak e altri 2 già nel primi parziale per chiudere sul 6-1. Il copione non sembra avere scossoni così anche nel secondo Larry picchia come un maledetto da fondo campo e grazie a 3 rovesci spettacolari blocca il nuovo tentativo di fuga di Pate e alla fine chiuderà per 6 giochi a 4. Le fatiche di David pagano solo nel 3° parziale che vince per 6-3. Stefanki pensa in cuor suo:”Ma perché la partita non era la meglio dei 3 set? Ora sarei con la coppa in mano“. Spinto dal pubblico amico il giocatore di casa non si scoraggia e riesce così a chiudere sul 6-4. Da segnalare a margine dell’evento l’intenzione di Pate di donare il 10% del suo assegno di $25,500 destinato al secondo classificato per l’emergenza carestia in Etiopia che poi sarà anche di ispirazione per l’incisione della canzone “We are the World“. Un bel gesto.

L’unica nota stonata a margine della manifestazione sono i 2000 posti vuoti durante la finale. Charlie Pasarell, da buon americano medio, non ci sta e pensa che magari aver un Krickstein o meglio un Connors in finale avrebbe evitato questo inghippo. Forse i 2 wonder boys svedesi avrebbero evitato questo problemuccio. Ok, Charlie, però noi oggi che storia potremmo raccontare? Sii più elastico.