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Nascita e caduta di un impero: Bjorn Borg, la nascita

 

Dopo le puntate su Rod Laver e Jimmy Connors ritorna la raccolta degli articoli riguardanti la nascita e fine di un impero, di un dominio. Questa volta la scena spetta a Borg. L’analisi si dividerà in 2 parti, una per la nascita, una per la fine.

Per l’anagrafe Bjorn Borg nasce il 6 giugno 1956, ma tennisticamente il suo genetliaco è da collocarsi nell‘aprile del 1972. A soli 15 anni riesce a battere a Bastad in Coppa Davis i rappresenti della Nuova Zelanda nelle persone di Onny Parun e Jeff Simpson, due tennisti molto più grandi ed esperti di lui. Grazie a queste 2 vittorie la Svezia riuscirà a passare il turno per poi fermarsi contro i più esperti Kodes e Pala rappresentanti della Cecoslovacchia. Il biondo ragazzino aveva destato particolare scalpore ma ancora era troppo acerbo per giocare con costanza ai massimi livelli, ma il seme era stato piantato. Il 1973 non sarà un anno particolarmente felice per l’orso, ma non lesinerà di concedersi delle soddisfazioni. Ormai tutti hanno capito che Borg è un terraiolo, ma ci vuole un torneo che lo consacri, non arriverà nel 1973, ma la finale sul clay di Monte Carlo è già un segnale chiaro. Qui perderà contro il più esperiente e maggiormente dotato Ilie Nastase per 6-4 6-1 6-2, ma con questo risultato si candida come outsider al Roland Garros, uno Slam che ancora non aveva un padrone e la nascita dell’era Open lo aveva sballottato tra Major e non Major (ossia, come uno dei 4 tornei più importanti del mondo). A Parigi perde contro l’italiano Adriano Panatta, una sconfitta che passò in sordina all’epoca se non fosse che nel corso della sua carriera sarà solo Adriano a batterlo in quel di Bois de Boulogne. L’edizione 1973 di Wimbledon è quella del boicottaggio, la maggior parte dei big non sono presenti a Londra, ma ai Championships inizia la Borg-mania. Ragazzine estasiate e urlanti si strappano quasi i capelli per vedere il biondo svedese, non è John Lennon e i Beatles si sono svolti da 3 anni, ma il delirio delle fan ricorda quello che c’era attorno ai Fab Four (quelli veri). Perderà contro Roger Taylor nei quarti di finale, ma a Church Road nulla sarà come prima. Da qui a fine stagione non ci sono particolari risultati di rilievo se non 2 finali giocate una a Stoccolma sul veloce indoor e un’altra sulla terra battuta argentina dove è costretto al ritiro contro l’argentino Guillermo Vilas.

Come ribadito in più occasioni il 1974 è l’anno di Connors ed è inutile stare qui ad approfondire, ma là dove non c’era Connors a trionfare c’era modo per gli altri di ritagliarsi un piccolo spazio per una soddisfazione personale ricordando sempre che allora non c’erano tornei obbligatori per cui ogni tennista poteva scegliersi il calendario che preferiva ed era difficile vedere tutti i tennisti insieme tranne che nei tornei del Grande Slam con l’asterisco sugli Australian Open. Borg arriva così al primo successo sull’erba di Auckland, torneo indipendente, ossia non facente parte né nel Grand Prix né del WCT, che viene subito replicato al Rothmans International (allora pubblicizzare le sigarette non era reato, anzi erano le sigarette che finanziavano tanti tornei per non parlare del Virginia Slim Circuit femminile) torneo del WCT, come lo è il torneo di San Paolo vinto in finale contro Arthur Ashe. Grazie a questo successo si qualifica di diritto alle WCT Finals che davano al vincitore $50.000, ma qui perde ancora all’atto conclusivo contro John Newcombe.

L’aereo stava per decollare e sale in cielo nella primavera del 1974. Le vittorie agli Internazionali d’Italia in finale contro Ilie Nastase e soprattutto quella al Roland Garros contro Manuel Orantes danno a Borg la dimensione che oggi tutti conoscono, ossia quello di uno dei più forti terraioli della storia. L’erba di Wimbledon può attendere, ancora non è il suo momento. La particolare predisposizione per la terra battuta viene confermata con la vittoria nel torneo casalingo di Bastad dove sconfigge nell’atto conclusivo quella che sarà la sua bestia nera, Adriano Panatta. Dal rosso di passa al verde (e non siamo ad un incrocio con semaforo) e anche qui Borg dimostra tutto il suo valore. Ad Indianapolis riesce ad arrivare fino in finale per perdere contro l’imbattibile Connors 1974 ma si rifà al Longwood Cricket Club di Boston dove per la prima volta si gioca sull‘har-tru e in finale batte Tom Okker. Da dimenticare è la sua sconfitta al secondo turno degli US Open, ma questo è l’ultimo anno con l’erba al West Side Club e non si sa se è un bene o un male per Bjorn visti i risultati che si sarebbero visti a posteriori. Prima della chiusura della stagione c’è il tempo di per un ultimo trionfo ad Adelaide (Australia) e la prima partecipazione al Masters di fine anno giocato sull’erba dove perde con Newcombe e Vilas e ottiene una sola vittoria con Parun.

La prima del 1975 è uno di quelle incognite della storia del tennis che lasciano adito a classifiche, illazioni e ricostruzioni a posteriori che volendo a tutti i costi rispecchiare la status attuale del tennis risultano del tutto, o quasi, fallaci. I migliori del mondo si concentrato nella WCT che decide di inventare “il semaforo”. I giocatori vengono divisi in 3 gruppi: rosso, verde e g…., blu.  Dall’inizio dell’anno fino alle Finals di Dallas non possono incontrarsi. Peschiamo una pallina e vediamo che è di coloro verde. Borg è inserito in quel gruppo insieme ad Arthur Ashe e Tom Okker. Laver e Tanner sono nel blu e Smith, Solomon, Alexander nel rosso. Questa divisione impedisce di avere big match e come se non bastasse Connors, il numero 1 ATP va a giocare i soliti Riordan (tranne un torneo del WCT, Denver, che, guarda caso vince).

Borg debutta al CBS Classic, uno dei tanti eventi chiamati di “esibizione” che tanto esibizione non sono. In palio ci sono $102,000 e ci sono i più forti del mondo. La sconfitta arriva per mano di Ashe che si rivelerà il protagonista indiscusso della stagione. La WCT decide di organizzare un torneo che comprende tutti i giocatori ad essa affiliati e ne viene fuori uno dei più importanti eventi dell’anno: a Philadelphia si contendono $115,000 in un tabellone 128 like con semifinali e finale al meglio dei 5 set. Un evento che ha poco da invidiare agli Slam e che è avanti anni luce rispetto agli asteriscati Australian Open. Anche se si gioca sul sintetico indoor il terraiolo Borg non ha problemi a piazzare 3 finali consecutive vincendone 2, a Bologna e Richmond, e perdendo quella di Barcellona sempre contro Ashe. Ci sarà ancora un’altra sfida con l’americano di colore in questa parte di stagione, esattamente a Monaco di Baviera con un’altra vittoria a stelle e strisce. Bjorn non vincerà più tornei WCT in questa stagione ed è costretto a subire la cocente sconfitta alle Finals sempre contro la sua bestia nera (non è una battuta!) Ashe.

In primavera si ritorna sulla terra battuta europea. Il classico appuntamento di Monte Carlo è stato fagocitato dalla WCT e prende un tabellone infimo ma nonostante tutto Borg non riesce a trionfare. Anche agli Internazionali non farà tanta strada uscendo contro il futuro campione Raul Ramirez. Ma la settimana successiva si va a Parigi in quello che diventerà il suo torneo. Arriva il suo 2° titolo lasciando le briciole agli avversari e spazzando via in finale lo specialista Guillermo Vilas. Il treno ormai è partito e ci si aspetta molto da lui ai Championships con le ragazzine sempre pronte a gridare il suo nome, almeno quando ne hanno la possibilità. Ma ancora una volta deve arrendersi ad Ashe che vincerà clamorosamente questa edizione del Torneo di Wimbledon. Borg inizia a stentare un po’ e anche a casa sua stecca: a Bastad perde contro Thomaz Koch (numero 48 del mondo), ma si riprende quando decise che deve portare in Svezia la prima Coppa Davis. L’insalatiera arriverà a fine anno e non possiamo nascondere che è stata vinta solo ed esclusivamente grazie al contributo di Bjorn, un uomo solo al comando.

La notizia dell’anno è che a New York si è deciso di togliere la costosa erba ed è stato installato l’Har-tru, la terra verde, una superficie che voleva essere un compromesso tra i verdi prati londinesi e il lento rosso di Parigi. De facto si gioca sulla terra battuta e questo non può che fare piacere all’orso. Grazie a questa scelta anche i tornei satelliti agli US Open decidono di seguire la madrepatria e il polveroso verde traslucido diventa il protagonista dell’estate del 1975. Ma i risultati sperati non arrivano: in Canada si registra un altro flop, gli US Clay Champs danno fiducia al numero 3 del ranking ATP e ancora una volta è Vilas a dover capitolare in finale. Finalmente si arriva nella Grande Mela. Le esigenze televisive fanno giocare i primi 3 turni al meglio dei 3 set per poter trasmettere più partite. Non si sono problemi per lo svedese ma in semifinale deve affrontare per la prima volta in stagione il numero 1 del mondo, Jimmy Connors. Jimbo per protesta non ha voluto partecipare al tour de force europeo sulla terra rossa e ci crede che il clay non sia la sua superficie e che qui non possa ottenere risultati rilevanti. Alla fine della giostra questa intuizione si rivelerà vera, ma con un piccolo asterisco, perché quando la terra da rossa diventa verde Connors sa giocare eccome e lo fa in semifinale contro Borg rifilandogli un triplo 7-5, impedendo così la prima doppietta Slam sulla terra battuta della storia che sarebbe arrivata poi con Vilas nel 1977. La stagione scivola via con diverse esibizioni e con la vittoria a Barcellona (quello vero, il famoso Conde de Godo). Connors si dimostra più forte anche indoor e in casa a Stoccolma Bjorn capitola ancora una volta contro l’americano. Anche il Masters di fine anno si gioca nella capitale svedese ma sarà un flop per Borg che chiude l’anno con la sconfitta in finale contro ilie Nastase. Il 1975 si chiude con Connors al 1° posto del ranking ATP, ma nessuno ci crede neanche l’ATP stessa che concede l’ATP Award ad Arthur Ashe, indiziato numero 1 ad essere il più forte della stagione, ma qui si potrebbe aprire una grossa questione e si rischia di andare fuori tema di brutto.

Il 1975 aveva restituito delle gerarchie molto labili, ma nel 1976 ritorna tutto alla normalità e il numero 1 del computer diventa il numero 1 di tutti, ma non sarà Bjorn Borg. Nella prima parte di stagione, come di consueto dedicata alla WCT non brilla. Accantonata la pagliacciata dei 3 gruppi tutti possono giocare i tornei che vogliono anche se i tabelloni a 16 giocatori non agevolano le grandi sfide. IL torneo di questo spicchio di stagione è sempre lo US Pro Indoor di Philadelphia che ribadisce, se mai ce ne fosse bisogno, che Connors è megl’ e Borg. La finale del torneo della Pennsylvania si gioca al meglio dei 5 set e si chiude con un perentorio 7-5 6-4 6-0 per l’americano. Una piccolissima soddisfazione arriva a Toronto con la conquista del titolo ai danni di Gerulaitis, ma quando conta Borg non c’è. Sul cemento di Palm Spring si gioca uno dei torneo più ricchi e per questo importanti dell’anno con i suoi ben $200.000 di montepremi. Ma ancora una volta è Connors a dettare la legge del più forte e il 6-4 6-1 certifica ancora di più la supremazia dell’americano (alle fine le sfide di quest’anno saranno 4 e tutte vinte da Jimbo). La vittoria a San Paolo non è certo da applauso, ma la prima soddisfazione arriva nelle Finals di Dallas in cui riesce a vincere in finale contro Vilas e ritrova un po’ di fiducia.

Archiviata la parentesi WCT Challenge Cup che rientra nel novero delle “esibizioni” (un termine che ci perseguita) che ha ben poco di esibizione visto che il prize money è di $302,000, il più alto dell’anno. Si arriva finalmente alla tanto amata terra rossa europea. Contrariamente agli anni precedenti partecipa solo al torneino di Dusseldolf tra l’altro vinto in finale nettamente contro Orantes. I big events di Amburgo e Roma sono disertati e questa sarà un cattivo presagio per il Roland Garros che si giocherà la settimana successiva. Roland Garros 1976 ha un solo nome che spicca tra tutti e che per noi italiani è rimasto un mito e allo stesso tempo un’ossessione: Adriano Panatta. il romano dei Parioli riesce ad estromettere Borg ai quarti di finale. Una sconfitta cocente, ma col senno di poi si rivelerà salvifica. Salvifica perché per la prima volta Bjorn si trova ad avere più tempo di riposo per prepare il Torneo di Wimbledon, un Wimbledon speciale perché per la prima volta a Londra non piove praticamente mai, i campi diventano subito secchi, l’erba diventa “terba” (termine coniato a posteriori da Gianni Clerici) e i terraioli hanno la possibilità di andare avanti e, se il miglior terraiolo del mondo è Borg, allora il destino questa volta è stato dalla parte dello svedese. Di questo strano allineamento di pianeti ne approfittano Vilas, Ramirez, Nastase e Pasarell che in altre condizioni avrebbero visto i quarti di finale con il binocolo. Risultato: Borg porta a casa il primo titolo dei Championships senza perdere un set. Incredibile. Nessuno c’era ancora riuscito in era Open e solo Federer avrebbe replicato nel 2017.

Il magic momento continua anche nella stranamente terraiola America. Ottima è la sua vittoria a Boston nel classico U.S. Pro Championships, ma si gioca la settimana prima degli US Open, ed ecco un altro elemento che (sempre col senno di poi) non farà mai vincere lo Slam americano a Borg. Forse sarebbe stato meglio per lui non giocare questi tornei a ridosso di New York, ma è facile parlare dopo che sappiamo come è andata a finire la storia. Come ricordato in precedenza a Forest Hills c’è la terra verde e Borg è un terraiolo è lui il maggiore indiziato per la vittoria finale, ma da qui in avanti inaugura una serie di fighe che non gli permetteranno mai di vincere a New York. La prima della lista è l‘infortunio all’inguine accusato nei quarti di finale contro Orantes che si protrarrà fino alla finale dove è costretto ad assumere antidolorifici per giocare, ma dall’altra parte c’è Jimbo e ormai è cosa assodata che con lui non si passa. Jimbo vince e incassa il suo 2° US Open, il primo sull’erba e il secondo sulla terra battuta dimostrando laconicamente di essere lui il più forte.

Da qui a fine stagione gioca poco o nulla. La maggior parte sono esibizioni, qualcuna importante come la Pondus Cup, ma nulla di trascendentale. Borg non si presenta neanche a Masters di Houston e così si chiude il suo 1976. Connors è il numero 1 dell’ATP, ma la stessa ATP concede il titolo di “Player of the Year” a Borg, ancora una volta in contraddizione con il loro ranking ufficiale (ce l’hanno di vizio ormai).

Il 1977 segna la svolta nella carriera di Borg e, anche se si fa fatica a collocarlo sul tetto del mondo, si contenderà lo scettro insieme a Connors, sempre premiato dalla classifica ATP (tranne in una settimana di agosto) e a Vilas con le sue 46 vittorie consecutive sulla terra battuta. Inizia bene la stagione dello svedese con la vittoria del lucroso Pepsi Grand Slam. Lo scivolone a Philadelphia contro Moore è piuttosto grave e lo è meno quello a Little Rock, ma a Memphis c’è subito il riscatto e arriva una prestigiosa vittoria in un uno di quei tornei che facevano capo a Bill Riordan ormai scomparsi e assorbiti dal Grand Prix. Peccato per quella finale non disputata a Johannesburg, ma non si può fare nulla e non possiamo scippare un titolo che deve essere “condiviso” con Vilas.

In primavera si gioca sulla terra battuta europea ed è qui che avviene il fattaccio. Dopo le vittorie in scioltezza a Nizza e Monte Carlo non partecipa al Roland Garros per colpa di un contratto che ha firmato con il World Team Tennis, una leggerezza che non gli si perdonerà mai all’orso, ma non tutti i “mali” vengono per nuocere perché a Wimbledon dimostra che la vittoria dell’anno prima non è arrivata per caso e nonostante le sofferte vittorie contro Vitas Gerulaitis in semifinale (considerata una delle migliori partite della storia del torneo) e contro Connors in finale riesce a trionfare.

Non si registrano tornei dai Championships fino agli US Open che ancora una volta, l’ultima, si giocano sull’Har-tru. Ancora una volta la sfortuna si accanisce con Bjorn e nel match di quarto turno contro Dick Stockton è costretto al ritiro. Altra occasione buttata al vento, se non fosse altro che a trionfare è Guillermo Vilas sistematicamente matato dallo svedese.

La delusione newyorchese viene superata con una splendido filotto che fan da preludio al dominio della stagione successiva. Arrivano prima le vittorie a Madrid e a Barcellona sulla terra battuta e poi la tripletta indoor: Basilea, Colonia, Wembley. La stagione si chiude con il Masters che viene per la prima volta disputato in quella che per anni sarà la sua casa, ossia il Madison Square Garden. Arriva in finale e ancora una volta perde contro Connors (anche se è già questi aveva perso al Pepsi e a Wimbledon), sarà una delle ultime vittorie di Jimbo contro l’orso perché dall’anno successivo si cambia musica.

Finalmente ci siamo. il 1978 è l’anno di Borg, inizia il suo dominio, un dominio che raramente si era visto in maniera così continuativa su tutte le superfici, ma mancherà sempre la ciliegina sulla torta. Si parte subito bene con il trionfo a Birmingham e riesce a bissare il successo al Pepsi Grand Slam dell’anno vincendo contro Connors, il tennista che gli romperà le uove nel paniere in questa stagione. Dopo qualche sconfitta non grave in tornei minori come Miami e Richmond trova subito il riscatto nel WCT Tournament of Champions a Las Vegas. Nonostante la WCT sia stata incorporata nel Grand Prix si giocano lo stesso le Finals ma qui è costretto al ritiro prima della finale.

Finalmente ritorna a Roma per gli Internazionali d’Italia, ma sarà il suo ultimo anno perché al Foro Italico succede di tutto e la finale non è un bello spot per l’Italia e il tennis in generale. Nella finale contro Panatta piovono monetine in campo e con una certa nonchalance lo svedese le raccoglie e le porta all’umpire. Nonostante queste inciviltà Bjorn vince, ma non ritornerà più a Roma per ovvi motivi. Il Roland Garros del 1978 è il capolavoro di Borg, riesce a vincere perdendo solo 32 game complessivamente e nessun set, record che rimane ancora oggi imbattuto che includono il solo game lasciato a Barazzutti in semifinale e i 4 Vilas in finale. Il rullo compressore scandinavo non si ferma e concede il tris ai Championships facendo registrare la singolare doppietta Roland Garros-Wimbedon che dopo il Grande Slam di Laver del 1969 sembrava impossibile. Chi si accontenta gode (così così), ma Borg non si accontenta e prima e dopo lo Slam londinese vince 4 rubber in Coppa Davis e, come se non bastasse va a vincere a Bastad. E’ il favorito numero 1 a New York, ma quest’anno c’è una novità: si gioca sul cemento di Flushing Meadows, ma Borg non vede superficie e arriva spedito in finale e questa volta è un infortunio al pollice della mano sinistra ad impedirgli di giocare al meglio contro Connors mettendo in campo solo il 58% di prime contro le 80% di Jimbo.

Il finale di stagione non sarà particolarmente felice ma viene parzialmente riscattata dalla vittoria a Tokyo. E’ il super-favorito anche per l’indoor di Stoccolma ma in finale si presenta uno schizzetto dai capelli rossi che lo farà penare tanto, ancora lui non lo sa, ma insieme allestiranno una delle più importanti rivalità del tennis. Il ragazzino in questione fa John di nome e McEnroe di cognome e ne sentiremo parlare più avanti.

….continua