Roland Garros 2019: Unlucky Losers
Ad articolo segue articolo. Ormai è una consuetudine anche un po’ perversa quella di dedicare l’articolo principale del torneo ad uno dei Big 3 e l’altro, quello di consolazione, agli altri 2 della combriccola. Iniziamo da Federer.
Roger si presenta a Parigi dopo essere stato piallato nel 2015 dal futuro vincitore Wawrinka. Allora fu una partita strana, e un torneo strano, soprattutto la partita con Monfils e l’interruzione per oscurità che costrinse gli organizzatori a spalmare tutto il tabellone in un’unica giornata. Da allora non si è più presentato qui, con il rammarico di tutti i parigini che, invasati come tanti, hanno sempre tifato per lui, anche in maniera coatta, come successe in quel maledetto 31 maggio 2009, in una giornata oscura in tutti i sensi, in cui gli spettatori divennero all’improvviso fan di uno svedese di cui non sapevo pronunciare neanche il nome. Nonostante il trend positivo dello svizzero che va in parallelo con gli altri Slam, con una serie di tantissimi piazzamenti di grande prestigio, qui ha avuto la capitalizzazione peggiore nell’Era Open. Tutta colpa di Nadal? Sì. Fino a ¾. Poi ci hanno pensato altri a negargli quella vittoria che dopo la grande stagione del 2004 sembrava quasi scontata anche e soprattutto perché tappa obbligata per chi doveva succedere a Rod Laver, che dopo 50 anni non ha ancora visto il suo erede.
Le tappe di avvicinamento allo Slam parigino sono passate Madrid e Roma. Nell’altura spagnola ha disputato un buon torneo condizionato da un sorteggio non proprio benevolo. Passato il primo turno contro Gasquet, un giocatore che batterebbe anche a 50 anni, si è trovato davanti un volitivo Monfils che è sempre stato ostico per Roger. Gael è arrivato fino a match point, ma non ha chiuso. Contro Thiem è successo l’opposto, equilibrando in una sorta di karma cosmico le fortune e le sfortune. Questa sconfitta ha aperto le porte del Foro che è stato felice di accogliere il suo giocatore preferito, anche se non del suo Presidente, che mette prima il torneo dei giocatori. Anche qui ha disputato un buon torneo, ma lo sforzo eccessivo contro Coric lo ha costretto ad alzare bandiera bianca alla vigilia dell’affascinante sfida contro Tsitsipas. Peccato. Vedere i 2 monomani uno contro l’altro sulla terra sarebbe stato un bello spettacolo. Skippata Roma si va a Parigi. Il sorteggio lo ha premiato, e, come regalo per un ben tornato che fa bene al tennis e alle casse della FFT, si è ritrovato un tabellone easy fino ai quarti di finale. Inutile ribadire come Roger anche se non giocava qui dal 2015 è sempre Roger, e non ha bisogno di chissà quali magie per esprimere un tennis che gli avversari si sognano. Il difetto che lo accompagna in questa ultima parte di carriera è quello della mancanza di continuità nel lungo termine, ma è normalissimo che sia così, però un Roger a mezzo servizio basta e avanza. Nel primo turno deve vedersela con il nostro Lorenzo Sonego che ringrazia e si fa da parte. Il suo obiettivo è stato ampiamente raggiunto quando ha visto il suo nome del main draw. Ancora peggio è il secondo turno contro Oscar Otte, che non vale manco 1 o 30 e lode! Come avrebbe detto Fantozzi. È un lucky loser e il suo l’ha già fatto battendo Jaziri nel primo turno. La cavalcata in discesa con lo slittino continua quando nel terzo turno c’è Casper Ruud. Il giovane norvegese ha poche pretese, e la maggior parte lo ricorda per essere il figlio di Christian Ruud, già presente nel tabellone del 1999 con Federer in gara. Questo significa che Roger ha giocato in un torneo dove una volta c’era il padre, l’altra figlio. Altro record da segnare. È un’evenienza unica nell’Era Open. Nell’era Pre-Open ci sono diversi casi del genere, se non fosse altro che gli Anderson, padre e figlio, parteciparono a diversi tornei insieme. Anche lui liquidato facile, in 3 set. Al quarto turno non c’è Cecchinato, che ha venduto l’anima nel primo turno, perdendo contro un incredulo Mahut, che non sa neanche cosa sia la terra battuta. C’è Mayer, che non è così diverso da Cecchinarcos. Anche lui fuori in 3 set. In una domenica bestiale si gioca la più bella partita del torneo, in cui Wawrinka e Tsitsipas se le danno di santa ragione, regalando al torneo una partita da archiviare e includere nell’antologia del tennis. Un mai domo Stan riesce ad avere la meglio su uno zelante Zizzi che non riesce a sfondare e deve accontentarsi di un quarto turno che gli va strettissimo. È incazzato come una biscia, e negli spogliatoi piange. È l’atteggiamento dei campioni, di quelli che lo saranno. Però per ora rimane solo un grande match e un grande rammarico. Questo significa che è ancora Stan The Man a sfidare Federer, nel derby svizzero che tanto sa di derby del cuore. 4 anni fa vinse Stan, ma era un altro Wawrinka, proveniente da un’ottima stagione che poi avrebbe concretizzato con il grande botto. È una partita strana, una partita alla Federer in cui lo svizzero più titolato spreca palle break a iosa, però è quello che mette la testa davanti. Non breakka ma fa suoi i tiebreak, rendendo felice l’ormai trapassato Van Allen. È semifinale. È un grande risultato. Andare a Parigi da turista e arrivare al penultimo atto è un grande traguardo. Però Federer è Federer e non può perdere con tanta leggerezza. La sua diaspora dalla terra battuta aveva sempre impedito la revenge contro Nadal, che lo ha sempre massacrato in questa superficie, tranne in 2 occasioni. Federer dice: “Se non avessi voluto incontrare Rafa sarei rimasto a casa”. Ci sta. Però i bookmaker sono precisi e non gli danno chance. Sarebbe un risultato escalotologico battere l’11 volte campione nel suo regno. Potrebbe anche cambiare tutte le leggi della fisica, ma non c’è storia. Rafa dimostra chi è il vero Re qui e lo strapazza come le uova sulla padella. Le 5 sberle precedenti evidentemente non erano bastate. Se ne aggiunge una 6a stabilendo così un altro record negativo contro Rafa. Ci sarebbe molto da dire su questa partita, non tanto per il risultato, ma sul diverso approccio alla stessa di 2 dei migliori interpreti della storia del gioco. Però basta il risultato. Come diceva Einstein, 2 cose sono sicure: Federer è il migliore di sempre e Nadal è più forte di Federer, ma della prima non sono tanto sicuro.
L’altro piede del tripode è Novak Djokovic. Il più sfortunato del trio. Quello che ne esce peggio da questo Major che lo avrebbe avvicinato alla vetta suprema della storia del tennis. Sfortuna significa tabellone più difficile. Infatti, è il polacco Hubert Hurkacz l’avversario del primo turno. Uno dei peggiori avversari possibili nella prima partita, visto la grande crescita che ha avuto in questo 2019 e il trend positivo dei risultati che fanno ben sperare per lui da qui a fine stagione e in generale per la sua carriera. È un brutto avversario per il R128, non certo tale da impensierire il grande Nole lanciato verso il Grande Slam. 3 set easy. La sfortuna per un momento rimane seduta e nel secondo turno c’è il medioman del tennis svizzero. Ha giocato una caterva di tornei, soprattutto ATP Challenger, e chi conosce il tennis non può non aver visto il suo nome in qualche tabellone, oppure come difensore della bandiera svizzera quando Stan e Roger erano in vacanza. Si tratta di Henri Laaksonen. Liquidato anche lui in 3 set. La sfortuna rimane seduta per un altro match e c’è il siciliano Salvatore Caruso nella sfida di terzo turno. Anche lui si può sentire soddisfatto di essere arrivato fino a qua. Giocatore sullo Chathier contro il numero 1 è il premio più bello per un professionista che non sarà mai una leggenda. Fa quello che può, Turi, però Djokovic è di un’altra categoria e lo spazza via senza complimenti. Ma sì, è la partita che finisce, a lui non ci pensò poi tanto. Ci doveva essere Coric, ma il croato suo omologo ma di fascia bassa, ha avuto un contrattempo con Struff, che si prende tutto il bottino in una sfida che più di ogni altra avrebbe dovuto avere la X nella sua relativa colonna del Totocalcio. L’11-9 at 5th, segna una grande vittoria, magari da raccontare ai nipotini, ma allo stesso tempo è il capolinea di un torneo che già si presenta in salita per definizione. Struff fa la fine di Tranquillo e Nole naviga a vele spiegate verso il secondo successo a Parigi. Il suo quarto di finale è il più difficile sulla carta, però Alex Zverev sta attraverando un momento complicato nella sua vita, tanto è amaro che poco più è morte. Per questo motivo gli va fatto un grande applauso per essere arrivato fino a qua. Però lui è Sasha. Il Maister Zverev, Ha vinto a Ginevra e qualcosina la deve pur dimostrare, anche se non è mai andato oltre qui a Parigi, eguagliando così il best result dell’anno scorso. Niente. Tutti i fantasmi teutonici danzano macabri sullo Chathier e consegnano una vittoria a Nole,che poteva essere scontata alla vigilia, almeno in parte, ma che si concretizza in una lezione severa che Sasha non meritava. Finalmente ci siamo. Ecco la semifinale. C’è Thiem, il finalista uscente (anche se è cacofonico dirlo). Djokovic si trova il primo ostacolo serio del torneo e sarà un calvario lungo e doloroso. Si dovrebbe giocare di venerdì la partita, e in effetti si gioca di venerdì. Inizia ma non finisce. C’entrano poco gli abitanti di Parigi che sono sempre stati tranquilli e andati a letto presto, come un famoso gangster ebreo. Probabilmente però, a quanto dicono in tanti, è stato Nole a volere l’interruzione e ad essere scappato via non lasciando altra scelta agli organizzatori. Sarà vero? Non si sa. Ritornando al tennis. Il primo spezzone di partita però ci narra di una tragedia in 2 atti in cui nella prima parte Thiem ha spazzolato righe e avversario, per poi vedersi ritornare il numero 1 del mondo con tutta la sua forza. Alla ripresa l’austriaco parte forte del vantaggio di avere ottenuto il break e così ottiene il 3° parziale e si porta sul 2-1. Poi succede di tutto. Pioggia o non pioggia. Interruzione o non interruzione, è una partita a metà quella che si vede sullo Chathier. Macchiata da un tempo balordo che non permette a nessuno dei 2 di esprimersi al meglio. Thiem è quello che gioca meglio e merita la vittoria, anche se fa di tutto per buttare tutto alle ortiche. Nole quasi la porta a casa e nel quinto set e addirittura annulla 2 match point quando è Dominic a servire per il match sul 5-4. Il Fato premia il migliore dei 2 e dà una vittoria storica al successore di Muster che raggiunge la finale per il secondo anno consecutivo. È il più giovane a farlo dai tempi del primo Nadal. Non è una statistica così pesante, però almeno ci dice che alla morte di Rafa ci sarà un mezzo specialista della terra battuta a calcare i campi in mattone tritato collezionando qualche record importante.
La sconfitta di Nole interrompe 2 streak compenetrate e rimanda a data da destinarsi il sorpasso a Federer nel conto degli Slam che avverrà senza passare da quello dello Slam di Nadal, secondo le profezie. Il numero 1 è in ghiaccio, ma da qui in poi ci sono solo cambiali pesanti da confermare e il record delle settimane in vetta al ranking ATP che dovrebbe essere superato solo con un altro giro di terra attorno al sole non è così scontato. 15 Slam sono pochi in confronto a 20, però tutto sommato collocano Nole come un modesto campione di questo sport. Per ora.