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US Open: 10 match memorabili – Parte II

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Continua la rassegna delle più belle partite disputate a New York con la seconda e ultima parte in cui sono riportati altri 5 match che hanno fatto la storia dello Slam americano e del tennis in generale.

Roger’s roar

5) 2004.Finale Roger Federer b. Lleyton Hewitt 6–0, 7–6(3), 6–0

Forse la più grande dimostrazione di forza di Federer di sempre. Prima del 2004 c’erano stato il massacro di Rosewall del 1974 finito con un sonoro 6-1 6-0 6-1, ma Kenny allora era un vecchietto, aveva 39 anni (quasi 40) e Connors era nel pieno delle sue forze nella stagione migliore. Invece a sfidarsi nel 2004 sono giocatori della stessa età. La riviviamo con le migliori battute di Tommasi e Clerici.

Clerici: “Direi che vince Federer, Rino“. Tommasi:”Penso anch’io, ma non facile…..almeno non credo“.

Clerici:”Accelerazione ancora spaventosa di Federer sempre di diritto…“. Tommasi:”Sulla prima ha messo la palla sulla riga…“.

Tommasi:”Però la risposta?!“. Clerici:”Uhhhp“. Tommasi:”Era su una prima di servizio…“. Clerici:”Uhhhhpp“.

Clerici:”Madonna che lunghezza!“. Tommasi:”Mamma mia!“.Clerici:”OHHH, bhè, applauso, applauso, spero che lo sentiate, io che li ho visti tutti, a partire dai mousquetaires…questo è un grande!“.

Clerici su una volèe in allungo di Federer:”Non è vero!“. Tommasi:”Come non è vero?!“. Clerici:”Bhe, gli ha fatto un angolazione assolutamente disumana“.

Break point Hewitt. Clerici:”Scusate, ehm, 201 km orari, ace prontamente“. Clerici:”Altro ace, come ti sei permesso???“. Clerici:”Terzo ace“.

Clerici:”2 righe, Rino, una di qua, una di là“.

Tommasi:”Velenoso questo cross di dritto“.

Tommasi:”Sì, inchiodato Hewitt….da questa accelerazione di dritto“.

Clerici:”Cosa ha giocato?! Che cross…“.

Tommasi sul match point:”Eccolo lì, eccolo lì“. Clerici:”Ha rinunciato…Hewitt“. Tommasi:”Questo non me lo aspettavano da Federer….“.

Clerici (sarcastico):”3/4 di Slam…che è un buon segno….”.

Il gigante buono

4) 2009. Finale. Del Potro b. Federer 3-6 7-6(5) 4-6 7-6(4) 6-2

Da 5 anni Federer è il dominatore incontrastato degli US Open dove è riuscito forse ad esprimere il suo miglior tennis. Le finali in tutte e 5 le edizioni vinte sono state poco più che delle formalità. Anche questa volta ci si aspettava una partita sulla falsa riga delle precedenti. Ma si sbagliavano tutti. All’atto conclusivo del torneo di New York è arrivato un gigante argentino che aveva strapazzato in semifinale Rafael Nadal per 6-2 6-2 6-2 impedendo il Fedal agli US Open che non ci sarà mai. Tutti i pronostici sono a favore dello svizzero già vincitore in quell’anno del Roland Garros e di Wimbledon. Lo svizzero sembra mettere subito le cose in chiaro brekkando subito il gigante di Tandil portandosi sul 2-0. Il break fulmineo pone dei seri dubbi nella testa dell’argentino che fa delle forza bruta e del servizio le sue armi migliori. Il set procede liscio e il 6-3 svizzero va presto in archivio. Anche il secondo set segue la strada elvetica e presto ci si ritrova sul 4-1 Federer, Roger ha la possibilità di ammazzare il match, ma Del Potro salva il break point per portarsi sul 5-4 e servizio rossocrociato. Ed è qui che iniziano i primi scricchiolii nella mente di Federer perché quando si trova a servire per il set spreca malamente, si va al tiebreak e vinto da Juan Martin. 1 a 1 e palla al centro.

Nel terzo parziale non ci sono grandi sussulti e il primo che arriva. Sarà quello fatale 5-4 Federer con servizio Del Po. All’argentino trema la mano e commette 2 doppi falli regalando al campione di 14 Slam il set. Curioso il siparietto prima di questo game in cui Federer s’incazza per una chiamata ritardata del falco dell’avversario ed esclama:”Don’t fu***** tell me the rules“. qualcosa di inusuale per il sempre razionale svizzero. Del Potro non demorde e porta il quarto parziale al tiebreak che riesce a vincere per 7 punti a 4. Improvvisamente black out Federer. Del Po si porta subito sul 3-0, si arriva fino al 5-2 e Roger cede ancora e definitivamente la battuta. Il 21enne di Tandil solleva la Coppa incredulo. Sarà una grande vittoria anche dal punto di vista statistico perché una delle pochissime non fatte registrare dai Fab Four dal 2005 in poi.

9/11. We’ll never forget

3) 2001. Quarti di finale. Pete Sampras b. Andre Agassi 6-7(7) 7-6(2) 7-6(2) 7-6(5)

E’ il 6 settembre 2001. Tutta l’America vive felice, serena con le sue mille contraddizioni e si gode quello che è l’evento tennistico più importante che si gioca sul suo suolo e, come ultimo omaggio all’innocenza che stava per svanire fa di scena la più bella e appassionante sfida tra Pete Sampras e Andre Agassi. Borg e Mac hanno avuto la finale di Wimbledon 1980 come apice della loro rivalità, Rosewall e Laver la finale delle WCT Finals 1972 e Nadal e Federer la finale di Wimbledon 2008. Tutte partite decisive per il torneo, invece per la rivalità tutta a stelle e strisce è un quarto di finale a finire in cima alla lista delle 34 partite giocate tra i 2.

I 2 americani si presentano alla sfida in condizioni diametralmente opposte. Pete è da Wimbledon 2000 che non vince un titolo e sembra inesorabile la parabola discendente che ormai ha intrapreso, parabola che prima o poi tutti sono costretti a seguire. Di contro Andre era riuscito a riemergere dalla melma in cui era sprofondato nel 1997 e grazie all’aiuto di Brad Gilbert era riuscito a ritrovare la dimensione che gli compete e la doppietta Miami-Indian Wells è stata una perla che mancava al suo vastissimo repertorio, il repertorio più completo che tennista possa avere.

Le forze in campo si equivalgono e anche se il punteggio sembra piuttosto “noioso” possiamo assicurare che lo spettacolo non è mancato. Tutti (o quasi) sanno che questa è stata la partita dei tiebreak, se ne giocheranno 4, uno per ogni set. Il primo è quello più significativo. Sampras si porta avanti 6-3 e ha 3 occasioni per chiudere il parziale, ma Agassi ritorna prepotentemente e vince 4 punti consecutivamente, la patata bollente passa nelle mani di Sampras che concede malamente un altro fatale minibreak e il primo set va al Kid di Las Vegas.

Nel secondo parziale la bilancia pende dalla parte di Pete che sembra poterlo vincere da un momento all’altro, ma come sempre Agassi è bravo in risposta e si va inesorabilmente verso il 2° tiebreak. Qui è Sampras ad essere freddo e cinico. Non concede nulla sul proprio servizio a differenza di Agassi che spreca malamente. Il tiebreak si chiude 7 punti a 2.

Il terzo e il quarto parziale evidenziano un Agassi nervoso, agitato che cammina avanti e indietro. Sampras è algido, non fa trasparire nessuna emozione se non quello sguardo che sembra sempre malinconico ormai tatuato sulla faccia. Gli errori sono pochissimi e i vincenti fioccano a grappoli. Difficilmente si era vista tanta precisione in un partita di tennis. il tiebreak nel terzo set è sulla falsa riga nel secondo se non fosse per un grido finale che fanno apparire più umano Sampras e si chiude ancora per 7 punti a 2. Più lottato sarà l’ultimo tiebreak della partita dei tiebreak, ma qui è evidente che Agassi è calato vertiginosamente anche se è Pete a palesare un indolenzimento muscolare. Vince Pete che però perderà in finale contro Hewitt. E’ il 9 settembre 2001, 2 giorni dopo alle 8:46 l’America sarebbe cambiata, il mondo sarebbe cambiato, ma questa è un’altra storia.

La risposta del secolo

2) 2011. Semifinale. Novak Djokovic b. Roger Federer 6-7(7) 4-6 6-3 6-2 7-5

Una delle più belle partite giocate agli US Open si potrebbe sintetizzare in un solo punto. 5-3 40-15 e servizio Federer, 2 match point. Gianni Ocleppo:”Anche se Federer non chiude il match è comunque il più grande di tutti i tempi“. La più grande gufata di tutti i tempi. Federer spara una prima secca, Djokovic chiude gli occhi e rimanda dall’altra parte una risposta vincente. Non sa neanche lui che cosa ha fatto, ma ha realizzato il punto e per lui è l’unica cosa che conta. Non ci crede neanche lui a quello che ha fatto, ma il pubblico lo sa e si alza fragoroso un applauso che dura in eterno. Nole va verso il pubblico, apre le braccia e dice tra sé e sé:”‘Sta minchia, ma che ho combinato?!”. Il secondo match point viene annullato in maniera più ortodossa (errore non forzato di Roger). Federer non ne ha più e consegna la vittoria a Nole che impedisce ancora una volta, così come accaduto nel 2010, il Fedal nella città che non dorme mai. Inutile andare avanti, ma il dovere di cronaca ci impone una descrizione più dettagliata.

Riavvolgiamo il nastro. Si gioca il famoso Super Saturday, che ormai non è più super visto che la finale è programmata per lunedì. La scritta 9-11-2001 ricorda a tutti il decennale degli attentati dell’11 settembre che nessuno ha mai dimenticato. Il primo set segue sempre il servizio. Entrambi i giocatori concedono poco o nulla, Federer solo 7 punti e Djokovic 4. E’ il tiebreak a decidere il primo parziale: qui a Nole trema la mano, Federer si ritrova subito sul 4-2 complice anche un doppio fallo serbo. Si arriva fino al 6-3 Roger, che non concretizza, 3 set point buttati, ne arriva un altro sull’8-7 che è quello giusto. 1 a 0 Federer e boato del pubblico che a New York è stato sempre e sempre sarà dalla parte di Roger.

L’ago della bilancia tende dalla parte svizzera e per certi momenti si rivede il rovescio atomico protagonista della sfida tra i 2 al Roland Garros di quell’anno. 3-1 svizzero che però non ammazza il set, si vede recuperare fino al 3-2 e subito 3 pari. Non ci sono problemi e Federer sul 5-4 chiude il set. 2 a 0.

Il terzo set sembra l’epilogo del match, ma è Federer a cedere subito. Djokovic vola sul 3-0 e il 6-3 è presto servito. All’improvviso arriva il black out svizzero e il quarto set scorre via veloce. 6-2 Nole e siamo sul 2-2. L’inerzia della partita è tutta dalla parte di Nole, ma non si sa come Federer ritorna prepotentemente nel quinto. Ritornano sia il dritto che il rovescio e si arriva fino al fatidico 5-3 40-15, qui ne abbiamo già parlato, possiamo solo aggiungere che Federer incassa un parziale di 12 punti a 3 e perde il match.

E’ la terza semifinale Slam che Roger perde dopo aver avuto match point: la prima all’Australian Open 2005 contro Safin e la seconda sempre contro Djokovic agli US Open 2010. E’ un giorno triste questo per i Roger’s fan perché per la prima volta dal 2002 Rogè chiuderà l’anno senza Slam. Ma avrà modo di rifarsi.

La fine di un sogno

1) 1980. Finale. John McEnroe b. Bjorn Borg 7-6, 6-1, 6-7(3), 5-7, 6-4

Si infrange sul 3 pari del 5° set il sogno di Borg di diventare il più grande di tutti i tempi. Una chiamata dubbia fa perdere le staffe a quello che per tutti è sempre stato un giocatore freddo e lucido, 2 doppi falli, break subito e addio US Open. Ma torniamo indietro. Siamo a New York nel 1980, per la 3a volta consecutiva Bjorn ha realizzato la doppietta Roland Garros-Wimbledon, lo Slam americano gli era sempre mancato e per uno motivo o un altro, per sfortuna o meno, aveva sempre fallito, ma questa volta non può sbagliare. E’ una tappa fondamentale della sua carriera e una eventuale vittoria lo avrebbe portato a giocare in Australia per chiudere il Grande Slam che per ultimo era riuscito a Rod Laver, che era stato il tennista di riferimento per la carriera dello svedese, una stella polare che gli aveva indicato come tracciare il suo cammino, la vetta dell’Everest da raggiungere e poi superare per essere il più forte della storia. Ma torniamo indietro bis. In finale a Flushing Meadows si presentano i 2 favoriti della vigilia che già a Wimbledon avevano giocato una partita memorabile, ma prima di questo appuntamento c’è un retroscena curioso. In Canada Borg aveva accusato un piccolo infortunio al ginocchio ma nonostante tutto era arrivato in finale costretto al ritiro nel match con Lendl, anche Mac aveva accusato un infortunio, ma saggiamente aveva preferito ritirarsi subito. Per arrivare in fondo avevano patito più del necessario giocando entrambi un five setter in semifinale e, complice anche gli infortuni, tutti non si aspettano un grande match, ma si sbagliavano.

Ci sono 120 ° F e il sole fa capolino sullo splendido centrale di Flushing Meadows. Il servizio di Borg non funziona come dovrebbe e per ben 2 volte nel primo parziale si trova a dover servire per il set senza concretizzare. Mac spinge Borg a giocarsi tutto al tiebreak e ancora una volta è il servizio svedese a latitare. Sul punteggio di 4-5 Borg gioca 2 seconde pessime e subisce 2 minibreak in sequenza complice anche una volèe spedita malamente a rete, così Mac si trova un set avanti. I tifosi di Borg credono che sia solo un calo momentaneo, ma è il secondo set a farli sprofondare nello sconforto. La carica agonistica insieme all’algida freddezza vengono meno e il 6-1 Mac è presto servito. Anche le statistiche sono impietose e registrano 14 punti persi al servizio sui 22 totali ed errori non forzati inusuali per il campione svedese. Inutile dirlo, ma Mac ha già una mano e mezza sulla coppa.

Nel terzo parziale si arriva quasi ad un punto di non ritorno. Sotto 1-2 e 30-40 sente che tutto può finire lì, ma non è ancora tempo per i saluti finali. Borg da qui in poi inizia a rinvigorire e piano piano sale di livello, inizia a leggere meglio il servizio di Mac e riesce a brekkarlo per portarsi sul 5-3, ma qui non è cinico: non riesce a chiudere e si va nuovamente al tiebreak. Mac sale subito 3-1 ma Bjorn mette in fila 5 vincenti consecutivi che dicono a gran voce che la partita è tutta ancora da giocare. Sembrava finito ma alla fine è riuscito a resuscitare. il quarto set è ancora suo e si chiude con il punteggio di 7 giochi a 5.

Mac più tardi scriverà:”Bjorn è riuscito ancora una volta a sfruttare la mia fatica e a trovare a poco a poco la condizione, la finale di Wimbledon era ancora nella mia testa ed ero sicuro che alla fine avrebbe prevalso il re del quinto set“. Nell’ultimo parziale è il 7° gioco a fare da spartiaque. Come già detto una chiamata dubbia permette a Mac di avere 2 break point, Borg annulla il primo, ma non può nulla nel secondo. Da qui in avanti lo svedese si spegne e Mac conferma il titolo dell’anno precedente vincendo per 6 giochi a 4 ed è forse qui che inizia a spegnersi in Borg l’amore per il tennis che nel giro di 2 anni lo porterà al ritiro, anche se queste sono solo ipotesi e illazioni.