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Roland Garros 2018: Undècima. Nadal rivince a Parigi, titolo numero 11 per lui

Infinitamente Nadal. Rafa riesce ad un aggiungere un altro pezzo all’infinito. Dopo la Décima arriva l’irreale Undècima.

La partita

Alla vigilia della finale non c’erano dubbi su chi fosse il favorito. Ma se c’è un giocatore che oggi può mettere alle strette questo Nadal è proprio Dominic Thiem, l’unico giocatore in grado di batterlo sulla terra battuta nel post annus horribilis del 2016. Domenico non ha mai vinto un titolo pesante sul clay pur avendo battuto il suo Re 2 volte, ma dove conta un po’ meno che a Parigi. Tutti ricordano la sfida di Madrid di quest’anno in cui l’austriaco riuscì a giocare a tutta e a vincere in 2 set. Magari sarebbe schiattato nel 3° set. Beh, il 3° set…3 su 5 è un altro sport, e se per battere Nadal a Parigi devi giocare a tutta per 3 set consecutivi, non è impresa facile. Rafacito ha vinto 110 partite al meglio dei 5 set su terra battuta e perso solo in 2 occasioni. Chi vuoi che lo batta questo macigno? Nessuno. Il cielo di Parigi è triste. Grandi nuvoloni minacciano il Bois de Boulogne e le previsioni danno sicura pioggia all’80%. Solo queste previsioni sono smentite perché si gioca regolarmente e non ci sarà nessuna interruzione, ma solo perché Rafa non è mai andato sotto. Non c’è altra motivazione.

Il numero 1 del mondo parte come una furia. Prima dell’atto conclusivo aveva detto che era il momento di alzare il livello. Ahia. E…fino a ora, cosa aveva fatto? Semplicemente scherzato. Si capisce subito che la concentrazione e la pesantezza dei colpi c’entrano poco con le precedenti 6 uscite. Si trasforma in Super Ispanico e mette a referto un parziale di 8 punti a 1. Non si gioca completamente nonostante Thiem tiri a tutta. Il 2-0 così arriva in un lampo e le premesse per un massacro ci sono tutte. La furia cieca però si spegne per un momento. C’è il tempo di recuperare il break, frutto di un Nadal che spinge a tutta, soprattutto con il diritto, e mette a referto così qualche unforced di troppo. Da qui in avanti è spettacolo puro, è tennis su clay 2.0, non quello soporifero di Vilas-Wilander della finale del 1982 (1.0), ma quello new style con grandi cannonate di rovescio, recuperissimi in scivolata e topponi come se piovesse. La partita è in perfetto in equilibrio per una quindicina di minuti quando però Thiem comincia a tremare ed è costretto a giocare un game infinito (16 punti). Siamo nel 6° gioco. Dominic ha la possibilità di chiudere il game che però gli sta per scivolare dalle mani quando ferma il gioco ma giudica male una palla di Rafa chiaramente dentro. Questo episodio lo destabilizza un po’ e gli costa ben 2 palle break. Non ci sono problemi: chiusura in bello stile e ancora parità. Siamo sul 5-4 spagnolo. Domenico va a servire per rimanere nel set, però serve per buttare via il set. Prima sbaglia una voleè facile che va a rete. Errori di dritto a catinelle e break AZERO! Vale il set manacoregno dopo 57 minuti di gioco. Troppa leggerezza.

La partita ormai sta andando verso le Baleari ancora una volta. Il gioco asfissiante dell’austriaco funziona a corrente alternata. Non mancano i vincenti, però nella maggior parte dei casi Nadal arriva bene sulla palla e se non rimette dall’altra parte un colpo risolutore almeno usa un backettino interlocutorio che riequilibra la bilancia dello scambio. Nel 2° gioco il Muster 2.0 può già capitolare quando è costretto a fronteggiare 4 palle break. Le annulla tutte, però non può continuare in questo modo. Prima o poi il gioco al limite si paga se non chiudi. Ed ecco la quinta e questa volta decisiva palla break che sfugge per colpa di un rovescio austriaco sbilenco. L’ulitmo treno, anzi trenino è quello del sul 3-1 Nadal. Lo spagnolo perde i primi 2 punti, però non si scoraggia. Facile ripresa del toro che infilza il suo avversario e siamo subito sul 4-1. Easy 4-2 e ultima strenua difesa di Thiem che stranamente mette i piedi in campo e arriva fino a palla break. Time violation per Rafa che impiega 49 secondi per servire. Cosa vuoi che sia? 2 deliziosi drop-shot vincenti chiudono un game che si stava complicando. Non ci sono più sussulti in questo parziale. 2 a 0 spagnolo che sa di titolo.

Il terzo set è tutto spagnolo. Thiem fa quello che può annullando ben 4 palle break nel 1° game. Nadal è un servebot e non lascia nulla al caso. Lunghissimo 3° game che si conclude con l’ennesimo innocente, disarmante, devastante BREAK NADAL. La partita di fatto finisce qua. Dominic alza bandiera bianca e procede per inerzia verso l’ineluttabile fine. Lascia andare il 7° gioco. Si chiude nell’8° con Nadal che pena un po’ e solo al 5° match point può alzare le mani al cielo. Non si butta più a terra. Non si soffre più per vincere. È straordinariamente ordinario vederlo vincere a Parigi. I titoli sono 11. Grande commozione nella cerimonia di premiazione con l’anzianotto Ken Rosewall a premiare il vincitore. Kenny vinse qui il titolo nel 1968, la prima edizione Open del torneo parigino, quello che cambiò per sempre la storia. A distanza di 50 anni si presenta nella capitale francese per premiare quello che nessuno avrebbe mai sognato ai suoi tempi e ai nostri tempi.

Il torneo

Quando comincia il Roland Garros la domanda essenziale, eziologica è: vincerà Nadal o no? Non c’è altro interrogativo che possa porsi su un piano superiore a questo. Questo non fa altro che catalizzare tutta l’attenzione su Rafa che rimane sempre e comunque il protagonista del torneo parigino, che sa raccontare tante belle storie, tanti bei traguardi, ma questi non significano niente senza la Coppa dei Moschettieri nelle mani. L’anno scorso aveva disintegrato tutto e tutti vincendo il torneo perdendo solo 35 game, record pazzesco se si considera che gli sta davanti solo il Roland Garros 1978 vinto da Borg con 32 game lasciati per strada. Allora era molto meno importante il servizio. Con quelle racchette di legno era difficilissimo se non impossibile ottenere punti gratis sulla terra battuta, a differenza del tennis attuale in cui i materiali sintetici permettono ottime performance al servizio anche sul rosso. Al 1978 dell’orso svedese seguì il 1979, sempre vinto, però con molte più tribolazioni, così come capitato quest’anno a Rafa. Già nella prima partita si capisce che il record non sarà più superato. Va dato grande merito a Bolelli che “ha giocato la partita della vita” e ogni volta che si sente questa frase vuol dire che il favorito non ha giocato al meglio. Arrivare a 5 giochi in un set con il King of Clay era una notizia, oggi non lo è più e il tiebreak viene di conseguenza. Spettacolare è stato quello del 3° set in cui il numero 1 del mondo ha dovuto annullare ben 4 set point di cui 3 consecutivi. Grinta di ferro e streak che continua.

Dopo la fatica Bolelli è arrivata la solita routine schiacciasassi contro Guido Pella che non può fare nulla contro lo strapotere manacoregno. Riesce a raccimolare 4 game. Non certo un vanto, ma entra in un club molto frequentato: quello dei massacrati dal mancino di Manacor. Nel terzo turno c’è un francese: si scrive Gasquet ma si legge bye. Richard, l’enfant prodigue, ha sconfitto Rafa quando questi aveva 13 anni, per il resto nel circuito maggiore: 15 sberle. Ecco servita la 16a con mucho gusto che proietta questa non rivalità come quelle più a senso unico della storia. Sopra ci sono solo: Federer-Ferrer, Federer-Youzhny, Borg-Gerulaitis con un perentorio 17-0. Quarto turno un po’ naif con un Marterer che somiglia tanto a Federer, ma solo nel nome, per il resto dall’altra parte della rete c’è un bimane mancino. Roger è un monomane destro. Altra storia. Nadal gioca con le marce basse e commette troppi errori, alcuni anche venial,i come le stecche di dritto. Però per essere battuti dal tedesco Rafa deve annà o sprofonno proprio, certamente scende di livello ma non tanto da regalare un set. Solo il 3° è il più combattuto, ma così come con il Bole si chiude al tiebreak.

Anche Diego il Breve doveva essere un avversario facile, però è quello che lo ha maggiormente impensierito. Incredibile ma vero. Un Nadal mediocre, mette in mostra una partita da mediano, butta la palla di là e spera che non torni di qua. Il risultato è pessimo. Primo set perso e streak che si ferma a 32 o 37 secondo le proprie inclinazioni religiose. Però qui c’è da portare la pellaccia a casa, altro che streak. Schwartzy va avanti di un break anche nel 2° ed ecco come a Roma la salvifica pioggia che salva Rafa. Il match era indirizzato, però negli Slam se non sei 2 set e qualche break avanti non puoi stare tranquillo. La partita riprende l’indomani (giovedì) ed è mattanza iberica. Nadal si risveglia da un torpore che l’aveva fatto sprofondare in un’amnesia totale. Si ripiglia tutto quello che è suo e spazza via il suo avversario senza troppi complimenti. Parzialissimo ed è semifinale. Altro giocatore che può impensierire Rafa è Juan Martin Del Potro. Però deve essere in buona giornata e sparare a tutta le sue cannonate. A New York aveva assaporato la spada ferale di un Nadal deluxe che infilza il toro agonizzante dopo aver sollevato in aria il mantello rosso. Quel Rafa è il vero Rafa, quello che ci fa sognare e che può battere tutti, senza distinzione di razza, sesso, religione e account Facebook. Qui si rivede a tratti quel Nadal, però i demeriti dell’argentino sono grandi quanto la Patagonia. Regge solo nel primo set, anche bene, però poi capitola come il Titanic in mezzo all’Atlantico. È un pessimo Juanito. Arrivare in semifinale a Parigi per lui è già un mezzo miracolo, c’era riuscito solo nel 2009, però un pochettino in più da lui ce lo si aspettava. Peccato.

Da italiani non si può non parlare di Marco Cecchinato. Gli italiani nel tennis sono a secco da tanti e troppi anni per cui quando c’è un exploit di un nostro connazionale non può essere cassato. Il giocatore palermitano costretto alla mediocrità dei Challenger e relegato ad un onesto mestierante della racchetta, ha tirato il coniglio dal cilindro disputando un torneo straordinario. La vicenda scommesse che lo aveva coinvolto e in cui non era stato assolto non perché innocente, ma per un vizio di forma dell’accusa è ormai alle spalle e finalmente ci si può concentrare sul tennis giocato, che poi è l’unico che conta. Aveva vinto a Budapest un torneino, ma sempre un torneino del circuito maggiore, passato sottotraccia. Nessuno punterebbe su di lui, neanche lui stesso (qui facili battute). Il primo turno sembra già il suo capolinea quando è sotto 2 set a 0 contro Copil. Riesce a riacciuffare la partita portandola al 5° e al sacrosanto long set che si chiude con la vittoria azzurra per 10 game a 8. Molto più semplice la partita contro TrungeLLiti che non doveva essere qui ed è arrivato da Barcellona in macchina visto che i voli per Parigi erano tutti decollati. Vittoria easy e Carreno Busta ad attenderlo nel terzo turno. La tds 10 è stato semifinalista a New York, Cecchinato chi è? Nessuno. Bene, però Marco mostra un tennis pregevole e il suo rovescio a una mano esalta i cultori del tennis di una volta. Vittoria in 4 set. Però è contro Goffin che si capisce che Marco knocks on heaven’s door. Frodo non è al meglio della sua condizione, però importa poco. Nessuno lo darebbe sfavorito con Marco da Palermo. I primi 2 set sono equilibrati, però poi il siciliano prende il largo e bagelizza il belga. Chiusura al quarto per 6 giochi a 3 ed ecco un altro italiano che arriva ai quarti di finale per farsi massacrare. Dall’altra parte della rete c’è Novak Djokovic, che qui ha vinto nel 2016, e che è pronto per rivincere il titolo. A dire il vero il Nole di questo scorcio del 2018 non è un fulmine di guerra, e la tds 20 non è altro che una medaglia al disonore per un giocatore sperduto che ha perso la sua dimensione, dimensione da dominatore indiscusso e indiscutibile. Cecchinato non ha nessun timore reverenziale, anzi è lui a fare la partita. Avanti di un set è un grande traguardo. Di 2 è un sogno. Un sogno talmente bello che la mamma lo sta per svegliare per andare a scuola. Il 6-1 serbo del 3° è il preludio ad una mattanza che arriverà, in 5, ma che comunque arriverà. Anche il 4° set era iniziato su questa falsariga. Va sotto 5-2 e la partita si sta per riaprire quando Marco dice a tutti che non è finita. Straordinaria rimonta ed epico tiebreak che è degno di Borg-Mac di Wimbledon 1980. 3 set point annullati e chiusura al 4° match point con vincente in risposta. È semifinale. Raggiunto Barazzutti 1978. Si può dare di più senza essere eroi. Thiem è fatto di altra pasta. La partita c’è. C’è per i primi 2 set. Marco avrebbe anche potuto vincere il tiebreak, ma una volta perso i buoi sono scappati. Peccato. Nello sport contano i titoli, però per un momento Il Ceck ci ha fatto sognare. Una grande storia da conservare e raccontare. Viva l’Italia, l’Italia tutta intera!

I record

  • 11° Roland Garros vinto. Record assoluto che già gli apparteneva dopo aver vinto il 7° titolo nel 2012 (Dal 2014 se si considera il record di Max Decugis vincitore di 8 edizioni di questo torneo quando però era aperto solo ai francesi).
  • 11a edizione dello stesso Slam vinta. Record assoluto.
  • 17° Slam in carriera. Davanti a lui solo Federer con 20.
  • 79° titolo in carriera.
  • 57° titolo sulla terra battuta. 1° in era Open.
  • A 32 anni è il 3° più vecchio a vincere il Roland Garros dopo Andres Gimeno a 34.8 anni nel 1972 e Ken Rosewall a 33.5 anni nel 1968.
  • 3 tornei con almeno 11 titoli (1° in era Open)
  • 12° anno con almeno uno Slam (1° all time)

Conclusione

11 come i titoli di Margaret Court agli Australian Open, titoli variegati al farlocco, titoli Slam ma non Major, titoli vinti con una concorrenza minima, diremmo quasi: nazionale. 11 come i titoli di Bill Russell, l’unico uomo sulla terra ad avere più anelli che dita. Gli anelli delle sue vittorie NBA, quelli con lo squadrone dei Boston Celtics di Red Auerbach (9 con l’allenatore ebreo). Ecco a voi un altro 11 storico. Già ne era arrivato uno storico a Monte Carlo. Ma conta poco. Ne era arrivato un altro a Barcellona, ma conta ancora meno. Arriva quello che conta a Parigi e non gli aggettivi sono finiti. Tra i tanti unbreakable dello sport si aggiunge questo di Nadal che per un nanosecondo trascende la dimensione umana. “It’s true that in my career I achieved much more than what I ever dreamed”. È la frase che più di ogni altra racchiude l’impresa di Nadal. Rafa non doveva vincere così tanto, era destinato ad una discreta carriera da terraiolo, con qualche Roland Garros, come un Kuerten qualsiasi, ma è riuscito a rompere tutte le barriere che i limiti dello sport ti pongono davanti. È riuscito a vincere fuori dalla terra, a vincere sull’erba, sul cemento, a battere molte volte il Tennis, riuscendo a scavare un vuoto attorno a sé nella sua superficie preferita che nessuno in futuro potrà mai sognare di superare. Nel 2005 vinse il titolo da teenager, nel 2018 vince il titolo da 32enne. Ed è questo il sogno che nessuno aveva mai sognato. Vincere da bambino, vincere da uomo. In mezzo un massacro a tutto tondo che non ha guardato in faccia nessuno. Le sconfitte ci sono state, è umano anche lui, però sono le tante non sconfitte, le partite che avrebbe dovuto perdere e che non ha mai perso, che ha girato dalla sua a farlo così grande. Pensare che ancora lui possa essere l’uomo da battere a Parigi quando i suoi colleghi alla sua età erano a casa non è normale. Rafa gioca come se non ci fosse un domani, prendendo spunto da tutto quello che è successo in passato, migliorando nella tecnica e nella tattica. Non si può essere appagati con i numeri. I numeri lo offendono. Quello che importa è la serenità di guardare avanti, consapevoli che forse si potrà perdere, però perdere da uomini, mettendo tutto in campo, anima e cuore. Il giorno in cui Nadal perderà al Roland Garros e non potrà più ambire al titolo arriverà, però sembra così lontano. È così lontano e il suo dominio così disarmante che non si può non indicare in lui il futuro della terra battuta. Un futuro prossimo, non remoto, ci mancherebbe. Nessuno però può impensierirlo nel suo torneo e nella sua superficie. Può perdere una partita, una partitina lasciata perché non si è in giornata o perché l’avversario gioca meno, ma nel complesso è sempre lui il numero 1 del clay. Lo è talmente tanto che il numero 2 è difficile da individuare. Tutti aspettano i nuovi campioni, ma per il momento è sempre Rafa a fare la Storia del tennis.

Per il momento il grande tennis si ferma. Ritornerà con Wimbledon. Però prima occhi puntati su Stoccarda e al rientro di Federer che ha visto dalla TV il suo grande rivale vincere là dove avrebbe voluto e dovuto vincere. Ci sarà modo di rifarsi. La stagione è appena iniziata.