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Indian Wells 2016: un altro mondo è già qui

INDIAN WELLS, CA - MARCH 18: Roger Federer of Switzerland poses for photographers after defeating John Isner during the final of the BNP Paribas Open at the Indian Wells Tennis Garden on March 18, 2012 in Indian Wells, California. (Photo by Matthew Stockman/Getty Images)

Si chiude così, come tutti abbiamo avuto modo di vedere, apprezzare, ammirare, etc. etc., il primo Master 1000 dell’anno. Potremmo continuare a parlarne, ma perché? I match li avete visti e, se non li avete visti, quantomeno conoscerete i risultati. In caso contrario, non so che dirvi. Cambiate sport.

Noi qui intendiamo affrontare l’analisi del torneo da un altro punto di vista. In questi tempi difficili per il tennis, noi continuiamo a sognare un mondo dello sport pulito, in cui il doping è solo una leggenda tramandata dagli anziani e le partite truccate sono favole per spaventare i bambini; dove il bene vince sempre sul male ma anche il male, a volte, trionfa sul bene (perché, se il bene è bene, non può volere così male al male). Per questo abbiamo deciso di introdurre l’idea di “sport concettuale” e di rivisitare concettualmente il Master 1000 di Indian Wells 2016.

Insomma, un altro mondo non solo è possibile ma esiste già, e noi ci accingiamo a mostrarvelo. Per chiarire meglio ciò di cui stiamo parlando, abbiamo redatto un breve manifesto.

AVVERTENZA: per i caproni ignoranti: il manifesto che segue è liberamente ispirato (che è un modo elegante per non dire “spudoratamente copiato”) ad alcune note definizioni della patafisica.

Che cos’è la patafisica? Ah beh, non chiedetelo a me. Io mi occupo di sport concettuale.

 

MANIFESTO DELLO SPORT CONCETTUALE:

– Lo sport concettuale studierà le leggi che reggono le eccezioni e spiegherà l’universo sportivo supplementare a questo; o meno ambiziosamente descriverà un universo sportivo che si può vedere e che forse si deve vedere al posto del tradizionale, poiché anche le leggi dello sport tradizionale che si è creduto di scoprire sono correlazioni d’eccezioni, per quanto più frequenti, in ogni caso fatti accidentali che, riducendosi a eccezioni poco eccezionali, non hanno nemmeno l’attrattiva dell’eccezionalità.

– Lo sport concettuale è lo sport dei risultati immaginari.

– Lo sport concettuale non si occupa del generale, ma piuttosto del particolare.

– Lo sport concettuale è quello che spiega il rifiuto che manifestiamo di ciò che è serio e di ciò che non lo è, in quanto per noi è esattamente la stessa cosa: è sport concettuale.

Fatte le dovute premesse, possiamo finalmente parlare del torneo.

Pronti, via, e subito scatta la prima incredibile sorpresa: Bjorn Frantangelo, sospinto dal vento, vola in Paradiso per un’ora, come solo i Fratangeli sanno fare, ed annichilisce con un doppio 6-2 un confuso ed impotente Novak Djokovic. I sospetti di un riacutizzarsi della congiuntivite, che durante il torneo di Dubai aveva colpito il n. 1 al mondo, vengono subito smentiti dal diretto interessato: il serbo, semplicemente, non ha visto palla.

Ma le sorprese non finiscono qui. A farne le spese, stavolta, è la testa di serie n. 2: Andy Murray. Lo scozzese più amato dagli inglesi, dopo aver battuto soffrendo Granollers all’esordio, e dopo aver disposto comodamente in due set di Delbonis al terzo turno, è costretto ad arrendersi in ottavi contro un redivivo Ernests Gulbis. Il lettone gioca una partita pressoché perfetta, martellando senza sosta sul rovescio dello scozzese con il suo drittone inside/out.

Non fa più notizia, invece, l’ennesima prematura uscita di Rafael Nadal; ancora contro Verdasco, esattamente com’era accaduto durante gli ultimi Australian Open. Nando, sorridente e visibilmente emozionato, dichiara a fine match: “amo giocare contro i mancini iberici, essi mi permettono di esprimere il mio miglior tennis. Infatti, spesso mi batto da solo”.

Buone notizie in casa Italia: Andreas Seppi, che in terra nordamericana non aveva mai brillato, riesce stavolta a spingersi fino ai quarti di finale, dopo aver battuto sia al terzo turno sia in ottavi l’uzbeko Denis Istomin, in due intense battaglie di 5 set.

Tra i giovanissimi, è doveroso menzionare il primo ottavo in un Master 1000 raggiunto da Andrey Rublev, in seguito costretto ad arrendersi in 3 set al solito Seppi, che questa settimana pare davvero essere ingiocabile. Il timido russo, tuttavia, può certamente ritenersi soddisfatto del suo torneo: con questo risultato, infatti, guadagna ben 23 posizioni, diventando così il più giovane giocatore tra i primi 30 al mondo.

Da segnalare, infine, che Cervantes è ancora intento da diversi giorni a giocare contro un muro, all’esterno del centrale di Indian Wells, convinto che il muro in questione sia un vile pallettaro che rifiuta ostinatamente la resa.

Giungiamo così alle semifinali. Il match più atteso di giornata vede contrapporsi l’idolo di casa, John Isner (finalista qui nel 2012), ed il giapponese Kei Nishikori, per la prima volta tra i primi 4 qui, nel deserto californiano. Dopo un primo set senza storia, vinto da Isner con il punteggio di 6-1, il match cambia faccia: il giapponese cresce di rendimento, inizia a leggere meglio il servizio dell’americano e tiene con autorevolezza i propri turni di battuta, fino ad aggiudicarsi il tie-break con la complicità di un Isner più falloso del solito. Si va dunque al terzo set e la storia non cambia, grande equilibrio ed inevitabile epilogo al tie-break decisivo: ancora una volta, è Nishikori ad aggiudicarselo, potendo infine esplodere in tutta la sua gioia.

Seconda finale in un Master 1000 per Kei Nishikori, dopo quella raggiunta a Madrid nel 2014; ad attenderlo c’è lui, il solito, intramontabile Roger Federer, alla sua dodicesima partecipazione all’atto conclusivo di Indian Wells. Se qualcuno si aspettava una partita equilibrata, questi sarà indubbiamente rimasto deluso. La finale è un match senza storia: Federer gioca in Paradiso per un’ora, come solo i Federer sanno fare, affossando il suo avversario a suon di dropshot, chip&charge, servizi vincenti e dritti esplosivi. Un 6-1 6-2 che dice tutto e che rende superfluo qualunque tentativo di analisi.

Roger Federer diventa così il più anziano vincitore di un Master 1000 dai tempi di Bill Tilden, il quale riuscì a vincere Shanghai alla veneranda età di 57 anni, battendo in finale un giovanissimo ma già competitivo André Agassi.

Lo svizzero, che il prossimo 8 di agosto compirà 42 anni (è sempre bene abbondare quando si parla di imprese di Federer), piazza l’ennesimo sigillo della sua mirabolante carriera, dando così una ferma risposta alle malelingue di chi vorrebbe vederlo già ritirato e mettendo forse la parola fine a tutte le fantomatiche discussioni sul GOAT. Perché si sa, gli altri potranno anche vincere cento Slam e mille Master 1000, ma Roger resterà sempre il più grande. Concettualmente parlando.

…by Claudio Albergo.