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ATP Indian Wells 2016: Il re nel deserto, Djokovic vince il 5° titolo in una finale senza storia

Indian Wells 2016

Si chiude con non finale la 41a edizione del torneo di Indian Wells. Novak Djokovic dimostra ancora una volta di essere il numero 1 incontrastato del ranking ATP e vince per 6-2 6-0 contro un inerme Milos Raonic che raccoglie poco o nulla.

C’era grande attesa per questo atto conclusivo per valutare soprattutto i progressi fatti dal canadese che dall’inizio dell’anno sembra il secondo tennista più in forma del circus status certificato dal secondo posto nella race. Milos dopo il divorzio con Ljubicic ha reimpostato il suo gioco seguendo molto più spesso il servizio per chiudere con una volèe a rete lo scambio e ha adottato con maggiore costanza il dritto a sventaglio che con le sue lunghe leve sono alquanto pericolosi.

La partita

Nole riesce immediatamente a disinnescare le armi dell’avversario che non fa niente per mettere una toppa ad un continuo fioccare di unforced e, come se non bastasse, Milos è deficitario nella sua arma principale: il servizio. Si parte con la battuta del canadese e si capisce fin da subito che non sarà una bella giornata per lui. Le prime non riescono ad entrare e tolte queste rimane ben poco. Alla seconda occasione Djokovic ottiene il break in apertura e si capisce che la partita è di fatto finita. L’unica chance che aveva Milos di potersela giocare con il numero 1 del mondo era quella di tenere i suoi turni di servizio e magari provare a fare lo sgambetto nel tiebreak, ma è solo un’utopia. Il numero 1 del mondo è cinico al servizio e pur non strafacendo ottiene il massimo con il minimo sforzo. Sa che se si entra nello scambio 9 volte su 10 il punto è suo e approfittando di un Milos poco mobile gli riesce molto semplice fargli fare il tergicristallo per 2 o 3 scambi prima di inchiodarlo con un vincente, ed è proprio quello che fa Djokovic, Milos non può fare niente e si ritrova sotto 2-0. Se il primo turno di servizio poteva sembrare solo un riscaldamento che però portava con sé tanta tensione (il canadese nel momento di battere una seconda ha tirato di colpo il fiato non si sa a causa del caldo o per la troppa pressione), il secondo doveva essere il momento del riscatto, invece è tutto l’opposto. Nole ottiene il break a zero con Milos che non mette mai una prima e quando serve con la seconda ottiene lo 0% di punti. Con questo 3-0 pesante i 16.000 e più spettatori del suggestivo e futuristico Indian Wells Tennis Garden potrebbero anche andare a casa, cosa c’è da guardare? Ma si prosegue per le statistiche e per il regolamento. Ogni tanto Nole si ricorda che è anche un giocoliere e sadicamente non manca di usare la palla corta che costringe il pachidermico canadese a scendere a rete con scarsi risultati e quando si vede anche un lob al millimetro che supera perfettamente lo stangone di Podgorica vuol dire che abbiamo visto tutto. Il quinto game vede di nuovo in difficoltà la testa di serie numero 15 che però riesce a chiudere ai vantaggi per incassare così il primo game della partita. Nole riesce ad invertire le parti ed è lui un cecchino al servizio e concede poco o nulla. Il 6° e 7° game vanno avanti senza affanni così Djokovic si ritrova a servire per il set sul punteggio di 6-1, qui tentenna leggermente, ma al terzo set point chiude e incassa il primo parziale. Nel secondo si spera nella riscossa canadese che forse nel primo set non era pronto a una tale pressione essendo solo alla terza finale in Masters 1000, ma tutto peggiora. Il primo game è lottato ma è Nole a vincere e così si ripete lo stesso copione che tutti hanno già visto. Nel secondo game è Nole al servizio e qui non lascia niente al suo avversario e in amen siamo già a 2-0 . Si lotta anche nel terzo game, ma il break pesante di Nole è la pietra tombale che chiude il sepolcro di Milos ormai ai titoli di coda. Qualche cosa non va, è un Raonic troppo brutto per essere vero, dall’altra parte c’è un Nole stellare, ma se un big server mette solo il 50% di prime non c’è avversario che possa giustificare una così scarsa resa al servizio. Molto probabilmente i sintomi dell’infortunio che l’avevano tenuto fuori dalla sconfitta agli Australian Open contro Murray si fanno sentire e da lì è semplice prendere un bel bagel e così è. Il quinto game va ai vantaggi ma non c’è nulla da fare e Nole è cinico, sale 5-0 e chiude sul suo servizio al primo match point sulla sua racchetta.

I record

Djokovic vince così il suo 5° torneo di Indian Wells, un record, mai nessuno aveva vinto quanto lui nel deserto californiano. Che si tratti di Palm Springs, Rancho Mirage, La Quinta (che poi sono tutte località vicinissime) nessuna era mai riuscito nella cinquina e con 3 titoli consecutivi (come solo Federer era riuscito a fare). In questo 2016 Nole ha perso una sola partita quella per ritiro nel torneo di Dubai quando era opposto a Feliciano Lopez. La scarsa preparazione lo avevano fatto penare in Coppa Davis quando nella sfida tra la sua Nazionale serba e quela kazaka era stato costretto al quinto set nella sfida contro Mikhail Kukushkin finita poi al quinto set con il punteggio di 6-7(6) 7-6(3) 4-6 6-3 6-2. il ritiro di Dubai gli è costata la serie di finali consecutive disputate che si è fermata a 17 e chissà, forse senza quella congiuntivite avrebbe potuto estendere ancora la striscia e superare Lendl a 18 e avvicinare Bill Tilden a quota 53 (Si scherza). Con questo successo aggancia in cima alla classifica dei Masters Series, oggi Masters 1000, Rafael Nadal a quota 27.

Legacy

La legacy, come direbbero gli americani, l’eredità che ci lascia questo torneo è un Nole che praticamente non ha avversari, quando vuole fa il buono e cattivo tempo. Il primo turno giocato contro Bjorn (un nome una garanzia) Fratangelo aveva visto un Djokovic in ciabatte che clamorosamente aveva perso il primo parziale per 6 giochi a 2, ma tolte le infradito e indossate un paio di scarpe da tennis decenti è riuscito a chiudere subito la pratica nei successivi 2 set. Kohlschreiber e Feliciano hanno fatto quello che hanno potuto ma si sa che non hanno il gioco per impensierire il numero 1 del mondo soprattutto lo spagnolo, reduce da una sfida tremenda con AGUT, ha dovuto inchinarsi al più forte. Un tennista che ha il gioco per impensierire il serbo è Tsonga che lo ha battuto diverse volte in tornei importanti come agli Australian Open del 2010 e l’ultima volta in Canada nel 2014 con una lezione severa. Jo è stato bravo ad irretire Nole con il back ed è potuto arrivare fino a 2 tiebreak prima di cedere, qui è stato poco cinico o forse è proprio il serbo che non sa più come si perde un match di tennis.

La semifinale ha mostrato per la gioia dei tifosi e degli organizzatori la 46a sfida contro Rafael Nadal che dopo le cocenti delusioni a Buenos Aires e Rio era riuscito ad imbroccare una settimana favorevole, non senza soffrire, ma arrivando pur sempre in una semifinale di un Masters 1000. Il primo incontro con Muller poteva essergli già fatale e si è visto un orrendo Nadal che ha avuto la meglio sul lussemburghese. Va detto a sua discolpa che si giocava con un vento tremendo che ha spesso condizionato l’andamento del gioco. Anche Verdasco, reo di averlo battuto al primo turno in uno Slam (gli Australian Open) per la prima volta in carriera è riuscito a reggere fino al tiebreak nel secondo set dopo aver incassato un pesante bagel nel primo parziale. Nel turno successivo c’è stato lo scontro generazionale con Alexander (detto Sasha) Zverev. Zatterone è uno dei migliori prospetti del circuito e con Nadal fa una partita pari se non a tratti superiore fino a arrivare a match point che, purtroppo per lui, spreca malamente con una volèe spinta malamente a rete (qui Edberg e Mac hanno avuto un mancamento). Passata la paura Nadal ha ingranato la marcia giusta e ha vinto il match con una nuova esultanza di stampo prettamente calcistico. I quarti di finale dovevano essere il suo capolinea. Dall’altra della rete c’era Kei Nishikori che aveva battuto lo spagnolo con poca cortesia in Canada l’anno scorso e da qualcuno apostrofato come il “nuovo Davidenko” (ma de’ che?). Anche i bookmakers erano di questo avviso dando al giapponese un sostanziale vantaggio nelle quote con un 1.70-1.80 contro un 2.4-2.5. Invece quello che si è vista in campo è una mattanza maiorchina che finalmente sembra aver ritrovato qualche suo colpo del vecchio repertorio come il dritto in corsa o quello a uncino che gli hanno permesso di vincere con un punteggio piuttosto netto di 6-4 6-3. Parlavamo della semifinale, e cosa dobbiamo dire? Per un set c’è stata partita, una signora partita, con un Nadal che in qualche sprazzo ha iniziato a correre e far correre (nulla di paragonabile ovviamente al Nadal DOC) l’avversario e nel primo parziale è arrivato fino a set point. Quello che sembra chiaro è che per battere oggi Nole ci sono solo 2 vie: o si gioca a tutta per 2 set tirando comodini, lavandini e utensili vari, oppure lo si deve fare stancare portando il match per le lunghe superando le 2 ore di gioco per batterlo per la fatica.  I prototipi di questi 2 tennisti sembrano essere uno Stan Wawrinka, che si presenta in queste condizioni da hot arm solo in alcune notti, come la luna piena, e l’altro tennista semplicemente non esiste, lo sarebbe Nadal e infatti per circa un’ora e mezza ha fatto questo, fare sfiancare Nole per batterlo nello scambio e ammazzarlo nella lunga distanza. Solo che la prerogativa fondamentale di questa arma è che la tua autonomia deve essere di gran lunga superiore a quella del serbo in modo tale da riuscire a chiudere con 3 molecole di ossigeno nei polmoni e poi schiattare dopo che l’arbitro ha decretato il “Game, set and match”. Nadal è stato a lungo un giocatore con queste caratteristiche, ma oggi è semplicemente evaporato, infatti sono un set combattutissimo e 2 game del secondo sulla stessa falsa riga è scomparso dal campo e Nole ha messo in mostra tutto il suo campionario con: lob liftato in corsa, dritto a sventaglio, risposta di dritto, volèe di dritto, passante di dritto e dritto lungolinea vincente, lungolinea di rovescio vincente e la partita è finita. L’impressione che dà Nole è proprio questa: gioca bene, poi attacca il pilota automatico e gioca di rimessa e quando è il momento dà 2 colpi di gas all’acceleratore e chiude i giochi facilmente.

I giovani

Capitolo a parte meritano i giovani. Diciamo subito che ancora una volta viene rimandato l’appuntamento alla vittoria di Masters 1000 di un giocatore nato negli anni ’90, sono passati 26 anni e i nuovi campioni non hanno ancora svelato i loro volti. Questa è una anomalia statistica eccezionale e unica nella storia del tennis. Tutti i grandi campioni arrivati verso i 27-28 anni hanno visto nascere le nuove leve che già da giovanissimi hanno raggiunto un achievement importante. Inutile andare a spolverare l’era Pre-Open, ma nell’era Open, quando c’erano Laver e Rosewall è arrivato Connors, quando c’era Connors è arrivato Borg, con Borg e Connors c’è stato McEnroe, poi con Mac sono arrivati Lendl e Wilander, poi ancora con Lendl sono arrivati Becker ed Edberg, con questi sono arrivati Agassi e Sampras e con Sampras e Agassi sono arrivati Federer e Nadal. Un continuo ciclo della vita del tennis che si rinnova con le generazioni che si susseguono per un semplice discorso di naturale ricambio che vede biologicamente i giovani più dotati fisicamente dei vecchi campioni che dal canto loro possono contare su un maggiore bagaglio tecnico e sull’esperienza, ma sono inevitabilmente calati dal punto di vista fisico e per questo motivo patiscono delle sconfitte che fanno parte del ciclo naturale del tennis. Assiomatizzando questo concetto quello che possiamo dedurre che sono i giovani a mancare piuttosto che i vecchi ad essere troppo più forti, non è mai esistito un tennis di questo genere e considerando che in campo sono sempre scesi in campo individui maschi di Homo Sapiens dal 1877 ad oggi è difficile immaginare che cnel giro di 10-20 anni ci sia stata una mutazione genetica così forte da fare degli anni negli anni ’80 dei super uomini e quelli degli anni ’90 dei giocatori scorsi.

Ma tolto questo discorso ci concentriamo su quello di buono hanno fatto le nuove leve. A brillare è stato come accennato Sasha Zverev capace di battere Gilles Simon, giocatore di 12 anni più vecchio di lui (anomalia pazzesca) ed è arrivato fino a match point contro Nadal. Dominic Thiem è riuscito a dare una buona impressione battendo Kovalik e Sock, ma ha dovuto chinarsi a Tsonga. Altri 2 semigiovani che hanno fatto bene solo ovviamente il finalista Raonic che ha sconfitto Tomas Berdych, un numero 7 in discesa, pesante discesa, e ha avuto la meglio anche sul sempre pericoloso funambolo Gael Monfils. Milos è arrivato a giocarsi la semifinale meno nobile contro un altro semigiovane che è David Goffin che ha raggiunto il suo miglior risultato in carriera. Da bocciare senza rimorsi sono Andy Murray che è riuscito a farsi battere da Delbonis (forse in mente aveva ancora il parto della moglie e la sua bambina) e Stan Wawrinka che è riuscito a gettare alle ortiche un match praticamente vinto contro Goffin.

Federer

Il prossimo appuntamento importante sarà quello di Miami e non si può non pensare al rientro di Roger Federer, e la domanda sorge spontanea: cosa bisogna aspettarsi da Roger? Questi 2 mesi di assenza forzati a causa dell’intervento al menisco hanno congelato la sua immagine a quella della semifinale degli Australian Open dove in  2 set era andato in apnea e poi era riuscito a salvare l’onore portando a casa un parziale. Ma è quello il Federer che rivedremo da qui in avanti? Quello che ci insegna la storia e la medicina è che è difficile recuperare presto la condizione dopo un’operazione del genere e l’età non gioca certo a suo favore. Se prima dell’intervento era in assoluta sudditanza del numero 1 del mondo è difficile pronosticare che un suo rientro possa portarlo addirittura a battagliare ad armi pari con Djokovic. Molti tennisti anche più giovani hanno di fatto macchiato la loro carriera con degli infortuni che hanno richiesto delle operazioni, quindi ad oggi è plausibile che un 35 torni come se nulla fosse successo? Solo Nadal ci ha insegnato che si può rientrare e dominare, ma l’ultima magia della sua carriera è arrivata nel 2013 a 26 anni, Federer ne ha 10 in più. La speranza dei suoi sostenitori è che possa continuare all’infinito, ma da un lato c’è la fisica e dall’altro uno dei più grandi campioni di sempre, chi avrà ragione? Lo scopriremo solo vivendo.