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ATP Dubai 2017: Andy Akbar! Murray vince negli Emirati il 45° titolo della carriera

A Dubai tutti aspettavano il Re, che per l’occasione si veste da sceicco, ma questa volta ha mancato l’appuntamento e il titolo non poteva non andare al numero 1 del mondo Andy Murray che trionfa per la prima volta nel 500 arabo dimostrando ancora una volta che la sua leadership sul tennis mondiale non è certa casuale.

La partita

C’erano poche aspettative sulla finale. Anzi quasi nessuna. Risultato in ghiaccio già da tempo immemore. Le possibilità che Nando Verdasco potesse fare partita pari con Murray erano pochissime. Tutti hanno in mente il 2° set con Kohlschreiber, ma quella è un’altra storia, un altro giocatore, un altro tutto. La partita è oggettivamente brutta e se qualcuno avesse dei dubbi basta guardare i primi 3 game. 3 game che imitano l’ormai defunta WTA: 3 giochi, 3 break. Ma i break non sono frutto di una sapiente risposta, ma piuttosto degli errori pacchiani dei 2 giocatori. Il primo a battere è Murray che commette 2 doppi falli, così, tanto per iniziare in bellezza. Nando è una grande chokatore, lo è spesso alla fine, ma questa volta ha deciso di cambiare copione e chokare fin dall’inizio. Primo turno di battuta per lui e break a zero. Lo scambio di favori continua. Andy sembra un po’ nervoso e mette a referto un altro doppio fallo che sommato ad un errore gratuito di dritto procura il 2° break consecutivo. Finalmente lo scambio di doni finisce nel 4° gioco e lo spagnolo ottiene il momentaneo allungo sul 3-1. Il numero 1 non riesce a sbloccarsi e nonostante un facile 40-15 mette a segno altri 2 errori gravi, ma questa volta si salva e tiene per la prima volta il servizio. Verdasco comincia a non capire niente. Errori su errori e arriva il 2° break a zero della partita. E siamo solo all’inizio. Siamo sul 3-3, ma da come ci si è arrivati si può parlare di una anti-partita, oscura aggiungerei. Finalmente a partire dal 7° gioco il match comincia ad avere un padrone e non poteva che essere Andyno. Mette a posto il radar e tolte le piccole imprecisioni il suo giuoco basta ed avanti per vincere il primo parziale. Altro break nell’8° gioco e 6-3 facile. Murray è stato scadente al servizio, 50% di prime in campo, ma Nando è andato molto peggio con un rendimento del 33% sia con la prima che con la seconda. Prestazione da cestinare.

Da qui in avanti è solo garbage time. Andy è semplicemente perfetto al servizio. E anche se i break non sono così numerosi come nel 1° set, 2 bastano e avanzano. Il 1° arriva nel 3° gioco. Un po’ soffertino, ma Andy perde addirittura il primo punto al servizio nel 6° gioco, nel mezzo tanti giochi bianchi. Avanti 4-2 Nando tenta una strenua difesa per mantenere almeno l’onore della bandiera. Salva 2 palla break, ma alla terza capitola e Murray chiude di giustezza. 6-3 6-2. No contest.

Il torneo

I petrol-dollari sonanti del deserto hanno attirato tanti top player a Dubai, ma quest’anno c’è stata l’assenza ingiustificata di Novak Djokovic. Il serbo ha sempre preferito giocare questo ATP 500 piuttosto che il torneo di Acapulco che solo dal 2014 si gioca sul cemento e che è meta di tennisti un po’ hypster. Ma quest’anno le spiagge messicane sono state preferite da Nole che si è presentato senza tanti kilometri nella gambe, con poco allenamento, e il tabellone fallace gli è costato caro. Se non c’è Nole c’è il Tennis. Roger Federer dopo la vittoria agli Australian Open era atteso alla prova del 9, che in realtà è solo fittizia, visto che con la vittoria a Melbourne ha prolungato la sua carriera in primis, e si è creato il passepartout per il finale della sua imitabile vita tennista. Da qui in avanti può vincere o può perdere, non fa nessuna differenza, il 18 sarà sempre lì a coprire eventuali disfatte. Non è tanto sportivo, ma in fondo se l’è meritato. E se le celebrazioni inevitabilmente finiscono, il lascito storico di una così grande impresa rimane, rimane per tanto tempo.

Federer ha esordito molto bene contro Benoit Paire che si è presentato con una barba degna del suo connazionale Sébastien Chabal (googlare). Si sa che lui gioca a sprazzi, quindi nessuna sorpresa se Roger ha vinto entro l’ora e il solito coro federiano si appella alla lezione di tennis del maestro, anzi di Al Maestro, Paire allievo, il campo era prenotato ecc. ecc. Il meno quotato e famoso Donskoy doveva essere una passeggiata di salute e invece si è trasformato in un incubo. Il russo qualificato numero 116 del mondo ha messo alla luce molti difetti di Roger che nel tempo ha saputo camuffare in tante occasioni tranne che con IL suo grande rivale storico. La Testa questa volta non ha funzionato a dovere. Certo, il poco allenamento influisce sulla prestazione, ma se hai a disposizione 3 match point contro un modesto giocatore, sei avanti 5-1 nel tiebreak del 3° non ci sono giustificazioni plausibili. I meriti vanno dati a Donskoy che è stato re per una notte e ha ritoccato un record negativo che Federer si porta dietro. L’uomo dei record ha anche quelli negativi, tanto per non farsi mancare niente. Per lui si è trattata della 17a partita persa con match point a favore. Male, ma non malissimo visto il grande numero di match che ha giocato e la mancanza di fonti riguardanti le partite di Connors, tanto per citare quello che ne ha giocate di più. Quello che però conta è che ha perso. Il Federer stellare dell’Australian Open è stato ridimensionato, ma c’era da aspettarselo. Ormai è chiaro che il suo obiettivo principale rimane Wimbledon. La terra battuta forse la sfiorerà soltanto,  il Roland Garros sembra un miraggio e allora meglio andare nel giardino di casa a cercare la propria fortuna.

Archiviato il capitolo Federer ci si sofferma inevitabilmente sul vincitore. Murray ha disputato un torneo eccezionale dimostrando una certa tenacia e cattiveria che prima gli sono mancati. Non a caso è diventato numero 1 in questo periodo e prima no. Inutile stare a disquisire su Jaziri o Garcia Lopez, il torneo si è concentrato sul tiebreak del 2° set contro Kolhi che come un buco nero ha attratto a sé tutte le attenzioni possibili (anche la luce, che è mancata nel match Federer-Donskoy). Uno dei tiebreak più belli ed emozionanti della storia ha mostrato tutto quello che il tennis possa offrire. Murray l’ha spuntata 20 a 18, non permettendo di ritoccare il record di una partita ATP che appartiene a: Federer-Safin Australian Open 2005, in coabitazione con Borg-Premjit Lall di Wimbledon 1973, Ivanisevic-Nestor agli US Open 1993, Roddick-Tsonga agli Australian Open 2007, Ivanisevic-Rudeski al Queen’s del 1997, Federer-Safin al Masters del 2004, Acasuso-Phau in Canada nel 2006. Tutti con questo maledetto 20-18 che sembra un limite invalicabile (lasciamo stare la fuffa dei Futures e delle qualificazioni). Ha salvato 7 match point di cui il primo è da infarto. Smorzata incrociata in avanzamento. Brividi. Philipp ha avuto il braccino, vero, ma quanta tenacia nell’annullare anche lui 5 set point prima di capitolare. Se qualcuno non l’avesse visto è meglio che provveda. Subito.

Una volta annullato l’ostacolo tedesco (per la cronaca poi Murray ha vinto 6-1 al 3°) Pouille non poteva essere un ostacolo serio: ha sempre preso mazzate da Andy e questa volta si è salvato con ben, e dico ben 5 game in un set. Miracolo. Senza storia il 6-1 del 2°.

A parte i 2 protagonisti attesi c’è poco da dedurre da un torneo che per sua natura non ha pretesa di fare storia. Inutile ribadire che i giovani latitano. Se Verdasco può arrivare in finale, chi lo poteva fare al posto suo? Magari Zum Zum, subito protagonista delle prime fasi del torneo e giustiziere di Wawrinka. Ma se poi perdi contro Granollers allora, come diceva Shakespeare, è molto rumore per nulla. Tra i promossi non può non esserci Nando che ha fatto il suo ed è riuscito ad agguantare quella finale che gli era sfuggita di un soffio a Doha. Anche allora match point sprecati a raffica. Bene anche Haase semifinalista che ha battuto l’ormai agonizzante Berdych. Promosso anche Donskoy, che ha giocato la partita della vita, ma si sa che quando un carneade sta giocando la partita della vita inevitabilmente il campione sta giocando male. Conditio sine qua non della partita della vita. Eugenio doveva confermare con Pouille, ma non l’ha fatto, male, ma Lucas è molto più forte del russo, per cui nessuna sorpresa. Bene anche Kolhi che se l’è giocata con Andy, ma purtroppo se hai un’aura di loser difficilmente te la togli se perdi in questo modo. Peccato per la reputazione di un giocatore dal tennis sopraffino. Bocciato senza pietà Wawrinka che era detentore del titolo, ma ha perso al primo giro come un pivello, ma questo non ci sorprende, il suo obiettivo è quello di vincere a Wimbledon chiudendo un tanto clamoroso quanto inatteso Career Grand Slam. Il dito sulla tempia è già stato puntato.

I record

Murray vince il suo 45° titolo, il 33° sul cemento. Si tratta nel 9° ATP 500 per lui (prima del 2009 Gold Series). Con questo risultato allunga in classifica su Djokovic ed è sicuro di rimanere numero 1 almeno fino agli Internazionali. E’ il primo turno che vince salvando match point, ben 7. Non capitata da Palermo 2001 quando Felix Mantilla vinse annullando nel 9 match point in semifinale ad Albert Portas. Rimane intatto così il record di Panatta agli Internazionali nel 1976 quando vinse annullando 11 match point contro Wawirk.

Conclusione

Finalmente la prossima settimana inizia il torneo di Indian Wells. Tutti i più forti saranno ai nastri di partenza. Il “5° Slam” vuole certificare questo status e speriamo che non deluda le attese. L’anno scorso Murray fece pietà e quest’anno ha l’occasione di rifarsi. Djokovic non è minimante il favorito. Ma chi lo è? Il rasoio di Occam ci dice di cercare il numero più basso, e questo appartiene a Andy che ha così l’occasione di allungare ancora su un Nole che sembra un animale smarrito. Troppo brutto per essere vero. Ci si aspetta una riscossa in uno dei suoi tornei, ma se può perdere da Kyrgios può perdere da chiunque. Nadal ha disputato un ottimo torneo ad Acapulco, Federer è tornato. Tanta carne al fuoco che l’anno scorso non c’era che non dà certezza, e forse è meglio così.