ATP Halle 2019: Zehn. Anche Federer ora ha la sua decima
Roger Federer è sempre lui. Vittoria numero 10 nella sua Halle e sull’erba sempre amica.
La partita
Lo Stadion di Halle è tutto per Federer. È il suo torneo, e il torneo che lo rappresenta maggiormente e che investito su di lui quasi, se non tutta, la sua reputazione. Nato nel 1993 con poche pretese e una grande conto in banca, non aveva la benché minima possibilità di stare davanti allo storico e prestigioso torneo del Club della Regina. Al Queen’s si mastica tennis da oltre un secolo, ad Halle non sapevano nemmeno cosa fosse, però è stato grazie alla straordinaria carriera di Roger e ai suoi successi qui in Germania che il torneo tedesco ha potuto avere lo status di ATP 500 mettendosi alla pari dell’omologo d’oltremanica.
Dall’altra parte della rete c’è il volitivo David Goffin, alla ricerca di sé stesso in questo 2019 molto blando per quello che è riuscito a dimostrare nelle stagioni passate. Il belga è un grande tifoso di Roger, anche se qui lo dimostra molto sommessamente. Aspettavamo il nostro boom boom Berrettini, però l’hobbit di Liegi lo ha disinnescato. La partita è segnata fin dall’inizio, però vale la pena seguire questo match in una caldissima giornata di inizio estate, magari con il climatizzatore a palla.
Bello il siparietto per l’ingresso dei 2 finalisti che coinvolge anche Bernardes. Il Centrale di Halle è un esempio dell’efficienza e della tecnologia tedesca che non ha nulla da invidiare a nessuno. Il tetto qui c’è e si chiude in 2 secondi. “La pioccia c’arimbalza”, dicono gli abitanti del luogo. La chiave dell’incontro è la risposta di Goffin. È stato il fondamentale che ha spostato l’equilibrio nel match contro Matteo nostro, però è qui che deve essere espressa al massimo. Federer è un big server, uno, ma sa mettere la palla dove vuole e sull’erba ha un repertorio al servizio che solo i Pooh possono vantare. Questa è l’erba di casa sua e quando batte fa il buono e cattivo tempo. Dopo una prima fase di studio in cui non ci sono scossoni è Roger ad andare sotto terribilmente. Diciamoci la verità…va bene la Retorica, però il Federer visto qui in Germania è un Re che ha perso il suo proverbiale fascino e la sua potenza. Un po’ come un Elvis panzone, pieno di brillantina e sudato che canta “You were always on mind”, Federer mette in mostra il suo tennis, però quello dei concerti in cui era Lo Re che tutto puote è lontano dalla bella copia e con un presente che è tutto da inventare. Siamo nel 5° gioco. Rispostissime di Goffin e il Re annaspa. Ci sono almeno 2 unforced di dritto da dimenticare e uno 0-40 che sembra una mezza sentenza. Ci potrebbe essere il break esiziale, però il Federer fan sbaglia a sua volta con il dritto e commette altrettanti errori del suo idolo. Da bollino rosso è il dritto in lungolinea sul 30-40. Niente. Non si passa. Il 5° è un game fiume e si chiude dopo 12 punti con un nulla di fatto. C’è un’altra micro-occasione nel 7° gioco quando Federer va sotto 0-30. Ma è solo un fuoco di paglia. Alla fine, è la maggiore efficacia al servizio a dominare. Nel 10° gioco si invertono i ruoli ed è Goffin ad essere in pericolo. Non si arriva mai a palla break, però c’è ancora uno 0-30. Grave errore a rete, però ancora non si passa. C’è l’inevitabile tiebreak. Il numero 23 del mondo spegne la luce. Buonanotte, fiorellino. Brutto gioco decisivo di David che in 5 minuti manda alle ortiche quanto di buono fatto vedere in questo match molto, ma molto equilibrato. Sono passati 54 minuti. 1 set a 0 per Federer.
La tenzone finisce qui. Quando è Goffin a partire al servizio nel 1° gioco del 2° set ne commette di ogni. Game da dimenticare. Ci sono 3 doppi falli e una racchetta lanciata a terra. Federer ci mette del suo e vince anche un falco su una palla molto dubbia. È break in apertura. È finita. Da qui in avanti è monologo svizzero che tramortisce un avversario che non sa più che armi usare. Il break nel 5° gioco arriva da solo e all’underdog viene lasciato il game della bandiera. Si chiude 6 giochi a 1 il 2° set, dopo 31 minuti. Federer non esulta più di tanto. Sono 102. Sono 10 qui ad Halle. Sono un numero esagerato. Peccato per quel maiorchino, sempre incubo di Roger, che ne ha vinti 12 di edizioni dello stesso torneo, leggermente più pesante. Rafa ne ha vinti 12 su 15, Federer 10 su 17. Non si può lamentare lo svizzero.
Il torneo
Inutile ribadire che questo è il torneo di Federer. Non so se si è capito. Qualsiasi vincitore diverso dal 20 volte campione Slam avrebbe spostato l’asse terrestre e il moto di precessione degli assi, che poi tradotto in parole povere significa: e mo che scriviamo? Siccome c’è poco tempo non si possono seguire tutte le partite, per cui meglio concentrarsi su quello che ha la maggiore probabilità di vincere e soprattutto che farà sempre parlare di sé, nel bene e nel male. Siamo in un ATP 500, un ATP 500 “doppione”, perché si porta dietro un altro omologo che inevitabilmente divide le forze in campo, un po’come avviene per Pechino e Tokyo. I primi 2 della classe sono a casa e così non ci può aspettare chissà quale draw difficulty e path proibitivi. Poi Roger è la prima testa di serie ed è per regolamento avvantaggiato. Il suo sorteggio, nei limiti del torneo, non è così benevolo e presenta diverse insidie fin dalle prime battute. C’è John Milmann nel primo turno. Lo stesso Millman che tutti ricorderanno per la sconfitta di Federer agli US Open e che, come pochi, ha un H2H in pareggio con il numero 3 del mondo. C’è da aggiustare questa statistica e l’erba è il teatro ideale per farlo. C’è partita, stranamente, e nel primo set c’è equilibrio, almeno fino al tiebreak. Da lì in poi è tutto in discesa per il 9 volte campione, sempre a suo agio su questa superficie. Il secondo turno è il peggiore che potesse capitare sulla carta. C’è Tsonga e la mente non può non andare a quella partita di Wimbledon del 2011 in cui il francese riuscì a rimontare 2 set di svantaggio. Colpa della fatica. Viene declinata così la scusa dei Federer fan che hanno un libro di 56 capitoli in merito, ognuno scritto con dovizia di particolari. Federer per lunghi tratti sembra che stia per cedere le armi. Jo gioca meglio, vola come una farfalla e punge come un’ape. Non si sa come, ma Roger si salva in un tiebreak molto travagliato. Si capisce chi è il migliore in campo e il 2° set di marca transalpina non stupisce nessuno, anzi è la normale conseguenza di una superiorità che in alcuni momenti è netta. Però si sa che Federer non può perdere qui. Allora deve succedere qualcosa. Succede qualcosa, non si sa cosa, ma la wildcard transalpina perde il filo della partita e gioca un 11° gioco da film horror. È un game fatale. Passa Federer, 7-5 al 3°, ma che fatica.
Ai quarti di finale c’è Bautista Agut. Non proprio un erbivoro. Sulla carta è una sfida facile, almeno più facile della precedente, ma non è così. Federer è ancora in estrema difficoltà. Questa volta si prende facile il 1° set, però poi Roberto inizia a martellare dall’altra parte della rete mandando ai pazzi Federer che non sempre la manda di là. Il set si decide nel 3° gioco e il 2° va allo spagnolo. Sembra un’altra giornata in cui Roger debba andare a casa, però come nei film di James Bond prima e poi deve uscire il figone. Non sempre è Ursula Andress, però una Eva Green non si rifiuta mai. Ci sono 2 palle break per Agut in apertura del 3° set, ma non bastano. Si ripete un copione risaputo. Il premio di MVP va a Robertino, però Federer si prende il match con il break esiziale, dirimente e fatale allo stesso tempo del 10° gioco. Roger è passato. Ancora una volta. La sfida di semifinale è tautologica. Pierugo sarebbe un buon erbivoro, però il suo servizio fa ride. Un misto tra Sara Errani e Andrea Sartoretti mette in mostra un tennis che non esiste e Federer se lo mangia in un sol boccone. A conti fatti è stata la sfida più semplice per Rogé, in un torneo in cui, come sempre, il tabellone può dare una mano così come affossarti.
Record
- 102° titolo ATP per Federer, 2° in Era Open dietro a Connors
- 19° titolo sull’erba, record era Open
- 10° titolo nello stesso torneo. Solo Nadal ha fatto meglio a Barcellona e Montecarlo, 11, e Roland Garros, 12
- Più lungo timespan tra 1° e ultimo titolo in Era Open
- 16a stagione con almeno 3 titoli, record era Open
- Più lungo timespan tra 1° e ultimo titolo vinto nello stesso torneo
- 2° più anziano a vincere un torneo su erba in Era Open dopo Rosewall a Brisbane 1972
Conclusione
Festeggiare il 102° è banale, non lo è festeggiare i 102. Vincere ad Halle per un Roger di questo livello, con una stagione così ad alto livello, è una formalità. Non si sono top 10 sul suo cammino. L’ultimo fu Safin nel 2005, ma allora i migliori andavano ovunque, perché erano giovani. Ora i migliori sono i vecchi, ed è difficile vederli assieme in un torneo che sia sotto un Masters 1000. Dalla finale 2005 ci sono stati tutti tennisti non Top 10, più o meno bravi. Fanno più notizia le sconfitte qui ad Halle, quella contro Coric lo scorso anno. Quella con Zverev nel 2016. Anche quella un po’ più datata del 2012 con l’amico Tommy Haas. Non questa vittoria. La semifinale raggiunta al Roland Garros era stata un sentore e un facile memorandum su quello che è capace di fare Roger sull’erba. Il sillogismo è semplice, intuitivo: se è riuscito a fare così bene su terra battuta, cosa potrà fare su erba? La risposta sempliciotta è che potrà fare meglio, che poi tradotto in soldoni significa: andare a vincere a Wimbledon. Nascondersi è un’arte, ma qui non è praticabile. Tutti sono dietro, anche anni luce. Gli unici che lo possono impensierire sono sempre 2 là. Uno è Novak Djokovic, numero 1 del mondo, numero del seeding e favorito anche per i bookmaker. Doveva fare il Grande Slam, ma non lo farà. Però è lui l’indiziato numero 1 a vincere ai Championships anche in virtù della vittoria dell’anno scorso e soprattutto del tetto montato anche Court No. 1. L’altro è Rafael Nadal. A Parigi ha mostrato che sulla terra battuta non ce n’è neanche per tutti gli Avengers messi assieme. Ancora riecheggia la dura lezione inferta a Federer, però si sa…tanto è terra battuta. Che ce frega de Rafa, noi c’avemo Rogé! L’anno scorso Rafa è stato ad un passo da un’altra impresa, quella più dura: vincere Roland Garros e Wimbledon. Borg lo faceva in scioltezza, ma Rafacito è progettato e costruito in un altro modo. Quanto di buono fatto vedere in Francia potrebbe essere replicato a Londra, magari con un tabellone easy che lo porti fino alla semifinale in cui ci sarà sicuramente o Federer o Djokovic (maledetto algoritmo verde!). Facendo 2 conti agili possiamo dire che questo Roger può e debba fare bene sull’erba più prestigiosa del mondo. È un altro record da andare a prendere per 1 tennista che ne ha tanti e che ancora non vuole fermarsi.
Ora classica settimana leggera con 2 torneini su erba fino a sabato. Poi domenica di riposo prima del grande botto. Tutto il mondo aspetta Il Torneo per eccellenza e ci sarà da divertirsi.