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ATP Roma 2018: L’uomo della pioggia. Nadal vince l’8° titolo al Foro

Amadeo Amadei, Lando Fiorini,Giulio Andreotti, Falcão, Franco Califfano, Francesco Totti. Chi è l’ottavo Re di Roma? Oggi è semplicemente Rafael Nadal.

La partita

La sfida tra Nadal e Zverev mette di fronte il passato e presente della terra battuta contro il futuro di questa superficie. Sasha ha saputo dimostrare di essere un grande sul clay vincendo consecutivamente Monaco e Madrid e collezionando 65 turni di servizio consecutivi senza mai essere brekkato. Però oggi c’è l’imperatore del mattone tritato e bisogna stare attenti, perché tutti i record oggi non valgono niente. Si comincia attorno alle 16 e 15 con un tempo prevalentemente primaverile. Sugli spalti ci sono tutte le maschere del Belpaese. Ci sono Binaghi, Malagò, la sindaca Raggi, i riesumati per l’occasione Pietrangeli, Lea Pericoli e l’intruso Santana. Ci sono anche i tifosi della Lazio e dell’inter, però non in tale veste, almeno durante la partita. Sono lontani i cori di stampo calcistico degli anni ’70. Per…sfortuna. Almeno in quegli anni eravamo incivili ma vincenti. Oggi siamo civilizzati e perdenti.

Parte forte Alex che si prende subito il break in apertura e fa capire subito al suo avversario che non può dormire sonni tranquilli. Nadal mette subito la marcia giusta e inizia a elargire spettacolo. Il suo repertorio sul mattone tritato è il solito, ma è sempre un bel vedere. Il topspin è esasperato e il tedesco dall’altra parte della rete fa quello che può, anche se gli unforced sono numerosi, però in questi casi non si sa mai quanto siano non-forzati. Il risultato è sorprendente: 6-1 in 33 minuti. 6 giochi consecutivi per Rafa e Zverev che perde per 3 volte consecutive il servizio. Sembra la solita mattanza iberica, ma non sarà così.

Come in uno specchio riflesso ma con una NOT in ingresso, il secondo set diventa l’esatta copia del primo ma a parti invertite. Questa volta Sasha tiene il suo turno di servizio e fa soffrire non poco Nadal. Questa volta è lo spagnolo a sbagliare tutto e a subire pesantemente. Il numero 3 del mondo dimostra una maturità tattica non indifferente e gioca molto spesso da fermo, piantato a fondo campo, variando con il rovescio e affondando quando è necessario. Rafa recupera quello che può però non è più quello del 2005 che tra uno scambio e l’altro andava a tagliare una fetta di porchetta ad Ariccia. Ancora risultato sorprendente: 6-1 in 39 minuti.

Si va al terzo e l’inerzia è tutta dalla parte del teutonico vincitore a Madrid. Il tempo però nel frattempo è cambiato. Nuvole minacciose arrivano sul Foro Italico e inizia a piovigginare. Sulla terra battuta si può giocare se la pioggia è leggera, però il brusio degli spalti con gli spettatori che cercano riparo nelle mantelle di Dolce & Gabbana è fastidioso. Le condizioni sono buone e si continua. È Nadal questa volta a perdere il servizio in apertura. E la situazione sta precipitando. Zverev non concede nulla e si porta subito sul 2-0. Presto arriva il 2-1 e poi il 3-1. Adesso inizia a piovere seriamente. L’umpire è costretto a interrompere. Non piove a scatafunnu però non si può giocare. Nadal è l’unico che vorrebbe rimanere in campo ma non si può. Tutti gli spettatori cercano riparo dove possono però i giocatori non portano la borza con gli attrezzi da lavoro negli spogliatoi. Infatti la pioggia smette subito e dopo 10 minuti si può riprendere a giocare senza riscaldamento. Parte il numero 2 del mondo che commette doppio fallo a freddo. Potrebbe essere la sua pietra tombale. Non, non è la fine. Ottiene a fatica il servizio e si fa sul 3-2. Servizio Zverev e scende giù l’acquazzone. Questa volta è pioggia vera. Si copre il campo con i teloni e le previsioni non sono confortanti. C’è la possibilità che si continui di lunedì come successo nel 2012. Allora ci furono polemiche anche per la concomitante finale di Coppa Italia tra Juve e Napoli da giocare all’Olimpico e anche quest’anno ci sono state le stesse polemiche. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Dopo 46 minuti circa però non piove più. Vengono tolti i teloni e si può continuare. Ci vuole però prima il riscaldamento. È passato troppo tempo. Si riprende ma nel frattempo si susseguono le illazioni circa l’evidente vantaggio che avrebbe portato l’interruzione a chi stava inseguendo. Sono tutte vere. Zverev non è concentrato come dovrebbe. C’è in campo fisicamente ma con la testa chissà dov’è. D’altro canto Nadal è concentrato come Luciano Zeppegno nella domanda finale di Lascia o raddoppia del ’56. Rafa strappa subito il servizio al suo avversario e inizia a martellare come solo lui sa fare. Non disdegna di scendere a rete e costringe all’errore il tedesco. Lezione severa per Sasha che rimane inerme. In realtà dall’altra parte non c’è un tennis stellare, però basta per mandarlo in cortocircuito. Altro break e Nadal serve per il trono di Roma che manca dal 2013. Arriva subito a match point, potrebbe chiudere con uno smash, ma sbaglia. Non manca il secondo. È ancora lui il Re de Roma. Quando eravamo piccoli seguivamo la trasmissione “I miti del Foro” e tra questi c’erano (ci sono) grandi giocatori come Panatta, Borg, Vilas. Bene. Ora dove lo mettiamo Rafael Nadal? Chiamarlo mito sarebbe riduttivo non poco. Però meglio non andare oltre su questa disquisizione filosofica. Il mancino di Manacor si prende la sua Coppa Italia e dopo una piccola parentesi in inglese si lascia andare in un italiano stentato come una nelle prime versioni di Belen Rodriquez. Ringrazia tutti e ricorda con commozione la sua vittoria al Foro nel 2005 nel match titanico contro Coria. È ancora lui il re, è ancora lui il numero 1 del mondo.

Il torneo

Dopo la battuta d’arresto madrilena il King of Clay era chiamato ad una prova di riscatto. La sconfitta contro Thiem aveva mostrato un Nadal vulnerabile e forse non più dominatore come un tempo. Però era diffusa l’opinione che una piccola pausa prima del grande botto rosso fosse fisiologica. Bene, ha vinto la seconda corrente di pensiero. Al debutto c’è stato il bosniaco Dzumur che tanto se la rise a Miami nel 2017 quando Rafa fu costretto al ritorno. “M’hai provato e io me te magno, te distruggo…!”. Damir disintegrato con un perentorio 6-1 6-0. A casa. Nella partita successiva c’era Shapovalov. Il ragazzino canadese che sconfisse il numero 2 nel mondo proprio in Canada battendo una decina di record di precocità. Anche questa Rafa se l’è legata al dito e non perdona. Dopo un primo set combattuto arriva la severissima lezione del secondo un perentorio 6-1. Denis non è ancora pronto per questi palcoscenici. Solo un 19enne può arrivare fino in fondo e vincere qui e ce l’hai di fronte! Impegnativa la partita contro Fognini. Il talento di Arma di Taggia è arrivato allo scontro contro l’eptacampione battendo al primo turno niente meno che il giustiziere di Rafa a Madrid Thiem nell’incontro più bello di questi Internazionali. Fabio è una che sa come battere la tds numero 1. L’ha fatto sulla terra battuta e l’ha fatto nella memorabile sfida di Flushing Meadows del 2015. Il suo giuoco piatto e pieno di accelerazioni improvvise è progettato per questo scopo. Non è un caso che l’azzurro strappi il primo set a Nadal che per ampi momenti tentenna non poco. Però poi le batterie liguri scarseggiano fino ad arrivare allo 0%. Per abbattere il toro devi giocare a tutta per tutta la partita. L’ha fatto Thiem a Madrid, non si ripete il Fogna che colleziona una severa lezione, a tratti immeritata, ma comunque testimone di una condizione straordinaria di Rafa che sa anche superare i momenti difficili. Dopo tanti tornei in cui aveva perso prima del tanto atteso match-up si presenta in semifinale l’ondivago Djokovic che da inizio anno ha collezionato severe batoste, ma che qui a Roma ha saputo finalmente ritrovare il suo gioco e una certa continuità che quantomeno gli permettono di battere chi gli è evidentemente inferiore dal punto di vista fisico, tecnico e tattico. È la sfida numero 51 per i 2 giocatori che hanno vissuto sempre all’ombra del più tifato svizzero. È la sfida che si è giocata di più in era Open. Ci sono scontri epici nella collezione, ma tra i 2 non è mai nata una vera e proprio rivalità alla Coppi-Bartali, Borg-McEnroe. Però le implicazioni storiografiche qui stanno a zero. C’è una semifinale di un Masters 1000, anche se i bookmaker non sono dello stesso parere. Le quote impietose danno vincitore Nadal a 1.16, Nole a 6. Tradotto per gli umanisti: non c’è partita. Sembra di assistere alla riedizione del match di Monte Carlo 2015, però a parti invertite. Allora c’era un serbo che veniva da un filotto straordinario e con uno spagnolo titubante che doveva dimostrare tanto e che non dimostrò niente, anzi. Il copione di allora non si ripete perché Nole gioca una grande partita nel primo set. Ritrova le profondità che gli appartengono e le geometrie che l’hanno portato così in alto. Rafa gioca anche lui al meglio. Il risultato è un bellissimo scontro da registrare e, per certi versi, inatteso. Il primo parziale si conclude al tiebreak e vince il mancino di Manacor. Di fatto la partita si conclude là. Il gap indicato dai bookies si manifesta nel secondo parziale e Djokovic mostra tutte le sue lacune di questa prima parte di stagione. Non può nulla conntro questo Nadal che gioca concentratissimo e sa che l’altro l’ha fatto penare non poco e gli ha tolto tanti e tanti titoli importanti. Non c’è tempo per fare l’elenco, basti solo pensare che ha battuto lo spagnolo ben 7 volte sulla terra battuta. Un numero spaventoso.

Dopo aver parlato del vincitore non si può non parlare del finalista. Grandi parole di elogio erano state spese per la sua vittoria a Madrid ed era tutte meritate. Una sconfitta arrivata in finale in questo modo non può cambiare il giudizio positivo su questo atleta che da questo momento in poi non può non diventare un campione. Vincere 3 Masters 1000 oggi è un grande traguardo, però la storia si fa negli Slam dove è ancora atteso al suo primo quarto di finale. Ad oggi è il numero della Race, che conta relativamente poco nel mese di maggio, però meglio stare davanti che dietro, come disse Confucio. I paragoni con i campioni del passato si sprecato ma forse quello che gli somiglia di più è Ivan Il Terribile Lendl. Il cecoslovacco nel primo periodo della carriera fece fatica ad imporsi negli Slam pur vincendo tanti titoli importanti. È stato uno dei pochissimi ad essere numero 1 prima di vincere un Major e riuscì finalmente a trionfare nel 1984 a Parigi dopo aver vinto tutti i tornei e torneini di qualsiasi categoria. Un giocatore, Ivan, che sapeva esprimersi bene sia sulla terra battuta che sul veloce, ma che odiava l’erba e che mai riuscirà a vincere il torneo più importante del mondo. Non auguriamo la stessa sorte a Sasha che però non si fa fatica a collocare come sicuro outsider già al Roland Garros e, perché no, anche a New York. Forse potrebbe essere proprio l’erba di Wimbledon il suo limite, però sono solo illazioni che lasciano il tempo che trovano. Quello di Zverev è stato un grande torneo e, aspetto più importante, non è crollato come aveva fatto l’anno scorso a Cincinnati dopo le vittorie a Washington e Canada. È stato in piedi fino alla fine a combattere per il titolo e per poco non c’è riuscito. Facile è stato il suo debutto contro Berrettini, un po’ meno la partita contro Edmund che è stato il primo a togliergli il servizio interrompendo la striscia di servizi consecutivi vinti su clay a 65. Ha avuto un momento di blackout contro Goffin che è stato bravo a irretire l’avversario nel secondo set prima di capitolare nel parziale decisivo. Ancora una volta abbiamo visto la tigna del campione. Non da terra battuta è stata la sfida contro Marin Cilic. Tennis esasperato, tennis bim bum bam, dove ha prevalso il servizio e se non ci fosse stato il tiebreak sarebbe durata qualche giorno. Il gioco decisivo del primo set si chiude dopo 28 punti (fate voi i conti come). Ancora equilibrato è stato il secondo parziale ma sempre dalla parte del figlio del sovietico Alexander Zverev Sr.

I record

  • 8a vittoria a Roma (record era Open)
  • 78° titolo in carriera
  • 56° titolo in carriera sulla terra battuta (record era Open)
  • 76° titolo outdoor (record era Open)
  • 32° Masters Series / Masters 1000 (record assoluto)
  • 24° Masters Series / Masters 10000 vinto in una superficie (record assoluto)
  • 357 vittorie nei tornei Masters Series / Masters 1000 (record assoluto)
  • 48 finali degli Masters Series / Masters (record assoluto)

Conclusione

Il Re non era morto! Il Re è vivo! Nadal ritorna sulla vetta del ranking ATP dopo una piccola sosta di una settimana. Lo sarà fino alla fine del Roland Garros dove è chiamato a confermare il titolo dell’anno scorso per rimane là sopra. In questo periodo conta poco o niente il ranking ATP. I punti di distacco tra i primi 2 della classe sono talmente esegui che non si può parlare di un vero e proprio numero 1, piuttosto di un primus inter pares. Quello che più è importante è che Nadal è riuscito ancora una volta a vincere a Roma, ancora una volta 3 titoli sul rosso prima di Parigi, con la tripletta Monte Carlo-Barcellona-Roma realizzata nel 2005-2006-2007-2009-2012. Si pensava che quel Nadal non potesse più ritornare come è nella normalità della nostra caduca realtà, invece il 2017 e il 2018 hanno dimostrato ancora una volta chi è il King of Clay. Le sue strisce si allungano, i record si rinvigoriscono, se ne aggiungono di nuovi e ormai sembrano aver scavato un solco infinito tra chi sta al primo posto e chi in futuro cercherà di avvicinarsi a lui. Però ancora non è finita, anzi non è ancora iniziata. Si va a Bois de Boulogne, si va dove si fa la storia. I torneini vinti fino a ora significano poco senza la Coppa dei Moschettieri. Nadal parte da favorito. Ehhh. Come mai? Strano. Questo lo sanno anche i sassi. Però c’è la consapevolezza che qualcuno forse può batterlo. 3 su 5 è un altro sport. Però i vari Zverev e Thiem non staranno certo a fare le comparse nella capitale francese. Rafa stesso ha detto che se Sasha non farà bene negli Slam non ne capisce niente di tennis. Sarà proprio lo Slam parigino la prova del 9 del tedesco, chiamato a dimostrare il suo talento e scrivere il suo nome tra i grandi. Chissà che non sia questo lo Slam dove farà bene. Dovrà passare sul cadavere di Nadal che cercherà di vincere l’undicesima che conta di più, come se i 10 trionfi precedenti non contino niente. No, perché non contano niente quando sullo Chathier, nel campo più grande del mondo, migliaia di spettatori aspetteranno un tuo passo falso e altri applaudiranno ogni tua magia. Dopo l’abbuffata Madrid-Roma ci sarà la consueta pausa di riflessione elettorale prima del Rolando, con i tornei di Ginevra e Lione. L’uomo solo al comando è lui, però gli altri dietro solo pronti ad approfittare di ogni suo passo falso. La sconfitta a Madrid ci sta. Meglio riposare un po’. E come disse Enrico IV:”Parigi val bene una messa”.