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Australian Open 2020: Wuthering Eights, Djokovic ancora campione a Melbourne

Nole si conferma campione ancora una volta in Australia. Vince il suo 17° Slam e ora fa la voce grossa.

La partita

La finale è un classico tra l’ancièn regime e il nuovo che vuole e deve avanzare. In realtà Thiem non è più un giovanotto e, non si sa se è un male o un bene, l’età si incrementa progressivamente e il conteggio è arrivato a 26 anni e mezzo. Non proprio un Next Gen. Però sembra proprio l’austriaco il candidato numero 1 a scalzare per la prima volta dal trono degli Slam i Big 3 che dal post-US Open 2016 hanno dominato un po’ inaspettatamente senza nessun innesto. Ancora una volta c’è un contrasto di stili che, come sempre, è garanzia di spettacolo.

La partenza è tutta di marca serba e il cambiamento sembra da subito fare posto all’usato sicuro. Djokovic neutralizza tutte le bordate del suo avversario e mette in campo una difesa tipica di una contraerea. Il break serbo arriva alla prima occasione buona anche con qualche giochettino di classe. 3 a 0 e già Norman comincia ad indossare la bandiera serba, ancora una volta. Però la vampata iniziale dura poco perché Djokovic si incarta e arriva un contro-break che cambia completamente l’asse della bilancia. Thiem allunga e si ritrova 4 a 3 e servizio. Il timone cambia ancora di 180° e Djokovic allunga fino ad ottenere un nuovo break e Thiem, a là Verdasco, commette il doppio fallo proprio sul set point.

Djokovic è troppo forte. Questi sono i suoi campi, se non altro perché sotto i suoi piedi c’è il Greenset, il materiale usato per i tornei indoor su cui Novak ha vinto qualcosina. La partita sembra indirizzata però non sarà così facile, anzi. Thiem vuole dimostrare, come un famoso shampoo francese, che vale. Il break austriaco arriva subito, anche per colpa di un Nole falloso doppio falloso, anzi quadruplo. 2 a 1 e servizio Domenico. Nole però non lascia andare il suo avversario e aumenta l’intensità del suo gioco basato per lo più su un palleggio asfissiante. Non rimane che aspettare l’errore austriaco che arriva puntuale. Siamo sul pareggio. 4 a 4. E qui arriva il primo turning point del match. Djokovic inciampa in 2 time violation. La prima passa inosservata. La seconda costa la prima di servizio. Siamo sul break point e questa seconda costa cara al serbo. Errore grave e break Thiem. Dominator non si lascia abbindolare e picchia come un fabbro. 6 a 4. 1 set pari. C’è una finale.

Perdere un set ci sta per Nole…l’ha perso con Struff, però all’improvviso si spegne la luce. Il calo è vertiginoso e Djokovic inizia ad imbarcare acqua da tutte le parti. C’è subito il break in apertura ma lo spartito è tutta una rottura prolungata del campione in carica. Non c’è storia e Thiem ne approfitta. Sono 5 i game vinti consecutivamente dall’austriaco che si prende il doppio break anche grazie anche un nastro amico. Facile il 6 a 2 che certifica una difficoltà serba che non si vedeva qui forse dai tempi di Safin e quel massacro ante-litteram del 2005.

Qui arriva quer pasticciaccio brutto de Melbourne. Messo alle strette nel fisico e nello spirito, Djokovic si inventa un infortunio e il conseguente MTO. Non c’è un dottore che possa valutare run-time se un MTO è true o false, però il regolamento lo consente. Djokovic esce dal campo e si ricarica con una PowerBank allestita per l’occasione (chissà come avrà infilato il cavo USB). L’inerzia della partita cambia, ma lo fa a poco a poco. Thiem sull’1 pari ha l’occasione di prendersi il break decisivo ma sbaglia una facile volée. Djokovic carbura come un diesel e a poco a poco il suo radar ritorna a funzionare come ha sempre fatto. Gola profonda Nole spinge la palla sempre più in là e si prende il break che lo porta sul 5 a 3. Il numero 2 del mondo la chiude subito. Ci sarà un quinto set, come già successo nelle ultime 2 finali Slam.

Ora Thiem non sa più che fare. Non ha un piano B e anche il lato B sembra essere deficitario. Djokovic fa il suo e a poco a poco si ritaglia addosso il 17°. Dominic è colpevole. Commette troppi errori, ma il suo gioco è questo, non si può inventare nulla in così poco tempo. Il break esiziale arriva nel 3° game. Tim ha l’occasione di portare tutto in equilibrio nel 4° game, ma è coraggioso Nole ad annullare break point con il serve & volley. Thiem sparacchia a rete l’ultima palla per pareggiare i conti. Djokovic va dritto per la sua strada. Chiude sul 40-15 e match point, come solo lui sa fare. È ancora lui il Re d’Australia. Ha vinto da favorito, ma ha sudato non poco in finale. Ci sono delle polemiche sull’MTO, però va anche criticato Thiem, non capace di approfittare del momento no dell’avversario.

Il torneo

Le statistiche parlano di un torneo “nella media” per Djokovic. In Australia in passato ha mostrato un tennis più esplosivo e molto più dominante, però quello che contava era portare a casa la coppa. Missione ampiamente compiuta. In realtà quello di Djokovic è stato un torneo molto anonimo. Il suo tabellone è stato molto easy e non ha mai presentato difficoltà serie fino alla finale. Ci sta perdere un set contro Struff. Il gioco del tedesco è costruito per impensierire Nole, ma fino ad un certo punto. Dopo Struffolo ci sono stati i 2 Pokemon proveniente dal Sol Levante. Ito se n’è ito subito, Nishioka non se la gioca. Questi 2 non hanno raggiunto i minimi standard per una partita ufficiale ATP. Dopo Yoshihito è proseguito il Festival degli Gnomi con Schwartzman a fare il classico nano da giardino. Nole lo pialla con il decespugliatore e i quarti di finale arrivano in un amen. C’è Raonic ad attendere il defending champion. Un giocatore che non ha mai vinto mezza partita con il numero 2 del mondo, e se non l’ha fatto quando era al top, figuriamoci quando è al bottom. “Il servizio è fondamentale”. Bla, bla. Le solite minchiate. Non c’è partita e Milos esce dal torneo con un grande risultato e una grande bastonata. Si arriva alla semifinale. Protagonsita è uno dei lati del Triangolo più diabolico dello sport. Il lato più spigoloso, quello con meno rispetto e con più rancore. Purtroppo, la partita è solo nel primo set. Federer gioca con una gamba di legno e un occhio bionico. Roger ha anche la palla per andare avanti 5-1 nel 1° set però poi si denuclearizza e esce malamente dal campo. Djokovic raccoglie quello che rimane del falso dio e allunga gli H2H su quello che non doveva avere difetti.

I record

  • Djokovic vince per l’8a volta l’Australian Open, record all time
  • 5° Slam vinto da over 30 (record era Open condiviso con Nadal)
  • 1° tennista a vincere almeno 1 Slam in 3 decadi diverse
  • 11° Slam sul cemento (record condiviso con Federer)
  • 17° Slam (3° dietro a Federer e Nadal)
  • 78° titolo ATP, superato McEnroe

Conclusione

Nole e i nolicchi scoprono di avere la minchia. La sbattono sul tavolo e dicono:”…e mo che famo?!”. Dopo anni di repressione a rincorrere prima il mito del falso dio Federer poi diluito nell’epicità del Fedal, il tifoso del serbo vuole scoprire quanto ce l’ha lungo. “Avete rotto le palle con questa storia del GOAT!”. Beh, ora la mia minchia può essere la più lunga di tutti i tempi. Se la guardi da una certa prospettiva, se me la guardi allo specchio hai visto quanto è grande?! Ma tu che ne sai? Voi non capite un cazzo! (non a caso). Il falso dio è circondato da una minchia che sta diventando sempre più grossa. “E mo?! E mo ce la giochiamo”. Ce la giochiamo con i numeri, d’altronde la geometria non è mai stata un reato. Il dato principe di questa cosmologica fallomachia è uno solo ed è incredibile. Alla stessa età che ha oggi Djokovic tutti i Big 3 avevano gli stessi Slam. Una prospettiva inquietante che spalanca le porte di una guerra termonucleare globale che avrà ben 3 forze egualmente potenti a contendersi di quello che rimarrà delle ceneri del tennis. -1, -3, +3, 0, x, y, float, ormai i dati sono sputati anche dalla lavatrice, anche lei coinvolta in questo scontro senza pietà. È incredibile come nessun giovane o meno giovane riesca a scalfire la dittatura più invadente della storia del tennis. Neanche Sears e Renshaw potevano immaginare una così abietta supremazia. Anche loro hanno dominato così, ma non si conoscevano e forse non c’è mai stato essere umano ad averli visti vincere quelli che solo tanti anni dopo sarebbero diventati Slam/Major. E i giovani? N’do stanno?! Mah. Una debacle clamorosa che rischia di essere ridicola e pericolosa allo stesso tempo.  Lo slam-centrismo certificato nelle leggi più profonde del tennis si contrae in un buco nero con una massa pressoché infinita e assorbe tutto quello che c’è attorno. Uno sport individuale, ma sempre plurale, con decine di protagonisti da apprezzare, si focalizza solo su 3 punti che a questo punto saranno al centro di questa nuova stagione che rischia di essere solo la resa dei conti della guerra galattica per quel Record. Quante notti senza fine, troppe regole malsane di una vita che sapori non ha. Tanto dura è l’esistenza, c’è fin troppa avidità, l’amicizia non ha più dignità.