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Cronaca di un noliano per caso

 
 
Venerdì 7 giugno. Parigi. Apro la finestra. È freddo, è grigio, ma il tempo regge. Anche l’app meteo non sembra troppo pessimista. Ottimo, le semifinali del Roland Garros ci aspettano. Fedalone, Nolone, arriviamo. Caffè, croissant, e si parte. La Tour Eiffel, la Senna, i grandiosi palazzi ci scorrono davanti… si vabbè tutto molto bello e interessante, ma sarà per un altro giorno. Oggi il protagonista è il tennis.

Arriviamo alle Porte d’Auteuil. Manca ancora un’oretta e mezza abbondante prima dell’ingresso in campo dei giocatori, e ci dirigiamo a una specie di lounge poco distante per aspettare, mangiare un boccone e metterci al riparo dal vento. Stanno giocando le donne. Sono in corso psicodrammi vari ed eventuali ovviamente. Epiche rimonte, match sprecati, match riacciuffati per i capelli. Che sorpresa, chi l’avrebbe mai detto.

A un certo punto appare un tipo atletico, abbronzato e brizzolato, pantaloncini e racchetta da tennis. Il pubblico femminile apprezza. Io non posso che convenire che, rispetto agli anni in cui era uno dei grandi favoriti dal Roland Garros (con due vittorie), è migliorato parecchio, almeno come look. Una tra i pochissimi giocatori che può vantare H2H positivi contro Sampras (3-2 complessivi, 2-1 su terra e 1-1 su superfici veloci), Sergi Bruguera è sorridente, scambia quattro chiacchiere, un paio di selfie. Un ragazzo gli chiede chi vede come favorito per la vittoria finale. Lui risponde il suo big friend Rafa. Bah, penso io. E NOLONE?

È quasi tempo di entrare. Raggiungiamo il nostro posto e attendiamo l’ingresso di Roger e Rafa.

Il clima è festoso. O meglio, il clima in senso stretto è veramente uno schifo, fa freddo, e soprattutto tira un vento gelido. Le nuvole passano sopra lo Chatrier ad una velocità che, per noi che viviamo lontano dall’oceano, è poco abituale.

Lo stadio si riempie lentamente, e l’atmosfera si fa sempre più elettrica. Io non sto più nella pelle. Non c’è particolare tensione, bisogna dire, o quantomeno io non la percepisco…  forse il pubblico è consapevole del fatto che l’esito finale è abbastanza scontato, salvo grosse sorprese. Più che l’attesa per una sfida all’ultimo sangue, fatta di agonismo puro, sembra più l’attesa che c’è alla prima del film di un grande regista. Di cui sappiamo per filo e per segno i pregi e i difetti, che forse ha già detto molto se non tutto, ma che torniamo a vedere sempre con gioia, come si fa con un vecchio amico.

Entrano in campo Roger e Rafa. Boato, “Roger-Roger-Roger!” Il pubblico parigino parteggia nettamente per Federer. Non che Rafa non abbia i suoi tifosi, ma quando fa un bel punto Federer gli applausi, le grida e i cori sono del 70-80% più forti. Dopo ogni game vinto la gente si alza in piedi, parte anche qualche ola.

Il primo set è divertente, secondo set è un gran set, ed è un po’ un peccato che finisca quasi all’improvviso, dopo un game buttato malamente. Una folata di vento, un servizio malamente ciccato, risatina nervosa, e Roger si deconcentra completamente, un po’ sullo stile della piuma che fece uscire di testa Muzza agli Australian Open.

La partita è complessivamente bella, Roger e Rafa giocano bene, e non si lamentano, nonostante le condizioni siano oggettivamente difficili. In questo li ho molto ammirati. Il vento cala, poi cresce di nuovo, esce anche un po’ di sole a tratti. Mai apprezzato così tanto un raggio di sole.

Rafa tira un paio di rovesci incrociati da orgasmo, dei traccianti inauditi, che là dove mi trovo fanno ancora più impressione che dal fidato amico divano. Sono vicino a un folle vecchietto in pantaloncini corti e maglietta leggera (credo norvegese o svedese) che è un fan scatenato di Rafa e che a ogni grande punto scatta in piedi più veloce di me. Mito vero.

Avevo già visto sia Roger che Rafa dal vivo, e ancora una volta, mi stupiscono due caratteristiche in particolare, che forse in televisione si colgono (o io colgo) in misura meno evidente.

Federer gioca in un modo così fluido e decontratto che a me personalmente provoca stupore misto quasi a fastidio. L’hanno detto in tanti, frustate liquide e tutto è evidentemente una banalità, ma è oggettivamente incredibile. Non sembra mettere neanche lontanamente il 100% della sua concentrazione, delle sue armi, della sua intensità, su ogni singolo punto. È là, che aleggia sul campo come un angelo, come facesse un pittino, un allenamento. Le fiondate che gli escono dalla racchetta non hanno senso di esistere, non sembra neanche possibile che colpendo (apparentemente) così svaccati si possa generare una simile potenza. Eppure.

Di Nadal invece è incredibile come si muova bene, il foot-work. Certo, corre e recupera, ma da quel punto di vista è sicuramente calato rispetto ai tempi d’oro. Ricordo di averlo visto a Roma 2010, ed era sovraumano quanto rapidamente arrivasse su ogni pallata con cui cercavano di sfondarlo. Da quel punto di vista, è diventato più normale. Ma come cerca la palla è e resta incredibile. Se Roger ha un timing sovraumano nell’impatto, Rafa ha un timing sovraumano nello spostamento. In particolare, un dritto a sventaglio in avanzamento su un back basso di Federer mi fa scattare in piedi (stavolta più rapido del vecchiazzo eschimese). Penso, vedendo la rasoiata di Federer: questa palla la prende sicuro male, la sbaglia, o butta di là una schifezza e viene passato.

E invece Nadal si muove sul campo come un puma, sembra quasi scivolare, mi viene in mente il moon-walk di Michael Jackson vedendolo, si affianca alla palla infida e BANG! Fucilata di dritto perfetta, controllata, nell’angolino a sinistra. Babba bia. BABBA BIA.

6-3 6-4 6-2, due ore e mezza di buon (a tratti ottimo) tennis. Applausi.


Una breve attesa, tempo di comprare un thé caldo (overpriced shit ma essenziale per la sopravvivenza e il mantenimento della temperatura corporea) ed è la volta di NOLE e Thiem. Lo stadio si è svuotato, e non riempirà più come prima. Anche il mood del pubblico è diverso. Sarà il tempo in peggioramento, la luce più cupa, o semplicemente il fatto che dopo il Fedal ogni altra cosa sembra più insipida, incolore (un po’ di retorica passatemela, suvvia) … non è dato sapere. Sta di fatto che gli applausi sono più freddi, educati, meno sentiti. È una partita un po’ apatica, con Thiem che bombarda abbastanza bene e NOLE che si arrabatta come può. Cioè male. Fa una quantità incredibile di errori, a rete è imbarazzante, è scazzato… partita brutta, poco da dire.

Di NOLE mi colpiscono le gambe. Non so se ILGENERALESOLOWTA, grande esperto in materia, le ha mai viste dal vivo ma sono una cosa impressionante. Djokovic è alto, scavato in viso, il busto magro…uno si aspetterebbe delle gambette tipo quelle di Tsitsipas o Zverev, e invece no. Sono lunghe, affusolate, muscolose, flessibili, sembrano… il tronco di un grande serpente, di un anaconda. Non dico siano uno scherzo della natura ma quasi. Si muovono rapidissime, si piegano, si flettono, e quando NOLE impatta si vede proprio che gran parte della potenza del colpo parte da là, dal basso.

Thiem è l’esatto contrario di Federer. Colpisce ogni palla con il 150% della propria energia, come se dal riuscire disintegrare quella sfera gialla dipendesse la sua vita. Vabbè, bravo Thiem.

Un NOLE scandaloso viene preso a pallate nel primo, nel secondo si calma, si concentra, sbaglia un po’ meno e lo vince anche abbastanza agile, poi forse la svolta. Subisce un break evitabile, perde fiducia, probabilmente aggiunge incazzatura a incazzatura. Il tempo peggiora, piove, interruzione.

Sullo Chatrier, che già proprio non scoppiava di entusiasmo, l’atmosfera diventa addirittura negativa, di grigia. Da qualche parte negli spogliatoi Thiem subisce l’ennesimo schiaffone, NOLE fa il suo colpo di mano, “no juego màs!” (come si dirà in serbo?)

Nel frattempo, ignari, ci siamo riparati dal freddo e attendiamo. Il vecchietto-che-non-teme-il-freddo mi confida che andrà anche a Wimbledon. In costume da bagno, a questo punto.

Ci dicono “tutti a casa”. Sappiamo come è andata a finire poi, avrà fatto bene NOLE a interrompere? Con il senno di poi è facile dire no, che doveva restare e combattere anche nella tempesta, per rispetto delle regole, dell’avversario e del pubblico, e che alla fine il karma ha presentato il conto, che forse alla fine è giusto così, che in qualche modo bisognava fare pari e patta con il roofgate… ma non lo sapremo mai. Quel che è certo è che la festa è finita.

Un giretto per i negozietti, si compra un po’ di paccottiglia, qualche ricordo, anche se ovviamente i migliori sono quelli vissuti poco prima  insieme a Federer e Nadal.

Bellissima esperienza, anche se mi è dispiaciuto vedere NOLE lontanissimo dal suo massimo. Magari il prossimo anno volo in Australia, e vado sul sicuro!

…By Lleyton