Australian OpenGrande Slam

Il più grande

Rafael Nadal ha vinto gli Australian Open. Rafael Nadal ha vinto il 21° Slam. Dopo un torneo rocambolesco che ha fatto parlare di sé, nel bene e nel male, il mondo intero, il Mancino di Manacor alza la Norman Brookes Challenge Cup firmando una delle più grandi imprese della storia dello sport.

Il retroscena

Il tennis è uno degli sport più famosi del mondo, i tornei si giocano in tutto il globo e saperne di tennis, o far finta di sapere di tennis, è un’abitudine molto diffusa, anche solo per sentirsi un po’ fighi. Però, nella sostanza, quelli che sanno di tennis, che lo vivono, che lo amano, sono veramente pochi, perché richiede una certa abnegazione e costanza, che non tutti sono disposti a pagare per qualcosa che rimane sempre e comunque un hobby. Ma, quando lo sport invade il campo delle cose importanti della vita, come la salute, ecco che i riflettori a 1000 Watt vengono puntati su questo hobby che tanto amiamo. Inutile girarci ancora intorno, è evidente che si vuole e si deve parlare del caso Djokovic, un caso che non doveva essere un caso, ma che è diventato un caso clamoroso. Dopo aver perso malamente la possibilità di ergersi sopra tutti con la realizzazione del Grande Slam, dimostrando tutta la sua umanità e fragilità in quel di New York, con il pubblico stranamente dalla sua parte forse per la prima volta in carriera, il numero 1 del mondo era riuscito a tornare e a vincere nell’altra Parigi, quella con un tetto sopra la testa, dimostrando di essere ancora vivo. Ma questa Parigi conta poco, pochissimo, la storia si fa in quei 4 tornei e uno di questi si gioca nella lontana quanto esotica Australia. Sono ormai 2 anni che la pandemia rompe i coglioni, e purtroppo tutti noi ci siamo dovuti adeguare a cambiamenti che mai avremmo voluto accettare, ma che si sono resi necessari. Uno di questi è quello di fare questo benedetto vaccino. Inutile e deleterio entrare nel merito della questione che sembra automaticamente creare un loop infinito che non termina mai. Però, ancora una volta, è Rafael Parera Nadal a dire la cosa giusta. Scontata e retorica, ma in questi tempi anche le certezze più certe sono messe in discussione, per cui è meglio dire e capire. “Il mondo ha sofferto abbastanza per non seguire le regole”. “Quello che dicono le persone che sanno di medicina, e se loro dicono che dobbiamo essere vaccinati, allora dobbiamo fare il vaccino”. Il suo Australian Open l’ha vinto qui, ancora prima di andare in Australia, però questo ancora non lo sapeva nessuno, e neanche lui. La sportellata morale data a Djokovic vale più dei tanti dritti lungolinea che tanto hanno fatto male al serbo sul campo. Djokovic ha voluto fare il furbo, cercando un’esenzione farlocca, che non hanno nessun motivo di essere. Stupisce come una persona intelligente e preparata come il numero 1 del mondo non abbia pensato a tutte le conseguenze di questa scelta, o meglio, non scelta, attaccata con la saliva. In un mondo sempre più nevrotico ed esasperato da un male che non si sa se è così male e soprattutto quando finirà, sono state scontate e molto ma molto prevedibili le feroci critiche che si sono sollevate verso il campione serbo. Ne hanno parlato tutti, ma proprio tutti, e allora…questa si paga. Il governo australiano non poteva girarsi dall’altro lato facendo finta di niente. La politica deve dare delle risposte e, in democrazia, il potere è del popolo. L’Australia tutta si è scagliata contro Nole e i fatti successivi non potevano non andare nella direzione in cui sono andati. Sarebbe stato clamoroso anche solo vedere un solo 15 di Novax in campo, con tutto il popolo australiano, quello che ha subito il lockdown più lungo del mondo, pronto a chiedere la sua testa su un piatto. È stata presa una decisione politica, è vero, ma era inevitabile. Il danno è molto grosso, e si rischia addirittura un ban di 3 anni, che per chiunque altro sarebbe stato automatico, ma “io sono io e voi non siete un cazzo…”. Per cui questa sanzione così scontata per noi comuni mortali potrebbe non essere messa in atto, e tutti noi, che non siamo sadici anche se fortemente critici nei confronti del 20 volte campione Slam, speriamo sia cassata.

Gli altri

Il bello dello sport, e del tennis in particolare, è che quando si comincia a scambiare, a vedere dritti, rovesci, servizi slice, tutto quello che è contorno rimane fuori. E questo torneo non è stato da meno. Messa da parte l’incresciosa vicenda Djokovic, tutti si sono concentrati sul tennis giocato. Proprio grazie all’assenza del numero 1 le carte si sono rimescolate, creando qualcosa del tutto inaspettata. Il favorito d’obbligo era Medvedev, su questo non ci sono dubbi, ma Mad Med non è un Big 3, non dà quelle certezze che erano e sono le peculiarità di quei 3 lì in alto. Gli occhi erano puntati anche su Zverev, grandissimo nel 2 su 3, ma pessimo negli Slam. Ha vinto 2 Masters e 0 Slam, un unicum nella storia del tennis. Forse qualche Slam in futuro lo vincerà, ma ad oggi il suo 0 nella casella dei Top 10 battuti negli Slam fa un po’ impressione. Poteva essere il torneo degli italiani, e fino ad un certo punto ci abbiamo sperato in molti. Sinner da una parte e Berrettini d’altra, hanno dimostrato di essere al top della condizione per poter ambire a quell’alloro che nel Bel Paese manca dal lontano 1976. Panatta non ne può più e neanche noi tutti italici amanti della racchetta. Basta una botta, una sola botta per mettere da parte per sempre l’Adrianone nazionale. Ma così non è stato. Appuntamento rimandato? Speriamo. L’altro grande protagonista di quest’epoca è Zizzipas, però è arriva qui malconcio e i 5 set contro l’amico Fritz non facevano sperare granché. Peccato, almeno per noi italiani, che si sia svegliato nei quarti e che abbia dato una severa lezione a Pel di Carota. Maturo sì, ma non tanto da avvicinarsi alla Coppa.

Rafael Nadal

In questo clima così caldo, non a caso, così astioso, così tensivo, molti, se non tutti, si erano dimenticati di Rafael Nadal. Non è un mistero che la sua partecipazione qui è stato mezzo miracolo. Chi segue quotidianamente il tennis sa che dopo Washington le sue condizioni erano a dir poco pessime. Saltare Wimbledon non è una notizia per lui. Lo fu nel 2009, ma nel 2021 non è poi così grave. Quello che però ha fatto preoccupare tutti è stato l’ennesimo infortunio, questa volta allo scafoide che poteva precludergli la carriera. È facile parlare col senno di poi e dire che “non era niente”. Ma Nadal ha 35 anni e il suo fisico non può essere più quello di una volta e un nuovo infortunio potrebbe porre fine alla sua già leggendaria carriera. Ancora una volta, steso a terra dalla sorte, ha saputo rialzarsi e lottare. Ritornare nel circuito, anche solo in una esibizione come quella di Abu Dhabi, è stata l’ennesima vittoria per lui. La sua condizione è apparsa pessima e, come se non bastasse, in quei giorni ha contratto il Covid-19. Per carità, niente di grave per lui che è un super-atleta, però se la bilancia sta per pendere da un lato, una bottarella qualsiasi può spostare l’ago definitivamente da quella parte. La sua rinuncia allo Slam australiano ormai era scontata. Non un dramma per lui che punta forte alla stagione sulla terra battuta e che qui ha preso, in molte occasioni immeritatamente, batoste non da ridere. Però Nadal ama il tennis, è tutta la sua vita, e non avrebbe altro da fare nella vita, anche se i milioni non mancano. Con una encomiabile forza di volontà si è rimesso in carreggiata e si è iscritto ad un torneino a Melbourne. Un 250 (da scontare) che però gli dato grande fiducia, aggiornando qualche record qui e là, ma portando a casa un trofeo che fa sempre sostanza. Il tabellone di Melbourne 1 è stato molto easy e per questo motivo non ci sono state indicazioni serie su cosa avrebbe fatto Rafa nella Melbourne che conta.

La testa di serie numero 6 non gli dà nessuna certezza sul tabellone, e così è inserito nella metà dove si trova Djokovic. Ahia. Qui non ci siamo. Come se non bastasse, il suo cammino sembra già duro nei primi turni, e per chi sa fare qualche simulazioncina, sa che il suo è il tabellone più duro. Sì, ma il tabellone è un pezzo di carta, quello che conta è la partita giocata sul campo. La prima con Giron è una buona partita e, se non altro, si vede come Nadal non sia da buttare e che qui non sarà una comparsa, come poteva essere logico pronosticare qualche settimana prima. Gli Astri cominciano ad allinearsi e il Destino fa il suo corso. Al secondo turno non c’è 4K, in grande forma in questo periodo, e la strada diventa un pochettino in discesa. Però, con questo Nadal, non si mai. Anche uno smarrito Khachanov avrebbe potuto essere un avversario fatale, però la condizione migliora di giorno in giorno e il russo è costretto ad andare a casa. Ci sarebbe il pazzo Karatsev nel quarto turno, ma uno stupendo Mannarino lo butta fuori. Il francese è troppo leggerino per il Toro di Manacor. La sua determinazione cresce esponenzialmente e non lascia niente al caso. Il tiebreak del 1° set, vinto per 16 punti a 14, il più lungo della sua carriera, dice molto su chi e cosa sia questa leggenda.

Siamo ai quarti di finale. Va bene, Rafa, sei un grande, ma questo è il capolinea. Figuriamoci. C’è Alexander Zver….ah, no. Non c’è Zatterone. Il tedesco manca ancora una volta il grande torneo e al suo posto c’è Denis Shapovalov, che già da bambino aveva dato un grosso dispiacere a Nadal, in Canada nel 2017, presentandosi a tutti il mondo. Il campione del 2009 però è troppo intelligente e acuto per potersi fare impensierire dal canadese e nei primi 2 set dispone del suo avversario come e quando vuole. Sembra un 3 a 0 scritto, ma all’improvviso la luce si spegne. La partita è iniziata da circa 2 ore, in Italia sono circa le 6 del mattino, e solo qualche malato cronico si è svegliato presto, o qualcuno ancora più grave, non è andato a dormire per seguire la partita. Nadal esce dal campo. Nonostante Shapo spari sempre, anche quando deve mettere il vincente contro una sedia, la partita sembra ormai compromessa. Non si sa se è un infortunio, ma Rafa non ne ha più. Forse è lo stomaco, forse è il troppo caldo. Non si sa. La faccia è quella di uno che ha vomitato l’anima dopo un sabato sera in cui la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei. C’è un mezzo confortino, è un ventilatore che sembra un’aspirapolvere che il numero 6 del mondo si spara in faccia per cercare quantomeno di rimanere vivo. Ma Denis non chiude, non chiude perché non è cinico, non ha piano B, e a poco a poco l’anima del Mancino di Manacor che veleggiava sulla Rod Laver Arena, pronta ad andare nell’Aldilà, torna dell’Aldiqua e nel corpo che l’ha ospitato fino a qualche ora prima. Encomiabile e commovente è lo spirito di Nadal che la vince al quinto dando tutto quello che ha e sciorinando un repertorio tecnico che ha sempre ha avuto, ma che in tanto circostanze non era stato necessario usare. Rafa è in semifinale, e non lo sa nemmeno lui come ha fatto. Figuriamoci noi. Per la prima volta nella storia degli Australian Open ci sono 2 giorni di riposo tra 1 quarto di finale e la successiva semifinale anziché il consueto uno. Questo piccola correzione nel regolamento è vitale per il 20 volte campione Slam, che ha così il tempo di recuperare per la sfida contro Berrettini. Inutile dire che il match-up è tutto a favore dello spagnolo, ma il Nadal quasi morto non dà nessuna garanzia. All’indomani dell’epica vittoria con Verdasco qui nel 2009 disse:” Non esiste uomo più vivo di uno che era quasi morto”. Lo stesso diciamo qui, a distanza di 13 anni. Matteo è un grande tennista, però non ha quella varietà di gioco che può impensierire un giocatore che con gli anni ha affinato una tecnica già sopraffina. Il copione è sempre lo stesso: Berrettini sa solo giocare piatto, mentre Nadal ha più variazioni di Goldberg e alcuni artifizi terraioli gli tornano sempre utili, uno tra tutti: il toppone 2 metri sopra la rete. Il numero 1 italiano molto poco spesso la manda al di là della rete e i primi 2 set sono spagnoli. C’è un sussulto nel 4°, ma è solo un fuoco di paglia. Rafa va a prendersi la 5a finale. 1 l’ha vinta. 1 l’ha persa da infortunato. L’altra l’ha persa perché il pareggio non esiste. Un’altra ancora non si sa come l’abbia persa. Nell’ultima è stato schiantato. Qualcuno parla di Karma, quando un evento ne equilibra un altro. Può darsi che sia vero, però per bilanciare l’equazione il Karma dovrebbe confezionare 2-3 coppe per Nadal. Non lo può fare. Ma per 1 c’è sempre tempo.

La finale

E siamo arrivati all’atto conclusivo. Dire che Nadal abbia fatto il miracolo è abbastanza riduttivo. Arrivare in una finale Slam sul cemento qui in Australia per lui è già un grande alloro ad una carriera irripetibile e, se non altro, dà grandi speranze per la lontana ma non troppo stagione sulla terra dove ancora rimane il più forte. Dall’altra parte della rete c’è Daniil Medvedev, l’unico dei Rebels, i successori dei Big 3, che ha dato già certe garanzie. Nella storia già c’è, avendo impedito il Grande Slam a Djokovic, vincendo così il 1° Slam e scrivendo il suo nome sulla coppa. Ha un bel caratterino, e “di testa” come si dice spesso, è tanto tanto forte. Forse troppo, visto che cerca spesso lo scontro con il pubblico e il mondo intero. Però la testa che conta è quella che metti sul campo, nelle partite, e qui Mad Med ha dimostrato di saperci fare non soffrendo mai quella sudditanza psicologica che hanno avuto tutti, belli e brutti, i tennisti degli ultimi 20 anni nei confronti di quei 3 là. Il russo è il secondo tennista dell’Era Open ad andare in finale nello Slam successivo a quello del primo successo (il primo era stato Murray) ed ha la possibilità di diventare numero 1 del mondo. Magari con il Clandestino ci poteva essere incertezza in finale, magari un 51 a 49, però le quote gli sono tutte favorevoli, d’altronde c’è poco da calcolare: lui è l’uomo del momento, il più forte sul cemento ed è arrivato qui senza nessun timore reverenziale.

Il primo set rispecchia del tutto quello che si era detto alla vigilia. Troppo superiore Med che approfitta anche di un Nadal pessimo al servizio. Pessimo fino ad un certo punto, visto che cerca di variare per non iniziare lo scambio che lo vedrebbe sempre sotto. Sembra un copione già scritto e non poteva essere altrimenti. Però nel secondo set c’è uno scampolo di partita. Il pubblico della RLA, tutto dalla parte spagnola, si gasa ed esprime tutta la sua felicità quando è Nadal a breakkare e a portarsi sul 3 a 1. Il momento magico è breve, e da lì a poco c’è il controbreak. C’è partita. Rafa ancora avanti con un altro inatteso break ed ha anche set point sul 5-3 e servizio. Salva 4 palle break ma alla quinta cade. La flebile speranza di avere mezza partita si infrange nel tiebreak dove il 20 volte campione Slam non riesce a concretizzare il minibreak iniziale. Siamo su 2 set a 0 e ormai non ci crede più nessuno. 3° set. 3-2 0-40 sul servizio Nadal. I titoli di coda cominciano a scorrere inesorabili su una partita che non ha più nulla da dire. Medvedev è più forte. Fine delle discussioni. Ma qui arriva la magia, la fantascienza. Il divino. Rafa rifiuta la sconfitta e lotta con tutto quello che ha. Il recupero di un sicuro break è l’inizio di una scalata che ha eguali nella storia del tennis. Il K2 è lì in alto. Non c’è più ossigeno. Non ci sono più le forze, ma la morte non può prevalere. Il classico calo fisico dopo le 2 ore di Nadal viene man mano messo da parte. In campo c’è un nuovo giocatore. Incredibilmente, più passa il tempo e più la sua condizione migliora. Daniil, che non è un mostro fisicamente, inizia a calare. Ha 25 anni, altro ne ha 35, però questi 10 anni in meno non ti garantiscono l’immortalità. Rafa, che è l’incarnazione della Forza, sale e sale e sale. Assurdo come sia il suo avversario a cercare di accorciare lo scambio. Ma il russo non è certo un drago tecnicamente e i suoi drop shot sono lo specchio di una schiacciante superiorità dell’avversario in tutti i fondamentali di questo sport. Passate le 4 ore il Mancino di Manacor ha ricaricato tutte le batterie e ora siamo al 100%. Daniil viene avanti con tutto quello che ha, ma la stanchezza gli fa perdere quella lucidità che lo ha contraddistinto in tutto il torneo. La furia iberica si abbatte in quel di Melbourne e da qui in avanti sarà una cavalcata trionfale. Il pubblico si gasa ed esulta sempre più forte ad ogni punto spagnolo. Nadal ha un set point sul 5-3, ma chiude il 4° set a zero sul proprio servizio. Doveva essere un massacro, una partita scontata, però ora siamo assistendo alla storia. Ormai il russo non ne ha più e cede il servizio sul 2 pari. Ci sono 3 palle break nel turno di servizio successivo, ma non ce n’è per nessuno. Siamo 5-4 servizio Nadal. Rafa serve per chiudere. Però anche lui è umano e perde il servizio. La partita sembra riaperta sul 5 pari, ma così non è. “Tranquilli che lo breakka di nuovo”. È la voce che è dentro ognuno di noi a parlare. È vero, perché Med non è più brillante con il servizio ed ecco il controbreak. La paura della storia è passata, non come Federer a Wimbledon 2019, non come Djokovic contro Medvedev a New York. E Nadal chiude a 0. 7 a 5. Incredibile, ma vero. Rafa vince una delle partite più entusiasmanti, estenuanti e assurde della storia del tennis. Vince il suo 21 ° Slam.

Record

  • Nadal vince il suo 21° Slam. Record all time. Stacca Federere e Djokovic a quota 20
  • 4° tennista a vincere almeno 2 volte le 4 prove dello Slam (insieme a Laver, Emerson e Djokovic)
  • 1523 minuti in campo per vincere il torneo. Record Slam da quanto esiste questa statistica
  • 21 vittorie Slam su 63 partecipazioni: 33.33% (davanti solo Borg con 11/28, 39.28%)
  • Record per il timespan più lungo tra il 1° e l’ultimo trionfo Slam: 6096 giorni (dietro c’è Federer con 5340 giorni)
  • Stagione numero 15 con almeno 1 titolo Slam. Dietro lontanissimi, Federer e Djokovic con 11
  • 90° titolo ATP (davanti: Lendl (94), Federer (103) e Connors (109)
  • 18a stagione consecutiva con almeno 2 titoli ATP (Dietro Djokovic con 16)
  • 88° titolo outdoor (record Era Open)
  • Slam su cemento (davanti Sampras (7), Federer (11), Djokovic (12))

 

Conclusione

Lo sport è bello da vivere e raccontare perché è l’epica dei nostri giorni. I nostri antenati greci (e simili), da cui noi tutti discendiamo, avevano inventato storie per poter avere un punto di riferimento nella vita. Eroi semidivini che dovevano essere esempio di virtù e coraggio per una vita che, per quanto ricca e varia, era sempre misera e breve per tutti. La Ragione con i secoli ha prevalso sulla Fantasia demandando alla matematica e alla scienza l’unica vera verità vera da seguire, ma dentro di noi è rimasto sempre il bisogno del Mito. Non è un caso che la cultura occidentale abbia inventato lo sport. Un nuovo modo di fare epica, questa volta senza sangue e spade, ma pur sempre pieno di storie ed esempi da raccontare.

È il caso del mito di Nadal. Un eroe moderno che è riuscito ancora una volta ad entrare nella storia. Lo aveva fatto nel 2008 vincendo a Wimbledon la più grande partita di tutti i tempi, lo ha rifatto qui con una rimonta unica superando tutti nella corsa agli Slam. Nessuno l’avrebbe mai pensato. Lui che era nato come terraiolo e terraiolo doveva rimanere, ha imposto la sua forza in tutti i campi del mondo dimostrando di essere un eroe nella testa, nel fisico e nel cuore. Questa storia rimarrà per sempre come una delle più belle da raccontare. Non si sa che cosa capiterà da qui in avanti. Neanche lui ha capito cosa ha fatto e lo dimostrano le sue parole di circostanza venute subito dopo. Ha scritto la storia. È lui il più grande.