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La Coppa Davis è finita

Si chiude con la linguaccia di Cilic la 107a e ultima edizione della Coppa Davis. Una vittoria un po’ annunciata che fa il paio con quella dell’anno scorso in cui furono i galletti ad alzare l’insalatiera.

Si gioca sempre in Francia e i transalpini decidono di giocare sulla terra battuta, non perché sia la loro superficie preferita, ma perché è la peggiore per gli avversari. Peggiore, almeno sulla carta. Queste, però, sono solo supposizioni teoriche, la realtà dei fatti è ben altra cosa. Incredibilmente il capitano francese nella prima giornata schiera 2 giocatori che in questo 2018 le hanno prese di santa ragione da tutti. L’unico della ciurma che si salva è Jeremy Chardy, che dopo il Queen’s però non ha fatto altro che imbarcare acqua da tutte le parti. È andato peggio Jo Tsonga che ha chiuso la stagione con un 5-6. Insomma, non si capisce come la terra battuta possa sfavorire i croati che hanno dalla loro il sempre buon Cilic e lo scuderio Coric. “Il doppio sarà decisivo” è uno degli slogan che hanno caratterizzato la Davis e che purtroppo morirà insieme alla Coppa. Questa volta no, non è decisivo…anzi. I croati sanno benissimo che quel punto del sabato è già perduto in partenza, per cui meglio concentrarsi sui singolari. C’è poco da concentrarsi però. Coric spazza via uno spaesato Chardy che può solo contare sul sostegno del pubblico. Per il resto il suo tennis è impalpabile e il pedalatore Borna lo distrugge pezzo per pezzo. Un 3 a 0 che non ammette repliche. Il buongiorno si vede dal mattino. Questo è un malogiorno per i francesi. Cambiano i giocatori, ma non cambia il punteggio. C’è solo la differenza di un game nel primo set, per il resto punteggio identico. Cosa poteva mai fare Tsonga? È un quesito che si chiedono in tanti allo Stade Pierre-Mauroy e non solo. Andiamo a guardare le statistiche e viene fuori che solo nel 1939 una squadra sotto 2 a 0 era riuscita a ribaltare il risultato vincendo gli altri 3 rubber. Fu l’Australia di Browich e Quist, 2 grandi doppisti, meno famosi per il singolare, a conquistare l’insalatiera al Merion Cricket Club contro i più quotati americani che schieravano Parker e soprattutto Bobby Riggs, famoso per la Battaglia dei Sessi, che aveva scommesso sulla sua sconfitta. Una delle tante leggende del tennis che riguardano questo personaggio istrionico che merita di essere analizzato anche per i risultati sul campo piuttosto che su quello che si racconta su di lui.

Herbert-Mahut è una coppia troppo collaudata per poter impensierire Dodig e Pavic che pure qualcosina hanno vinto in questa specialità. È un 3 a 0 scritto, che però diventa un 3 a 1. I galletti si complicano la vita cedendo il terzo parziale, e andando per le lunghe nel quarto. Però il punto è francese. Meno male, la Coppa Davis si chiuderà nel terzo giorno.

Noah capisce che ha fatto casino nella prima giornata e allora perché non continuare? Capisce che forse è meglio schierare un giocatore che ha disputato qualche partita in questo 2018 anche se ha deluso terribilmente. Spetta al Pulcino Lucas Pouille portare sulle spalle una Nazione nazionalista che più nazionalista non si può come la Francia. Le sue spalle sono troppo piccole. In realtà è anche il suo tennis ad essere troppo piccolo, contro il grande Marin. Tecnicamente la terra battuta potrebbe favorire Lucas, ma quest’anno qualcuno l’ha visto? Boh, interrogativo inevaso. La partita si ha solo nel primo set, poi tutto scorre velocemente fino all’epilogo già scritto. 3 a 1. La Croazia torna a vincere dopo la sorpresa del 2006. Non tanto per la finale contro i modesti slovacchi, piuttosto per la sorpresona americana: a Los Angeles riuscirono ad avere la meglio sullo squadrone a stelle e strisce di Roddick ed Agassi.

Non sarà certo una modesta finale a svalutare il peso di una grandissima manifestazione com’è quella della Coppa Davis. Certamente il sempliciotto opportunista e, ultima analisi, ignorante, cercherà di fare leva su quello che è successo in questo weekend per giustificare una decisione folle che non può che trovare la sua ragione d’essere in un sacrificio al dio Denaro, sempre più sovrano nello sport. Nessuno si sognerebbe mai di cambiare gli Slam perché qualche edizione è andata male. E a guardare gli ultimi Slam si fa fatica a prenderne qualcuno da mettere sopra gli altri. Si salva solo Wimbledon 2018. No questions about this. Per il resto robetta. Allora cosa fare? Cambiano tutto perché magari gli Australian Open di quest’anno hanno avuto lo stesso appeal della coda per andare a pagare l’IMU alla posta? La mancanza di top player non è certo dovuta al format. La mancanza di top player è dovuta sostanzialmente alla massa sempre più grande che stanno acquisendo quei 3 là. Il più “pesante” dei 3, il rappresentante della Retorica, accentra su di sé una percentuale spaventosa di appassionati di tennis, che non sono appassionati di tennis. Mettere al centro un tennista significa elevare più del dovuto i tornei a cui partecipa, e declassare gli altri eventi in cui è assente. Quindi, se questi non partecipa alla Coppa Davis allora questa inevitabilmente desterà disgusto. Non è un caso che l’edizione del 2014 ha avuto un grande appeal, soprattutto da parte degli ignoranti che non sanno nulla di Davis, ma vedendo quello là giocare per la propria Nazione hanno acceso la TV incrementando il contatore dello share, ormai indice del nostro benessere. Lo stesso è valso per gli altri 2, ma in tono molto minore. Basti pensare che l’iberico del terzetto ha vinto 4 insalatiere, una ancora prima che diventasse famoso, e l’altro, il serbo, non ha disdegnato in più riprese di difendere i colori del proprio Paese dopo che aveva alzato l’insalatiera nel 2010.

Il discorso è semplice: supponiamo che gli ultimi 8 Slam fossero stati vinti da tennisti diversi dai Fab 3, magari con un Multi-Slammer. L’attenzione mediatica non si sarebbe spostata verso di lui? Tutti non avrebbero avuto la curiosità di vedere all’opera questo nuovo campione che inesorabilmente sarebbe stato osannato come mai prima d’ora? Sì, sarebbe stato così. Allora, accantonato definitivamente l’ancien régime, gli ignoranti avrebbero detto che a giocare la Coppa Davis sono i top player e non ci sarebbe stato questo trambusto. Magari qualcosa doveva essere riformato, però almeno informarsi sarebbe stato d’uopo. Invece cominciano ad emergere tutti i particolari di qualcosa che non ha motivo di esistere. Uno dei tanti crucci della nuova Shakira Cup è che inevitabilmente dovrà scontrarsi con l’ATP Cup che si disputerà nelle settimane antecedenti l’Australian Open. Come è possibile che solo ora qualche genio incompreso abbia capito che le 2 manifestazioni andrebbero a disputarsi a meno di 2 mesi l’altra dall’altra. Come è possibile che l’ATP rilanci con il suo peso politico, ma soprattutto “tecnico” con i punti del suo ranking, ormai unanimamente riconosciuto come riferimento per tutti, a spostare l’ago della bilancia. l’ATP mette anche un po’ di dinero e allora la frittata è fatta. L’ITF ha fatto un sondaggio ed emerge chiaramente che i top player non la vogliono giocare. COME?!!? La Piqué Cup fatta per attirare i top player non è ben vista dai top player. Qui siamo alle comiche. Purtroppo a farne le spese sono gli appassionati che ora si trovano sballottati in un calendario che rimane un’incognita. I geni dell’ITF, ad esempio, non hanno ancora pensato come riempire quelle settimane in cui si giocava la Davis. Forse qualcuno un po’ più acuto ha capito che la stagione tennistica non ha settimane buca. Rivelazione! E ora? Che mettiamo? Le repliche della finale di Wimbledon 2001? I geni che hanno fatto questa riforma forse non sanno che in passato qualcuno aveva provato a “innovare”, ma l’aveva preso in quel post. Tutti conoscono l’inizio dell’Era Open. 1968. Lo sanno pure i sassi. Però pochissimi sanno che di fatto l’Era Open nasce nel gennaio del 1968 e non a Bournemouth ad aprile. I famosi Handsome Eight disputavano dei tornei in tutto il mondo, con un punteggio molto simile al ping pong e…novità! il montepremi era proporzionale ai punti che vincevano. Sembra quasi una barzelletta, ma il World Championship Tennis del 1968 toccava tantissime città e di fatto copriva tutto il mondo. Quest’idea della rivoluzione totale del tennis morì appena nata. Dal 1969 sarebbe cambiato tutto. Ecco. I signori dell’ITF conoscono questa storia? Boh. La storia del tennis ci ha insegnato una e una sola cosa: la tradizione vince suoi soldi. Il Grand Prix ha vinto sul WCT. Cosa succederà ora? Niente. Attenzione agli Slam e al circuito ATP. Occhio a Madrid per una sicuro boicotaggio.

Per il momento non ci rimane che dare l’ultimo saluto all’insalatiera d’argento, colonna portante del tennis. Non ti dimenticheremo mai. Sempre nei nostri cuori.