Miami Open 2017: Miami Rise. Federer non si ferma più, 26° Masters e 91° titolo in carriera per lui
Federer non smette di stupire. Dopo aver fatto il miracolo a Melbourne e stabilito un grande record con la vittoria ad Indian Wells vince anche a Miami e completa la tripletta magica di inizio anno come aveva fatto nel 2006.
La partita
Come ogni Fedal che si rispetti c’è grande attesa tra il pubblico che è costretto a vedere una partita di tennis all’una di pomeriggio, con 28° C, ma per fortuna ci sono alcune nuvole che coprono il sole che sarebbe stato molto fastidioso. I prezzi dei biglietti sono lievitati da venerdì in poi e c’era da aspettarselo, anche se non sono i primi della classe per il computer lo sono per la maggior parte dei tifosi di tennis del mondo.
Federer parte contratto. Non si sa se per nervosismo o per fatica, ma in apertura si trova subito a dover fronteggiare 2 palle break. Nadal non è cinico come lo è stato spesso in questi frangenti e già qui c’è una chiave di lettura essenziale del match. Quando è Rafa a servire non ci sono problemi e all’inizio sembra che questa volta l’inerzia possa andare dalla parte del maiorchino a differenza della pessima uscita vista ad Indian Wells. Ma Federer si riprende subito e quando mette in campo una prima è letale. Chiude il 3° gioco a 15 e la patata bollente passa nelle mani dello spagnolo. Il suo servizio è lontano anni luce da uno standard accettabile e l’avversario è bravo ad approfittarne entrando subito in campo quando è necessario. L’aggressività svizzera è efficace e gli procura 2 palle break. Ma lo spagnolo è bravo a servire bene quando conta, anche se sarebbe opportuno non concedere così tanto. Considerazioni facili da fare da casa. Ancora servizio Federer e ancora palla break Rafa. Purtroppo il mordente del leone non esiste più e ancora una volta la grande chance di portarsi avanti con il punteggio sfuma. In generale la partita è di pessima qualità. I vincenti sono pochi e gli unforced piovono a grappoli. Non si capisce chi giochi peggio. Ma presto si scoprirà. Dicevano del servizio che latita. Bene. Ancora una volta gli errori procurano una palla break a Nadal sul 3-2 30-40 ma non affonda, non lo fa neanche Federer, ma questo già lo si sapeva, o almeno è una boutade che ormai gira da anni nei blog di tutti il mondo. “Chi fa il primo gol vince!” E’ un vecchio detto del calcio che si usa quando la partita è in bilico e nessuno riesce a segnare. Stessa situazione qui. “Chi fa il primo break vince!” Ed eccolo il break esiziale che arriva nell’8° gioco dopo altre 2 palle break sprecate. Federer è profondo con il dritto e Nadal non può replicare, tocca la palla ma va a rete (e questa volta non è un vantaggio, è tennis non calcio). 5-3 e servizio Roger che chiude di giustezza. Nadal sembra rassegnato e quasi spompato. Sono passi 48 minuti e la partita è ormai irrimediabilmente segnata.
Se il primo set era sembrato brutto, il secondo non può che definirsi osceno. Da una parte abbiamo Nadal che va avanti per inerzia, spinto dal vento di chissà quale mare e Federer che sbaglia l’impossibile. No, non è una delle migliori esibizione dei 2, e forse è la peggiore se non fosse che quella di Indian Wells 2017 è vicina e ce la ricordiamo bene. Partita oscena, ma almeno c’era un giocatore che giocava bene, qui nemmeno l’ombra. A guardare il punteggio non sembrerebbe così brutta la partita, perché ci sono molti giochi en blanco, ma questi sono più frutto di errori di chi risponde piuttosto che di un servizio efficace e preciso. Rafa potrebbe subito sprofondare quando è costretto ad annullare 2 palle break nel 7° gioco, ma la condanna a morte è solo rinviata. Emerge chiaramente che il migliore in campo è lo svizzero, forte anche del set vinto in apertura. Il break dirimente arriva nel 9° gioco. Oltre a essere il più forte Rogé è anche il più fortunato e un nastro elvetico accomoda la palla per il break. Roger scappa e chiude. 6-3 6-4 in un’ora e 35 minuti di una brutta partita, ma quello che conta, sempre per rimanere banali, era portare a casa il risultato (che poi in uno sport dove non c’è pareggio sembra quasi grottesco).
Il torneo
Gli aggettivi per descrivere Federer sono finiti. Inutile stare a ribadire che quello che sta facendo lui ha pochi se non nessun eguale nella storia del tennis. Ma per un attimo togliamo questa patina un po’ mielosa che accompagna Roger per analizzare il suo torneo da un punto di vista razionale, cinico, senza farci sedurre dalle solite edulcorazioni che riguardano l’età, il GOAT e tutto il resto.
Obiettivamente la testa di serie numero 4 non ha giocato un ottimo torneo, tutt’altro. Le prime 2 uscite sono state di routine e ancora si poteva ammirare un ottimo Roger. Tiafoe non poteva essere certo un ostacolo credibile, ma già aver portato il Re al tiebreak è una grande impresa. Facile poi il 6-3 in chiusura. Del Potro rimane sempre una mina vagante. Ma è una mina a metà. Può sempre piazzare il colpaccio, ma nella maggior parte delle volte fa cilecca, o, per meglio dire, rispetta quella che è la sua classifica e il suo livello attuale, anche se sappiamo avere dei picchi irraggiungibili per tutti. Purtroppo per lui nel terzo turno ha sbagliato completamente tattica e nel primo set è andato in maniera scriteriata a rete, facile per Federer infilarlo e portare a casa il primo set. Nel secondo ha capito che forse sarebbe stato meglio scambiare da fondo e infatti arrivano i punti del pallettaro e qualche vincente di dritto che lui sa fare. Punteggio un po’ bugiardo il 6-3 6-4, ma Juan Martin non può recriminare nulla.
Discorso diverso invece per AGUT. Lo spagnolo non è stato cinico, per usare un eufemismo, ed è stato il primo a minare le certezze del futuro vincitore. Quel 5-4 e servizio nel 1° set è un inno all’orrore. Incredibilmente ha sprecato la chance di portarsi avanti e ha ceduto a zero con annesso doppio fallo il servizio. Si è arrivati al tiebreak, che già di per sé è una notizia, ma al Re è bastato un mini-break per aggiudicarsi il parziale. La partita sembrava finita dopo il primo game d’apertura in cui AGUT ha ceduto il servizio, ma la sagra degli orrori è continuata con Federer pessimo in battuta e breakkato a 15. Anche qui non c’è stato un grande spettacolo, ma ancora una volta il 18 volte campione Slam ha portato a casa tiebreak e partita.
Poteva mai Federer soffrire con Berdych? Cioè Berdych?! Va bene i precedenti famosi alla Olimpiadi del 2004 e a Wimbledon del 2010, ma oggi Tommasino è lontano parente del giocatorino che in quegli anni prometteva bene, molto bene. Infatti il primo set è sembrata tautologia con Roger che breakka in apertura facile, 54% di prime in campo, 77% di punti con la prima e 64% con la seconda. Ordinaria amministrazione. Tanto per andare sul sicuro c’è stato un altro easy break nel 7° gioco e il 6-2 finale è valido solo per le statistiche. Le prime fasi del secondo set sono state molto ordinarie e l’impressione era che Federer avrebbe preso il break nel momento opportuno. Ma che succede? Panico. Nell’8° gioco lo svizzero è sparito, bravo Berdych ad approfittarne e prendersi il break dirimente. A differenza di AGUT non trema e siamo sull’1-1. La partita continua, ma Roger farebbe bene a ritirarsi. Come si fa a perdere un set con Perdych?! Ma The Show Must Go On! Il campione dell’Australian Open non ci sta a subire ed è lui a comandare il gioco, prima ha 2 palle break che non sfrutta, successivamente ne ha altre 2 e qui concretizza. 4-2. Si arriva fino al 5-3 e servizio elvetivo. Tutto facile? Ma che! Roger movimenta la serata con un break a zero che riapre la partita. Tomas per non essere da meno va sotto 30-40 e concede un match point. Bravo ad annullarlo, ma che tensione! Si arriva al tiebreak con il 6-4 ceco. Partita ormai congelata e archiviata. Ma stiamo parlando di Berdych, anzi di Perdych, ed ecco la chokata magica sul suo servizio. 2 match point regalati e Federer che chiude sul’8-6. Succede spesso che un grande campione è aiutato anche dalla buona sorte, lui è il più forte, e anche i pianeti sono allineati di conseguenza e quando gira così è difficile scendere dalla giostra.
Era saltata in quel di Indian Wells ed era stato un peccato, ma qui Nick Kyrgios non ha intossicazioni di vario genere e scende in campo per dimostrare che è un campione invece di uno sbruffone, o tutt’e 2 a seconda dei punti di vista. All’inizio l’australiano giochicchia, come è solito fare e l’impressione è che Federer possa fare un sol boccone di lui. Le prime palle break sono svizzere, e ne arrivano 2 in un gioco infinito, il 4° (16 punti). Ma all’improvviso il copione cambia. Il Delinquente cambia musica e inizia a tirare sassate, Roger fa quello che può ma arriva il break nel 7° gioco. Il set sembra compromesso ma lo svizzero darà più e più volte l’impressione di essere un leone indomabile. Si riprende il break e si fa al gioco decisivo (come dicono i francesi). Tiebreak epico con tanti colpi da archiviare e pathos che sale alle stelle. Nick ha anche 2 set point che non concretizza e il set non può che andare al più forte. Punto. Il secondo parziale segue l’andamento del servizio ed è ancora tiebreak. Nicolino dimostra di avere attributi d’acciaio e annulla 2 match point. Brividi e la partita che va sull’1-1 già potrebbe essere collocata nella più belle dell’anno. Ma, come logica vuole, non è ancora finita. Nel terzo set i 2 giocatori sono stanchi, ma uno ha 35 anni e l’altro 21. Ce qualcosa che non va. Federer dovrebbe calare, ma non lo fa. Incredibile. Si tiena a galla, va anche sotto 3-1 nel tiebreak, non si arrende, Nick sbaglia e un punto criminale chiamato dal pubblico consegna il match point nelle mani dello svizzero che ringrazia, rifiuta e va avanti spinto anche dai fischi della sempre pacata e composta moglie Mirka. 2 match tra i 2 e 6 tiebreak. A Madrid nel 2015 vinse Nick annullando match point, qui c’è andato vicino, ma…che partita!
Dopo aver analizzato e lodato il vincitore l’attenzione non può che andare al finalista. Rafael Nadal. Ahhhh. Ancora una volta è costretto ad ingoiare il boccone amaro contro Federer in questo 2017 che sta minando le certezze assolutistiche e dogmatiche del tennis. Ormai però la questione è chiara. Nadal fa quello che può, la concorrenza è quella che è, e tolti di mezzo Djokovic e Murray il solo che gli è superiore è proprio quel Rogerino molto spesso mazzuolato anche sul cemento. Così come in Australia, la finale qui a Miami si può considerare una grande impresa limitatamente al Rafa degli ultimi anni, ma arrivare secondo non conta per cui: 3 finali e altrettante sconfitte. Batosta. Ad onor di cronaca va anche ricordato che il suo tabellone non è stato proibitivo e la finale è arrivata vincendo con avversari molto modesti, sia per la classifica che per il gioco che possono mettere in mostra contro il maiorchino. Sela non doveva essere un problema e non lo è stato. Sela vede lui. Kohli idem ma si è rilevato ostico, molto ostico. Fa impressione quel bagel in apertura preso, così, senza pietà. Ma è altrettanto vero che Nadal ha lasciato quel set ormai compromesso per concentrarsi sul resto della partita. Una volta salito di livello il tedesco è stato surclassato come era facile aspettarsi. Neanche Mahut poteva essere una minaccia seria e così è stato. Male Nicolas al servizio e se mi sbaglia anche le volèe un giuocatore come lui allora non ci sono chance. Con Sock si è visto un buon Nadal, un Nadal da mordere la coppa. Jackie non è stato all’altezza, ma bravo Rafacito ad annullare diverse palle break dirimenti e non fare scappare l’americano. il 6-2 6-3 è bugiardo, punteggio un po’ stretto per il calzino (ooops, ha fatto la battuta) ma non ci si può lamentare. Il semifinale ci doveva essere Nishikori, tds numero 2, ma Fognini lo ha castigato, complice anche un infortunio del giapponese che non si è ritirato, ed è questa forse la notizia. Che dire della semifinale? Nulla. Tutti hanno in mente la partita di New York del 2015, ma quello era un altro Nadal ma poi ci sono state altre occasioni per ristabilire le gerarchie, come Pechino per esempio. Fognini si sveglia tardi e dopo un 6-1 facile, c’è lotta solo nel secondo, ma Fabio non può nulla e Nadal incassa facile il set che lo porta in finale per la 5a volta a Miami con altrettante sconfitte. Record da archiviare.
Tra gli altri protagonisti del torneo non possiamo non citare Kyrgios che ha dimostrato una grande maturità tecnica e che, se vuole, può ambire a stare molto in alto. Epica è stata la sfida targata Next Gen con Alex Zverev, anche lui protagonista a Miami, fatta di grandi colpi, match point annullati e pathos a iosa. Nessuno si sarebbe scandalizzato di una sua vittoria con Federer, ma sfidare il Fato è cosa ardua, ma la sua semifinale rimane sempre un grande traguardo. Bravo Nick. Contro tutto e contro tutti Fabio NMM Fognini ci ha messo la faccia e, approfittando di un tabellone easy e di un Nishi rotto, è arrivato nuovamente in semifinale in un Masters 1000 dopo Monte Carlo 2013 e come primo italiano a riuscire in questa impresa sul cemento. Non è stato all’altezza della situazione, ma vale lo stesso discorso di Nick. La semifinale è un grande risultato per lui.
Un gradino più in basso troviamo Berdych che non è riuscito a battere nuovamente Federer ma che comunque dimostra la mondo che non è finito (forse). Peccato per quei 2 match point, ma i punti vanno fatti tutti soprattutto quelli importanti, le regole sono le regole (ricordando che ha messo a referto più punti di Roger). Anche per lui tabellone facile. E’ già la terza volta che lo dico, ma qualcuno deve pur arrivare in fondo, o no?
Scorrendo il tabellone troviamo i promossi e i bocciati. Bocciato Wawrinka che dopo aver vinto il primo set con Sasha scompare dal campo e consegna la vittoria al tedesco che non può non essere promosso. Tigna d’acciaco contro Isner dove annulla match point e per poco non fa il colpaccio ai quarti, ma è ancora giovane e Milano sembra essere già sua. Nota di merito a Jaziri che non dovrebbe neppure esistere invece è lì che si fa il suo torneo, prende punti, vince partite e incassa. In infermeria Dolgopolov che si ritira per la 12a volta in carriera e si avvicina sempre di più al record di 14 di Connors, anche se, come sappiamo, Jimbo ha giocato qualche partita in un più dell’ucraino. Bocciati i vari Zum Zum, Karlovic (finito), Ferrer (strafinito). Promossi Schwarzy autore di una splendida prestazione con Goffin e per poco non ci scappava il colpaccio. Di conseguenza rimandato David il Belga che perde contro Kyrgios. Promosso AGUT vincitore prima su SQN1 e protagonista di un’ottima partita con Federer. Bocciato Del Potro che tutti temono, ma che in questo 2017 ha fatto vedere poco o nulla (complice anche l’assenza nella prima parte di stagione che precede gli Australian Open, Melbourne compresa). Benissimo Berdych, malissimo Thiem che è riuscito a perdere con un il più giovane finito di sempre Coric, e anche di brutto. Coric doveva vincere contro Mannarino, ma la loro è stata una partita da dimenticare, vinta dal francese solo perché il regolamento prevede che uno debba necessariamente vincere. Rimandato Kohlschreiber che per un attimo ha fatto tremar Nadal che tutto il mondo fa tremar, ma ha ceduto. Peccato. Bocciato Dimitrov che perde con Pella all’esordio e purtroppo ancora una volta dimostra che campioni nuovi non ce ne sono, ed è per questo che ci affidiamo al più anziano della categoria. Ottimo e promosso Jack Sock che replica quanto di buono fatto ad ad Indian Wells asfaltando il connazionale Donaldson. SV Nishioka e Raonic entrambi ritirati. Mannnaggia, mannaggia. Ottimo anche Fognini, ma già ne abbiamo parlato. Bocciato Pouille che perde all’esordio da Young. Altro wasted talent o overrated talent? I don’t know. Promosso Del Bonis che arriva fino al quarto turno. Bocciati i vari Evans, Anderson, Feliciano e Struff. Nishikori promosso con debito, perde i punti della finale dell’anno scorso e si ritrova 7° nel ranking, ed quella forse la posizione che più si addice al suo tennis.
Record
Continua a ritoccare tanti record Federer. Roger vince il 91° titolo in carriera e si porta a 3 lunghezze da Lendl a quota 94, secondo in era Open dietro a Connors a 109 (considerando solo i titoli ATP). Per lo svizzero questo è stato il 26° Masters in carriera e accorcia in questa classifica su Nadal (28) e Djokovic. Per lui è il 63° titolo sul cemento e 3° a Miami. 6° torneo vinto dopo aver annullato match point da Federer dopo Masters 2003, Dubai 2005, Halle 2006, Masters 2006, Shanghai 2014. 19-1 da inizio di stagione, meglio solo 2004 con 23-1, 2006 con 33-1 e 2005 con 35-1.
Conclusione
Si chiude il primo spicchio di stagione e questa ha dato il suo responso: Federer è ancora il numero 1. Non lo è per il ranking ATP e perchè giustamente bisogna considerare 52 settimane per poter ambire ad esserlo ufficialmente, ma un giocatore che vince Australian Open, Indian Wells e Miami non può non essere considerato il migliore. Se proprio vogliamo trovare una pecca alla straordinaria impresa di Roger è quella di non aver ancora battuto i primi della classe, nella fattispecie, in ordine di classifica: Andy Murray e Novak Djokovic. Vero è che si sono persi per strada e che il loro livello non è quello dello svizzero, ma per stabilire in maniera unanime che Rogè è più forte dovrebbe battere Andy e Nole. Non è assolutamente necessario, anzi, meglio per lui, ma una sfida al vertice stile finale del Masters del 2016 ci direbbe in maniera precisa e decisa dove può arrivare questo Federer. Nadal sembra un passerotto con le ali spezzate. Dispiace per lui che mette anima e cuore in campo, ma i suoi limti rispetto ai suoi standard sono evidenti, manca la reattività, la garra e quella fisicità esplosiva che gli ha permesso di vincere tanto. In Australia aveva illuso, in America ha deluso. Inutile dire che il suo regno è la terra battuta ed è nel suo territorio che si vedrà fino a che punto è arrivato. Qui non dovrebbe trovare la bestia nera del 2017 Federer che ha detto che non parteciperà a nessun torneo sulla terra battuta tranne il Roland Garros. Possiamo anche credergli, ma è difficile pensare che arrivi a Parigi senza nessuna partita su clay nelle gambe. Tutti pensano che al Roland Garros dovrebbe o potrebbe uscire subito, ma se poi arriva fino in fondo che cosa fa? Rinuncia? Si ritira? Roger rischia, se queste rimangono le condizioni, di arrivare fino in fondo anche in Francia e, perché no, potrebbe mettere a segno il colpaccio clamoroso se gli altri non si svegliano.
In attesa dei rientri di Djokovic e Murray, troppo brutti per essere veri il grande tennis si ferma. Questa settimana c’è la Davis, forse ultimi scampoli della vera Coppa Davis che dovrebbe rinunciare al 3 su 5 (che vergogna!), poi prossima settimana 2 torneini sulla terra battuta. Solo tra 15 giorni torneranno in campo i migliori. Si fa per dire. Murray non ci sarà a Monte Carlo, Federer pure e non rimangono che Nadal e Djokovic. Il cemento è in archivio, tornerà dopo Wimbledon, e da ora in poi il rosso sarà il colore su cui puntare.