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The GOAT Theory: I piazzamenti

Nello studio della carriera di un tennista si tiene sempre conto delle sue vittorie, ma poco dei piazzamenti. In alcuni casi si parla di finali, soprattutto le finali perse per accentuarne la caducità o, se preferisce, la “chokaggine“, ma a nessuno o quasi è venuto in mente in che modo i piazzamenti debbano essere rapportati alla vittoria. In un sistema binario, o 1 o 0, la vittoria varrebbe 1 e tutti gli altri piazzamenti 0, ma non è così che funziona nel tennis. Se è vero, come è vero, che  la GOAT Theory deve poter paragonare tutti i tennisti di tutte le epoche è fondamentale considerare anche le non vittorie.

Dato per assodato che un giocatore entri nel tabellone principale per il suo ranking (trascuriamo per il momento il caso dei qualificati e wildcard) qual è la possibilità che questo avanzi turno per turno? E soprattutto quanto deve essere il rapporto di punti da turno in turno? Nel sistema post 1989 si prende come assioma che i piazzamenti valgano un certo numero di punti in base alla categoria del torneo che dal 1990 in sostanza sono 4, chiamati con nomi diversi da allora fino ad oggi, ma sempre 4 sono. Questo significa che un primo turno in uno Slam ha un valore mentre un omologo primo turno in un ATP 250 ha un altro valore, inferiore nella fattispecie. Tutto questo è buono e giusto dal punto di vista meritocratico, ma trova dei problemi dal punto di vista matematico. Accedere ad un primo turno di uno Slam richiede una classifica molto inferiore rispetto a quella necessaria per un Masters 1000, ecco che i 10 punti del sistema attuale non pesano bene questa differenza. Ci dovrebbe essere una sostanziale differenza tra i 2 casi, ma l’ATP in collaborazione con l’ITF ha deciso in questo modo e dobbiamo accettarlo. Per avere le idee più chiare consideriamo il sistema attualmente in uso dall’ATP riportato nella tabella presa in prestito da Wikipedia.

Dei 10 punti nel primo turno Slam e Masters 1000 ne abbiamo parlato, ma continuiamo con la progressione. La vittoria di un turno in uno Slam e conseguente passaggio al secondo comporta un incremento di 35 dei punti in ingresso. Ben 4.5 volte il punteggio iniziale. Sarebbe una proporzione molto grande, “sarebbe” perché sembra corretto dal punto di vista sportivo premiare chi vince almeno una partita rispetto a chi partecipa e rimane a 0 vittorie nel corso del torneo. Però rimane sempre la sproporzione Slam/Masters 1000. Se, come abbiamo accennato in un articolo precedente, uno Slam ha un valore pari a x volte un Masters 1000 con x circa uguale a 3.56 o comunque sempre maggiore di 0, la vittoria di una partita in uno Slam dovrebbe dare un incremento maggiore considerando anche il formato della partita vinta con il 3 su 5 che si pone su un piano superiore rispetto al 2 su 3, per tanti aspetti sia probabilistici che sportivi. Quinti ricapitolando: 10 primo turno, 45 secondo turno. Da qui in poi inizia una progressione che dà il doppio dei punti al turno successivo rispetto a quello di partenza. 90, 180, 360, 720. Fino alle semifinali. Non siamo stati chiari fino in fondo. Vero è che i 10 punti negli Slam sono dati al primo turno ma questi hanno un tabellone a 128 mentre 7 Masters 1000 su 9 hanno un tabellone 64 like, questo si traduce in sostanza in una proporzione 1/2 nei turni che a sua volta si ripercuote nei punti conquistati. E’ un ottimo compromesso e forse il più logico possibile. Visto che stiamo parlando di un torneo ad eliminazione diretta con tabelloni che sono costruiti su potenze del 2 è semplice intuire che ad ogni turno metà dei tennisti rimasti va a casa e chi rimane così deve essere premiato con il doppio dei punti di chi ha battuto. Ragionamento che non fa una piega. La progressione a potenza di 2 finisce con il passaggio da semifinale a finale dove la proporzione è pari a 1.67. Non si capisce il perché di questo passaggio al ribasso. Dovrebbe essere al contrario, ossia si dovrebbe premiare di più chi va più avanti o quantomeno mantenere la proporzione, ma, come ribadito in precedenza, è l’ATP che decide e bisogna accettare le sue scelte. Tra finale e vittoria si mantiene l’1.67 di proporzione. Tutto questo giochetto fa in modo che lo Slam possa assegnare 2000 punti e il Masters 1000 1000 (non a caso), ecco perché a partire dal 2009 viene chiamata così questa categoria. La progressione spiegata fino a questo momento viene usata da tutti i tornei di categoria inferiore, anche per i Challenger categorizzati in base al montepremi e nei Futures. Discorso a parte merita l’ATP Finals o Masters di fine anno che ha un suo sistema di punteggio, e non poteva essere altrimenti visto il formato unico del torneo che non prevede eliminazione diretta nella fase iniziale, ma un round robin con 8 giocatori divisi in 2 gruppi.

Se trasformiamo la progressione in percentuale ci rendiamo conto che è la stessa usata da The TennisBase.com:

RESULT POINTS
WINNER 100% OF W
FINALIST 60% OF W
SEMIFINALIST 36% OF W
QUARTER FINALIST 18% OF W
R16 9% OF W
R32 4,5% OF W
R64 2,25 % OF W
R128 1,125% OF W

Fino a qui fila tutto relativamente liscio perché semplicemente questi punti conquistati servono a compilare il ranking che non influisce sulla vittoria dei tornei e sulla valutazione della carriera del tennis. Ma il goal principale della teoria deve essere quello di sommare i piazzamenti per dare ad un tennista un certo punteggio finale indicativo della sua carriera, così la domanda sorge spontanea: questo sistema di punteggio si può usare per nella GOAT Theory? La prima risposta che ci viene in mente è: NO. No, perché questo non tiene conto delle proporzioni, che ritornano sempre e comunque. Questo si può dimostrare con un paradosso. Supponiamo di avere 2 tennisti, il primo vince uno Slam il secondo ottiene 2 finali. Usando il sistema di punteggio ATP il primo otterrebbe 2000 punti, li secondo 2400. Questo significa che fare 2 finali vale di più che vincere un torneo. E’ una logica che non regge, non ha nessuna attinenza con il lato sportivo e con la concezione e percezione degli appassionati. Una vittoria ha un infinito impatto mediatico rispetto alla semplice finale, che sì dà prestigio, ma nessuno si ricorda dei finalisti, o meglio sono i vincitori ad entrare nell’albo d’oro, i secondi no.

Trovare un compromesso per stabilire le proporzioni dei piazzamenti è un dilemma che perseguiterà tutti quelli che vorranno fare un paragone tra tennisti. Finora ci siamo limitati a considerare per buono il sistema di punteggio ATP e di conseguenza le proporzioni che sono in vigore oggi, ma noi dobbiamo considerare tutta la storia del tennis, quindi, perché i vecchi sistemi non sono buoni? Possiamo considerarli tali, ma prima bisogna conoscerli. Dal 2000 al 2008 era in uso un sistema molto simile a quello attuale che però aveva una proporzione di 1/2 nell’assegnazione dei punti rispetto a quello attuale, molto semplicisticamente uno Slam oggi assegna 2000 punti nel 2008 assegnava 1000 punti per il ranking. Riportiamo la tabella sempre gentilmente offerta da Wikipedia.

Le differenze sono poche in termini di proporzioni, ma cambia tutto dal punto di vista numerico. Si evidenzia subito il passaggio da 5 a 35 punti tra il 1° e 2° turno, piccola cosa, ma ad uno sguardo più attento appare subito l’assenza dei famosi ATP 500 che tutti molto semplicisticamente assimilano con i vecchi International Series Gold, ma la differenza c’è ed è netta. Dal 2000 al 2008 i Masters assegnavano 500 punti i Gold più importanti 300 e quelli del gradino inferiore 200. La discriminante di questo gradino era il montepremi. Anche i 250 non erano tutti 250 ma divisi a sua volta in 4 categorie sempre discriminati dal montepremi. Come è facile intuire in questo modo si complica parecchio la vita perché anche ammettendo che i punti ATP siano compatibili con i punti della teoria si dovrebbe fare una distinzione precisa tra le vittorie ottenute dal 2000 al 2008 e quelle dal 2009 ad oggi. Ogni sistema ha i suoi difetti, ecco perché nel 2009 si decise di cambiare, anche per semplificare un po’ la vita ai calcolatori passando di fatto da 8 a 4 categorie, ma complicandola a quei tennisti che hanno un piede nel vecchio sistema e uno nell’altro e sono tanti ancora in attività. Qual è il sistema migliore? Entrambi. Non si può non distinguere i 2 casi e assegnare punteggi diversi in base a quando è stato giocato un torneo. OK, ma la proporzione? E’ giusto usare il 2 come coefficiente correttivo? Sì, ma fino ad un certo punto. Per risolvere questo punto controverso possiamo usare i ranking di fine 2008 e metterli a confronto con quelli di inizio 2009. Sono esattamente uguali dal punto di vista concettuale visto che non si giocano tornei a fine dicembre, ma le cifre riportate sono diverse. Facendo un po’ di calcoli viene fuori che la proporzione media tra i tennisti facenti parte della top 100 è circa 1.97, che non è 2, ma gli assomiglia molto. E’ questa la proporzione che potrà essere usata per paragonare il sistema 2000-2008 a quello 2009-oggi, fermo restando che bisogna prima risolvere l’annosa questione delle proporzioni e relativa assegnazione del punteggio. Da notare anche come nel periodo 2000-2008 le proporzioni tra i piazzamenti erano diverse da oggi. E’ noto in letteratura che con il sistema attuale Federer nel 2008 sarebbe arrivato 3° e non 2° dietro a Novak Djokovic, perché nel vecchio sistema si premiavano molto di più i piazzamenti rispetto al sistema attuale.  Questo è solo un esempio pratico famoso, ma ce ne sono altri che possono essere trovati confrontando tra loro le tabelle qui riportate.

Fino al 2000 ci siamo, e se facciamo un passo indietro? Come è messo il 1999?

Immagine di Tennis28.com

Bhè, qui il discorso si complica di parecchio. Cambia tutto: numeri, proporzioni e categorie, ma per il momento è meglio chiuderla qui per non annoiare il pubblico.