Jimmy il Rosso: clamorosa scoperta di vittorie di Connors sulla terra rossa
La scoperta è di quelle sensazionali. Per anni tutti erano convinti che Jimmy Connors non avesse mai vinto un torneo sul rosso. Vero è che ci sono tanti titoli sulla terra battuta, ma questa non aveva il colore del fuoco, ma piuttosto qeullo dello smeraldo: stiamo parlando della terra verde chiamata anche Har-Tru. Connors ha vinto anche uno Slam su questa superficie, lo US Open del 1976, battendo in finale molto facilmente un terraiolo doc quale Bjorn Borg che preferiva il rosso al verde, ma prima di lanciare la bomba cerchiamo di capire il rapporto conflittuale che l’americano ha avuto su questa superficie.
Per renderci conto di come era strutturato il circuito con cui Connors si è dovuto confrontare dobbiamo fare mente locale su quali fossero le superfici più in voga in quel momento, ossia i primi anni ’70 del secolo scorso. 3 Slam su 4 si giocavamo sull’erba, ma nonostante questa netta preponderanza del turf attorno ad essi ruotavano pochi eventi giocati su questa superficie: Wimbledon era (ed è) troppo vicino al Roland Garros, addirittura in qualche stagione c’era solo una settimana di distanza, per cui giocato il Queen’s si andava subito a Church Road in cerca di gloria. Stesso dicasi per gli US Open, giocati sull’erba di Forest Hills, non avevano tanti tornei che oggi chiameremmo di preparazione se non in rari eventi. Non ci sono mai stati e mai ci saranno top tournament sull’erba in preparazione allo Slam newyorkese così come sarebbe lecito pensare. Oggi siamo addirittura arrivate alle US Open Series, ossia una serie di tornei, tutti giocati sul cemento, che precedono lo US Open con 2 grandi eventi che dominano su tutti: Il Masters del Canada e quello di Cincinnati. Connors invece è inserito in un contesto in cui il cemento è molto raro. I tornei che si disputano su questa superficie sono pochissimi e i più importanti sono collocati dopo l’ultimo Slam dell’anno: stiamo parlando dei tornei di San Francisco e Los Angeles. La domanda sorge spontanea: ma dopo Wimbledon in America dove si giocava? Risposta semplice per chi è stato attento fino a questo momento: l’Har-Tru. Nata nel 1928 questa superficie ormai in via d’estinzione era riuscita a ritagliarsi un posto importante nel circuito. Tornei di eccelsa qualità erano Il Canadian Open, il torneo di Washington, Louisville, Boston e in tono minore gli US Clay Court Championships e quello di “Cincinnati” cui partecipavano i migliori ed è in questo contesto che nasce e cresce il Connors terraiolo.
Le prime tracce di partite ufficiali di Jimbo sulla terra battuta risalgono al 1969 quando da under 18 cominciava a ritagliarsi uno spazio nel tennis che conta e già era stato scelto per far della squadra di Davis del suo Paese nella categoria juniores. Il primo torneo in assoluto risulta il Tulsa Tennis Club Invitational giocato a Tulsa dove rimedia una sconfitta nei quarti di finale. Qui stiamo parlando di un bambino prodigio, ma pur sempre di un bambino che non raccoglie niente, ma inizia a farsi le ossa. Anche al Farrell Invitation non brilla e l’anno dopo rimedia una pessima figura a Ojai ma questa volta è sconfitto da Jeff Austin, un giocatore nettamente superiore. Il debutto nei tornei del Grand Prix, ossia quelli che “contano” (quelli che vengono conteggiati dall’ATP e da tutti, una bruttura statistica, se vogliamo, perché in quegli anni nessuno si sarebbe permesso di fare una cernita di tornei buoni o non buoni), arriva a Washington nel 1971, torneo che si disputa ancora oggi, ed è un altro Jeff a dargli un dispiacere, nell’accezione particolare: Jeff Borowiak. Non brilla particolarmente a Cincinnati e agli US Clay Court Champs di Indianapolis. Ci siamo dimenticati però di un piccolo particolare: in questi tornei Connors non era ancora professionista.
Il primo salto di qualità arriva nel 1972. Diventa professionista e dopo aver raccimolato grandi soddisfazioni nei Riordan si sente pronto per intraprendere la tournèe europea sulla terra rossa. Gli americani per quanto forti, fortissimi, hanno sempre mal digerito il clay del vecchio continente. Non è da meno Connors che rimedia magre figure a Madrid, Nizza e al British Hard Court Champs di Bournemouth. Non brilla neanche nei grandi tornei come gli Internazionali d’Italia e soprattutto al Roland Garros dove perde nella seconda partita. Sarà la penultima partecipazione allo Slam parigino prima del boicotaggio, ma questo lui ancora non lo sa.
Così come un semaforo: il rosso lo blocca, il verde lo sblocca. Tornato in America inizia a collezionare tornei sulla terra battuta. Il primo è di un certo spessore: stiamo parlando del “Western Championships” di Cincinnati (oggi assimilato un po’ maldestramente al Masters 1000, ma questa è un’altra storia). La vittoria contro Vilas è una grande iniezione di fiducia e grazie alla sua spinta arriverà fino in finale al ben più rinomato US Clay Court, purtroppo arriva la sconfitta contro Bob Hewitt, ma ancora è giovanissimo, avrà tempo per rifarsi.
Archiviato il 1972, il 1973 non sarà tanto diverso dall’anno precedente. In Europa rimedia una pessima figura: 2 partite e 2 sconfitte: una a Roma e l’altra a Parigi. L’anno successivo non potrà partecipare a entrambi i tornei, ma questo ancora lui non lo sa (bis).
Per quest’anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare. Il ritorno nella terra americana è un toccasana per Jimbo che partecipa al torneo di Bretton Woods ed è qui che c’è lo SCOOP! Per anni tutti erano convinti che si giocasse sulla terra verde, ma grazie alle ricerche di NoMercy si è scoperto che la terra che calpestavano i giocatori era rossa, un po’ diversa da quella europea, ma sempre rossa è. Purtroppo per Jimbo la sua corsa si fermerà in finale battuto da Amritraj, ma avrà modo di rifarsi. Da detentore del titolo di Cincinnati perde in semifinale da Manuel Orantes, un terraiolo puro che gli riserverà una grande delusione un po’ più avanti. (Avremo modo di parlarne). Rimedia una brutta figura anche ad Indianapolis chiudendo così il 1973 con zeru tituli sulla terra.
Il 1974 è l’anno della vergogna rossa. Ne abbiamo già parlato, ma è sempre meglio ribadire. Repetita iuvant. Per via della sua partecipazione al World Team Tennis Connors viene bannato prima dagli Internazionali d’Italia e poi dal Roland Garros, così di fatto viene completamente annullato il tour europeo sulla terra e ci vorranno tanti anni prima che la ferita venga ricucita e Jimmy ingoi il suo spropositato orgoglio per ritornare là dove era stato rifiutato. Ma non c’è tempo per le recriminazioni perché negli USA non si sognerebbero di intavolare qualcosa del genere. Indianapolis è il torneo adatto per prendersi una grande rivincita che arriva con prepotenza. Il giocatore dell’Illinois mette in riga 2 terraioli doc quali Manuel Orantes e il detentore del Roland Garros Bjorn Borg e porta a casa un titolo che oggi potremmo benissimo chiamare “Masters 1000”. Forte della vittoria agli US Clay Court Champs va in Canada dove si gioca sempre sulla terra verde, ma perde contro Juan Gisbert.
Nei Riordan ci sono pochissimi tornei sulla terra battuta, ma quando ci sono Connors non se li lascia sfuggire. E’ il caso di Boca Raton (o Boca West) in cui vince facile il torneo da $30,000 con tanti avversari molto meno competitivi dell’americano. Tornare in Europa è un’utopia e se lo fa Jimbo è solo per Wimbledon. Scordiamoci per ora Roma, Roland Garros, Monte Carlo. Così lo ritroviamo in America.
Abbiamo fatto un po’ (forse tanta) melina per arrivare allo SCOOP di cui si parlava nell’introduzione. L’ATP Volvo International passa da Bretton Woods a North Conway ma mantiene la terra rossa ed è qui che Connors diventa Jimmy il Rosso. Si gioca al Mountain Cranmore Tennis Club, una bellissima location. E si vi state chiedendo dove è stata scattata la foto in evidenza, quella è proprio uno dei campi del club del New Hampshire. Per avere maggiori conferme su quanto detto possiamo anche allegare un articolo dell’epoca che ci dice chiaramente che la terra è rossa e non verde.
Come se non bastasse alleghiamo un bellissimo filmato dell’epoca.
Per arrivare alla vittoria Connors ha dovuto battere 2 leggende viventi quali: Rod Laver in semifinale e Ken Rosewall in finale. Il torneo ha un ottimo field ed è classficato come AA, la categoria appena inferiore a quella della Triple Crown (leggasi Slam che contano).
Gli US Open per la prima volta nella loro storia si giocano sulla terra e Connors non sfigura affatto. In semifinale sconfigge il detentore del Roland Garros Bjorn Borg, ma è costretto a capitolare contro lo spagnolo Manuel Orantes in una partita a senso unico.
Il 1976 è l’anno più terraiolo per Jimbo. Archiviate le sconfitte nella prima parte di stagione a Boca Raton, Houston e al Pepsi Grand Slam (dove partecipa per la prima volta) è negli States che riesce a fare il botto: vince a Washington, North Conway (2° titolo sul rosso) e Indianapolis cui si aggiunge il grande capolavoro a Forest Hills nella mitica finale contro Borg. Se Pat Rafter, Andy Roddick e Rafael Nadal hanno completato il “Summer Slam“, l’impresa di Connors non può che essere della stessa portata. Purtroppo ai tempi non c’erano i Masters, ma vogliamo essere generosi e assegnamo a Jimbo questo record a posteriori.
E’ incredibile pensare come dopo ogni anno magico in quello successivo per Connors si materializzano gli incubi. In questi tornei dove aveva fatto bene perde e anche malamente. E’ il caso di North Conway con l’inaspettata sconfitta contro Harold Salomon, agli US Clay Court le prende da Manuel Orantes e, come se non bastasse, è a Forest Hills che riceve forse la batosta più grave della carriera sulla terra. Guillermo Vilas lo batte in finale con un sonoro 2-6 6-3 7-6 6-0. E’ l’ultimo anno dell’har-tru a New York…”e meno male” potrebbe dire Jimbo.
Il 1978 è un anno di grandi rivoluzioni. Una tra tutte l’introduzione del cemento agli US Open. Stanchi delle continue diatribe tra i soci del West Side Tennis Club che per scarsità di fondi non avevano saputo mantenere l’erba passando ad un compromesso un po’ estemporaneo quale la terra verde , si decide di cambiare location e introdurre una superficie per i tempi non era tanto in voga (e pensare che sarebbe diventata la più diffusa del circuito). Come si sa, al destino non manca il senso dell’umorismo (cit.). Questo cambiamento produce un effetto domino, così tutti i tornei satelliti dello Slam newyorkese devono adattarsi. Nel primo anno resistono, ma poi sarà una continua ed inevitabile migrazione. E’ in questo contesto che riserva altri 2 capolavori terraioli alla sua collezione. Vince a Washington e gli US Clay Court che diventa il suo torneo. Il cemento gli darà anche un altro Slam americano (anche più di uno) diventando il primo, e finora unico, a vincere lo stesso Slam in 3 superfici differenti.
Finalmente nel 1979 Connors decide che è ora di porre fine all’ostracismo nei confronti del Roland Garros e dopo 6 anni ritorna a Parigi. Jimbo ha 27 anni, nessuno si aspetta un suo exploit soprattutto perché dovrà vedersela con il dominatore Bjorn Borg, eppure già in questa edizione potrebbe fare il colpaccio. Borg non è proprio al 100%, non è quello del 1978 e non sarà quello del 1980, non esprime al meglio il suo tennis e si vocifera che si possa ritirare da un momento all’altro, ma non sarà lo svedese ad estromettere Jimbo dal Roland Garros. La sorpresa è l’exploit del paraguyano Victor Pecci che batte l’americano in 4 set in semifinale per poi essere demolito nell’atto conclusivo. Connors ci ha preso gusto e la terra rossa europea rientra definitivamente nel suo carniere.
Il 1980 è sulla falsa riga dell’anno precedente. Si aggiunge anche il torneo di Monte Carlo, dove non brillerà particolarmente. A Parigi è ancora protagonista e questa volta spetta a Vitas Gerulaitis l’ingrato compito di spezzare il sogno di completare il Career Grand Slam (anche se ai tempi non era tanto diffuso questo termine). L’ultimo successo sulla terra battuta arriva a North Conway sulla terra che tutti pensavano verde, ma che è rossa. Sarà l’ultimo titolo anche se a Monte Carlo nel 1981 arriva in finale e non riesce a concludere la partita con Vilas per cui il titolo non viene assegnato e arriverà in finale anche ad Amburgo battuto da Peter McNamara.
Al Roland Garros ogni anno si presenta un Connors sempre più vecchio, ma non riesce a sfondare. Quarti di finale nel 1981, 1982 e 1983. Nel 1984 arriva in semifinale sconfitto solo da un sontuoso Mac. Stessa sorte nel 1985 con Lendl a fare da giustiziere. L’ultimo suo grande Roland Garros sarà quello del 1987 con sconfitta ai quarti dal giovanissimo Boris Becker. Da qui in avanti non combinerà più nulla sulla terra battuta. Non è la sua superficie e con l’età i limiti si fanno sentire. Chiuderà la sua carriera ad Atlanta nel 1996 a 44 anni suonati.
L’unica conclusione che possiamo dare è la seguente: non vi azzardate a dire che Connors non ha mai vinto un titolo sul rosso, ne ha vinti 3, a magic number.
…by NoMercy and Topspin1985