Laver Cup: un esperimento senza senso
Nella settimana prima degli US Open è stata ufficialmente presentata la Laver Cup, una competizione a squadre che dovrebbe prendere il via il prossimo anno e vedrà confrontarsi tra loro una squadra composta da giocatori europei contro una composta da giocatori del resto mondo. La presentazione fatta a New York non poteva essere che in pompa magna ad essere presenti erano delle leggende viventi del tennis mondiale. Il capobranco è stato Rod Laver stesso cui è intitolata questa competizione. A fare da capitani per le rispettive compagini c’erano (e saranno) John McEnroe capitano del resto nel mondo da uno parte e Bjorn Borg capitano della squadra europea. Come testimonial di eccezione c’erano i 2 giocatori ancora in attività (si fa per dire) che hanno maggior appeal a livello mediatico e sono: Rafael Nadal e Roger Federer. Già, quindi, si parte col piede sbagliato, perché quantomeno era auspicabile che si fosse almeno un rappresentante in attività del resto del mondo invece di 2 giocatori del vecchio continente, ma è evidente che nessun extra-europeo ad oggi ha le carte in regola per potersi minimamente avvicinare ai livelli di Federer e Nadal.
Supponendo che la competizione non sia affetta da defezioni eccellenti come sarebbero composte le squadre? Da una parte abbiamo: Djokovic, Murray, Wawrinka, Nadal e Federer e dall’altra chi? Raonic, Nishikori, Kyrgios, Tomic? Sembra irreale che questa competizione almeno nel singolare possa avere un briciolo di competitività, e questo è assodato. Ma non ci sarebbe neanche un po’ di spettacolo neanche nelle gare di doppio. Tutti sono felici di vedere giocare Federer e Nadal nella stessa squadra e magari nel doppio, ma dall’altra parte non troverebbero dei fulmini di guerra. Forse si potrebbero convocare i Bryans come doppisti, ma ormai sono leggermente alla frutta e nella prossima stagione non si esclude un loro ritiro dopo che hanno vinto tutto quello che c’era da vincere.
Un’altra aspetto un po’ ambiguo della questione è che i giocatori in coro cantano sempre che bisognerebbe ridurre il calendario e che giocano “troppo”. Ammesso e non concesso che questo sia vero: è inutile aggiungere altre partite nella gambe anche se si tratta solo di “esibizioni”? La Laver Cup dovrebbe disputarsi nella settimana che segue il week-end di Davis e 2 quella della fine degli US Open, per cui è facile immaginare che ci saranno delle defezioni last minute dettate da un motivo o per un altro. Già la Coppa Davis, che ha una tradizione secolare, viene bistrattata e i top player cercano sempre una scusa più o meno plausibile per non poterla disputare, aggiungere al calendario un altro week-end del tutto inutile non è che faccia saltare di gioia i top player. Forse un bel forziere pieno d’oro potrebbe fare cambiare idea a qualcuno, ma io sono scettico, perché se la priorità dei giocatori fossero i soldi avrebbero progettato diversamente la stagione attuale, non disputando, ad esempio, le Olimpiadi che non davano né soldi né punti.
L’idea di fare scontrare tra loro delle “coalizioni”, ossia delle squadre formate da giocatori di nazionalità diverse non è nuova nel mondo del tennis e dello sport non generale. La stessa Coppa Davis era nata per stabilire quale tra USA e Gran Bretagna fosse la nazione più forte a giocare a tennis, però questa ben presto si aprì agli altri Paesi diventando così di fatto il “Campionato mondiale di tennis“, espressione infelice che fa però della Davis l’equivalente tennistico della Coppa del Mondo di Calcio e dei Campionati Mondiali di Basket o Pallavolo. Ma la Davis era riservata esclusivamente agli uomini per cui una tennista americana decise che anche le donne dovevano avere il loro “campionato del mondo”. La tennista in particolare era Hazel Hotchkiss Wightman, pluricampionessa Slam in tutte le specialità, che decise di donare alla United States Lawn Tennis Association (USLTA) una coppa d’argento da mettere in palio in uno scontro tra le 2 formazioni più forti degli anni ’20 in campo femminile, ossia gli USA contro la Gran Bretagna. In un primo momento gli USA volevano invitare la Francia capitanata dalla Divina (quella originale) Suzanne Lenglen, ma questa declinò l’invito, per questo motivo si decide si dirottare verso la Gran Bretagna. La competizione si sarebbe svolta con un tie secco formato da 7 rubber, 5 singolari e 2 doppi, chi faceva più punti portava a casa la coppa. La prima edizione di quella che poi in onore della vincitrice venne chiamata Wightman Cup vide la vittoria degli Stati Uniti che fecero un grande cappotto: 7 a 0 perdendo un solo set nel primo doppio a risultato già acquisito, ma quello che fu maggiormente importante di quella edizione fu l’inaugurazione di uno stadio del West Side Tennis Club che fino al 1977 avrebbe ospitato gli U.S National Champs, poi US Open. La prima edizione ebbe un grande successo soprattutto di pubblico. Prima della Seconda Guerra Mondiale le location utilizzate per la Wightman Cup erano le più suggestive del mondo: gli USA giocavano in casa a Forest Hills, mentre la Gran Bretagna metteva a disposizione all’All England Club di Wimbledon. Fino al 1930 la competizione era molto equilibrata ma dal 1931 in poi gli USA presero il largo: 21 vittorie consecutive fino al 1957 che fecero completamente perdere appeal alla competizione. Troppo forti gli USA per le britanniche che fino all’abolizione della competizione fecero qualche piccolo exploit, ma sia che si giocasse sull’erba che sulla terra battuta o sintetico indoor, gli USA erano più forti. L’ultima edizione fu quella del 1989 che sancì la fine della Coppa che si chiuse con l’impietoso bilancio di 51-10 a favore degli USA. In realtà la Wightman aveva già perso il suo fascino a partire dal 1963 quando venne istituita la Federation Cup, giocata per la prima volta al Queen’s in un’unica settimana e che voleva essere l’equivalente femminile della Davis, ma senza l’inconveniente di giocare in settimane diverse con il rischio che le top player per un motivo o un altro potessero disertare. Ma nonostante questo molte giocatrici hanno trovato sempre la scusa per non partecipare.
Uscendo un po’ dall’orticello tennistico scopriamo una competizione che ha molte analogie con la Laver Cup, stiamo parlando della Ryder Cup di Golf. La Ryder è una competizione a squadre che vede contrapporsi da un lato l’Europa dall’altro gli USA. All’inizio questa coppa era nata per stabilire chi fosse più forte tra gli USA e la Gran Bretagna, un po’ come la Davis, ma visto lo strapotere made in USA si decise prima di estendere la compagine britannica all’Irlanda per poi inglobare tutta l’Europa a partire dal 1979. Da quel momento in poi ci fu un grande rilancio della competizione con l’Europa che riuscì a colmare il gap con gli USA fino ad arrivare alle ultime 3 vittorie che hanno fatto vacillare il secolare dominio americano nel golf.
Ma perché la Ryder Cup ha senso e la Laver Cup no? Semplice, il circuito golfistico internazionale è diviso in diversi “tour” i più importanti sono il PGA Tour che comprende tornei che si disputano con cadenza settimanale negli USA e lo European Tour che comprende tappe in tutta Europa e non solo (è inclusa anche l’Africa). Quindi già la struttura stessa del circuito evidenzia una certa rivalità tra il vecchio continente e gli USA, aspetto che non esiste nel tennis in cui tutti si trovano a giocatore in un unico circuito internazionale che comprende tappe in tutto il mondo e che lambisce tutt’e 5 i continenti. Nel golf ci sono 4 Major, di cui 3 sono negli USA e uno in Europa, nel tennis ci sono 4 Slam: uno negli USA, 2 in Europa e uno in Oceania (che viene assimilata ad Asia/Pacific) per cui stiamo parlando di 2 mondi lontani anni luce quindi se si vuole imitare qualcosa che esiste bisognerebbe avere delle basi solide per poter solo iniziare a ragionare.
Al di là del fatto che sembra chiaro che tutto sia una montatura a fini di lucro, non si capisce perché è stata istituita proprio quest’anno. Già abbiamo parlato della disparità tra Europa e resto del mondo e a questo punto ci chiediamo: avrebbe avuto senso farla 10 o 20 anni fa? Andando a guardare il ranking del 2006 scopriamo che anche allora la Laver Cup avrebbe avuto poco senso (ma sicuramente più di oggi) con l’Europa pronta a schierare: Federer, Nadal, Ljiubicic, Robredo, Davydenko, dall’altra Nalbandian, Blake, Roddick e Gonzalez. Sicuramente l’Europa era più forte, ma già le seconde linee sarebbero state nettamente più competitive di quelle di quest’anno per quanto riguarda il “resto del mondo”. E 20 anni fa? L’Europa avrebbe potuto schierare: Kafelnikov, Ivanisevic, Muster, Moya e Corretja e il resto del mondo: Sampras, Chang, Kuerten, Rios e Rafter. Ah, una bella lotta! Qui sì che si sarebbe stata una bella competizione e la superficie di gioco sarebbe stata fondamentale.
La Laver Cup non poteva che giocarsi sul cemento indoor, la “superficie più democratica di tutte” come ci insegna Tommasi, ma sarebbe così inopportuno chiedere una rotazione di superfici visto e considerato che non sarà così fondamentale avere una Laver nel palmares? La O2 Arena di Praga aspetta i suoi campioni per poterli applaudire, ma chissà come saranno messi Nadal o peggio Federer per il settembre 2017.