Non di solo Slam vive l’uomo: Ranking ATP dal 1973 al 1978
Il circuito maschile attuale sta diventando sempre più Slam-centrico, ossia gli Slam hanno un valore infinitamente superiore a quello dei tornei della categoria inferiore e a tutti gli altri tornei in generale. Con la riforma del 2009 in cui si decise di assegnare 2000 punti al vincitore dello Slam e 1000 a quello che una volta venivano chiamati Masters, che proprio per il numero di punti assegnati furono stati ribattezzati Masters 1000, si è scavato un solco non indifferente tra i primi 4 tornei del mondo e tutto il resto. Mettiamoci anche il tabellone a 128 giocatori e il 3 su 5 che ormai si gioca solo nei Major ed ecco che tutta l’attenzione si sposta su di essi. Ma in passato è sempre stato così? Gli Slam hanno sempre avuto un’aura magica che li ha accompagnati fin dalla loro istituzione nel 1924 anche se non avevano bisogno di avere una certificazione ufficiale: tutti i giocatori del mondo sapevano quali erano i tornei più importanti, ma per molti versi erano differenti dalla collocazione attuale. Da un lato c’è da considerare l’era Pre-Open in cui a partire dal 1926 gli Slam furono interdetti ai professionisti, che all’inizio produsse un effetto trascurabile, ma che dall’era Tilden in poi fino al 1968 aprì una forbice sempre più ampia tra i tornei più importanti a livello mediatico e storico e quelli in cui partecipavano i migliori, ossia i professionisti. Nel 1968 si ha l’inizio di una parziale ricucitura ma, essendo stata la ferita molto profonda e prolungata, ci sono voluti tanti anni prima che tutto si livellasse e ci fosse una certa soluzione di continuità per avere le idee chiare su come giudicare un risultato piuttosto che un altro. Tutti sanno che l’era Open nasce nel 1968 e altrettanti che il primo ranking ufficiale è datato 23 agosto 1973, quindi ci sono 5 anni di buco in cui sì finalmente pro e dilettanti giocavano insieme, ma non c’era un sistema oggettivo e soprattutto deterministico per decidere i seeding dei tornei e si faceva alla vecchia maniera, ossia erano gli organizzatori a dare le teste di serie che, come potete capire, non erano oggettive al 100% come lo sono oggi.
Grazie ad uno zelante lavoro di ricerca siamo riusciti ad avere finalmente il sistema di assegnazione dei punti del ranking ATP dal 1973 al 1978 che per tanti anni era rimasto oscuro, e questo ci fa capire come fosse “poco importante” per quell’epoca, anche per i giocatori stessi che, non avendo un punto di riferimento fisso, non sapevano letteralmente a che posto della classifica erano settimana per settimana, anche perché, contrariamente a quanto si possa pensare, non era pubblicata settimanalmente.
La regola base per un torneo essere considerato eleggibile per il ranking ATP era di avere un tabellone da 16 giocatori con un prize money di minimo $20,000. La scoperta di questa semplice regoletta apre un nuovo orizzonte sulla valutazione dei tornei di quegli anni perchè, come qualcuno ha avuto modo di intuire subito, i tornei che davano punti erano di tutte le risme, c’erano: i tornei del Grand Prix, quelli del WCT, quelli del circuito Riordan (i farlocchi di Connors per intenderci) e i tornei dello sconusciuto circuito sulla terra battuta europea chiamato European Spring Circuit. Così la carne al fuoco sembra troppa e rischia di bruciarsi, quindi per non andare in confusione dobbiamo spiegare per filo e per segno quale era la logica che teneva un insieme così eterogeneo di tornei.
1973
La costante che ci toglie un po’ le castagne dal fuoco è che i punti ATP erano proporzionali al montepremi che assegnava il torneo, tranne qualche eccezione rappresentata dagli Slam o qualche special event. Vediamo il dettaglio.
Notiamo subito che le categorie erano ben 6 a differenza delle 3 attuali e che la differenza dei punti non era così marcata come è oggi: vincere un torneo della massima categoria ossia quella rappresentata dai tornei dello Slam dava 50 punti, quella della categoria inferiore 35, quindi le proporzioni sono diverse: 50% in meno oggi, 30% in meno nel 1973. Anche la differenza tra la categoria B e C sembra minima e dovrebbe avere un parallelo con i 1000 e 500 di oggi, ma come nel primo caso la differenza è inferiore.
Per fare un’analisi più precisa vediamo nel dettaglio tutta la stagione 1973.
Non vi spaventate! In questo marasma di tornei categorie e montepremi possiamo subito estrapolare qualche conclusione:
- I tornei della Triple Crown (Slam escluso gli Australian Open) rappresentavano i top tournament a prescindere dal prize money e in questo caso faceva fede il draw da 128 e il 3 su 5.
- C’è un torneo con montepremi superiore agli Slam che è però posizionato nella categoria inferiore, stiamo parlando di Las Vegas che aveva sì un prize money propositato (d’altronde a Las Vegas o fanno le cose in grande o non le fanno), ma il draw da 32 e il 2 su 3 lo colloca inevitabilmente nella casella inferiore.
- Ci sono dei tornei che nonostante il loro basso montepremi sono “upcastati” alla categoria superiore. Stiamo parlando degli Australian Open, che per via del loro status di tornei dello Slam passano da F a D, così come il torneo del Queen’s per via del boicotaggio del Torneo di Wimbledon.
- I primi turni dei tornei non davano punti.
Quello che possiamo concludere è che nonostante gli Slam non fossero classificati con i parametri attuali avevano una posizione di privilegio e rappresentavano sempre i tornei più importanti dell’anno. Anche il Roland Garros con il suo montepremi relativamente basso era sempre un torneo della Triple Crown. Las Vegas, nonostante il prize money esorbitante e superiore a tutti rimane sotto e gli Australian Open con un field e prize money non da Slam è promosso alla categoria superiore proprio per la sua tradizione.
1974-1975
Nel 1974 arriva subito la prima riforma del ranking che, pur mantenendo una impostazione simile alla precedente, appiattisce ancora di più il differenziale tra le varie categorie. Vediamo il dettaglio.
La differenza tra i punti assegnati da un torneo della Triple Crown e quello della categoria inferiore è di appena 20 punti, ossia il 16,7%. Ma così come era apparso nella stagione precedente le eccezioni sono poche e i tornei di categoria B che possono ambire al ruolo di top tournament sono pochi e hanno dei tabelloni molto ristretti rispetto a quelli degli Slam, ricordando sempre che questi si giocavano 3 su 5 con tabellone a 128 giocatori. Vediamo nel dettaglio il calendario del 1974 (l’anno di Connors).
Notiamo subito che la Triple Crown ha una posizione privilegiata rispetto agli altri e ha tornei con montepremi uguali o superiori a $150,000. Ci sono altri 2 tornei con prize money simili e sono Tucson e Las Vegas, special event dell’ATP e non inclusi in un circuito particolare. Il torneo che maggiormente spicca è quello di Philadelphia che con i suoi $100,000 di montepremi e tabellone a 128 può essere considerato come il vero quarto Major in sostituzione degli Australian Open che come nell’anno precedente nonostante gli spetti una categoria inferiore sono promossi sempre per via della sua tradizione.
1976-1978
Già nel 1976 arriva la terza riforma del ranking con poche differenze rispetto alla versione precedente, ma che ancora una volta appiattisce il differenziale tra le varie categorie. Questa caratteristica sarà una costante per tutti gli anni ’70 e ’80 e solo dal 1990 in poi, con la nascita dell’ATP Tour, la differenza tra categorie diventerà più netta, con gli Slam che iniziano a pesare molto rispetto alle categorie inferiori. Vediamo il dettaglio dei punti assegnati.
Il differenziale tra i tornei della Triple Crown facenti parte della nuova categoria AA assegnavano 140, quelli del livello inferiore 120, questo significa che il differenziale si appiattisce ulteriormente e arriva fino al 14.28%. Ma per renderci conto di quali tornei stavano sotto gli Slam e che in qualche modo poteva avere l’ambizione vediamo il dettaglio della stagione 1976.
A primo sguardo salta subito fuori che i tornei sono molto più numerosi rispetto agli anni passati. Però gli Slam hanno sempre una posizione privilegiata: il loro montepremi è superiore agli altri con un Roland Garros a $177,000, Wimbledon a $160,000 e US Open all’esorbitante cifra di $214,000 quest’ultima dettata dai maggiori introiti dello Slam americano che dal 1975 aveva introdotto anche la sessione serale. L’unica anomalia del sistema è il torneo di Palm Springs con $200.000 di montepremi nonostante un tabellone molto ridotto a 64 partecipanti. Per il resto si comincia a delineare una categoria B appena sotto la Triple Crown che in seguito darà vita ai Super 9.
Conclusione
Dopo questo tour de force di numeri, statistiche e tornei che salgono e scendono invito innanzitutto ad una rilettura perché è difficile assimilare alla prima lettura tutte queste info. L’articolo più che descrittivo è molto didascalisco ed è utile per delle ricerche future per studiare i tornei e i giocatori che si sono dovuti confrontare con queste tabelle e grazie alla loro scoperta possiamo avere un’idea più chiara di quegli anni. Quindi conservate e tiratele fuori quando serviranno.
Una prima conclusione che emerge andando nel dettaglio è che: è vero che i punti ATP dei vari tornei non erano così quantizzati come oggi con tornei da 2000, 1000, 500 e 250, è anche vero che nessuno dei tennisti dell’epoca era così attaccato al ranking che veniva pubblicato con cadenze irregolari e molto spesso i giocatori non erano informati della loro posizione e per questi motivi poi sono nate delle diatribe su chi fosse il numero 1 a fine anno, tra tutte quella famosa del caso Vilas del 1977 che poi si è scoperto non essere supportata dai numeri, ma che ha poi dato il via ad una ricerca retrospettiva che ha evidenziato come nel 1975 effettivamente Vilas sia stato il vero numero 1 per qualche settimane e mai riconosciuto dall’ATP. Ma la questione più spinosa riguarda gli Slam che è sempre d’attualità. Vero che il differenziale con la categoria inferiore era minimo rispetto a quello attuale, ma questi tornei avevano sempre un montepremi superiore a tutti quelli facenti parte del tour tranne qualche special event, erano giocati con il 3 su 5, tabellone a 128 e inoltre erano gli unici eventi che avevano una copertura mediatica gloabale invece gli altri potevano essere visibili solo in poche parti del mondo a partire dai tornei USA che saranno i primi ad essere trasmessi in TV, ma quello che è più importante è che negli Slam si reincontravano tutti i top player che, avendo la possibilità di scegliere il calendario, difficilmente si ritrovavano tutti insieme nello stesso torneo, invece al Roland Garros, Wimbledon e US Open c’erano tutti ed è qui che si sono giocate le sfide memorabili che ancora oggi fanno emozionare gil appassionati.