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US Open 2019: Fischi per fiaschi

Dopo le doverose lodi al vincitore, arriviamo a alle note dolenti. Ha vinto Rafa, ma non era lui il favorito. Seguendo la logica rigorosa dei numeri il favorito numero 1 non può non essere il numero 1, che si è presentato qui a Flushing Meadows dopo aver vinto la finale Slam più rocambolesca che si ricordi e con 4 Slam vinti sugli ultimi 5 giocati. Questo trend spaventoso l’aveva (lo) proiettato verso IL Record, prendendo sempre per scontato che Nadal non esista e che il sorpasso, il famoso sorpasso, sia da fare solo ai danni di un inerme Federer, piuttosto sul plutonico Rafa.

Il sorteggio non è stato benevolo con Nole, anzi, facendo qualche simulazione anche molto spicciola, il suo percorso era sulla carta terribile. A parte qualche primo turno di assestamento, che è normale in uno Slam con 32 teste di serie, c’erano delle grosse cambiali per il più forte giocatore del mondo. La prima uscita è stata molto easy e con Carballés Baena non c’erano problemi e mai ce ne saranno. Lo spagnolo è il classico giocatore da Challenger che si ritrova in uno Slam per via della formula affascinante dell’allargamento del tabellone a 128. Un po’ più ostico invece il secondo turno, ma solo rispetto al primo. In senso assoluto la distanza è tale che ambedue gli avversari risultano infinitamente lontani e per questo così vicini, un po’ come quando si guardano le stelle: sembrano che siano una accanto all’altra, ma in realtà sono distanti anni luce. Londero si è ritagliato il suo piccolo spazietto in questa stagione. Il classico terraiolo argentino che brilla sulla terra battuta, quella di Serie B, per poi perdersi nel cemento e nella terra di Serie A. Anche lui è spazzato via come il collega. Ma non è il risultato ad essere rilevante, è la condizione di Nole a preoccupare. C’è un problema alla spalla. C’è preoccupazione. All’inizio sembra un piccolo acciacco, o meglio, un non acciacco, qualche fastidio da curare con un massaggio magico. Quando Nole chiama l’MTO è il suo sorriso ad accompagnare i canonici 3 minuti di sospensione. Alla ripresa non ci sono problemi, però sarebbe stato meglio non averne completamente, come ci insegna il grande Confucio.

La preoccupazione però si amplifica e in una escalation potenziata dal tam tam dei social corrono voci incontrollate. Si diceva che l’Italia stes…ah, no. Questo è un altro film! Nole rimanda il suo allenamento e parte l’onda del panico che si fa il giro del cyberspazio. Il primo ritardo è di 1 ora, poi diventano 2. È dramma. Non possiamo vedere quello che succede a New York, però alla terza ora di ritardo le non notizie di un possibile ritiro svaniscono perché Djokovic scende in campo per allenarsi e tutti tace, almeno per il momento. Quello che conta però è la partita e con Denis Kudla l’allarme sembra rientrato del tutto. La vittoria facile seppellisce ogni voce, almeno per il momento.

Però ora c’è Stan The Man. Il giocatore che più di ogni altro gli ha inferto delle cocenti sconfitte non essendo palesemente più grande di lui, almeno guardando solo il palmarès. Pesano come macigni le 3 magiche partite di: Australian Open 2014, Roland Garros 2015 e US Open 2016 (anche se questa in tono minore). Wawrinka non è in un ottimo momento, però questo conta poco, la Stamina di Stan è sempre attiva, è un fuoco che cova sotto la cenere.

Quella del quarto turno è una partita che non c’entra nulla con tutte le altre giocate fino a questo punto. Siamo palesemente su un altro livello, almeno 2-3 categorie sopra. Il copione è quello dei bei tempi ed è solo spettacolo. Stan martella come solo lui sa fare e la potenza dei colpi smantella a poco a poco il suo avversario che perde pezzi. Il primo set elvetico è la corretta concretizzazione di una superiorità non così netta, ma che man mano diventa lapalissiana. Nole fa quello che può, non sembra il numero 1 del mondo. Magari con un Fratangelo qualsiasi sarebbe bastato, però qui c’è un Tri-campione Slam. Anche il secondo set se ne va e finisce qua l’avventura Slam per il numero 1 del mondo. Il problema alla spalla si riacutizza violentemente e toglie il palcoscenico ad uno spettacolo sicuro. Meglio ritirarsi per non aggravare l’infortunio. Conta poco se avrebbe potuto, sarebbe dovuto…la sagra dei condizionali passati. Nole è fuori al quarto turno e questa è una notizia, non solo per il torneo, ma soprattutto in vista del ranking ATP che vedeva Djokovic lanciato verso il record del 310 di Federer e che ora sembra quasi definitivamente andato. Ancora una volta, come se ce ne fosse bisogno, è la super-rivalità Nole-Rafa a mantenere i record del vecchio che ha fatto cassa quando i suoi 2 maggiori rivali ancora non erano esplosi.

Nota dolente: i fischi. Il pubblico di New York si dimostra ancora una volta un po’ troppo piccante, tanto per usare un eufemismo. La notizia del ritiro di Djokovic infiamma i cuori dei poco sportivi che erano sugli spalti, convinti che questo avrebbe agevolato il cammino del loro beniamino…e non c’è bisogno di dire chi è. Dispiace per il tennis, dispiace per lo sport. Il karma ha fatto il suo mestiere. Però ancora una volta il pubblico del tennis, o almeno una parte di esso, ha perso l’occasione per tacere.

Quello che sembra un problemino però ora è diventato un problema e c’è il rischio concreto che Djokovic salti la parte finale di stagione, quella che l’ha visto sempre trionfare e collezionare filotti da record. Gli Slam sono finiti, ma manca ancora tanto alla Pique Cup cui lo stesso Nole, a sorpresa, aveva dato la sua adesione. Chissà se ce la farà, o meglio preferirà riposarsi per recuperare al 100% per andarsi a prendere lo Slam australiano, visto che è quello l’unico motivo per cui il 32enne di Belgrado mette ancora i piedi in un campo da tennis. Il resto è un mero contorno che a volte può diventare anche fastidioso. Nonostante questo scenario così disastroso Nole ha portato a casa 2 Slam quest’anno, non è il Grande Slam, però 4 > 2 > 0, così, tanto per ribadire che anche gli altri possono vincere, anche se resta da vedere chi siano gli altri. Chi sono? Sempre gli stessi, anzi, sempre lo stesso.

Federer

One more…time, chiude la carrellata Roger Federer, il marito di Mirka Vavrinec, già vincitore di 20 prove del Grande Slam. Era finito sotto un treno dopo la finale di Wimbledon e l’ormai taumaturgico 40-15. Skippato il Canada, e ci sta, aveva mostrato una prestazione mediocre del suo Torneo di Cincinnati. Londero su cemento si batte da solo. Però già l’onesto Rublev è stato uno scoglio insuperabile per Roger che ha perso malamente contro il russo. 61 minuti di schiaffi da un giocatore che è di un livello inferiore. Cosa ci dice questa sconfitta? Niente. È nello Slam che si vede quanto vale un giocatore come Federer.

Il suo sorteggiato è stato molto, ma molto benevolo. La sua unica pecca era la eventuale semifinale con Djokovic, però prima bisogna arrivarci. Nelle prime uscite ci sono stati giocatori che Federer batterebbe anche a 60 anni, per cui il fattore età in questi casi non conta. A New York non c’è mai stata una sfida tra Roger e Nadal. Stranamente. Per vari motivi non si sono mai incontrati, lasciando un piccolo vuoto nella più grande rivalità della storia del tennis. Non c’è Nadal? Bene, c’è Nagal. Non è la stessa cosa, però magari qualche sprovveduto ha guardato il tabellino e per qualche microsecondo si è illuso. Nagal è un indiano, ma non fa l’indiano. Gioca il suo tennis, come fanno tuti in questi casi, e approfitta di un Federer rimasto a Ginevra a stendere il bucato per la sua numerosa famiglia. Sembra che i fantasmi del 40-15 si siano tutti impossessati di un artista che non riesce ad esprimere il suo talento. Questa situazione preoccupante si concretizza nel primo set che sfugge via. 6-4 è il punteggio finale. Punteggio bugiardo. Il passivo poteva anche essere superiore. Però siamo negli Slam, il 3 su 5 è un altro sport, e nessuno può solo pensare che questo indiano possa collezionare 3 partite (all’italiana) nella stessa partita. Rogerino si scrolla la polvere di dosso e inizia a giocare. Basta pochissimo per annichilire il suo avversario, che, a là Warhol,  ha avuto il suo quart’ora di celebrità.

Zum Zum è su un piano superiore rispetto a Nagal, però ancora a distanza siderale dall’ormai ex detentore del record di Slam vinti all time. Si gioca ancora di sera, e si capisce che qualcosa non va. Si ripete la controprestazione dell’esordio con Sumit e ancora una volta Federer perde il primo set. Stesso canovaccio della partita precedente e ripresa dal secondo set in poi. La vittoria arriva facile e non è mai messa in discussione, ma Federer che perde 2 set con 2 scappati di casa è già una mezza notizia. Finalmente si gira e lo svizzero viene piazzato nella sessione pomeridiana, si gioca con la luce, ma è la luce dello svizzero a iluminare un Arthur Ashe che gli è sempre stato fedele, anche troppo. La super-prestazione si manifesta fin dalle prime battute e i 5 game  lasciati al pur sempre positivo Daniel Evans, fanno salire le quote di una sesta che sarebbe storica, ma cosa non sarebbe storico nella carriera di Federer?

Ancora luce naturale e ancora massacro. Goffin già è un avversario molto più credibile di tutti gli altri, anche se non si sa dove sta andando. I game lasciati al belga sono solo 4 con tanto di bagel nel 3° set che fa aggiornare celermente le statistiche. La semifinale tanto attesa con il numero 1 del mondo salta per colpa di Wawrinka e le quote salgono alle stelle. Tolto di mezzo il maggiore ostacolo, rimarrebbe eventualmente solo un Nadal deluxe a mettergli il bastone tra le ruote. Il quarto di finale è il più morbido che si possa mai immaginare Federer. Magari Dimitrov può essere un ostacolo più serio per tanti tennisti, compresi i top player, ma Greg è stato progettato per perdere contro Roger. Stiamo parlando di 2 giocatori che hanno lo stesso tipo di case, processore, memoria, scheda madre, solo che uno è uno Xeon e l’altro ha 386. Si gioca di sera. Un dettaglio insignificante, però ancora una volta si dimostrerà fondamentale. Dimitrov non avrebbe battuto, o meglio, non ha battuto Federer neanche nel suo prime, figuriamoci ora che è numero 78 del mondo e proveniente da una stagione che neanche un giocatore che ha perso entrambe le gambe accetterebbe. Il finale è già scritto, ma il Destino mischia le carte in tavola. Il bulgaro vestito da Vultus V gioca la sua onesta partita e risponde colpo su colpo al suo avversario. Però Federer ha una cilindrata superiore. Fa suo il primo set e tutto procede secondo i piani. Però qualcosa si inceppa nella macchina perfetta elvetica e Greg approfitta di una falla che non si aspettava di trovare. Bene nel secondo set che fa suo. Il terzo è come il primo e siamo quasi in chiusura. Però la cover band bulgara non cala, sale sale e non fa male. Federer esce a poco a poco dal campo e perde il 4° set che sembrava suo. La paura ora si fa manifesta e si incarna in un set che va via veloce, molto veloce. Roger alza bandiera bianca e a poco a poco prende forma l’impossibile. Greg vince. Riesce ad interrompere una striscia illibata di 8 sconfitte consecutivi e si regala la terza semifinale Slam della carriera.

Roger è uscito e per quest’anno non vincerà Slam. Iniziamo dall’essenziale. Conta poco a livello di numeri che fosse leggermente infortunato alla spalla. Lui non è mai ritirato durante un incontro. Bravo. Bene. Però se si decide di proseguire si crede di avere anche un briciolo di possibilità di portarla a casa, non si è mai visto un tennista infortunato che vinca e poi non accetta la vittoria perché ha giocato menomato (esempio: Fognini-Montanes al Roland Garros 2011).

Di fatto questo upset consegna il titolo a Nadal. Però ora ci si chiede che cosa possa fare Federer e soprattutto che cosa vuole dalla vita. Il livello crescente dei suoi avversari che gli hanno rubato tanto lo ha spinto sempre a migliorarsi e a collezionare record per mettersi al sicuro lì in alto. Ora che è stato superato da Nadal che cosa si inventerà? Prima o poi si ritira, però…Tokyo 2020 è una tappa obbligatoria e lo giocherà anche sulla sedia a rotella (eventualmente nella sua declinazione per le pari opportunità chiamata Paralimpiadi). Non può chiudere la carriera con il record in mano altrui. Per questo motivo cercherà di reinventarsi per vincere ancora.

Il suo personaggio è troppo determinante negli introiti del mondo del tennis. Faranno di tutto per farlo tornare a vincere, a cominciare dagli Australian Open, in cui si è abbandonato l’impropriamente detto “cemento lento” del Plexicushion, per andare verso il Greenset, superficie usata a Basilea e per le ATP Finals. Questo cambiamento sostanziale sancisce definitivamente la scomparsa della falsa convinzione che si possa essere un cemento sistematicamente lento e uno sistematicamente veloce. La differenza ci può essere, ma non è quella che molti pensano.

Federer ancora non ha deciso di appenderla e magari leggerà qualche record di Connors e Rosewall per avere uno stimolo ulteriore per continuare, perché quello di Djokovic prima e ora Nadal oggi è un incubo che si rinnova ogni volta che qualcuno in qualsiasi campo da tennis del mondo arriva a 40-15 sul suo servizio.