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Wimbledon Pro 1967: Le porte del Paradiso si aprono ai professionisti

Tennis Professionals

Tutto il mondo sa che il torneo più antico e prestigioso è sempre stato il Torneo di Wimbledon chiamato un po’ immodestamente The Championships, tradotto alla buona “I campionati”, per indicare che quello della capitale londinese era il torneo per eccellenza, tutti gli altri dovevano necessariamente mettere un aggettivo davanti a Championships, come gli Australiasian Championships, Gli US National Championships solo per citarne qualcuno di importante ma a Wimbledon tutti i tennisti del mondo avevano collocato la loro Mecca. Fin dalle sue origini è stato il punto di riferimento dei tennisti di tutto il mondo, ma col tempo, nonostante quest’aura mistica che lo circondava, ha dovuto confrontarsi prima con il crescente dominio degli USA nel mondo del tennis che avevano fatto spostare i migliori del mondo da Londra a New York e, non meno importante, la diaspora dei professionisti. Il professionismo, nato da un azzardo, una scommessa dell’imprenditore Charles Pyle che aveva capito molto tempo prima rispetto alla gretta e sempre reazionaria ILTF (la federazione internazionale) che i giocatori di tennis dovevano essere pagati per le loro prestazioni così come accadeva in uno sport che nell’organizzazione ha molti aspetti similari al tennis, il golf. Pyle aveva tentato nel 1926 il più grande tennista della storia fino agli anni ’50, Bill Tilden, la stella degli anni ’20 che aveva portato il tennis a frontiere inimmaginabili solo qualche decennio prima e a cui quelli che verranno dopo la sua morte devono praticamente tutto. Tilden aveva rifiutato l’offerta di Charlie così questi aveva ripiegato verso Vincent Richards, l’amichetto di Tilden, molto meno forte ma che comunque avrebbe aperto da lì a poco una rivoluzione nel mondo della pallacorda. Fin da subito la Federazione Internazionale si era prodigata a bandire dai tornei dello Slam i professionisti compreso il Torneo di Wimbledon. Se nel 1927 l’assenza di Richards non aveva fatto scalpore, molto più rumore fece quella di Tilden del 1931. Big Bill con il suo passaggio al professionismo apre una ferita che si sarebbe richiusa solo 40 anni dopo. Da detentore del titolo con aveva più potuto calcare i campi di Church Road dove aveva vinto nel 1920, 1921 e poi nel 1930. Da quel mondo in poi Wimbledon non sarebbe più stato lo stesso. Il torneo rimase il più importante del mondo, ma a giocarsi non erano i migliori tennisti del mondo e più passavano gli anni e più la forbice tra dilettanti e professionisti si allargava  e più il field dei Championships diventava scarno. La Seconda Guerra Mondiale aveva rallentato questa diaspora e in un certo senso anche i suoi effetti deleteri, ma al rientro di tutti i migliori nel 1946 esplose la bomba che era stata piazzata nel 1926. Per tanti anni i grandissimi del tennis non avevano potuto più giocare là dove era iniziata la loro carriera. Il primo, come già detto fu Bill Tilden, a seguire ci fu Fred Perry vincitore di 3 edizioni consecutive dal 1934 al 1936, poi Don Budge che nel 1938 realizzò il Grande Slam, Jack Kramer, Pancho Gonzales, Ken Rosewall, Lew Hoad e l’ultimo grande Rod Laver. Tutti nomi che sono passati alla leggenda di questo sport e alcuni di essi per questa assurda diaspora non hanno avuto modo di vincere il torneo più prestigioso del mondo tra tutti Pancho Gonzales e Ken Rosewall.

Jack Kramer, uno dei più grandi promoter, se non il più grande, aveva sempre chiesto di poter giocare insieme alla sua truppa un torneo a Church Road ma era sempre stato rifiutato a differenza delle altre sedi dei tornei del Grande Slam i cui impianti erano stati utilizzati anche per i tornei pro, tra questi le diverse sedi degli Australian Championshis come il Milton Centre di Brisbane, il White City Stadium di Sydney e il Kooyang di Melbourne, e dall’altra parte dell’Oceano il prestigiosto West Side Tennis Club di New York in cui negli anni ’50 si era organizzato il Tournament of Champions con i migliori pro al via. Ma Wimbledon no: i prati erano sacri e non dovevano essere “sporcati” dai soldi dei professionisti.

Questo tira e molla durerà per tanti anni fino al 1966 quando Jack Kramer insieme al chairman di Wimbledon Herman David erano arrivati ad un compromesso, un “compresso storico” (qui non c’era la politica italiana): saltata ancora una volta la possibilità di disputare un torneo “Open” si decise di organizzare per il 1967 un torneo proprio a Wimbledon esclusivamente dedicato ai professionisti. Kramer non aveva ottenuto quello che voleva, ma in cuor suo aveva capito che si era aperta una crepa, una crepa che avrebbe inevitabilmente fatto crollare tutto il castello di sabbia della ILTF che di lì a poco avrebbe dovuto adeguarsi alla storia.

L’idea che tutti i più grandi sarebbe “tornati a casa” aveva eccitato la capitale londinese, e gli appassionati più accaniti non resistevano all’idea di poter rivedere i vari Pancho, Laver, Rosewall, Gimeno che tutti sapevano essere i più forti con buona pace di Emerson, Santana e Newcombe vincitore quest’ultimo del classico torneo riservato ai dilettanti. Il torneo dilettantistico del 1967 era stato un grande successo, come al solito, e si era disputato come di consueto nell’ultima settimana di giugno e prima di luglio. Così si era deciso che ad agosto si sarebbe organizzato questo evento speciale che per certi versi rimane il torneo più importante della storia. La BBC, TV nazionale britannica, decise di sponsorizzare e trasmettere a colori l’evento, così si arrivò alla stratosferica cifra per l’epoca di $45,000 dollari di montepremi, di gran lunga il montepremi più alto mai messo in palio per un evento tennistico.

Dal canto loro anche i professionisti erano entusiasti di giocare questo torneo e furono scelti per l’occasione i migliori 8 giocatori del mondo. Il migliore in quel momento era il mancino Rod Laver che aveva avuto modo di vincere il torneo dei dilettanti nel 1961 per poi confermarlo nel 1962, anno del suo primo Grande Slam e non poterlo più difendere, quindi, anche se non è tanto ortodosso dirlo, si presentava a Church Road da imbattuto. Rod non vedeva l’ora di potersi confrontare con il connazionale Ken Rosewall che forse più di tutti aveva sofferto questa diaspora. Finalista nel 1954 e 1956 non aveva mai avuto modo di potersi portare a casa la coppa con l’ananas. Intervistato prima dell’evento ammetterà che questo allontanamento forzato era stato uno dei suoi maggiori crucci della carriera da professionista. Insieme ai 2 assi australiani c’era Fred Stolle finalista per 3 anni consecutivi dal 1963 al 1965, Dennis Ralston, finalista nel 1966 e indicato da Pancho Gonzales come astro nascente e futuro dominatore del tennis mondiale (Ahia, Pancho aveva visto male). Butch Buchholz che non aveva mai brillato particolarmente a Londra. Poi abbiamo uno dei più grandi talenti che il tennis abbia mai espresso e che per mille vicissitudini non ha mai potuto concretizzare il suo valore, Lew Hoad, che aveva fatto doppietta nel 1956-1957 prima di passare al professionismo. C’era il più grande tennista spagnolo della storia fino all’avvento di Rafael Nadal, ci scuserà Manolo Santana, ma Andres Gimeno, un grande terraiolo, ha saputo esprimere il suo tennis in un circuito fatto di poca terra battuta e nonostante tutto ha saputo raggiungere vette eccelse dovendosi confrontare con i più forti, non come Manolo che aveva saputo approfittare dell’assenza dei pro per vincere i suoi Major, non a caso thetennisbase.com colloca davanti Andres con un distacco non indifferente. A chiudere questo dream team c’era la stella indiscussa degli anni ’50 che nonostante i suoi 39 anni continuava ad esprimersi a livelli massimi e a dare sempre filo da torcere ai migliori, non va negato che molti volevano vedere lui piuttosto che Laver e Rosewall: stiamo parlando di Pancho Gonzales apparso a Wimbledon solo nel 1949.

Primo turno

Nella prima giornata vengono rispettati i pronostici: Rod Laver continua idealmente la sua streak ancora aperta dal 1962 con la vittoria contro Fred Stolle per 6-4, 6-2. Stolle è stato remissivo permettendo a Rod di vincere con una sciagurata volèe nel 9° gioco che hanno permesso a Laver di ottenere il break chiudendo il game con un’ottima risposta che gli ha permesso di andare avanti 5-4 e servire per il set senza perdere nessun punto. Il secondo set è stato senza storia e si è chiuso in 44 minuti. Andres Gimeno ha disposto facilmente dell’americano Ralston per 6-1 6-2. Andres ha avuto bisogno di pochi minuti per vincere il primo parziale contro un Dennis evidentemente non in condizione. Ha dovuto patire più del previsto Ken Rosewall che ha lasciato per strada il primo set nella sfida contro il giocatore di St. Louis Butch Buchholz battuto con il punteggio di 5-7 6-2 6-3. Il piccolo 33enne Kenny non ha mancato di deliziare il pubblico con i suoi lob, dropshot e attacchi in topspin. Evidentemente i 6.000 spettatori ne sentivano la mancanza. Nell’ultimo match Lew Hoad ha eliminato il veterano Pancho Gonzales sconfitto con il punteggio di 3-6, 11-9, 8-6.

Semifinali

Dopo la finale persa nel 1956 Rosewall finalmente ottiene la sua rivincita contro Lew Hoad che in quel di Wimbledon lo aveva battuto per 6-2, 4-6, 7-5, 6-4 impedendogli di vincere il tanto agognato Slam londinese. Questa volta è il piccolo Kenny ad avere la meglio che si sbarazza facilmente di Lew con il punteggio di 6-2 6-2 e si qualifica per la finale. A seguire l’australiano c’è il connazionale Rod Laver, favorito numero 1, che ha la meglio su Gimeno che viene sconfitto per 6-3 6-4 raggiungendo così ancora la finale come era successo nel 1962.

Finale

La finale a differenza delle altre partite si gioca al meglio dei 5 set. La partita è senza storia, almeno nei primi 2 set vinti entrambi per 6-2 da Laver, il primo dei quali in 25 minuti. C’è stata maggiore lotta nel 3° parziale che ha comunque premiato il più forte che porta a casa un assegno di $8.400 invece a Rosewall, come secondo classificato, vanno $5,600. Ma più che il torneo in questi 3 giorni di grande tennis si è capito finalmente che non aveva senso bandire i professionisti da Wimbledon, l’All England Club aveva sempre parteggiato per il tennis “Open” invece la ILTF si era sempre opposta, ma dopo il grande successo dell’evento e i 300.000 spettatori complessivi nulla sarebbe stato più come prima. Questi sono senz’altro i 3 giorni che cambiarono il tennis.