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ATP Finals 2015: Il capo dei capi, Djokovic batte Federer, vince il 4° Masters consecutivo e chiude una stagione quasi perfetta

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Si chiude il sipario sulla stagione 2015 e ancora una volta gli applausi più scroscianti vanno a Novak Djokovic che chiude una stagione stratosferica che raramente si era vista su un campo da tennis. Dall’altra parte della rete un innocuo Federer può far ben poco contro il serbo che gioca in maniera chirurgica, sbaglia spesso di dritto ma l’altro sbaglia molto di più. Fioccano i gratuiti e i circoletti rossi sono molto, ma molto rari, forse inesistenti. Djokovic vince il suo 4° Masters consecutivo come nessuno aveva fatto prima e si aggiunge al club dei vincitori del Masters con una sconfitta.

La cronaca: dopo la prova opaca che Nole aveva mostrato nel round robin contro Federer, che era parso molto più pimpante e brillante dell’avversario, il serbo si trasforma improvvisamente, gli attori sono sempre gli stessi ma a parte invertite. E’ chiaro che il serbo non si era impegnato al 100% nella seconda partita del girone e sembrava quasi remissivo come per risparmiare energie preziose che dopo una stagione del genere è lecito che siano esigue.

Al servizio parte Federer e si capisce fin dalle prime battute che oggi non è aria: la prima palla break arriva subito sul 30-40, è prontamente annullata, ma sarà il preludio alla fine dello svizzero. Quando è Djokovic a servire la regia manda in sopraimpressione una scritta criptica e allo stesso tempo escatologica: 4/23, il rapporto delle palle break convertite da Roger nella finale degli US Open proprio contro Nole. La palla break arriva ma subito viene annullata e tutto torna alla normalità, almeno apparentemente. Quando è di nuovo lo svizzero a servire Nole diventa profondo quasi quanto le Fosse delle Marianne, ogni colpo arriva dall’altra parte sempre oltre il quadrato del servizio e capita spesso che Roger si ritrovi la palla tra i piedi e, per quanto gli addetti ai lavori possano dire che la superficie è lenta e il rimbalzo è alto, siamo sempre sul cemento indoor e il rimbalzo è basso abbastanza da mettere in difficoltà lo svizzero che è costretto a tirare su delle palle all’altezza del ginocchio o poco sopra. Lo slice sembra la chiave per il 17 campione Slam per vincere il match, ma non può tagliare tutte le palle che gli arrivano, soprattutto quando Nole gli fa fare il tergicristallo e correre a destra a sinistra: a 34 anni non è una passeggiata di salute, così i gratuiti di Roger lievitano e il divario diventa sempre più ampio. Nole, cecchino chirurgico, strappa il break alla prima occasione e da lì in avanti la partita sembra andare avanti per inerzia. Poche emozioni, poche belle giocate. Nel 6° gioco puntuale la regia manda in onda lo 0/1 (sempre rapporto delle palle break convertite) fino a quel momento da Federer quando il punteggio è sul vantaggio Roger: niente, non c’è nulla da fare lo 0/2 è presto servito mandando nello sconforto prima lo svizzero e poi tutti i suoi fan impotenti quasi quanto lui. A poco serve la metamorfosi in servebot nel 7° gioco se Nole concede poco o nulla sul suo di servizio con Becker dalla tribuna ammira il suo allievo nel giorno del suo 48° compleanno. Forse ci sarebbe qualche speranza se Roger insistesse sul diritto di Nole, ma questi non ne vuole sapere, martella a sangue con il suo rovescio bimane e Federer è costretto spesso ad indietreggiare: lodevole è la sua capacità di girare ancora attorno alla palla per colpi di dritto quando c’è bisogno, a 34 anni non è facile giocare ancora in questo modo, ce lo insegna Nadal che ha fatto di questo particolare uno dei suoi migliori colpi del repertorio insieme al passante in corsa uncinato lungolinea e che oggi stenta ad eseguire e ha solo 29 anni. Nel 9° gioco Federer annulla strenuamente una palla break, ma alla seconda capitola e così regala a Nole il primo set.

Le speranze che ci possa essere partita rimangono esigue, il pubblico londinese inneggia al più amato, ma non manca qualche voce sparuta con la bandiera serba che grida clandalosamente, per i ben pensanti:”Nole, Nole” (rigorosamente in minuscolo). Nel 2° gioco Federer viene disturbato da un signore barbuto che non vuole sedersi e ritarda la ripresa della partita, paradossalmente è questo il migliore turno al servizio dello svizzero e così i tifosi si affidano alla scaramanzia: così come Fantozzi, bevendo poco oculatamente un sorso della frizzantissima acqua Bertier, fece vincere al Duca Conte Semenzara un banco clamoroso, i tifosi di Federer chiedono a gran voce all’uomo barbuto di alzarsi e disturbare di nuovo il gioco, ma, l’educazione prima di tutto, il signore tanto gentile rifiuta, rimane seduto e così anche la più abietta scaramanzia viene meno. Nole dal canto suo, come il colonnello Bernacca, fa il brutto e cattivo tempo e al servizio non concede nessuna palla break. La partita è bruttina, Nole non mostra mai qualche dropshotino dei suoi che tanto ci piacciono e quando lo fa lo manda fuori. All’improvviso: the best point of tournament, Federer si ricorda di essere il più grande, dimentica la carta d’identità a casa e inizia a correre come un ragazzo, Nole si trasforma nell’ispettore Gadget e si allunga e si accorcia e quando vuole anche le sue gambe allungherà (come si insegna Cristina D’Avena), il punto e gli applausi sono per lo svizzero che vince il punto. Ma a che serve vincere il miglior punto se poi nei successivi butti via la palla come uno straccio vecchio? Nell’ottavo gioco iniziano a spegnersi le prime luci della O2 Arena perché sembra proprio che la stagione sia al capolinea. Federer annulla 3 palle break e allunga la partita, in realtà la sua agonia. Bum Bum Nole chiude il servizio a 0 e la patata bollente passa di nuovo nelle mani dello svizzero. Annulla una prima palla match, ma commette uno dei più gravi sacrilegi che possa fare un tennista: doppio fallo e game, set and match. Nole ha vinto, è lui il numero 1 dei numeri.

Analisi della stagione

La stagione 2015 entra nell’archivio delle migliori di sempre, ma è la migliore di sempre? Sì, no, forse. Andiamo a vedere i numeri: 3 titoli del Grande Slam, 6 Masters 1000, il Masters di fine anno, 1 ATP 500, numeri mostruosi. Nole si è fatto sfuggire solo il torneo di Doha che col senno di poi pesa come un macigno nel diamante quasi perfetto di Djokovic 2015, una sconfitta ai quarti di finale contro Ivone Karlovic non gli ha permesso di centrare un perfect record che è quello di giocare solo finali in tutta la stagione, mai riuscito nella storia del tennis, o forse sì? Big Bill dove sei? Parlaci del tuo 1925. Ok: nel 1925 Tilden fece solo finali rastrellò tutti i tornei sulle superfici più in voga in quell’epoca: erba, terra battuta e parquet indoor (l’hard court, impropriamente detto “cemento” era rarissimo e giocato per lo più nella West Coast, Tilden filadelfiano fino all’osso, non andò mai fin laggiù a giocare, eppure una bella sfida con il suo rivale più grande, Bill Johnston, detto Little Bill ci stava) ma perse clamorosamente in finale contro Vincent Richards all’Orange Club Champs di Mountain Station a maggio. Tilden non giocava per i soldi e i record erano solo una mero divertimento ludico degli appassionati che si divertivano a giocare con i numeri, quindi chissà che quella sconfitta non sia venuta per pura casualità proprio contro l’amichetto Vinnie che tanto adorava, anche in maniera molto profonda. Il 78-1 di Bill rimane oggi un’utopia, può darsi, ma Nole ha chiuso con solo 6 sconfitte di cui una assolutamente indolore nel Masters che può essere benissimo decurtata. Oltre a Karlovic a batterlo sono stati: Federer a Dubai, Wawrinka al Roland Garros, Federer a Cincinnati, Murray in Canada, ancora Federer nel round robin del Masters. Quindi Roger è stato di fatto il suo avversario più temibile pur essendo arrivato al 3° posto a fine anno con Murray numero 2 che non ha avuto grandi exploit ma che è stato premiato dalla sua costanza e ha una missione ancora da compiere per conto di Sua Maestà: vincere la Coppa Davis e mettere definitivamente Fred Perry nel dimenticatoio o lasciarlo solo come marca di magliette se preferite.

A questo punto sembra superata la stagione monstre Federer 2006 chiusa con un 92-5 che in termini di percentuale è superiore al 82-6 di Nole: 94,84% contro 93,18%, ma ci sono: 3 Slam contro 3 Slam e qui siamo pari, 6 M1000 contro 4, Masters di qua e Masters di là e un 500 di Nole contro 3 ATP 250 di Federer, quindi le vittorie in più di Roger sono arrivate da tornei minori che Djokovic non frequenta quasi mai. L’unica condizione che sembra avvantaggiare lo svizzero nella sfida è il 3 su 5 nelle finale dei Masters 1000 e della Tennis Masters Cup contro Blake e la partita in più sempre nei Masters 1000, di contro mancano all’appello i titoli sulla terra battuta per il campione svizzero e da qui nasce il tautologico paradosso degli “avversari scarsi”: Nadal nel 2006 era il più grande terraiolo del mondo e poi lo sarebbe stato della storia, nel 2015 il più grande terraiolo era a mezzo servizio e solo un Wawrinka deluxe non ha permesso a Nole di chiudere quello che anticamente veniva chiamato Slam rosso, ossia vincere: Monte Carlo, Roma e Parigi nello stesso anno. Però se hai gli avversari scarsi e vinci è meglio che avere avversari forti e perdere almeno su questo possiamo essere d’accordo e tagliare la testa al toro e mettere davanti il Nole 2015 considerando equipollenti tutte le categorie che c’erano nel 2006 con le rispettive categorie del 2015.

A questo punto considerando le stagione pro e amateur dilettanti molto lontane e difficili da paragonare a quelle attuali (ma non impossibili e stiamo lavorando in questa direzione) ci tocca spulciare il magico 1969 di Laver e dell’ultimo Grande Slam della storia del tennis maschile. Rosewall, mai stato gufo ai livelli di Mats Wilander per intenderci, disse nel 1970 quando vinse a Forest Hills che nell’era dei soldi per il tennis nessuno avrebbe più fatto il Grande Slam, una maledizione di Babe Ruth che dal baseball viene importata dal tennis.

Però prima di iniziare bisogna sfatare qualche luogo comune che molte volte ofusca un giudizio imparziale e che troppo presto ci porta a degli assurdi. Laver vince 3/4 su erba, verissimo! Ma dobbiamo stare attenti: non tutte le “erbe” degli Slam erano uguali, così come oggi non tutti i “cementi” sono uguali. I prati o turf inglesi sono sempre stati veloci con rimbalzo veloce e “normale” non irregolare, in Australia l’erba era sempre veloce ma il rimbalzo era sempre irregolare in più bisogna aggiungere le condizioni atmosferiche, soprattutto il vento che disturbava non poco il gioco. A Forest Hills c’era l’erba più bassa, rimbalzo basso e il West Side Club non aveva le stesse risorse per mantenere i campi perfetti come l’All England Club di Londra e così i prati newyorkesi erano maggiormente malandati rispetto a quelli londinesi. La terra del Roland Garros è rimasta più o meno la stessa, anche se oggi sembra più veloce e gli scambi pure, negli anni ’60 e ’70 uno scambio poteva durare diversi minuti come quello storico tra Vilas e Borg nella finale del 1978 durato 86 colpi.

Laver non ha vinto tornei indoor importanti. Falso. In primis troviamo il torneo di Philadelphia, lo U.S. Professional Indoor che era agli stessi livelli dell’Australian Open se non superiore, in più mettiamo il Madison Square Garden Pro che con i suoi $25,000 di montepremi era un signor torneo, a questi bisogna aggiungere anche Wembley e Madrid.

Laver non ha vinto tornei sul cemento. Falso. Ha vinto diversi tornei sul cemento tra cui spiccano il torneo di Johannesburg, uno dei più importanti della stagione con un montepremi combined di $40,700 e il torneo di Boston, lo storico U.S. Pro Champs giocato sull’uniturf all’aperto, quindi in teoria sarebbe un sintetico outdoor, ma all’aperto il sintetico e il cemento non sono così tanto differenti. Il torneo più importante dell’anno su hard court fu quello di Las Vegas di poco superiore a South African (Johannesburg) e Boston.

Il tennis non era un sport globalizzato. Falso. Stiamo parlando del 1969 non del 1569, cioè 46 anni fa che rispetto alla storia del tennis è come dire l’altro ieri e rispetto alla storia dell’uomo è come dire 2 minuti fa. Ovviamente non sarà come ai giorni nostri nella società del web 2.0 in cui si sa tutto e subito, però i maggiori tornei erano trasmessi in TV come il torneo di Wimbledon con l’immacabile BBC e soprattutto i partecipanti dei maggiori tornei provenivano da tutto il mondo. Basta andare a guardare i tabelloni per rendersi conto di ciò: al Roland Garros ci sono tennisti di una trentina di nazioni diversi e non sono da meno Wimbledon e US Open, si dice che in quei tempi comandavano le solite nazioni, vero, ma avere oggi un serbo, uno svizzero e uno spagnolo non rende certo il mondo globalizzato visto e considerato che l’Europa è unita da un bel pezzo, anzi oggi potremmo dire che mancano tennisti ai vertici da tutti i continenti come era nel 1969. Nella Top Ten mancano l’America, manca l’Australia, e quindi l’Oceania tutta, e l’Africa che è sempre mancata. L’unico non europeo è Kei Nishikori che riempie il buco lasciato dall’Asia.

L’ultimo luogo comune che quasi nessuno a cui nessuno ha mai fatto caso è il formato dei tornei. Per la maggior parte i tornei Open era 3 su 5, quindi se oggi c’è una differenza abissale tra vincere un Masters 1000 con 5 partite col 2 su 3, vincere un torneo non Slam con 6 partite tutte 3 su 5 non ti consegna alla storia ma come difficoltà siamo lì. Ecco che la vittoria di Laver nel “torneino” di Johannesburg che oggi potrebbe essere uno scarso ATP 500 acquista un valore altissimo: 6 partite vinte al meglio dei 5 set battendo in sequenza McMillan, Bob Hewitt, Drysdale e Okker in finale, quindi ai 4 Slam canonici potremmo benissimo aggiungere altri tornei, ma gli Slam rimangono tali: 4 sono sempre stati 4 e 4 saranno per sempre (speriamo).

In questo modo considerando tutte queste variabili è evidente che Laver 1969 rimane sempre davanti qualsiasi prospettiva si usa per valutare le stagioni: se consideriamo i tornei “quantizzati”, ossia 4 Slam valgono sempre di più di 3 Slam + 1000 tornei e 1 Slam vale molto di + 1000 Masters, allora Laver è davanti. Se mettiamo tutto nel calderone e diamo una misura della distanza tra uno Slam e un Masters 1000 rimane sempre davanti Rocket Man di poco, ma rimane davanti: i suoi 4 Slam, 4 simil Masters 1000, il Madison Square Garden pro assimilabile al Masters di fine anno e tutta la valanga di altri tornei, 24 totali, contro i “soli” 11 di Nole Rod è sempre lassù irraggiungibile.

Il futuro di TennisMyLife

La stagione ormai è giunta al termine, ci sarà l’appendice della finale della Coppa Davis, così questa settimana sono pronti gli articoli di alcune delle edizioni più significative della Davis e con il live da venerdì a domenica, dopo di che si apre un buco nero da qui all’inizio della prossima stagione. A me viene impossibile riempire tutti questi giorni con un articolo al giorno e soprattutto mancando tornei, non si possono fare “live” e quindi gli articoli rimarrebbero sostanzialmente vuoti. Se qualcuno ha degli articoli da proporre io li posso pubblicare, però sorge anche un altro problema, secondo voi questa storia quando potrà andare avanti? Come potete vedere sono solo io a tirare avanti il sito, ci sono altri moderatori ma quello è il lavoro “minore” perché quello che conta sono i contenuti e gli articoli che poi vanno a reggere i commenti che stanno sotto, così lancio l’appello SAVE TENNISMYLIFE ci vuole qualcuno che mi aiuti e infine mi chiedo io personalmente fino a che punto potrà andare avanti questa storia (x 2)? Stare dietro a tutti è molto stressante in più aggiungiamo quelli che non mi aiutano e rompono solo che sono la minoranza ma che comunque mi stressano parecchio, questo deve essere un “gioco” ma se poi mi devo innervosire non va bene. Questo non è il mio lavoro, mi piacerebbe tanto che lo fosse, ma non lo è quindi io non ci guadagno niente, se magari arrivassero i soldi come qualcuno tenta velatamente di nascondere assurgendosi a grande testata giornalista, e missionaria della Parola del Tennis senza considerare che poi alla fine quello che conta sono i quattrini che porti a casa a fine mese, sarebbero ben accetti 😉 Ma non è la mia ambizione, non è il fine ultimo di questo sito. La quantità di utenti che si sono connessi, che hanno condiviso le loro esperienze, le loro emozioni, che hanno gioito con me sono commoventi: persone colte, intelligenti, simpatiche, altruiste che difficilmente si trovano nella vita reale, hanno dato lustro a questo spazio che non disdegna di essere indicizzato da Google e infatti vedo sempre più crescenti le visite che arrivano dai motori di ricerca, grazie a voi che così numerosi che fate salire il page rank delle nostre pagine se cercate qualcosa sul tennis che si trova pure o solo su TML. Da agosto a questa parte abbiamo dimostrato che si può creare una comunità di persone intelligenti che possono parlare sia di tennis e per chi vuole anche delle proprie emozioni della vita privata, perché no? Quello che mi piace di più e che qui ci sentiamo parte di qualcosa, insieme e non appendici di qualcosa che “ci sfrutta” per arricchirsi e pretende un determinato codice di condotta. In conclusione vi dico grazie e vi invito a fare delle proposte, so che ci tenete a questo spazio.

E’ stata una stagione bellissima e appassionante che è entrata di diritto nella storia del tennis, vissuta fino in fondo 15 per 15 e vi confesso che mai avevo seguito così il tennis, ma forse l’avevo seguito di più perché con il live mi interessano più i vostri commenti che le azioni di gioco, maledetti!!! 😉

Lancio così l’hashtag #saveTML

“Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza, in profondità, succhiando tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”.